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Continuità e rottura negli anni di Chruˇsˇcë

Il 1956 viene spesso presentato come una spia della crisi che più tar- di, nel 1989-91, avrebbe determinato il crollo dei sistemi di tipo so- vietico in Europa orientale. In una prospettiva di lungo periodo, de- purata dai fattori locali ed emotivi che caratterizzano la sterminata memorialistica, la portata storica del XX Congresso del PCUS, dell’ot-

tobre polacco e soprattutto della rivolta ungherese esce fortemente ri- dimensionata. Secondo Kramer, il 1956 non anticipò affatto la crisi degli anni settanta e ottanta, mentre è vero l’esatto contrario: la deci- sione presa da Chruˇsˇcëv, il 31 ottobre, di invadere nuovamente l’Un- gheria, ricompattò i regimi comunisti e garantì al blocco sovietico ol- tre tre decenni di sopravvivenza24. L’

la crisi del 1956 e fino alla prima metà degli anni settanta vissero il periodo di maggiore vitalità economica e stabilità sociale.

A partire dal 1956 diversi fattori, a iniziare da quelli strategico e militare, incoraggiarono nel blocco orientale una politica di svi- luppo che, senza rinnegare il primato dell’industria pesante, pre- stasse maggiore attenzione alle esigenze fondamentali della popola- zione. La tiepida reazione americana alle crisi polacca e ungherese rassicurò la leadership sovietica sull’accettazione, da parte di Was- hington, degli equilibri della guerra fredda in Europa. Negli anni di Chruˇs ˇcëv (1953-64) l’Unione Sovietica uscì dalla dimensione euro- centrica propria dello stalinismo e acquisì i tratti di un impero in espansione, votato all’offensiva nei paesi asiatici e africani di recen- te decolonizzazione, fra i quali riuscì a stabilire la propria influenza nel nome della formazione di un “campo del progresso e della pace” e della competizione economica e tecnologica con l’Occiden- te. L’URSS poté presto esibire significativi successi: il lancio del sa-

tellite Sputnik, avvenuto il 4 ottobre 1957 per celebrare il quaran- tennale della rivoluzione d’Ottobre, fu seguito nel 1961 dal lancio del primo uomo nello spazio, Jurij Gagarin. Con la sua ruvida gio- vialità e i suoi impolitici ma – tutto sommato – innocui scatti d’ira, Chruˇs ˇcëv offriva al mondo un’immagine dell’Unione Sovietica e del blocco orientale assai diversa da quella, decisamente lugubre, irra- diata da Stalin25.

Sul piano interno, il periodo di Chruˇsˇcëv fu tuttavia segnato da una frenetica serie di iniziative improvvisate e fallimentari. L’apparato di partito rimase scosso dal XX Congresso e dai disordini interni ed

esterni ad esso seguiti, tanto da suscitare una congiura di palazzo per allontanare il primo segretario (giugno 1957). Il colpo, sventato grazie all’intervento del ministro della Difesa ˇZukov e dei segretari regionali, offrì a Chruˇsˇcëv l’occasione per liberarsi di avversari scomodi (Ma- lenkov, Molotov, Kaganoviˇc – il “gruppo antipartito” – oltre allo stesso ˇZukov) e di avviare una seconda svolta progressista, soprattut- to in campo ideologico26. Egli consentì a scienziati, scrittori, artisti e

comuni cittadini di intensificare i contatti con il mondo esterno; inco- raggiò il ritorno della sperimentazione artistica bandita durante lo stalinismo, almeno fino al notorio attacco rivolto nel 1962 alla pittura d’avanguardia; ispirò lo scrittore Boris Pasternak, il cui Dottor ˇZivago venne pubblicato in anteprima mondiale dall’editore italiano Feltri- nelli nel 1958; autorizzò, infine, la pubblicazione (1962) del primo ro- manzo dell’ex detenuto politico Aleksandr Solˇzenicyn, Una giornata

di Ivan Denisoviˇc, che svelava al pubblico la tremenda quotidianità

ciò nell’ottobre 1961, al XXII Congresso del PCUS, una nuova denun-

cia dei crimini di Stalin, più approfondita e circostanziata di quella del 1956.

Dalla fine degli anni cinquanta al disgelo e alla critica del passato recente Chruˇsˇcëv accompagnò quello che Graziosi ha definito un «piccolo balzo in avanti»27, un’offensiva ideologica e sociale che si

ispirava – in forme assai meno radicali – al modello maoista cinese. Dal 1958 alla sua caduta, le autorità sovietiche posero un rinnovato accento sui temi ideologici (condanna del “revisionismo”, persecuzio- ne giudiziaria dei primi intellettuali dissidenti, come lo storico Alek- sandr Ginzburg) e intensificarono la lotta alla religione (chiusura e demolizione di chiese e monasteri, arresto di religiosi, intimidazione dei fedeli, propaganda ateista ed evoluzionista nelle scuole e sui luo- ghi di lavoro). Lo Stato prese a interferire sugli aspetti più intimi del- la vita privata dei cittadini, promuovendo cerimonie laiche per i mo- menti decisivi dell’esistenza: la nascita, il matrimonio, la sepoltura. La Chiesa ortodossa, che durante la Seconda guerra mondiale aveva scel- to l’integrazione piena nel sistema politico sovietico, si ritrovò nuova- mente estraniata dalla vita nazionale28. Non è chiaro a che cosa mi-

rasse l’ambiziosa campagna del leader sovietico, che dopo il 1956 aveva utilizzato il Patriarcato di Mosca come interlocutore privilegia- to dei primi passi verso il dialogo ecumenico con il Vaticano. Secon- do Andrea Riccardi, Chruˇsˇcëv vagheggiava un ritorno al “leninismo”, un bolscevismo modernizzatore depurato dai compromessi con il tra- dizionalismo russo e dagli eccessi stalinisti, cercando di replicare alla strategia vaticana (e occidentale) di ferma opposizione al comuni- smo29.

