coordinatori
A. Fiorillo (Napoli), R. Pollice (L’Aquila) test di screening per il gioco d’azzardo patologico (p < ,001), lo
shopping compulsivo (p < ,05) i comportamenti sessuali com- pulsivi (p < ,001) ed il ‘workaholism’ (p < ,05). Inoltre, i sog- getti che hanno raggiunto il cut-off per almeno una dipendenza comportamentale hanno riportato valori di Self-Directedness (p = ,007) e Cooperativeness (p = ,014) significativamen- te inferiori e livelli di impulsività significativamente maggiori (p = ,007) rispetto a coloro che non presentavano alcuna con- dotta di dipendenza.
Conclusioni: le dipendenze comportamentali risultano frequen- temente associate al disturbo bipolare e correlano con i livelli d’impulsività e con una condizione di immaturità caratteriale. La valutazione sistematica di tali condotte e dei tratti di perso- nalità potrebbe orientare le scelte terapeutiche, influendo favo- revolmente sull’evoluzione del disturbo affettivo.
il workaholism fra struttura di dipendenza ed obbligazione pragmatica
G. Pozzi1, D. Tedeschi1, I. Borrelli2, m. di Giannantonio3
1 Istituto di Psichiatria e Psicologia, 2 Istituto di Medicina del
Lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma; 3 Cattedra
di Psichiatria, Università “G. D’Annunzio”, Chieti
Il termine workaholism fu coniato da Oates (1971) per indicare compulsione o desiderio incontrollabile di lavorare incessante- mente. La definizione si è ampliata col tempo ma mantiene le componenti originarie fondamentali: lavorare duramente ed in maniera eccessiva sotto una spinta interna irrefrenabile, assimila-
bile al concetto di craving (mcmillan et al., 2002). Accanto alla struttura di dipendenza, l’attuale cultura economica e sociale, che incoraggia il lavoro intenso e prolungato e la competizione esasperata, sembra favorire ed alimentare il workaholism. Anche per alcuni ricercatori, i cosiddetti workaholics sono individui molto soddisfatti e produttivi, in linea con i risultati di studi che vedono una correlazione tra coinvolgimento nel lavoro e sod- disfazione lavorativa (Furnham et al., 1994; Morrow & Crum, 1998). Tuttavia, ricerche preliminari hanno mostrato che i worka- holics riportano livelli di stress più elevati ed maggiore tendenza al perfezionismo, e lamentano più frequentemente problemi di salute e difficoltà in ambito familiare e sociale rispetto ai colleghi non workaholics (Spence & Robbins, 1992; Kanai et al., 1996; Kubota et al., 2010). Anche in ragione di tali acquisizioni, altri studiosi utilizzano il termine “workaholism” come sinonimo di “work addiction”, facendolo così rientrare nelle cosiddette “di- pendenze senza droga” in quanto i comportamenti caratteristici di un workaholic sembrano corrispondere ai criteri per dipen- denza da sostanze del DSm-IV (Porter, 1996). Tuttavia, gli Autori concordano nel rilevare la necessità di criteri adeguati (definizio- ne e misura) per operazionalizzare tale fenomeno in una sindro- me psicopatologica vera e propria che deve essere assoggettata a validazione esterna. Nonostante le difficoltà metodologiche e la scarsa numerosità degli studi condotti, il workaholism rappre- senta una condizione in crescita, con ricadute significative sulla salute psico-fisica della popolazione lavorativa. Tale fenomeno rischia di essere sotto-stimato e, di conseguenza, non trattato a causa delle attuali necessità lavorative e della cultura economica dominante, che in misura crescente promuove e sostiene la dedi- zione ed il coinvolgimento totale nel lavoro.
Vulnerabilità, esordi, intervento precoce nella schizofrenia: l’esperienza di l’aquila, dopo il terremoto
R. Pollice, L. Verni, V. Bianchini
Scuola di Specializzazione in Psichiatria, Dipartimento di Scienze della Salute, Università dell’Aquila
introduzione: il servizio ambulatoriale S.m.I.L.E. (Servizio di monitoraggio e Intervento precoce per la Lotta agli Esordi della sofferenza mentale e psicologica nei giovani) ha l’obiettivo di (i) sviluppare approcci innovativi per la lotta allo stigma nell’ambito della Salute mentale, (ii) sostenere il dialogo fra i Servizi di Psi- chiatria, la medicina e la Pediatria di Base, (iii) considerare anche i disturbi dell’umore e d’ansia come target dell’intervento preco- ce e, nelle persone affette, differenziare condizioni prodromiche all’eventuale sviluppo di disturbi psicotici; (iiii) intervenire con approcci multimodali precoci nell’esordio dei disturbi psicotici.
