coordinatori
A. Castellani (Verona), C. Ruggerini (modena)
Quozienti intellettivi e gradienti di vulnerabilità in età adulta
m. Bertelli1, D. Scuticchio1, m. Piva1,2, A. Bianco1,
G.F. Placidi2
1 CREA (Centro di Ricerca ed Evoluzione AMG), Firenze; 2 U.O.
Psichiatria, DSNP Università di Firenze
L’intelligenza non è unica. Il sistema cognitivo umano agisce me- diante la sinergia di competenze o abilità che si possono relativa- mente distinguere e che contribuiscono in diversa misura a rendere
l’individuo capace di fronteggiare e gestire le situazioni ed i compiti più disparati. In base ad un criterio di utilità sociale, un individuo è intelligente solo se le manifestazioni del suo modo di essere sono riconosciute e valorizzate dalla cultura d’appartenenza.
L’intelligenza non si misura con nessuno dei test finora prodotti. Il QI sembra incidere solo per il 20% sulle prestazioni lavorati- ve ed in percentuale ancora minore su quelle non professionali. Ciò significa che il suo valore non rispecchia una misura della potenzialità cerebrale o della capacità globale di far fronte ad una varietà di problemi.
sviluppo meno ottimali (Hodapp & Dickens, 2009). Per contro esistono fattori ambientali protettivi per la resilienza del bam- bino, che determinano il modo in cui le capacità del bambino hanno effettivamente occasione di esprimersi. In questa pro- spettiva, benché l’interesse nei confronti di questi aspetti sia andato crescendo nel corso degli ultimi 50 anni, è auspicabile che studi futuri si concentrino sull’analisi di fattori ambientali con particolare riferimento ai contesti comunitari.
le patologie neurologiche più frequentemente associate alla disabilità intellettiva
C.m. Cornaggia, J. Santambrogio, m. Beghi
Clinica Psichiatrica, Università di Milano Bicocca
La disabilità intellettiva varia come incidenza dall’1 al 4% nel mondo e la prevalenza nella popolazione generale è tra il 2 e il 10% a seconda del tipo di valutazione e definizione utilizzata. Le cause sono di tipo genetico (alterazioni di singoli geni o cro- mosomiche) o non-genetico. Tra quelle genetiche ricordiamo la sindrome di Down, la sindrome dell’X-fragile, la sindrome di Williams, le alterazioni poligeniche del metabolismo e molte al- tre. Le cause non genetiche sono patologie prenatali, perinatali e postnatali, quali malnutrizione, prematurità, ipossia, infezioni e traumi. Inoltre ricordiamo lo spettro delle patologie autistiche con una alterazione genetica non ancora ben definita.
Sia le sindromi genetiche che le lesioni cerebrali correlate o successive al parto sono i fattori etiologici che conducono ad una lesione o ad una disfunzione permanente del sistema ner- voso centrale che si esprime, oltre che con la traccia indelebile della disabilità intellettiva, anche con una serie di disturbi neu- rologici (paresi, plegie, atonie, distonie, discinesie, ecc.) che complicano ulteriormente il quadro clinico.
Tra i diversi disturbi neurologici espressione del danno o della disfunzione permanente del sistema nervoso centrale si ascri- vono anche le crisi epilettiche. Infatti, il rischio di sviluppare epilessia è elevato nei soggetti con patologie neurologiche gravi come la paralisi cerebrale infantile che accompagnano spes- so la disabilità intellettiva 1. Epidemiologicamente l’epilessia è
una delle malattie neurologiche più comuni nell’infanzia, con un’incidenza di 5-7 casi su 10000 bambini dalla nascita ai 15 anni e una prevalenza stimata di 4-5 persone/1000 2.
Si considera che circa 25% delle persone con epilessia abbiano disabilità intellettiva e che tra il 20 e il 50% delle persone con disabilità intellettiva abbiano epilessia 3. Disordini dell’appren-
dimento e del comportamento sono più comuni in persone con epilessia rispetto alla popolazione generale, ma queste disabili- tà non sono necessariamente correlate al ritardo mentale. Una sovrapposizione così elevata delle due patologie impone una grande attenzione a questi casi, in quanto l’associazione tra disabilità intellettiva ed epilessia deve essere valutata tenendo conto di queste diverse possibilità:
epilessia e disabilità intellettiva sono entrambe espressione •
del danno o della disfunzione cerebrale permanente sotto- stante;
l’epilessia è causa di danno o di disfunzione permanente •
del sistema nervoso centrale che a sua volta è causa del ritardo mentale.
Vari tipi di sovrapposizione tra epilessia e disabilità intellettiva sono discussi nel dettaglio.
La diagnosi di Ritardo mentale (Rm), basata sul QI, viene oggi considerata estremamente generica e di scarsa validità clini- ca. manca infatti alla comunità scientifica internazionale una definizione comune di intelligenza e coesistono invece molti approcci diversi a questo costrutto. Raccogliendo casi sostan- zialmente diversi tra loro, sia per etiologia che per tipo e livello di disfunzionamento, il Rm è più correttamente definibile come un raggruppamento meta-sindromico di disturbi dello sviluppo cognitivo.
