coordinatore E. Caffo (modena) fattori è implicata nell’ezio-patogenesi della maggior parte dei
disturbi psichiatrici. In questa relazione saranno presi in esa- me soprattutto i fattori di rischio di natura ambientale, con di- scussione marginale dei fattori genetici. Secondo la prospettiva della psichiatria darwiniana, può considerarsi come fattore di rischio qualunque accadimento che interferisca con lo svolgi- mento delle strategie comportamentali che si sono evolute per consentire il raggiungimento degli scopi biologici. La risposta a tale interferenza è lo stress inteso come processo fisiologico che include reazioni organiche, psicologiche e comportamen- tali. Tali reazioni rappresentano un tentativo di adattamento a circostanze sfavorevoli che, nell’ambiente di adattamento evo- lutivo di Homo sapiens, correlavano con una riduzione della fitness inclusiva. Il modello evoluzionistico dello stress consen- te di formulare alcune previsioni riguardo all’impatto patogeno
degli specifici eventi di vita in relazione alle caratteristiche indi- viduali. Quanto maggiore è per l’individuo l’importanza biolo- gica dello scopo il cui raggiungimento è minacciato dal fattore di rischio, tanto maggiore sarà l’impatto patogeno dell’evento stesso. Poiché, al di là dei valori individuali culturalmente de- terminati, gli individui di differente età e sesso attribuiscono dif- ferenti priorità ai diversi scopi biologici, ci si può attendere che l’impatto patogeno degli stessi eventi stressanti vari a seconda di queste caratteristiche individuali come indicato dalla capaci- tà dell’evento di precipitare l’esordio di diversi disturbi psichia- trici. Verranno passati in rassegna dati clinici ed epidemiologici che confermano le previsioni di cui sopra e che evidenziano una vulnerabilità depressiva diversa negli uomini e nelle donne che hanno subito gli stessi eventi stressanti di natura interperso- nale e riproduttiva.
the developmental course of psychopathology from childhood into adulthood
F.C. Verhulst
Department of Child and Adolescent Psychiatry, Sophia Children’s Hospital/Erasmus University, Rotterdam, The Netherlands
Knowledge about the developmental course of child psycho- pathology is relevant to clinicians and researchers by looking forwards from childhood into adulthood as well as by looking backwards from adulthood to childhood. From a methodologi- cal point of view, the most straightforward way to study the developmental course of child psychopathology is to study child problems in a prospective, longitudinal way in the gen- eral population across many years and using assessment proce- dures that are comparable across time. This will be the topic of this presentation. Data will be presented from the zuid-Holland Longitudinal Study. We followed-up a sample of 2076 chil- dren and adolescents from 4-16 years of age across a period of 24 years. Using the same type of assessment procedures it was possible to study continuities and discontinuities of psy- chopathology in nearly seventy percent of the original sample from childhood way into adulthood. Because part of the sam- ple have in the meantime become parent themselves, it was also possible to determine the intergenerational transmission of child problem behaviour. Although child psychopathology was predictive of adult psychopathology over an extended period of time, the majority of children and adolescents in the general population who had problems do not show significant prob- lems anymore 24 years later. Externalizing problems were the
dei problemi emotivo-comportamentali (CBCL) su un campione di 3.418 soggetti e, nella seconda fase, un’intervista diagnostica (DAWBA) che consente di diagnosticare i più comuni disturbi mentali secondo i criteri del DSm-IV e del ICD-10. L’intervista è stata somministrata a un campione di 631 soggetti.
risultati: è emersa una prevalenza di problemi emotivo-com- portamentali valutati attraverso la CBCL pari al 9,8% (CI 8,8- 10,8%) e dei disturbi mentali pari al 8,2% (CI 4,2-12,3%). I disturbi emotivi (6,5% CI 2,2-10,8%) sono più comuni di quelli esternalizzati (1,2% CI 0,2-2,3%). Le stime di preva- lenza aumentano significativamente con l’età nelle ragazze; inoltre, condizioni come vivere con un solo genitore, una bassa istruzione materna e un basso reddito risultano signifi- cativamente associate alla psicopatologia. Le stime di preva- lenza succitate sono in linea con i risultati di studi condotti in età adulta.
Conclusioni: un adolescente circa su 10 manifesta problemi psicologici. L’attenzione degli insegnanti e dei clinici dovrebbe focalizzarsi sui ragazzi che vivono con un solo genitore e su quelli che sperimentano situazioni socio-economiche svantag- giate.
