coordinatori
R. Pollice (L’Aquila), A. Semerari (Roma) durante l’esecuzione di tre differenti compiti: un compito di
working memory a carichi crescenti, un compito parametrico di controllo attentivo ed un compito di valutazione implicita di stimoli emotivi. A ciascun soggetto è stata somministrata una scala di valutazione dell’l’apatia (Apathy Scale di S. Star- kstein).
risultati: alti punteggi di apatia sono apparsi correlati ad un maggiore reclutamento della corteccia prefrontale dorso-late- rale destra durante compiti di working memory e della cortec- cia del cingolo dorsale durante compiti di controllo attentivo. Durante la somministrazione di stimoli emotivi, bassi punteggi di apatia sono apparsi correlati ad un maggiore reclutamento
della corteccia prefrontale dorso-laterale di destra, del giro del cingolo e, bilateralmente, del nucleus accumbens. Tali risultati si sono evidenziati in assenza di significative correlazioni con dati comportamentali. Nessun soggetto ha mostrato livelli clini- camente significativi di apatia.
Conclusioni: i risultati di questo studio indicano come l’apa- tia sia associata all’attività funzionale di regioni corticali e sottocorticali cruciali per lo svolgimento di compiti cognitivi ed emotivi. L’evidenza di tali risultati in soggetti sani, durante l’esecuzione di differenti compiti, offre un rilevante contributo nella caratterizzazione dell’apatia quale associata alla funzio- nalità prefronto-striatale.
a developmental perspective on early intervention, from youth mental health and detection of at risk mental states to first episode services: evidence from UK trials and longitudinal studies and prospects for interventions
D. Fowler
Professor of Social Psychiatry, School of Medicine, Health Policy & Practice UEA; Mental Health Research Lead, Faculty of Health, UEA
Effective early intervention services provide clear hope for re- covery for many if not most people with early psychosis. The evidence suggests that the provision of evidence based inter- ventions within early intervention services can assist improve social and symptomatic outcomes compared to traditional mental health services. However, the outcomes from early in- tervention are diverse: some make rapid symptomatic and so- cial recoveries, others may recover only after variable delays and more intensive intervention, and a minority may remain severely disabled despite provision of even the best quality in- terventions. This may in part reflect the heterogeneity of pre- senting problems, and factors such as premorbid history, co- morbid emotional disorder, engagement and service variation. This paper reviews current evidence particularly with respect to recent trials and service evaluations carried out in the UK. The paper will map out what may be different pathways of social and symptomatic recovery in early intervention and at risk cohorts. These studies will be used to outline a preliminary framework for a stepped care approach to delivering progres- sively more selective and intensive interventions for more so- cially disabled patients. We will also briefly describe a cogni- tive behaviour therapy approach focussed on improving social recovery amongst socially withdrawn delayed recovery cases, including pilot studies and a ongoing trial.
prese dalla psicoterapia cognitiva ad orientamento metacogni- tivo degli esordi psicotici.
la sofferenza mentale all’esordio: esperienze a confronto nel real world
A. meneghelli
AO Ospedale Niguarda Ca’Granda, Milano
La letteratura e l’esperienza clinica concordano nel riconosce- re nelle fasi iniziali delle psicosi un periodo in cui il quadro psicopatologico è variegato, complesso, strettamente legato, in un bidirezionale rapporto di causa-effetto, con fattori di ri- schio sociale, difficoltà cognitive, schemi disfunzionali, altera- zioni comportamentali, deterioramento di ruolo. L’attenzione terapeutica si rivolge quindi non soltanto a quello che viene considerato il “nucleo” dei deliri e delle allucinazioni, ma a un insieme di depressione, sia essa antecedente o conseguen- te all’esordio, ansia e ritiro sociale, spesso suicidalità, talvolta disturbo da stress post-traumatico, uso di sostanze, progressiva disabilità.
