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s39 la disregolazione emotiva come fattore di rischio di psicopatologia

coordinatore C. maffei (milano)

ci integrati, includendo nello stesso studio misure dipendenti dal sistema nervoso centrale (ERPs), indici relativi ai circuiti di regolazione affettiva sottocorticale (riflesso di startle) e misure autonome (frequenza cardiaca e tono vagale), allo scopo di va- lutare le influenze reciproche tra sistema nervoso autonomo e centrale nella modulazione dell’aggressività.

lo studio, metodo: hanno partecipato allo studio 40 studenti universitari (maschi e femmine, di età compresa tra i 19 e i 30 anni), selezionati da un più ampio campione in base ai punteg- gi di rabbia di tratto ottenuti al questionario STAXI (State-Trait Anger Expression Inventory). I partecipanti sono stati divisi in due gruppi, ad alta e bassa rabbia di tratto.

Sono state utilizzate 72 immagini, tratte dall’International Af- fective Picture System (IAPS; Center for the Study of Emotion and Attention, 1999), e differenziate per arousal e valenza emo- zionale (piacevoli: coppie erotiche e scene di sport/avventura; neutre: persone con atteggiamento neutro; spiacevoli: scene di minaccia e sangue/ferite). Ciascuna immagine è stata presenta- ta per 6 secondi. Lo stimolo acustico (startle probe), usato per produrre il riflesso di allarme durante la visione delle immagini, veniva presentato binauralmente attraverso una cuffia stereo. Venivano contemporaneamente registrate le seguenti misure: Frequenza cardiaca (FC) Ampiezza del riflesso di startle, misu- rata attraverso la registrazione dell’attività del muscolo orbicu- laris oculi; Risposta di conduttanza cutanea (SCR); Potenziali evento-relati (ERPs). In particolare, sono state misurate la com- ponente N100, la P300 e il complesso positivo tardivo (LPC) I partecipanti complivanao, inoltre i seguenti questionari di au- tovalutazione: Questionario Irritabilità-Ruminazione (I-R), lo STAI (State-trait anxiety Inventory) e lo STAXI (State-Trait anger Inventory).

risultati: il gruppo dei soggetti ad alta aggressività ha presenta- to una maggiore irritabilità (Scala I-R, Caprara) rispetto al grup- po di controllo, dal quale non si è invece differenziato né per livello di ansia nè per presenza di tratti sociopatici. Inoltre i soggetti aggressivi hanno valutato maggiormente attivanti varie categorie emozionali e in particolare le immagini erotiche e quelle sportive. I soggetti con elevato tratto aggressivo hanno prodotto risposte di conduttanza cutanea tendenzialmente più basse dei soggetti con bassa aggressività, con l’unica eccezione delle reazioni alle immagini a contenuto erotico. I soggetti ag- gressivi, rispetto ai controlli, hanno mostrato un potenziamento maggiore del riflesso di startle per le categorie di minaccia e mutilazione. Questo dato, in linea con la maggiore irritabilità di questi individui, fa pensare che i soggetti aggressivi tendono a reagire alle stimolazioni esterne, soprattutto se negative, in modo più impulsivo. Per i potenziali evocati si è rilevata una maggiore latenza della N100 nei soggetti ad alta aggressività soprattutto alle immagini a valenza spiacevole. Questo dato suggerisce che i soggetti aggressivi abbiano un ritardo nell’ela- borazione precoce di stimoli emotigeni, soprattutto spiacevoli, e conferma l’ipotesi di disfunzioni nelle fasi precoci di elabo- razione dell’informazione. Il complesso tardivo risulta invece più ampio nei soggetti ad alta aggressività, a suggerire una per-

sistenza, rispetto ai soggetti con bassa aggressività, dei processi consapevoli di elaborazione dell’informazione.