Continuità e discontinuità dei disturbi psichiatrici con esordio nell’infanzia e nell’adolescenza nell’età adulta
P. Stagi
UO di NPIA - DSM, Azienda USL di Modena
In letteratura sono disponibili numerosi studi longitudinali, con follow up di medio-lungo periodo, sull’evoluzione dei distur- bi psicopatologici dell’infanzia e dell’adolescenza relativi a specifiche categorie diagnostiche o a tematiche di particolare rilevanza sociale (bullismo, criminalità giovanile, abuso di so- stanze, suicidio). Tali studi includono campioni eterogenei per età e provenienza.
Ben più rare sono le ricerche epidemiologiche longitudinali eseguite su popolazioni di bambini e adolescenti reclutati sulla base del territorio di residenza (population based, area based). Il presente studio longitudinale retrospettivo si basa sull’analisi di oltre 35.000 bambini e adolescenti consecutivamente afferiti ai servizi di neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (NPIA) di due province della Regione Emilia-Romagna nel pe- riodo 1995-2008. Partendo da tale base-dati sarà analizzata: l’incidenza e la prevalenza dei principali disturbi mentali e comportamentali dell’età evolutiva; la continuità e l’impatto di tali disturbi sulla morbilità psichiatrica dell’età adulta. Evidenze preliminari rivelano che circa il 20% dei disturbi con esordio specifico nell’infanzia e nell’adolescenza hanno un’evoluzione
clinica in età adulta (Reef, 2009; Stagi, 2009). Si cercherà inol- tre di individuare, tra i disturbi neuropsichici diagnosticati nella popolazione campione sopra descritta, quali siano maggior- mente predittivi dei disturbi mentali e comportamentali dell’età giovanile e adulta.
Infine si applicherà lo strumento dell’analisi epidemiologica al- la medesima popolazione campione per verificare l’ipotesi che nell’ultimo decennio vi sia stato un significativo incremento nell’incidenza dei disturbi dello spettro autistico (disturbi per- vasivi dello sviluppo) e dei disturbi dell’umore, come da più fonti ipotizzato.
early-adult outcome of child and adolescent mental disorders: a danish register-based cohort study
A. Castagnini, P. Hove Thomsen
Centre for Psychiatric Research, Aarhus University, Risskov, DK
Background: child and adolescent mental disorders may show continuities over time and increase the risk for later psychiatric morbidity with implications for diagnostic classification, mental health planning and prevention of adult mental disorders. Method: admission/contact patterns of all subjects aged 7-15 years who were first enrolled in the Danish psychiatric register with ICD-10 F00-F99 diagnosis between 1995 and 1997 were examined to identify any disorder for which they were referred for treatment after the age of 17 years by 2006.
results: a total of 5149 cases, 3153 (61.2%) males and 1996 (38.8%) females, were admitted to hospital or attended out- patient services in 1995-97, accounting for annual rates respec- tively of 403.6 and 267.7 per 100.000 population. Neurode- velopment and conduct disorders showed a characteristic male preponderance, while affective, emotional/neurotic and eating disorders were more common in females.
The majority (54%) of those being studied were re-admitted or attended out-patient services on at least one further occa- sion. In their last admission/contact on average at the age of 21 years (n = 1119, 21.7%), females were significantly more likely than males to be referred for treatment (30.2% vs. 16.4%; p < 0.001). Personality disorders (17.3%), schizophrenia and related disorders (14.9%), stress-related and adjustment disor- ders (13.8%), and affective disorders (9.5%) were the principal diagnostic groups.
Conclusions: although these findings suggest that females were more likely than males to have developed mental disorders in early adulthood, the relationship with diagnostic categories at 7-15 years remains uncertain.
sibili transizioni, per cui sarebbe più appropriato di parlare di validità al plurale.
Bibliografia
Gross G, Huber G, Klosterkötter J, et al. Bonner Skala für die Beurteilung
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Süllwold L. Symptome schizophrener Erkrankungen: uncharakteris-
tische Basisstörungen. Berlin: Springer 1977.
Basic symptom at-risk criteria and prediction of first- episode psychosis
F. Schultze-Lutter
University Hospital of Child and Adolescent Psychiatry, Bern, Switzerland
From the Cologne Early Recognition study prospectively inves- tigating the predictive accuracy of basic symptoms according to the Bonn Scale for the Assessment of Basic Symptoms (BSABSA), two at-risk criteria have emerged: the at-risk criterion Cognitive- Perceptive Basic Symptoms (COPER) and the high-risk criterion Cognitive Disturbances (COGDIS).
