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PREPARATIVI MILITARI E COLLASSO ECONOMICO , 1951-

Pianificazione e militarizzazione

4.2.2. PREPARATIVI MILITARI E COLLASSO ECONOMICO , 1951-

La riorganizzazione cui furono sottoposti i fragili sistemi produttivi dell’Europa orientale spiega soltanto in parte il declino economico in cui il blocco sovietico si avvitò nel triennio 1950-52, le cui estreme conseguenze furono evitate solo grazie alla morte di Stalin. Il quadro internazionale, già teso a partire dal 1947, si deteriorò ulteriormente con la rottura tra Stalin e Tito e l’espulsione della Jugoslavia dal Ko- minform, cui seguì la crisi di Berlino del 1948-49 e, nel giugno 1950, l’invasione della Corea del Sud da parte delle forze nord-coreane e cinesi, sostenute dall’Unione Sovietica. Le economie dell’Europa orientale si trovarono coinvolte in un processo di militarizzazione in vista di un possibile conflitto armato con l’Occidente o con la Jugo- slavia ribelle. Alla terza e ultima conferenza del Kominform (1949), la questione jugoslava come problema di sicurezza militare emerse con chiarezza nelle comunicazioni dei leader comunisti presenti, in parti- colar modo dell’ungherese Rákosi e del romeno Gheorghiu-Dej. Il so- vietico Suslov definì imminente la «terza guerra mondiale»37.

Alla radice degli squilibri negli indici della pianificazione indu- striale, sempre più sbilanciati verso il settore militare e della difesa, stavano preparativi militari la cui portata e le cui conseguenze di lun- go periodo sono recentemente emerse nella storiografia internaziona- le. Esse risultarono particolarmente gravi nel caso dei paesi sconfitti confinanti con la Jugoslavia (Ungheria, Romania e Bulgaria), le di- mensioni dei cui eserciti erano limitate dai trattati di pace del 1947. L’esercito ungherese, composto nel 1948 da 70.000 reclute e ufficiali, venne gonfiato fino a raggiungere alla fine del 1952 la cifra di 211.411 effettivi su poco più di 8 milioni di abitanti. L’obiettivo della preparazione militare ungherese era il fronte meridionale del blocco sovietico. Le autorità ungheresi ricevettero dai consiglieri militari so- vietici il progetto di una vera e propria “cortina di ferro” e di un sistema integrato di difesa che comprendeva il minamento delle aree di confine “sensibili” (la Jugoslavia) lungo un fronte di 660 chilome- tri. L’intero sistema avrebbe assorbito il 22,5% di tutti gli investimen-

sistema venne effettivamente costruita ma errori di progettazione e sprechi di risorse resero inutilizzabili le strutture38.

Il responsabile economico e numero due del partito ungherese, Ern ˝o Ger ˝o, affermò in seguito di aver ricevuto a partire dal 1948, direttamente da Stalin, assieme al primo segretario Rákosi, informa- zioni sull’«inevitabile» scoppio di un conflitto armato39. In questo

contesto di generale paura e incertezza, nel gennaio 1951 Stalin con- vocò a Mosca l’ultimo incontro internazionale prima della sua morte, al quale parteciparono i segretari dei partiti comunisti e i ministri del- la Difesa dei paesi dell’Europa orientale e nel quale si discusse la si- tuazione militare del blocco sovietico. In assenza di una documenta- zione inoppugnabile, gli obiettivi dell’incontro sono tuttora contro- versi. Secondo l’allora ministro cecoslovacco della Difesa, Stalin avrebbe detto che l’Unione Sovietica poteva godere per soli tre-quat- tro anni della superiorità militare nei confronti degli occidentali. Bi- sognava «approfittarne per moltiplicare il potenziale militare del bloc- co sovietico, in modo da lanciare un’operazione che miri all’occupa- zione di tutta l’Europa»40. Gli storici Mastny, Kramer e Roberts

sono cauti sull’ipotesi di guerra preventiva. Stalin avrebbe parlato in termini solo generici dell’inevitabilità della guerra, ammonendo gli al- leati che avevano pochi anni a disposizione per prepararsi ad essa41.

Geoffrey Roberts conferma le imponenti proporzioni del riarmo ap- prontato entro il 1953-54 in Unione Sovietica e nei paesi satelliti: a suo avviso, tuttavia, esso nasceva essenzialmente da preoccupazioni di difesa42. Secondo David Holloway, invece, Stalin avrebbe affermato

che occorreva intensificare gli sforzi per un’invasione dell’Europa oc- cidentale entro tre-quattro anni, prima che gli Stati Uniti potessero rafforzarvi le loro posizioni43.

Anche il leader comunista ungherese Rákosi menziona questa im- portante riunione nelle sue memorie44. Secondo Rákosi, i dirigenti

esteuropei furono colti di sorpresa45. Alcuni di essi, come il ministro

della Difesa della Polonia, il generale sovietico di origine polacca Ro- kosovskij, lamentarono il ritmo troppo rapido imposto al potenzia- mento militare previsto per la fine del piano sessennale, nel 1955. Stalin ribatté affermando che, se Rokosovskij avesse potuto garantire una situazione di pace fino al 1956, i polacchi sarebbero stati liberi di attuare il loro piano originario: in caso contrario, «avrebbero fatto meglio ad accettare le proposte sovietiche»46. Alle autorità ungheresi

fu intimato di svuotare entro pochi giorni un territorio di 2.000 km2,

evacuando i suoi 140.000 abitanti47. I dirigenti ungheresi convinsero

a stento i consiglieri sovietici dell’impossibilità di evacuare in pochi giorni quasi il 2% della popolazione48. Sebbene viziata da un chiaro

intento autogiustificatorio, la testimonianza di Rákosi restituisce una delle chiavi interpretative del difficile rapporto di dipendenza del- l’Europa orientale dall’URSS: il problema della scala. I piani sovietici

di natura economico-militare si rivelavano sovradimensionati rispetto alle capacità produttive e di resistenza fisica dei satelliti. In Ungheria la forbice tra la crescita del PIL e l’indice dei consumi si allargò a

dismisura; il dissesto economico innescato dal riarmo costituì una delle cause di lungo periodo del malcontento sociale che sarebbe sfo- ciato nella sollevazione popolare del 1956.

4.3

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