coordinatore G.S. Bertacca (Parma) I risultati dello studio hanno evidenziato differenze significative
tra i tre gruppi nell’attribuzione delle cause e nelle opinioni sui diritti civili e sulla competenza sociale dei pazienti con schi- zofrenia. In particolare, mentre il 68% dei familiari ritiene che la schizofrenia sia dovuta a cause esclusivamente psicosociali, questa percentuale è del 20% negli operatori psichiatrici e del 34% nella gente comune. Il 48% dei familiari si è detto del tutto convinto dell’utilità dei trattamenti farmacologici, rispetto al 28% degli operatori e al 25% della gente comune. La con- vinzione che i pazienti con schizofrenia siano imprevedibili è presente nel 18% degli operatori psichiatrici e nel 35% dei fa- miliari e della gente comune.
Rispetto ai diritti civili, circa la metà dei familiari si dice del tut- to convinto che i pazienti con schizofrenia non debbano avere figli; questa convinzione è presente anche nel 17% negli opera- tori psichiatrici e nel 19% della gente comune.
I risultati di questo studio sottolineano la necessità di condurre campagne di sensibilizzazione e di informazione sulla schizo- frenia che tengano conto della popolazione target a cui sono rivolte e che siano centrate su aspetti specifici della malattia, quali l’imprevedibilità, i diritti civili e le possibilità di guarigio- ne dei pazienti.
stigma: oltre la parola
L. Pingani*, S. Ferrari*, M. Forghieri*, D. Ben-zeev**,
P. Artoni*, F. Mazzi*, G. Palmieri***, m. Rigatelli*,
P. W. Corrigan**
* Dipartimento ad attività integrata di Chirurgie Specialistiche
Testa-Collo, Università di Modena e Reggio Emilia, Modena, Italia; ** Institute of Psychology. Illinois Institute of Technology,
Chicago, USA; *** Villa Igea Hospital, Modena, Italy
introduzione: il superamento di atteggiamenti stigmatizzanti da parte della popolazione generale nei confronti di persone che sof- frono di disturbi mentali rappresenta una delle sfide più importan- ti per le attuali politiche di salute pubblica. Tuttavia emerge dalla letteratura una grave mancanza di strumenti psicometrici validati utili per indagare tale fenomeno. Scopo di questo studio è quello di tradurre in italiano il questionario Attribution Questionnaire-27 (AQ-27) ed esaminarne le proprietà psicometriche.
Metodi: il questionario è stato tradotto utilizzando la procedura standard di “back-translation” ed è stato successivamente som- ministrato a 214 individui. È stata utilizzata l’Alpha di Cron- bach per stimarne l’attendibilità. L’analisi fattoriale conferma- tiva è stata utilizzata per corroborare la struttura originale dei fattori in inglese rispetto a quella italiana. La “path analysis” è stata utilizzata per convalidare le relazioni trovate nella versio- ne inglese con i partecipanti italiani.
risultati: i valori di “fit index” ottenuti dal modello supportano in modo statisticamente significativo la struttura fattoriale del questionario.
Conclusioni: l’AQ-27-I è uno strumento utile per verificare la presenza di atteggiamenti di stigmatizzanti all’interno della po- polazione generale italiana.
Psicopatologia della disforia
C. maggini
Università di Parma
Alla disforia “orfana negletta” della ricerca psichiatrica 1 at-
tengono in letteratura e nei sistemi tassonomici significati non univoci 2.
Nella tradizione psicopatologica tedesca la disforia è uno stato psicopatologico composito cui si riconoscono come aspetti nu- cleari malumore, tensione, irritazione e rabbia e come aspetti accessori distorsioni cognitive (tendenza a colpevolizzare gli altri sino al delirio) e comportamentali (agitazione psicomotoria e acting out aggressivi) 3.
Questa accezione non ha un corrispettivo nel lessico degli at- tuali sistemi classificativi in cui “umore disforico” identifica un
due interpretazioni sono rintracciabili nella psichiatria nord- americana.
Berner et al. 3 concettualizzano la disforia come uno stato
dell’umore indipendente dalla mania e dalla depressione cor- relato ad un’ ipotetica attivazione delle strutture cerebrali che controllano l’aggressività. In questa accezione il disturbo bipo- lare è un disturbo tripolare e gli stati misti (stabili e instabili) includono una combinazione o oscillazione degli aspetti sinto- matologici di disforia, mania e depressione.