Complessivamente i dati ottenuti confermano dati presenti in letteratura in studi diversi, e ribadiscono l’importanza di una valutazione integrata dell’elaborazione affettiva in soggetti con alta rabbia di tratto. Tale valutazione potrebbe fornire indizi precoci di comportamenti devianti in popolazioni a rischio.

la disregolazione emozionale nei disturbi dell’alimentazione e nell’insonnia

C. Lombardo, G. Battagliese, m. David, C. Violani

Dipartimento di Psicologia, Sapienza Università di Roma La difficoltà di regolare le proprie emozioni è considerata in molte teorie eziologiche come fattore di rischio per la genesi dei disturbi psicopatologici (Berenbaum, Raghavan, Le, Ver- non, & Gomez, 2003; Greenberg, 2002; Kring & Bachorowski, 1999; Mennin & Farach, 2007), inclusi insonnia (e.g. Kales et al., 1976; Espie, 2002) e disturbi dell’alimentazione (Polivy, Herman, 2002; Macth, 2008; Schmidt, Treasure, 2006). Per quanto riguarda i disturbi dell’alimentazione (DA), alcuni studi riportano minore consapevolezza delle emozioni e mag- giore difficoltà nella loro regolazione (ad es. Harrison et al., 2009), uso prevalente o esclusivo di strategie di regolazione disfunzionale come soppressione o evitamento (Schmidt, Tre- asure, 2006) e minore ricorso a strategie adattive come re-ap- praisal e problem solving (Paxton, Diggens, 1997). Una recente meta-analisi (Aldao et al., 2010) mostra che nei DA, la gravità della psicopatologia è in gran parte predetta dalla soppressione emozionale (r = ,59).

Per quanto riguarda l’insonnia, alcuni studi hanno evidenziato che un sonno abituale di minore durata si associa a maggiori livelli di preoccupazione (Kelly, 2002), maggiori livelli di insta- bilità emotiva (Nixon et al., 2008), ridotta soppressione vagale (El-Sheikh, Buckhalt, 2005).

Per approfondire queste relazione abbiamo condotto tre studi. Il primo studio ha evidenziato che, in un gruppo di 33 pazien- ti con DA, i punteggi nella scala di soppressione emozionale dell’ERQ di Gross e John (2003) sono maggiori rispetto a un corrispondente gruppo di controllo. Inoltre, le pazienti rispon- dono con tempi più brevi a stimoli verbali collegati con il cibo presentati attraverso la tecnica dello stroop test.

Le stesse metodologie sono state utilizzate confrontando pa- zienti con insonnia cronica e controlli.

Inoltre sono state valutate le risposte psicofisiologiche a stimo- li emozionali e non emozionali connessi o no con la propria psicopatologia in tre gruppi: uno che riporta solo sintomi di insonnia, uno che riporta sia sintomi di insonnia che di DA e un gruppo che non riporta alcun sintomo. I risultati evidenziano che le persone con sintomi mostrano maggiore reattività agli stimoli emozionali negativi, specie se connessi con la sintoma- tologia.

Metodi: tutti i partecipanti (52 ADHD e 49 BC) hanno com- pletato in un’unica sessione l’Eriksen Flanker Task (EFT) e la versione a sequenza fissa del Sustained Attention to Response Task (SART). Sono stati inclusi solo bambini che non avevano mai assunto alcuna terapia per l’ADHD o che avessero sospeso la terapia con stimolanti per almeno una settimana prima delle valutazioni.

risultati: il gruppo ADHD ha mostrato una più alta variabilità dei TR sia in termini di DS sia delle oscillazioni lente in entram- bi i test. Le misure del contributo specifico di ciascuna banda di frequenza alla variabilità globale (controllando per la DS-TR), indicano che nel EFT sia la componente lenta sia quella veloce della VIS differenziano i bambini ADHD dai BC (p < 0,05). Nel SART, i due gruppi si differenziano significativamente solo per la componente veloce (p < 0,05).