livello di ansia. Il confronto con le prestazioni neurocognitive ef- fettuate prima dell’evento sismico, ha dimostrato un significativo peggioramento nelle valutazioni effettuate nel post-sisma soltan- to nel gruppo dei FEP. I FEP mostravano una sintomatologia posi- tiva più attenuata al T0 rispetto a quella post-sisma mentre i CSP non hanno dimostrato differenze significative. A T1 i FEP hanno manifestato un peggioramento delle prestazioni della memoria verbale. Non sono emerse differenze statisticamente significative riguardo la presenza dei sintomi negativi in entrambi i gruppi. Conclusioni: i nostri risultati, in linea con la letteratura più re- cente, dimostrano che i pazienti con schizofrenia, a seguito di uno stressor importante come un disastro naturale, rimangono clinicamente e cognitivamente stabili, mentre i pazienti al First Episode, subiscono un peggioramento sia della sintomatologia clinica che delle performances cognitive.
i fattori di rischio ambientale per lo sviluppo di psicosi: uno studio a Bologna
I. Tarricone, S. mimmi, E. Rossi, E. mori, A. Paparelli, V. Bandieri, S. Panigada, R. Caramanica, R. michetti, G. minenna, D. Berardi
Istituto di Psichiatria, Università di Bologna, CSM Ovest, DSM Ausl di Bologna
introduzione: la ricerca condotta principalmente nel Regno Unito e Nord Europa ha stabilito che ci sono alti tassi di pri- mo episodio psicotico (FEP) nelle grandi città, popolazioni di immigrati, individui traumatizzati e cannabis users (van Os et al., 2002; Cantor-Grae et al., 2005; Morgan & Fischer, 2007). Il presente studio intende valutare tasso di incidenza del FEP e la distribuzione dei diversi fattori di rischio (età, etnia, abuso di sostanze) a Bologna, Italia.
Metodi: il Bologna First Episode Psychosis (BoFEP) studyis uno studio prospettico di 8 anni tutti di pazienti FEP, 18-64 anni, che consecutivamente hanno fatto accesso nel periodo 2002- 2009 al centro di Salute mentale Bologna Ovest. Dati socio- demografici, storia di migrazione e clinici sono stati raccolti attraverso una scheda ad hoc; le diagnosi psichiatriche sono state codificati utilizzando la SCAN.
risultati: i giovani (18-35 anni), i maschi e gli immigrati hanno un rischio di psicosi evidentemente più alto della popolazione generale. I valori di tali rischi sono risultati essere molto simili ai rischi medi per quei gruppi individuati dalla meta-analisi di mcGrath et al. (2004).
Conclusioni: l’incidenza FEP non è uniforme in termini di età, sesso o gruppo etnico. Questa eterogeneità ha implicazioni per la politica, lo sviluppo dei servizi di salute mentale, e la carat- terizzazione biologica delle psicosi.
eventi di vita stressanti ed esordio psicotico
A. mulè*, L. Sideli**
* U.O. di Psichiatria, Policlinico Paolo Giaccone, Università di
Palermo; ** Institute of Psychiatry, King’s College of London
introduzione: dati di letteratura supportano una associazione tra la presenza e la quantità di eventi di vita stressanti e lo svi- luppo di psicosi. In questo lavoro intendiamo presentare dati relativi alla prevalenza degli eventi di vita stressanti in un cam-
pione di pazienti affetti da psicosi all’esordio afferenti ai servizi di salute mentale della città di Palermo confrontati con un grup- po di controllo costituito da soggetti sani.
Metodologia: sono stati reclutati pazienti con diagnosi di psico- si all’esordio di età compresa tra i 18 e 65 anni nell’ambito di uno studio caso-controllo condotto su soggetti affetti da psicosi all’esordio. Le informazioni relative alla presenza di eventi av- versi occorsi lifetime, sono state raccolte attraverso il Social Data Questionnaire utilizzato nell’ambito dello studio GAP (Genetic and psychosis Study, Institite of Psychiatry, King’s College of London); tra gli eventi stressanti vengono presi in considerazio- ne: violenza domestica o in ambito lavorativo, bullismo, abusi sessuali, istituzionalizzazione, problemi scolastici ed essere sta- ti vittime di aggressioni.
risultati: il campione è costituito da 80 pazienti affetti da psi- cosi all’esordio (M = 70%; F = 30%) di età media di 26,7 anni. Il 75% dei pazienti riferisce la presenza di almeno 1 evento di vita stressante nel corso della vita. Il 25% di costoro hanno riferito 4 o più eventi avversi.
