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Capitolo 2 I composti a SM verbale in PIE e in miceneo 0 Introduzione

1. Le origini in PIE del sistema dei composti a SM verbale del greco

1.1 Il suffisso *-to in PIE e in greco

1.1.3 Il valore del suffisso *-to in PIE e in greco

Se in alcuni casi può crearsi, come si è visto, una situazione di ambiguità nell’interpretazione di una stessa forma come AV o possessivo, nella maggior parte delle occorrenze il legame delle forme in - τος con una radice verbale è indiscutibile. Diventa perciò imprescindibile a questo punto tentare di precisare il valore veicolato dal suffisso *-to- e il significato di conseguenza assunto dagli AV, che risulta un dato di fondamentale importanza per comprendere l’evoluzione di queste forme e le ragioni della loro grammaticalizzazione proprio come participi perfetti passivi.

A tale scopo, le spiegazioni tradizionali (Chantraine, Schwyzer, etc. che pure danno degli spunti importanti), precise ma di natura eminentemente descrittiva, verranno integrate con le interpretazioni più recenti che hanno spiegato le proprietà delle forme in *-to- (e in -τος)

terminazioni quando esprimono una possibilità, sono invece analitici a due terminazioni quando hanno lo stesso senso del participio passato; quindi διαβατός «guadabile», διαλυτός «solubile», ma διάβατος «guadato», σύνθετος «composto», etc. Ma la distinzione essendo spesso difficile, la forma anaclitica di solito prevale”.

43 Napoli 2000, n.4 p.242.

44 Vd Brugmann 1906, pp.397-401 e Lazzeroni 2010, p.261: “in greco -τος si integra nel sistema verbale

progressivamente: al grado ridotto delle formazioni antiche si sostituisce in quelle più recenti il grado pieno del presente”.

45 Vd. Risch 1974, p.21. A causa delle molteplici possibilità, Kühner-Blass1892, p.290 evitano ogni generalizzazione e

affermano: “Für die Bildung der Verbaladjektive lässt sich keine allumfassende Regel aufstellen. Die meisten derselben stimmen hinsichtlich des Vokals von den Suffixen -τος, -τεος und des eingeschobenen σ mit der Bildung des Aor. I. Pass. (oft auch des Perf. P.)”.

46Anche per gli esempi vd. Chantraine 1979, p.305.

47 Vd. Chantraine 1979, p.305 (“-ωτός: là où un verbe en-όω été formé, on entrevoit souvent que les forms personelles

sont postérieures à l’adjectif en -τος”) e Tucker 1990. Amman 1956, p.11 (e anche Brugmann 1906) parlano di aggettivi in -ωτός ‘ornativi’.

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avvalendosi degli sviluppi nello studio della diatesi, dell’azionalità e del participio (anche in prospettiva diacronica)49.

Il primo significato solitamente attribuito agli aggettivi in -τος ogni volta che se ne delineano le caratteristiche semantiche è quello di participio perfetto passivo50, definizione di per sé complessa, in cui vengono combinati due fattori importanti, il tipo di azione espressa (telico-risultativa, com’è proprio dei participi perfetti) e la diatesi (passiva)51. Il fatto che gli AV in -τος indicassero

un’azione compiuta è stato posto in evidenza p.es. da Kühner-Blass 1892 (p.288 “eine abgeschlossen Thätigkeit, wie das Partic.Perf.Pass”), da Schwyzer 1939 (p.501 “zur Bezeichnung eines erreichten Zustandes (wie die Partizipia des Perfekts)”) e da Benveniste 1975 (p.167 “on peut dire que -to- indique l’accomplissement de la notion dans l’objet”), mentre a proposito della diatesi i diversi studiosi sono concordi nell’affermare che l’utilizzo maggioritario di *-to- per l’espressione del passivo (in greco come in altre lingue IE) è esito di una specializzazione che non riflette l’effettivo stato di cose IE, dove il senso di tale suffisso non era probabilmente ben definito, pur avendo in sé gli elementi che ne avrebbero guidato gli sviluppi futuri52. Infatti, dai vari autori, accanto alle forme regolarmente passive (p.es. ἀγαστός, εὐκτός), vengono puntualmente riportati esempi di aggettivi in -τος di valore attivo53, ricavati sia da verbi intransitivi (p.es. ῥυτός), sia da