In una lettura antropologica la disforia è stata considerata non una forma primaria di disturbo dell’umore indipendente dalla depressione e dall’euforia, ma una reazione della personalità alla turba depressiva o maniacale 4.
Bibliografia
1 musalek m, Griengl H, Hobl B, et al. Dysphoria from a transnosologi-
cal perspective. Psychopathology 2000;33:209-14.
2 Starcevic V. Dysphotic about dysphoria: towards a greater concep-
tual clarity of the term. Australasian Psychiatry 2007;15:9-13.
3 Berner B, Musalek M, Walter H. Psychopatological concepts of dys-
phoria. Psychopathology 1987;20:93-100.
4 Stanghellini. Antropologia della vulnerabilità. Milano: Feltrinelli
1997.
le dimensioni negative del disturbo bipolare
G. Perugi
Dipartimento di Psichiatria Università di Pisa
Nelle classificazioni internazionali attuali il disturbo bipolare è definito in base alla presenza di fasi maniacali o ipomaniaca- li, che sono considerate specifiche del disturbo. Al di là delle difficoltà di riconoscimento delle fasi espansive attenuate, so- prattutto nelle indagini retrospettive, gli psichiatri devono più spesso confrontarsi con il riconoscimento ed il trattamento del- le dimensioni negative del disturbo bipolare: depressione, stati misti depressivi, esiti cognitivi e deterioramento funzionale. La depressione bipolare, spesso non viene diagnosticata tempe- stivamente. La diagnosi non corretta delle forme bipolari II in parte riflette la mancanza di accordo sulla definizione di spettro bipolare e le difficoltà oggettive d’identificazione retrospettiva dell’ipomania. Tuttavia, anche la mania e la depressione bipo- lare I sono inclini alla sottodiagnosi, sia per la scarsa consape- volezza di malattia da parte del paziente, sia per le difficoltà di indagine dei sintomi maniacali da parte dei clinici. Un pro- blema ancora aperto rimane quello degli stati misti depressivi (depressione maggiore con sintomi ipomaniacali). Questi ultimi sono particolarmente frequenti nei pazienti bipolari ospedaliz- zati ma, nonostante la loro rilevanza clinica, sono meno stu- diati e riconosciuti. Purtroppo nella letteratura contemporanea non esiste un’uniformità di linguaggio, e termini come “stato misto”, “mania mista”, “mania depressiva” e “mania disforica” sono utilizzati in modo intercambiabile. Sintomi ipomaniacali durante gli episodi depressivi come l’ideorrea, l’ipersessualità e l’agitazione psicomotoria non vengono considerati come pos- sibili indicatori di stato misto dagli attuali sistemi classificativi. Sul piano operativo, questo limite nosografico rappresenta una vera e propria “tragedia” clinica, poiché può influenzare nega- tivamente la scelta delle terapie, privilegiando l’impiego dei far- maci antidepressivi rispetto a quello di stabilizzanti dell’umore,
antipsicotici o alla terapia elettroconvulsivante. Infine molti pa- zienti bipolari tendono a presentare nel tempo un progressivo deterioramento funzionale e deficit cognitivi stabili che interfe- riscono marcatamente con gli esiti degli interventi terapeutici. molti di questi pazienti sono considerati come schizofrenici e spesso ricevono interventi inadeguati che contribuiscono ad aggravarne la prognosi. Una migliore definizione dei fattori prognostici legati alla comparsa di esiti cognitivi e funzionali ed una maggiore attenzione al trattamento di questi aspetti sin- tomatologici è di grande importanza per la gestione terapeutica a lungo termine.