L’identificazione sistematica e l’analisi delle caratteristiche psi- copatologiche negli esordi psicotici, e il loro raggruppamento in clusters, come suggerisce van Os, rappresenta una sfida af- fascinante, capace di dare un contributo importante alla co- struzione di un modello di malattia e alla configurazione di programmi di trattamento specifici e multicomponenziali. Non sempre però nelle situazioni cliniche del “real world” essa può essere raccolta per oggettivi motivi, tra cui talvolta una scarsa attitudine alla valutazione e alla ricerca, più spesso a problemi, organizzativi, economici, deontologici, incontrati nello struttu- rare rigorosi percorsi clinici e accurati disegni sperimentali. Nel Programma 2000, Programma di individuazione e di in- tervento precoce nelle psicosi, attivo dal 1998 nel DSM, AO Ospedale Niguarda Cà Granda, milano, il piano multicom- ponenziale di trattamento, composto da un intreccio di ope- razioni psicoterapeutiche, riabilitative, farmacologiche e di coinvolgimento strutturato dell’ambiente, si fonda su una ap- profondita e multidimensionale indagine, condotta con scale, interviste e self-report sulla sintomatologia positiva e negativa, la depressione, la suicidalità, il funzionamento cognitivo, la soddisfazione nella qualità della vita, il funzionamento sociale. Nel lavoro verranno presentati e discussi i dati riguardanti 91 soggetti al primo episodio psicotico (Checklist ERIraos, HoNos, BPRS,CBA2.0, DAS II, Camberwell Family Interview, Batteria di assessment neuro cognitivo, SAT-P) e, per un gruppo più ristretto,Young Schema Questionnaire.
gli interventi integrati e di remediation cognitiva nei pazienti all’esordio psicotico
R. Pollice, m. mazza
Università di L’Aquila
Il disturbo schizofrenico è caratterizzato da una incapacità di comprendere gli stati mentali altrui, tale incapacità dipende da un deficit di un meccanismo mentale denominato Teoria della Mente (Frith, 1996). Recenti ricerche hanno dimostrato che tale deficit sembra essere presente per tutta la durata della malattia, permane dopo trattamento con antipsicotici e non si modifica in relazione alla severità sintomatologica o alle fasi di malattia (Hans, 2000; Herold, 2002).
In letteratura, tuttavia, lo stato dell’arte relativo alla “remedia- tion cognitiva” è controverso.
I dati ottenuti da una piccola serie di studi relativi alla remedia- tion dei deficit cognitivi nella schizofrenia non sono univoci re- lativamente all’efficacia di tali interventi (Benedict et al., 1994; Tompkins, Goldman & Axelrod, 1995; Wykes, Reeder, Corner, Williams & Everitt, 1999; Medalia, Aluma, Tyron & Merriam, 1998; Medalia, Revheim & Casey 2000). Studi recenti tuttavia sull’applicazione di nuove metodiche riabilitative hanno evi- denziato che è possibile apprendere nuove informazioni quan- do si osservano passivamente lo svolgimento di azioni da parte di altri soggetti. Infatti sembra che la corteccia premotoria e motoria siano coinvolte in una rappresentazione interna e dun- que all’apprendimento di ciò che osservano. Tale competenza è attribuita all’attivazione del sistema Neuroni Mirror (area F5 nella corteccia frontale inferiore) (Gallese, 2004) che permet- tono agli individui di comprendere il significato delle azioni e delle emozioni altrui attraverso il meccanismo di replicazione (‘simulazione’) senza nessuna riflessione esplicita di tipo con- sapevole e che durante l’osservazione di un comportamento eseguito, facilita attraverso l’imitazione, l’internalizzazione ed il riconoscimento di azioni di altri.
Nel presente lavoro verranno presentati i risultati preliminari di un intervento riabilitativo condotto su soggetti affetti da schizo- frenia basato sull’osservazione ripetuta di stimoli legati ai vari aspetti della cognizione sociale.
Verranno inoltre discussi i risultati emersi dalla valutazione cli- nica, neuropsicologica e neurofisiologica rilevata mediante i potenziali evento correlati (ERP).
Bibliografia
Gallese V, Keysers C, Rizzolatti G. A unifying view of the basis of social
cognition. Trends Cogn Sci 2004;8:396-403.
Roncone R, Mazza M, Frangou I, et al. Rehabilitation of theory of Mind’s
deficit rehabilitation in schizophrenia: a pilot study about metacognitive strategies in a group treatment. Neuropsychol Reh 2004;14:421-35.
blematiche soggettive. In un nostro recente lavoro attualmente sottomesso per la pubblicazione abbiamo mostrato come gli psichiatri che dormono meno bene ritengono di avere anche una maggiore difficoltà nella gestione diagnostica e terapeutica dei disturbi del sonno.
Ulteriore aspetto da tenere in considerazione, partendo dal modello psicoanalitico, sono le reazioni transferali, controtran- sferali e di identificazione proiettiva in cui la regolazione e la disregolazione emozionale del paziente come dello psichiatra sono parte stessa del setting terapeutico e, nel caso delle psico- terapie psicodinamiche la loro analisi è anche parte del proces- so terapeutico.