Conclusioni: è stata riscontrata un’ associazione significativa tra anamnesi positiva per eventi di vita stressanti lifetime -tra cui bullismo, abuso sessuale e problemi scolastici- e disturbi dello spettro psicotico.
Uso di cannabis nei pazienti con esordio psicotico
A. Fiorillo, D. Giacco, V. Del Vecchio, M. Luciano, C. De Rosa, F. Catapano
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli SUN
Le persone che fanno uso di cannabis hanno un rischio aumenta- to di sviluppare la schizofrenia. Inoltre, l’assunzione di cannabis potrebbe influenzare alcune importanti misure di esito dei disturbi mentali gravi, come la durata di psicosi non trattata (DUP), la mo- dalità di esordio, i percorsi di cura e i trattamenti ricevuti.
In questo studio ci siamo proposti di esplorare, in un campione di pazienti con esordio psicotico: a) l’utilizzo di cannabis; b) le caratteristiche socio-demografiche e cliniche dei pazienti “can- nabis users” vs. i pazienti che non avevano mai assunto questa sostanza; c) l’influenza della cannabis su DUP, percorsi di cura e caratteristiche cliniche all’esordio della patologia.
Metodi: le informazioni sono state raccolte in un campione di 30 pazienti con esordio psicotico reclutati consecutivamente presso il Dipartimento di Psichiatria dell’Università di Napoli SUN e valutati con strumenti di misura riproducibili e prece- dentemente validati.
risultati: i pazienti “cannabis users”, che rappresentano il 45% del campione totale, sono più spesso di sesso maschile, con un livello di scolarizzazione più basso, un’età d’esordio più pre- coce e una DUP più lunga rispetto ai pazienti “non-cannabis users”. I percorsi di cura dei pazienti “cannabis users” sono ca- ratterizzati da un ricorso più tardivo a cure mediche generiche (26,0 ± 65,4 vs. 13,7 ± 19,2 settimane) e specialistiche (45,3 ± 75,9 vs. 24,9 ± 29,3 settimane), con una DUP più lunga. L’esor- dio è caratterizzato prevalentemente da sintomi positivi (55,6% vs. 44,4%) e da una maggiore frequenza di tentativi di suicidio (62,5% vs. 37,5%) nei primi tre anni del disturbo.
Conclusioni: questi risultati possono avere importanti implica- zioni in termini di sanità pubblica, in quanto evidenziano la necessità di ridurre l’utilizzo di cannabis nelle persone giovani, attraverso campagne di informazione e di sensibilizzazione.
mi dieci anni gli orientamenti sono indubbiamente cambiati e i principi di terapia farmacologica del DPTS hanno avuto di recente consistenti variazioni. È probabile che, come in altri settori della psichiatria, la risposta ai farmaci dia in futuro in- formazioni preziose su meccanismi ignoti della patogenesi del disturbo. Inoltre essendo il PTSD l’unico disturbo in psichiatria ad eziologia nota, la sua terapia, a differenza di tutti gli altri disturbi psichiatrici, potrebbe essere mirata alla prevenzione in senso primario, secondario o terziario.
La prevenzione primaria consisterebbe nel tentare di prevenire l’insorgenza del PTSD nelle situazioni in cui è certa l’esposizio- ne ad un evento traumatico; tale aspetto è già attuato in termini psicoterapici tramite la preparazione in termini psicologici del personale che opera in situazioni che espongono agli eventi traumatici, ma potrebbe essere anche effettuato in termini di preparazione chimica sulla base delle alterazioni neurochimi- che che un trauma può determinare?
La prevenzione secondaria invece sarebbe attuata dopo l’even- to ma prima dell’insorgenza del disturbo; anche in questo caso gli interventi sul campo sono già attivi ma esistono anche dei brief report e delle comunicazioni relative all’utilizzo di farma- coterapia in questa fase.