verbi transitivi (p.es. πάµφθαρτος, ἀµφίπληκτος), nonché di forme adoperate al contempo come attive e passive (p.es. δυνατός, πειστός, τλητός)54. Inoltre, proprio la presenza di un valore non solo passivo, ma anche intransitivo (talora senza la possibilità di distinguere nettamente tra i due), è un elemento che accomuna le forme in -τος ad altri aggettivi con suffisso -Co- (*-no-, *-mo,*-lo-), con i quali probabilmente esso costituiva un piccolo sistema55.

M. Napoli, in alcuni studi dedicati ai suffissi *-to-, *-no-, *-mo- e all’espressione del passivo in Omero, ha individuato come funzione più antica (ascrivibile al PIE) del suffisso *-to- l’espressione dello statal passive (o adjectival passive), caratterizzato dall’essere al contempo [+ risultativo] e [+

49 Napoli 2000, p.247 evidenzia come ogni tentativo di individuare il valore di *-to- “finora si sia fermato per lo più a

una definizione vaga e imprecisa”; sia É. Benveniste sia A. Meillet “giudicano l’aggettivo verbale in -το- equivalente al participio passato passivo” (il primo in -θείς, -µένος, il secondo in -µένος); secondo la studiosa, è proprio “la premessa da cui i due studiosi partono, quella appunto della presunta identità funzionale del participio passato passivo e dell’aggettivo verbale, a non essere esatta”. Per una contestazione puntuale delle ricostruzioni di Meillet e Benveniste vd. Napoli 2000.

50 La vicinanza al participio è enfatizzata anche dall’uso del termine ‘participio’ per riferirsi agli aggettivi in -τος che si

riscontra in alcuni studiosi, p.es. Benveniste 1975 e Chantraine 1979. In studi più recenti la scelta della terminologia è fortemente legata alla tesi che l’autore tende sostenere e, se si adotta una prospettiva IE, dagli sviluppi che queste forme hanno avuto in lingue diverse dal greco.

51 Inoltre, come osserva Napoli 2000, p. 243, la nozione stessa di AV è di per sé complessa in quanto “il senso che essa

acquista in rapporto a tale classe sembra implicare il riferimento a una serie di proprietà tradizionalmente peculiari del verbo, ed in particolare condivise appunto da questi derivati: prendendo in esame ad esempio ποιητός «fatto», si potrebbe dire che esprime un’azione di tempo passato e di diatesi passiva (tempo e diatesi sono appunto proprietà del verbo). Tuttavia […] la relazione di queste proprietà con questi derivati non è così trasparente, ed inoltre risulta ovviamente condizionata dalla loro natura aggettivale”.

52 Vd. Chantraine 1979, p.306: “Le sens de l’adjectif en -τός semble, à l’origine, assez mal défini. Il exprime une

qualité, un état”. Si veda anche l’affermazione di Brugmann 1906, p.394: “Bei den Verbaladjektiva auf -to- besagte diese Formans, dass etwas von einem Vorgang betroffen und durch ihn in einen Zustand geraten ist”. Cfr. tra gli altri anche Szemerényi 1985.

53 In questo caso dunque gli aggettivi in -τος equivalgono non più a un participio perfetto passivo, ma a un participio

attivo, presente (ῥυτός) o perfetto (ἄπαστος), vd. Kühner-Blass 1892, p.289. Per la duplicità del valore vd. anche Tronci 2014, p.476: “With respect to the -tó- forms which are traditionally translated by means of past participles, scholars notice that they may have a passive or an active value […] This difference may depend on the syntactic structures in which the related verb forms occur: verb forms occurring in intransitive structures appear to be related to active -tó- forms, whereas verb forms occurring in transitive structure give rise to passive -tó- forms”.

54 Esempi tratti da Kühner-Blass 1892, p.288. La possibilità di avere valore attivo si riscontra anche in altre lingue, cfr.

lat. cenatus, potus, profectus.