L’approccio neurobiologico infine ha offerto spunti di rifles- sione sui correlati neurobiologici della regolazione emotiva in condizioni normali e di patologia mentale, nonché della per- dita di controllo sulla stessa. Recentemente si è identificato il circuito che sottende a tale processo di regolazione delle emo- zioni negative e alle sue alterazioni nella patologia depressiva mentre diversi studi, tra cui uno attualmente in atto da parte del nostro gruppo sta cercando di mettere in luce i correlati neuro- biologici degli effetti delle strategie cognitive di controllo delle emozioni negative.
Modulazione disfunzionale della reattività emozionale in individui aggressivi: indicatori psicofisiologici
D. Palomba, G. Buodo
Università di Padova
Premessa: il comportamento aggressivo è stato ampiamen- te studiato in psicobiologia e psicologia clinica, soprattutto nell’ambito della psicopatologia (pazienti sociopatici, con di- sturbo dell’attenzione e iperattività, con esiti di trauma cranico frontale). Individui impulsivo-aggressivi, nelle varie categorie nosografiche in cui sono inquadrati, mostrano spesso una para- dossale riduzione dell’attivazione fisiologica, soprattutto auto- noma, mentre il resoconto soggettivo emozionale può estender- si dall’apatia affettiva alla rabbia intensa o frustrazione. A questi elementi si aggiunge anche il riscontro di anomalie nei poten- ziali evento-relati legati alla categorizzazione di stimoli sem- plici o complessi. L’insieme di questi dati ha suggerito due ipo- tesi: a) pazienti con elevata impulsività-aggressività sarebbero caratterizzati da un’inadeguata elaborazione dell’informazione che li porta ad un’incapacità di comprendere e regolare i pro- pri stati attivazionali-emozionali; b) ll mancato riconoscimento della pericolosità degli stimoli, assieme alla bassa attivazione autonoma può portare questi individui alla ricerca costante di sensazioni ed emozioni forti, come suggerito dal modello del “sensation seeking”.
La ricerca nel settore è però carente rispetto allo studio di popo- lazioni non patologiche, ma con elevata rabbia di tratto. man- cano inoltre studi che abbiano indagato pattern psicofisiologi-
sregolazione emotiva, funzione mentalistica
e caratteristiche del disturbo borderline di personalità in adolescenza
Andrea Fossati, Serena Borroni, Cesare Maffei
Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
Negli ultimi anni si è verificato un crescente interesse sia teorico che di ricerca verso il costrutto della (dis)-regolazione emotiva (DE) nella comprensione degli aspetti adattivi e maladattivi di personalità. Sebbene siano disponili diverse teorie e diversi mo- delli della DE, è sempre maggiore il consenso sul ruolo centrale di questa caratteristica di personalità in diverse configurazioni psicopatologiche e comportamenti disadattivi.
Il presente studio si propone di valutare e approfondire l’im- portanza clinica della DE nelle caratteristiche disadattive di personalità, con particolare riferimento al disturbo borderline di personalità (BPD), in età adolescenziale, dato che l’adole- scenza rappresenta un momento del ciclo di vita importante per identificare i precursori eziologici del BPD e per sviluppare programmi preventivi e terapeutici più efficaci.
In un modello di mediazione, la DE, valutata con la scala DERS, è risultata predire significativamente il numero di tratti BPD (b = ,53, p < ,001); dato interessante, la DE è risultata mediare completamente (Pm = ,98) il legame tra attaccamento ansioso e tratti BPD (b = ,16, p < ,001).
Controllo e discontrollo delle emozioni dello psichiatra nella cura
m. Guazzelli
Università di Pisa
La regolazione delle emozioni nell’interazione medico pazien- te è fondamentale in psichiatria e rappresenta essa stessa uno strumento attraverso il quale avviene il processo terapeutico. La mancata regolazione o l’espressione emotiva abnorme può essere, d’altro canto, uno dei cofattori del mancato funziona- mento di una terapia specialmente di tipo psicoterapeutico. Per una analisi approfondita del fenomeno dobbiamo tenere presente diversi fattori. Una mancata regolazione delle emozio- ni o l’espressione di vissuti emozionali abnormi e non congrui può essere dettata da un quadro psicopatologico presente nello psichiatra. In questo senso la peculiarità della situazione non sta nel tipo di reazione emotiva (che evidentemente sarà pro- pria ad esempio del disturbo dell’umore, d’ansia o della schizo- frenia), ma il fatto che questa si trasmetta al setting terapeutico con i suddetti potenziali effetti negativi.
Più specifica del tipo di interazione tra psichiatra e paziente o meglio più strettamente legata alla natura del disturbo di per- tinenza psichiatrica può essere la situazione di mimesi, in cui cioè il medico proietta nel suo ruolo di terapeuta le proprie pro-
Venerdì 18 feBBraio 2011 – ore 16,00-18,00 Sala MaSaccio