Creazione di uno strumento psicometrico per la valutazione della disforia
A. Pelosi*, B. Branchi**
* Dipartimento di Psicologia, Università di Parma; ** Centro Studi
Farmacotossicodipendenze e Disturbi del Comportamento, DAI-SMDP, AUSL di Parma
La disforia è un costrutto ancora “giovane”, in attesa di una concorde definizione ed attribuzione nosologica, su cui di- versi filoni di ricerca stanno cercando far chiarezza partendo, però, da presupposti tanto differenti; Starcevic (2007) ha de- finito i ricercatori come “dysphoric about dysphory”. Questo stato emotivo negativo, caratterizzato soprattutto da malin- conia, irritabilità, scarsa capacità di controllo, insofferenza e incapacità di descrivere chiaramente ciò che si prova, è stato diversamente concettualizzato da molti autori; tra essi Dayer et al. (2000) lo definiscono come sindrome a se stante che concorre a dar vita a stati e quadri misti. Facendo riferimento a quest’ultimo quadro teorico delineato, la ricerca qui presen- tata ipotizza che la disforia costituisca una dimensione a sé stante, legata a tratti temperamentali ed elicitata o accentuata da fattori situazionali. La fase di ideazione e validazione dello strumento (denominato Dysphoria Assessment Questionnaire) ha coinvoltio 424 soggetti adulti non clinici, di madrelingua italiana e con sviluppo cognitivo tipico, e 53 soggetti reclutati presso i Servizi Territoriali Psichiatria Adulti e Dipendenze Pa- tologiche. Il DAQ, composto da 44 item (sottoposti a giudici esperti indipendenti per valutarne la validità di contenuto e la comprensibilità), è stato somministrato ai campioni unitamen- te al Beck Depression Questionnaire (BDI),allo State-Trait An- xiety Questionnaire (STAI) e allo State-Trait Anger Expression Inventory, per valutarne la validità convergente e divergente. L’analisi degli item del DAQ ha indicato distribuzioni normali; tre item sono stati esclusi per correlazioni insoddisfacenti con il totale. Il coefficiente alfa di Cronbach suggerisce un’eccel- lente attendibilità interna (a = ,952). Il punteggio si è mostra- to sensibile alla differenze di genere previste dalla letteratura (F1,303 = 48,2, p < ,001; h2 = ,137), non all’età. L’analisi fatto-
riale (PAF, eigenvalues > 1, rotazione ortogonale Varimax) ha evidenziato nei fattori emersi i nuclei costituitivi del costrutto previsti. Le correlazioni di ordine zero e parziali tra DAQ e STAI – tratto e STAI – stato suggeriscono che l’associazione tra disforia e depressione “pura” sia spuria, e dovuta, probabil- mente, agli aspetti depressivi coinvolti nella sindrome ansiosa. Le curve ROC evidenziano l’ottima capacità discriminante del DAQ (AUCDAQ = ,872), tra campione non clinico e campione clinico con disturbi di asse I o II, maggiore di quella mostrata da BDI e STAI.
zienti affetti da disturbo bipolare in fase maniacale refrattari alla terapia farmacologica, nei casi in cui è stata accertata resistenza ai trattamenti farmacologici e nella catatonia perniciosa. I meccanismi d’azione dell’ECT agiscono a livello centrale e verosimilmente attraverso una serie di modificazioni neuro- fisiologiche e neurochimiche, un nostro studio ha dimostrato l’aumento di BDNF in seguito a trattamento con ECT in pazienti depressi 2. La somministrazione di ECT produce un significativo
aumento dell’attività degli enzimi che riducono i neurotrasmet- titori nello spazio sinaptico, aumentando così il ricambio cere- brale delle catecolamine cerebrali: serotonina, noradrenalina e dopamina.
Inoltre, sembra accertato l’effetto di aumento del rilascio di neuropeptidi (endorfine, vasopressina, neurormoni dello stress, ecc.) per l’azione elettrostimolante sulla base del cervello, re- gione in cui sono localizzati i centri che coordinano l’attività neuroendocrina.
Bibliografia
1 Berlim mT, Turecki G. Definition, assessment, and staging of treat-
ment-resistant refractory major depression: a review of current con- cepts and methods. Can J Psychiatry 2007;52:46-54.
2 Bocchio-Chiavetto L, zanardini R, Bortolomasi m, et al. Electrocon-
vulsive Therapy (ECT) increases serum Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF) in drug resistant depressed patients. Eur Neuropsy-
chopharmacol 2006;16:620-4.
saBato 19 feBBraio 2011 – ore 11,40-13,40 Sala MaSaccio