Punteggi di QI ai limiti della subnormalità sembrano essere molto diffusi. Sono stati rilevati in circa un ottavo della popola- zione del Regno Unito.
In Paesi diversi, l’applicazione di un diverso sistema di classifi- cazione può avere importanti implicazioni per le persone che vengono valutate e che possono ricevere diagnosi stigmatiz- zanti. Differenze minori nella definizione della soglia del pun- teggio di QI possono cambiare l’assegnazione dalla categoria ‘borderline’ a quella di Rm.
Un numero crescente di evidenze indica che funzioni cognitive specifiche, come la memoria di lavoro, possono essere svilup- pate per correggere gradi borderline e lievi di DI.
Per avere maggior valore i punteggi di QI dovrebbero deriva- re da più valutazioni diverse, secondo un approccio ‘multi- method’ e ‘multi-informant’, riferirsi ad abilità cognitive più specifiche ed includere nuovi costrutti inerenti l’efficienza del funzionamento mentale nella sua interazione col mondo, come la qualità di vita.
Vulnerabilità psichiatrica in bambini con disabilità intellettive
A. Verri, A. Cremante, V. Destefani, G. Locatelli
Laboratorio di Psicologia Cognitivo-Comportamentale, Fondazione IRCCS, Istituto Neurologico Nazionale C. Mondino, Pavia
È noto in letteratura che l’incidenza di patologie psichiatriche è circa 3-4 volte più elevata nei soggetti affetti da disabilità in- tellettiva (DI); le più comuni vulnerabilità riguardano: disturbi affettivi (5-15%), disturbi d’ansia (25%), disturbi della condotta (12-15%), ADHD (4-11%) e disturbi psicotici (3%) (Masi G.- Bargagna S., 2003). Benché gli studi in questo campo siano li- mitati, uno dei filoni più importanti è senza dubbio quello dei fenotipi comportamentali, che analizza le specifiche traiettorie evolutive in relazione alle diverse sindromi genetiche. Questo settore si avvale sempre di più dello studio delle correlazioni tra comportamento e specifiche regioni del cervello e del genoma. L’impiego di tecniche neurofisiologiche e di imaging ha così consentito di descrivere le correlazioni gene-cervello-aspetti cognitivi e comportamentali ad esempio nella sindrome di Wil- liams (Key & Dickens, 2008) o l’esordio di disturbi psichiatrici in pazienti affetti da sindrome velo-cardio-facciale (Gothelf, 2007). Altrettanto nota è l’associazione tra sindrome di Klinefel- ter e disturbi del comportamento (Verri, 2010). La valutazione il più possibile precoce delle problematiche neuropsichiatriche costituisce un elemento fondamentale per orientare la diagnosi e conseguentemente interventi di tipo riabilitativo.
D’altra parte è importante tenere in altrettanta considerazione ai fini della comprensione della vulnerabilità, anche fattori di tipo ambientale. È noto, infatti, che contesti di deprivazione e stress associati a specifici fattori genetici determinino linee di
conoscenze e soprattutto la maggior attenzione dedicata dal- la comunità scientifica hanno decisamente allungato non solo l’aspettativa ma anche la qualità di vita di persone disabili che solo poche decadi addietro non si riteneva potessero raggiun- gere, se non eccezionalmente, la terza età. Attualmente con- vinzioni scientifiche a lungo radicate, come l’elevata incidenza della malattia di Alzheimer ad esordio già nella quinta decade di vita, in persone con Sindrome di Down, ha lasciato spazio ad evidenze più moderne che nascono da approfondimenti me- dico-educativi-psicologici sempre più specifici. Nel contempo il rapido avanzare delle conoscenze genetiche ha consentito di definire profili e traiettorie evolutive non più generiche del disabile intellettivo ma, sempre più specifiche per quasi ogni singola forma di disabilità ad impronta genetica. L’arricchimen- to delle conoscenze e delle strategie di prevenzione di speci- fici disturbi che riducevano l’aspettativa di vita nella disabilità ha conseguentemente comportato un significativo incremento di tale popolazione nel raggiungimento della terza età. Un ul- teriore passo nel trattamento life span di questa popolazione comporta un arrichimento di conoscenze geriatriche speci- fiche centrate sulla specificità della Disabilità Intellettiva non solo come categoria ma anche dei singoli quadri sindromici che manifestano caratteristiche d’invecchiamento spesso con significative diversità.
Bibliografia
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3 Lhatoo SD, et al. The epidemiology of epilepsy and learning disabil-
ity. Epilepsia 2001;42:6-9.
il disabile nella terza età
S. monchieri
Società Italiana per lo Studio del Ritardo mentale, Fondazione Poliambulanza Brescia
Le persone con disabilità intellettiva presentano limiti cogni- tivi e relazionali accanto alla comorbidità medico – neurolo- gica – psichiatrica. La particolare morbilità di ordine medico che accompagna questa popolazione unitamente alle scarsa conoscenza delle specifiche esigenze di cura e assistenza a caratterizzato la cultura scientifica pregressa. La mancanza di interventi specifici a carattere terapeutico e assistenziale con significato preventivo ha comportato una riduzione dell’aspet- tativa di vita del disabile intellettivo. Oggigiorno le maggiori
saBato 19 feBBraio 2011 – ore 16,00-18,00 Sala BraMante