55 Vd. Kurzová 2011, p.152 (“Verbal adjectives in -to-,-no-,-mo-, -lo- suffixes were vague in their use with respect to

diathetical features”) e Napoli 2010, p.318 per i fattori che possono aver determinato la distribuzione dei suffissi; vd. anche anche Szemerényi 1985, p.366: “Accanto a *-to- veniva usato anche *-no-, palesemente con le stesse funzioni”.

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stativo], ma che, contrariamente al verbal passive, “never presupposes an event-prespective”56. Come ricordato supra, infatti, gli AV non sono ricavati da un tema temporale, ma dalla radice verbale, per cui essi, contrariamente ai participi, non contengono alcun riferimento alla componente processuale e alla collocazione temporale dell’evento/processo significato57, anche se il fatto di essere ricavati prevalentemente da verbi telici e, in tal caso, di esprimere lo stato risultante dell’azione porta con sé la possibilità di uno sviluppo nella direzione di un participio passato passivo58.

Inoltre, *-to- in origine era anche privo di un orientamento inerente59, e ciò che realmente determinava la diatesi degli aggettivi costruiti con tale suffisso erano le caratteristiche del verbo di partenza (se transitivo o intransitivo, il tipo di Aktionsart espresso, la relazione con l’agentività) e il contesto di utilizzo (p.es. il referente)60. Come nota H. Kurzová a proposito dell’IE, infatti, “in intransitive verbs the -to- participles were formed both from agentive or unergative (OI gata- from

gā ‘go’), and from inactive or unaccusative verbs (OI sthita- from sthā- ‘stand’). In transitive verbs

they had passive value (cf. OI hata- ‘stuck, killed’). It is the telicity/terminativity orientation towards the final terminus or goal that is responsible for the restrictions concerning duratives and especially inchoatives even in languages with highly grammaticalized -to/no- participles, like Latin or Germanic”61. Per quanto riguarda invece i Ruoli Semantici dei loro referenti, “the -to- participles function on an ergative basis: they are intransitive subjects of both unergative and unaccusative verbs, or transitive patients”62, o come scrive M. Napoli “potevano avere valenza sia attiva (se riferiti all’agente del processo verbale) che passiva (se riferiti al paziente), come del resto si evince ancora in greco”63.

56 Napoli 2017, p.121. Sullo statal passive vd. anche cap.1, par.2.3.3. 57 Napoli 2000, p.244 e p.268.

58 Possibilità che in greco non si è mai del tutto realizzata, nonostante i casi di sovrapposizione semantica tra PPP e AV

(che verranno discussi nei capitoli dedicati al confronto tra AV e participi).

Cfr. le osservazioni di Sihler 1995, p.621: “they [i.e. gli AV] reflect a PIE verbal adj. formed with -tó-, originally built directly to the zero grade root, with the consequence that the formation was insensible to the distinctions of the various finite stems ‒ inchoative, causative and others. This is essentially the state of G[reek] morphology” e “there was in effect no tense to start with, but as such forms refer to states, they inevitably imply something like the completed past tense (once such a category became established in IE languages)”.

59 Vd. Szemerényi 1985, p.366: “Nella storia più tarda delle lingue c’è la tendenza a limitare la formazione all’uso

passivo […] Ma l’originaria indifferenza della diatesi è chiarissima […] nel dep[onente] latino la formazione in -to- è regolarmente di significato attivo, ecc.”; vd. Napoli 2017, p.114: “in origin, IE verbal adjectives in *-to- correspond to resultative verbal adjectives, denoting a state which results from a previous event, and were underspecified for voice, which means that they were inherently neither active nor passive oriented”. L’assenza di orientamento nelle forme in *-

to- (ma anche in *-nt-) è condivisa da Pompei 2016, secondo la quale “i suffissi cosiddetti particpiali nelle lingue

indoeuropee non presentano in origine un orientamento inerente, né una precisa diatesi, ma neanche un orientamento contestuale. Essi costituiscono, piuttosto, una semplice strategia di nominalizzazione” (p.214).