The psychosis-predictive ability of these criteria was confirmed in the evaluation study of the Schizophrenia Proneness Instrument, Adult version (SPI-A). 38% of the 146 at-risk subjects according to COPER and 39% of the 124 at-risk subjects also meeting the COGDIS criterion developed psychosis between 1 to 48 (12 ± 11) months past baseline. Additionally, in a follow-up of the non- psychotic clientele of the Früh-Erkennungs- & Therapie-Zentrum für psychische Krisen (FETZ) between 1998 and 2003, 38% of 203 COPER and 44% of 158 COGDIS subjects developed psy- chosis between 1 to 64 (15 ± 15) months past baseline. Further, in a retrospective study of 128 first-episode psychosis in-patients, COPER was reported by 80% of the 126 patients reporting any prodromal phase, while of 98 healthy adolescents from the gen- eral population, only 8% reported any one COPER and only 3% any two COGDIS symptoms having appeared at least once. Both COPER and COGDIS are able to identify subjects at a high risk of developing psychosis. Further, they appear to be suffi- ciently frequent prior to onset of the first psychotic episode as well as sufficiently rare in young persons of general population
le validità dei diversi approcci ai prodromi delle psicosi
A. Comparelli, V. Savoja
Dipartimento NESMOS, Sapienza Università di Roma, II Facoltà di Medicina, Ospedale Sant’Andrea, Roma
introduzione: gli approcci ai prodromi psicotici risentono di due concettualizzazioni, cioè quella dei sintomi di base (BS) e quella dei sintomi prepsicotici positivi recenti e del rischio genetico. La prima concettualizzazione affonda le sue radici nella psicopatologia tedesca, mentre la seconda segue un filo- ne più pratico, anglosassone, principalmente basato sul lavoro pionieristico di due gruppi di ricerca, uno statunitense ed uno australiano. La loro validità predittiva è stata provata su ampi campioni e ha messo in evidenza un basso tasso di transizione per le popolazioni identificate a rischio per entrambi gli ap- procci. Il limitato potere discriminativo di entrambi i metodi ha indotto i ricercatori di combinare i criteri di entrambi approcci al fine di incrementare il potere predittivo.
Materiali e Metodi: abbiamo condotto un’indagine approfon- dita sull’uso in letteratura delle principali scale impiegate nella ricerca sui prodromi psicotici. Per l’approccio dei sintomi di ba- se abbiamo indagato la Bonn Scale for the Assessment of Basic Symtoms (BSABS, Gross et al., 1987), il Frankfurter Beschwerde Fragebogen (FBF, Süllwold, 1977) e il più recente Schizophre- nia Proneness Instrument-Adult version (SPI-A, Schultze-Lutter et al., 2007). Per l’approccio anglosassone abbiamo valutato gli studi centrati su uno dei due seguenti strumenti, il “Comprehen- sive Assessment of At-Risk mental States” (CAARmS) (Phillips et al., 2002) e la Structured Interview for Prodromal Symptoms (SIPS) (miller et al., 2003). Abbiamo considerato gli studi che avessero i dati sulla transizione a psicosi dei pazienti a rischio e di quelli non a rischio per ciascuno degli approcci e per ambe- due combinati. I dati sono stati confrontati.
risultati: la BSABS ha evidenziato il 100% di sensibilità e il 45% di specificità e il potere di predire positivamente la psicosi nel 77% dei casi a 8 anni di distanza. L’FBF non è stata predit- tiva, ma è stata usata come scala qualitativa. La SPI-A identifica circa il 23% del tasso di transizione nel primo anno e di circa 80% oltre i 3 anni. Con la CAARMS si è rilevato inizialmente una transizione del 40% a un anno, che si è ridotto negli ultimi anni al 12% e al 16% a 2 anni. Con la SIPS, i tassi di transizione sono del 22% a un anno, del 30% a due anni e del 40% a 2 anni e mezzo, con una sensibilità dell’89% e una specificità del 60,2%. Il tasso di transizione rilevato a 18 mesi è del 19%, ma combinando i criteri cognitivi della BSABS con i criteri SIPS il valore predittivo positivo è risultato dell’83%, aumentato rispet- to all’impiego dei singoli criteri da soli.
Conclusioni: l’uso combinato di entrambi gli approcci consente di incrementare la validità predittiva degli approcci ai prodromi delle psicosi. Il tasso di transizione rimane contenuto rispet- to alla popolazione identificata a rischio, ma forse la validità dell’identificazione del rischio potrebbe estendersi ad altre pos-
Venerdì 18 feBBraio 2011 – ore 11,40-13,40 Sala tintoretto