La prevenzione terziaria sarebbe invece l’attuazione della tera- pia quanto prima rispetto all’insorgenza del disturbo in modo da prevenire la cronicizzazione.
Verrà effettuata una rassegna critica della letteratura sull’argo- mento sulla base delle attuali conoscenze neurobiologiche del PTSD.
gli interventi precoci nei gravi traumi collettivi
m. Casacchia, R. Pollice, S. Di mauro, m. malavolta*,
m. Colatei*, L. Verni*, V. Bianchini*, N. Giordani Paesani*,
I. De Lauretis*, I. Santini*, A.m. De Paolis**, R. Roncone Dipartimento di Scienze della Salute, * Scuola di Specializzazione
in Psichiatria, Università dell’Aquila; ** Servizio Psichiatrico
Universitario di Diagnosi e Cura, ASL1 Avezzano-Sulmona, L’Aquila
I disastri collettivi, sia quelli causati dall’uomo che quelli na- turali, quali attacchi terroristici, terremoti, uragani, hanno un profondo impatto sul senso di sicurezza, sulla salute mentale e sul benessere di un gran numero di individui, famiglie e gruppi, con manifestazioni di episodi di ansia acuta e di traumi psico- logici.
Saranno riportate le principali strategie assistenziali nell’ambito della salute mentale impiegate a seguito del sisma dell’Aquila del 6 aprile del 2009, che ha colpito una città d’arte ed il suo territorio. Il bilancio definitivo dell’evento è stato di 308 morti, circa 1600 feriti di cui 200 gravissimi, circa 65.000 gli sfol- lati, alloggiati momentaneamente in tendopoli, auto, alberghi lungo la costa adriatica. La Protezione Civile ha provveduto
Piccole vittime di grandi disastri
I. Fernandez
Centro Ricerca e Studi in Psicotraumatologia, Milano
Questa relazione descrive l’applicazione dell’EmDR come trat- tamento precoce focalizzato sul trauma rivolto a bambini coin- volti in diastri collettivi (disastri naturali, incidenti e provocato in modo intenzionale dalla mano dell’uomo).
Il trattamento con EmDR in tutti questi casi è stato parte di un intervento con questa popolazione ed è stato il trattamento di elezione di bambini in età scolastica che erano stati i più espo- sti a eventi traumatici. In molti di questi casi, 3 cicli di sedute di EmDR sono stati organizzati ad un mese, a tre mesi e ad un anno dall’evento critico.
I bambini hanno avuto delle sedute individuali nella maggior parte dei casi dato che avevano avuto una grave traumatizza- zione, unite al lutto, dove avevano vissuto una minaccia alla propria vita e la perdita di amici e fratelli.
Il supporto psichologico e il trattamento EmDR sono stati for- niti anche ai genitori, al personale scolastico e questo aspetto è stato di fondamentale importanza negli ultimi interventi per rafforzare e mantenere i risultati nei bambini.
I risultati di questionari e delle interviste cliniche per valutare la sintomatologia post-traumatica prima e dopo il trattamento verranno descritti durante la presentazione insieme ai dati del follow-up. Il gruppo trattato dimostra un miglioramento signi- ficativo dopo il trattamento con EmDR. L’analisi statistica dei risultati sarà descritta in modo approfondito.
Durante la relazione verranno sottolineati gli aspetti clinici dell’applicazione dell’EmDR con I bambini dopo un trauma recente particolarmente grave. Le reazioni post-traumatiche di questo gruppo in età evolutiva sono state valutate, misurate e hanno dato delle informazioni rilevanti per questo campo di applicazione. Il trattamento EmDR con i genitori e con altri adulti coinvolti nel disastro e che era a contatto con i bambini si è rivelato un intervento chiave per quanto riguarda la sintoma- tologia dei bambini. A conclusione verranno presentate delle linee guida e delle indicazioni per la strutturazione di interventi sulla base di questi studi sul campo.
interventi farmacologici preventivi
L. Bossini
Università di Siena
La terapia farmacologica del DPTS appare attualmente mol- to promettente e nella maggior parte dei casi rappresenta un “ingrediente” fondamentale del trattamento del disturbo post traumatico da stress. Essa è tuttavia estremamente complessa poiché sono poco noti i mediatori coinvolti nelle modificazioni biologiche cerebrali a lungo termine anche se in questi ulti-
Venerdì 18 feBBraio 2011 – ore 11,40-13,40 Sala Bernini