60 Il fatto che il verbo di partenza fosse intransitivo o transitivo è un dato che da solo non basta per determinare il

comportamento degli AV (vd. Napoli 2000, p.248). Una spiegazione alternativa (e per certi versi discutibile) sulla possibilità di impiego come attivi, passivi o entrambi degli AV (nonché sulla loro genesi) è dato da Brosnam 2010.

61 Kurzová 2011, p.156. 62 Kurzová 2011, p.158.

63 Vd. anche quanto scrive Napoli 2010, p.327: “si è visto come, tipologicamente, uno stesso suffisso possa servire a

formare aggettivi verbali sia da verbi transitivi che intransitivi, e con ‘orientamento’ sia attivo che passivo; ciò perché, come nota Haspelmath (1994: 172), gli aggettivi verbali non ereditano necessariamente la struttura argomentale del verbo d’origine. Infatti, tipologicamente gli aggettivi verbali risultativi subiscono una restrizione legata all’agentività del soggetto e alla telicità del predicato, per cui verbi inergativi non hanno in genere un aggettivo risultativo o un participio passivo. Se un aggettivo risultativo ha orientamento attivo, si riferisce di norma a un agente non prototipico o ad un agente in qualche modo affected dall’azione [...] Questa tendenza emerge chiaramente a proposito degli aggettivi verbali in *-to-: es. ἄπαστος, ἱπποβοτος”.

A proposito della possibilità di interpretare questi aggettivi di volta in volta come attivi, passivi o entrambi, Lazzeroni 2010, p.262 parla di “bassa trasparenza semantica”, mentre Puhvel 1953, p.17, nel notare la ‘vaghezza’ originaria del significato delle forme in -τος in Omero, afferma che il diffondersi di un uso predominante in senso passivo (e passato) è dovuto a una “widespread incorporation of the type into the verbal system”.

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Originariamente dunque, sempre secondo la ricostruzione di M. Napoli, il suffisso *-to- avrebbe avuto la funzione di esprimere “lo stato conseguente o relativo all’attuarsi dell’azione espressa dal verbo, senza alcuna relazione di dipendenza rispetto al tempo e alla diatesi, data la sua natura aggettivale. È come se ogni derivato indoeuropeo di una data radice avesse significato: «la cui azione è conseguente all’azione di…» oppure «relativo all’azione di…». L’azione è ovviamente quella del verbo di partenza, presentata come attiva o passiva, a seconda che il nome al quale esso si riferisce figuri in veste di soggetto o oggetto del processo verbale”64. La successiva specializzazione per l’espressione del passivo è frutto della stretta correlazione, dimostrata su base tipologica, esistente tra “i valori di perfettività e risultatività”, per cui “nel caso in cui un’azione è compiuta e caratterizzata dal raggiungimento di un telos, verrà rappresentata preferibilmente ‒ piuttosto che in riferimento all’agente ‒ attraverso l’attribuzione al paziente del mutamento di stato che da essa risulta (ossia al passivo); quello che è accaduto a questa classe di derivati è dunque fenomeno comune alla categoria dei cosiddetti participi risultativi”65.

Al tempo stesso, come si è già avuto modo di sottolineare, in greco gli AV in -τος non raggiungono lo status di veri e propri participi, per cui essi non attraversano tutte le fasi del processo di grammaticalizzazione descritte da Kurzová 2011 riportate alla fine del par.1.1.1, arrestandosi ‒ a mio avviso ‒ tra primo e secondo stadio. Proprio il fatto che gli AV non si siano grammaticalizzati come participi può inoltre spiegare il fatto che in greco, accanto al passivo, le forme dotate di valore intransitivo (inaccusativo) o di doppia diatesi siano un numero rilevante, non solo nelle fasi più arcaiche, ma anche negli sviluppi linguistici successivi: il tratto fondamentale espresso dagli AV in -τος è dunque quello dell’affectedness, ovvero il fatto che “the participant is being effected by the verbal process”66, indipendentemente dalla sua natura di oggetto o soggetto sintattico del verbo67.