Il nazionalismo russo costituì l’altro tema sul quale il leader sovie- tico impresse nuovo vigore alle politiche staliniane. Nel dicembre 1958 fu varata su iniziativa di Chruˇsˇcëv una riforma dell’istruzione che mirava a ridurre la distanza fra scuola e lavoro. L’accesso all’uni- versità era subordinato a un “servizio civile” pluriennale, successivo al compimento degli studi superiori: un provvedimento che suscitò vaste proteste fra le classi medie urbane. L’importanza della riforma, tuttavia, stava soprattutto nella soppressione del bilinguismo nelle scuole situate in repubbliche abitate in maggioranza da non russi, l’affermazione del russo a ogni livello della comunicazione come lin- gua franca dell’impero e, in ultima istanza, la promozione di un senso di appartenenza al popolo sovietico svuotato di contenuto etnico. Sin dai primi anni trenta, Stalin si era convinto che la conoscenza del russo rappresentasse uno strumento di acculturazione e promozione sociale30. La russificazione “dolce” promossa da Chruˇsˇcëv generò

tuttavia in Ucraina, nelle repubbliche baltiche, nel Caucaso e in Asia centrale un’ondata di proteste che innescarono un inedito conflitto centro-periferia31. Negli anni sessanta la torsione nazionalista dell’in-

tegrazionismo culturale avrebbe ispirato anche in Europa orientale l’avvio della promozione di un’identità nazionale standardizzata (la «nazione socialista») che le minoranze etniche ritenevano lesiva dei loro diritti32.

Anche la politica estera di Chruˇsˇcëv fu segnata da contraddizioni sconcertanti. Alle aperture simboliche verso l’Occidente (la visita ne- gli Stati Uniti nel 1959, l’incontro a Vienna con il presidente Kenne- dy nel 1961, il cortese scambio epistolare con papa Giovanni XXIII e

la visita del genero di Chruˇsˇcëv a Roma nel 1963) si contrapposero iniziative diplomatiche fallimentari e, anzi, controproducenti. Il tenta- tivo di siglare un trattato di pace che regolasse lo status della Germa- nia e della sua capitale, Berlino, si risolse nel 1961 in uno scontro diplomatico che indusse le autorità tedesco-orientali, esasperate dal- l’emigrazione di 3 milioni di propri cittadini in poco più di dieci anni, a erigere con il decisivo sostegno sovietico, a partire dal 13 ago- sto 1961, una barriera definita «di protezione antifascista» lunga qua- si 150 chilometri. Il Muro, che fino al novembre 1989 avrebbe impe- dito alla popolazione di Berlino Est e delle zone circostanti di acce- dere all’area occidentale della città, divenne la perfetta iconografia della divisione dell’Europa e della mancanza di libertà di movimento dei cittadini della sua metà orientale33. Un anno più tardi, nell’otto-

bre 1962, il tentativo di saggiare la reazione statunitense all’estensione della sfera d’influenza sovietica a Cuba innescò una grave crisi diplo- matico-militare. Per contrastare la supremazia strategica americana fuori del continente europeo, Chruˇsˇcëv fece installare sull’isola missili balistici nucleari a corto e medio raggio in grado di colpire gli Stati Uniti. La dura reazione americana, culminata con la concreta minac- cia di un attacco atomico all’Unione Sovietica, costrinse Chruˇsˇcëv a un’umiliante ritirata e allo smantellamento delle postazioni missilisti- che. Gli insuccessi approfondirono i conflitti ideologici all’interno del movimento comunista internazionale: il partito cinese, con il quale i rapporti erano tesi da anni, colse l’occasione per accusare Chruˇsˇcëv di aver ceduto all’imperialismo e trovò un alleato europeo nell’Alba- nia di Hoxha.

La posizione del leader sovietico si indebolì nel 1962-63 anche a causa della sua ambizione, del tutto velleitaria alla luce delle condi- zioni del paese, di “raggiungere e superare” entro vent’anni lo stadio di sviluppo degli Stati Uniti. Nei primi anni sessanta i piani indu- striali subirono una forte accelerazione: soprattutto nel settore milita-

re, il cui bilancio tornò a crescere per la prima volta dopo la morte di Stalin. Fallì, soprattutto, l’esperimento di rendere coltivabili le terre vergini, come quelle del Kazakhstan settentrionale, dove Chruˇsˇcëv in- sediò centinaia di migliaia di nuovi contadini. All’eccellente raccolto del 1961 seguirono quelli, disastrosi, del 1962-63, che costrinsero l’URSS a importare ingenti derrate alimentari dall’Occidente. Nono-

stante il vistoso miglioramento del tenore di vita rilevato, rispetto agli anni trenta e quaranta, da tutti i principali indicatori statistici (aspet- tativa media di vita, condizioni abitative, livello di istruzione, accesso ai servizi sociali e alla cultura), le restrizioni ideologiche e la repres- sione sociale innescata dalle ripetute campagne di “moralizzazione”, intese a sradicare i reati contro la proprietà e la corruzione, determi- narono la formazione di un fronte trasversale favorevole alla destitu- zione di Chruˇsˇcëv, guidato nell’ottobre 1964 dall’apparato di sicurez- za e dal presidente del Soviet Supremo, Leonid Breˇznev, che assunse la carica di segretario generale del PCUS.

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