Conclusioni: tali risultati confermano che l’aumento della VIS- TR può essere studiato mediante due diversi test in bambini ADHD liberi da effetti farmacologici confondenti e suggeri- scono che, sebbene grossolanamente convergenti, i due test possono misurare differenti meccanismi alla cui base sono le oscillazioni lente e relativamente veloci nei TR.

treatment of adHd symptoms in the context of pervasive developmental disorders: continuity and discontinuity in therapeutic response

B. Vitiello

NIMH, Bethesda, MD, USA

ADHD symptoms are often encountered in children with per- vasive developmental disorders (PDD), causing significant dys- function and leading to clinical referral and treatment. Treat- ment of ADHD symptoms in PDD is more challenging that in otherwise normally developing children. Stimulant medications, which are highly effective in non-PDD children with ADHD, have a substantially lower efficacy in PDD. Compared with placebo, methylphenidate shows a large treatment effect size in non-PDD, but only a small, although statistically significant, effect size in PDD children. moreover, the incidence of adverse effects, most commonly insomnia, irritability, and anorexia, is much greater in PDD, affecting about 1 in 5 children treated with methylphenidate. Thus, the balance between benefit and risk is less favorable in PDD. The biological characteristic and mechanisms underlying this difference are currently unknown. There are few controlled data on the efficacy of atomoxetine in PDD. Clinical trials of the alpha-2-agonist guanfacine are in progress. In the presence of other behavioral problems in PDD, such as aggression, self-injury or severe temper tantrums, atypical antipsychotics have been successfully used to improve behavior.

adHd e disturbi pervasivi dello sviluppo: una “comobidità impossibile”?

A. zuddas, L. Lecca, L. Anchisi*, R. zanni, G. melis

Sezione di Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Neuroscienze, Università di Cagliari; * Dottorato in

Neuropsicofarmacologia dell’età evolutiva, Università di Messina

Sebbene considerati mutualmente esclusivi dal DSm IV (la diagnosi di un disturbo escluderebbe a priori quella dell’altro), ADHD e disturbi pervasivi dello sviluppo (PDD) presentano di- versi aspetti comuni. Numerosi studi indicano che bambini ed adolescenti con PDD presentano con relativa frequenza sintomi invalidanti di iperattività/ impulsività e/o di marcata inattenzio- ne, per i quali i farmaci per l’ADHD mostrano una significava efficaci. Studi neuropsicologici inoltre osservato che la com- promissione delle funzioni esecutive caratteristica dei bambini ed adolescenti con ADHD e speso più marcata nei bambini ed adolescenti con PDD ad alto funzionamento cognitivo; studi di Genome Wide Scanning hanno evidenziato regioni cromoso- miche di interesse comuni per i due disturbi.

Più recentemente, mediante questionari quali la Social Respon- siveness Scale, sono state evidenziate significative compromis- sioni delle capacità di responsività sociale (caratteristiche dei PDD), in bambini con ADHD: tale significativa compromissio- ne è stata osservata sia in campioni nordamericani che europei (ed italiani). Il ruolo di tali evidenze per una più accurata defi- nizione diagnostica e nella definizione di più efficaci strategie terapeutiche verrà illustrato e discusso.

Correlazione tra le misure della variabilità dei tempi di riposta in diversi test cognitivi in bambini con adHd liberi dall’effetto di farmaci

N. Adamo1,2, A. Di martino1,2, L. Esu1, K. Johnson3,

F. Xavier Castellanos2,4, A. zuddas1

1 Neuropsichiatria Infantile, Dipartimento di Neuroscience,

Università di Cagliari, Italia; 2 Institute for Pediatric Neuroscience,

NYU Child Study Center, NY, NY, USA; 3 School of Psychology,

Queen’s University Belfast, Northern Ireland; 4 Nathan Kline

Institute for Psychiatric Research, Orangeburg, NY, USA obiettivi: l’aumento della variabilità intra-soggettiva dei tempi di risposta (VIS-TR) misurato come fluttuazioni lente ((banda “len- ta” = frequenze < 0,07 Hz e banda ”veloce” = frequenze > 0,07 Hz), ha caratterizzato i soggetti con ADHD in alcuni ma non in tutti gli studi, verosimilmente a causa delle differenze tra i test usa- ti. Questo studio si propone di esaminare le misure della VIS-TR attraverso due test in un campione di bambini con ADHD rispetto a dei bambini con sviluppo normale (bambini di controllo, BC).

Venerdì 18 feBBraio 2011 – ore 16,00-18,00 Sala Perugino

s40. adHd e disturbi pervasivi dello sviluppo:

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