Sulla mancanza di orientamento inerente vd. anche Haspelmath 1994, p.153: “such variation in orientation is possible whenever the meaning of a word is a concept involving more than one semantic participant”: poiché il suffisso *-to- da solo non basta a specificare l’orientamento degli AV formati con esso, ma nella maggior parte dei casi essi sono comunque passivi, le forme greche in -τος possono essere considerate in parte “inherently oriented”, in parte “contextually oriented” (p.154). Cfr anche p.169: “there is some evidence from [...] Indo-European that suggests that originally unoriented verbal adjectives or participles later become fixed in their orientation”.

64 Vd. Napoli, 2000, p.253.

65 Vd. Napoli 2004, p.368. Tali conclusioni sono condivise anche da Pompei 2016, la quale (con riferimento a un

articolo del 2010 di M. Napoli sul suffisso -tus in latino) afferma che la specializzazione in senso passivo consiste in una “sintatticizzazione dell’orientamento (risultativo) all’oggetto dei transitivi, con inclusione dei verbi transitivi atelici ed esclusione degli usi inaccusativi”.

Sulla relazione tra perfettività e passivo/stativo, oltre al cap.1 (par.2.3.3), vd. Givón 1984, p.259: “Perfectivity or terminal boundary or end result is a common ingredient of stative or passive (‘detransitive’) derivations of event verbs”. Per una trattazione teorica più ampia ed effettuata su base tipologica sui participi passivi vd. Haspelmath 1994: come nota lo studioso (p.159), “both past passive participles and past unaccusative participles characterize their heads by expressing a state that results from a previous event” e “it becomes useful to characterize a thing by means of a resulting state only if the previous event affected or changed the thing somehow”. Il referente delle forme in-τος è pertanto caratterizzato dal tratto dell’affectedness (ha i ruoli semantici di tema o paziente), mentre “agents are not affected by the actions they participate in, so agentive intransitive verbs do not have participles”; come si vedrà, questi casi sono di fatto molto rari.

66 Kurzová 2011, p.170 (riportata anche supra).

67 Per tale questione vd. anche capitoli dedicati all’analisi delle forme, in particolare di età arcaica e classica (capp.3 e

5).

Sul valore di *-to- IE una posizione in parte differente da quelle generalmente accolte (i.e. indifferenza alla diatesi di *-

to- IE) è quella di Drinka 2009, p.153, secondo la quale “the passive is without doubt the unmarked meaning of the *- to/no- construction”, mentre le forme ricavate da verbi intransitivi e dotate di conseguenza di significato attivo “are

ancillary formations, not the core of the category”. Anche Amman 1956, nella sua analisi dei simplicia in -τος omerici, dedica poco spazio alle forme di significato attivo, considerate come una deviazione rispetto al quadro che attribuisce al suffisso -τος un valore essenzialmente passivo o passivo-potenziale. La presenza di forme attive (intransitive) viene infatti considerata un fenomeno raro, limitato a casi isolati come θνητός, τλητός, ποτητός e ai derivati da verbi di movimento (p.es. νηκτός, πορευτός, ῥυτός, κτλ), per cui l’autore conclude che il tipo attivo non risulta produttivo nell’ambito dei simplicia, mentre ne riconosce una presenza più consistente nell’ambito dei composti, soprattutto in epoca postomerica.

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Se, come si è visto, nell’espressione del passivo gli AV in -τος risultano in molti casi equivalenti a dei participi perfetti passivi68, essi assumono in greco una funzione del tutto particolare, sebbene affine al passivo, ovvero l’espressione della possibilità passiva (oltre che, in misura inferiore, come facoltà di compiere qualcosa)69, soprattutto nelle forme negative. Anche lo sviluppo di tale valore modale è probabilmente legato alla mancata specializzazione di *-to- in greco nella formazione del participio passivo70 (funzione assunta dalle forme in -µενος), che ha dunque permesso la

coesistenza dei due distinti significati. Sebbene nella lingua dell’epica arcaica quello affine al “passive participial meaning”71 sia il valore ancora predominante tanto nei simplicia quanto nei composti, la nascita della seconda accezione (possibilità passiva, ma anche capacità e/o adeguatezza rispetto a una determinata azione) deve comunque esser stata piuttosto precoce, affermandosi in entrambe le categorie (p.es. ἑλετός ‘che può essere preso’, ἄρρηκτος ‘che non si può spezzare’). La presenza di simplicia dotati di significato potenziale costituisce un’ulteriore specificità del greco, in quanto nelle lingue che hanno grammaticalizzato l’AV come participio passato tale valore è possibile solo nelle forme privative (p.es. lat. in-victus ‘invincibile’), in quanto “deontic meaning is possible only when the achievement is negated”72.

Infatti, anche in greco il significato potenziale è stato collegato alla frequente ricorrenza di *-to- in forme precedute da negazione, che rende uno sviluppo del tipo ἀκίνητος ‘non vinto’ > ‘invincibile’ del tutto plausibile73. Kühner-Blass74 hanno poi evidenziato come gli aggettivi in -τος che indicano possibilità sono ricavati da verbi che esprimono “eine geistige Funktion” (νοητός, µισητός), mentre quelli che significano un’azione compiuta derivano invece da verbi che esprimono “eine sinnliche Funktion” (γλυπτός, βαπτός, καυστός), quindi da due classi di verbi profondamente differenti per azionalità, transitività e caratteristiche di soggetto e oggetto. Sebbene in realtà esempi di passivo e potenzialità si riscontrino in entrambi i gruppi di verbi, il valore potenziale è di fatto meno frequente negli AV ricavati da verbi indicanti azioni concrete rispetto a quelli che esprimono processi e attività mentali75. Secondo Amman 1956 questi due valori vanno messi in relazione alle differenti combinazioni sintattiche in cui le forme in -τος possono comparire, e in particolare al loro uso attributivo o predicativo. Questo autore, infatti, correla la distinzione canonica tra valore ‘quasiparticipiale’ (in cui gli AV risultano in competizione con il participio propriamente detto) e ‘potenziale’ all’uso attributivo o predicativo degli aggettivi stessi: le forme con valore ‘quasiparticipiale’ sarebbero maggiormente adoperate in posizione attributiva, mentre per quelle ‘potenziali’ prevarrebbe l’uso predicativo76. Inoltre, sottolinea Amman, non sempre è possibile

68 Su tale argomento vd. infra, capp.10, 12 e 14.

69 Vd. Haspelmath 1994, p.163: “like past passive participles are not always passive, but can sometimes be used with

unaccusative intransitive verbs” e “whereas resultative participles characterize an entity by means of a state resulting from an event, modal participles characterize an entity by means of a potentiality for an event that is conceived of as inherent in the entity”. Sul greco vd. anche Tronci 2014, p.475: “scholars agree that the value of the -tó- forms varies between that of a past participle, such as poiētós ‘made’, and that of an adjectival expression of passive possibility, especially in negative forms, such as aníkētos ‘invincible, undefeated’”.

70 Come sostiene Kurzová 2011, p.159. 71 BP, p.469.

72 Kurzová 2011, p.159. La precocità dello sviluppo di questo valore, notata anche da Chantraine 1979, p.306 (appare

fin dai testi più antichi), viene evidenziata anche in BP, pp.469-70, per i quali “it seems that with the negative *n̥ it even took place even in IE times”. Lo sviluppo del valore potenziale è trattato anche infra, nei capitoli dedicati all’analisi delle forme, oltre che in rapporto al participio.

73 Vd. p.es. Benveniste 1975, p.166 e Durante 1976, pp.43-4, il quale nota che “i nomi verbali in -to esprimono

semplicemente una inerenza alla nozione verbale, mentre l’espressione della necessità virtuale compete alle forme con prefisso negativo”. Chantraine 1979, p.306 ipotizza sullo sviluppo di questo valore un’influenza delle forme in -τεος (obbligo vs. possibilità).

74 Vd. Kühner-Blass 1892, p.288.

75 Su tale questione si tornerà più estesamente infra.

76 Esse sarebbero inoltre più frequenti nei discorsi (vd. p.12 e p.14, dove vengono portati come esempio µαχητός,

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tracciare un confine netto tra valore ‘quasiparticipiale’ e potenziale77; quest’ultimo può essere con certezza escluso soltanto quando il “verbo base indica un’attività di produzione attraverso la quale l’oggetto, rappresentato dalla parola di riferimento, viene ad esistere” (si tratta dunque di un