coordinatrice: D. marazziti (Pisa) all’istituzione di tende da campo mentre i ricoverati all’ospe-
dale San Salvatore, dichiarato inagibile al 90%, sono stati tra- sportati in una tendopoli adibita ad ospedale o nelle strutture ospedaliere viciniori. Il sisma ha completamente sventrato la sede della Prefettura dell’Aquila che avrebbe dovuto essere il centro di coordinamento dei soccorsi, creando numerose diffi- coltà. L’unità del Servizio Psichiatrico Universitario di Diagnosi e Cura dell’Aquila ha continuato l’attività di ricovero in due tende specificatamente destinate ed ha erogato prestazioni e consulenze nelle tendopoli allestite in città. Saranno presentati i dati relativi ai primi 6 mesi di attività. La maggior parte degli interventi erogati sono stati incentrati sulla gestione dell’ansia, con approccio psicoeducativo, e sulla gestione dei problemi, utilizzando una metodologia di problem-solving.
il supporto psicologico in situazioni di emergenza: aspetti organizzativi e problematiche logistiche
m. Casinghini
Direttore Nazionale, Corpo Italiano di Soccorso dell’Ordine di Malta, Roma
La complessa organizzazione dei soccorsi in situazioni di grave calamità risponde a logiche e procedure che sono state deline- ate nel corso di decenni di drammatiche esperienze.
Gli aspetti legati al supporto psicologico, sia in favore della collettività colpita dall’evento, sia verso i soccorritori, sono una recente acquisizione del sistema nazionale di Protezione Civile. Gli ultimi maggiori eventi hanno dimostrato come un efficace dispositivo di sostegno psicologico contribuisca in ma- niera concreta e pro- attiva al ripristino di condizioni di vita più prossime al concetto di normalità, accorciando anche quella distanza tra la macchina dei soccorsi ed il cittadino che spesso quest’ultimo percepisce come incolmabile.
Per consentire tutto ciò, anche l’apparato organizzativo nel suo complesso deve rispondere efficientemente alle esigenze. E, sempre partendo dalle recenti esperienze, scopriamo che opportuni accorgi- menti logistico-organizzativi possono realmente fare la differenza.
stili di attaccamento e psicopatologia
D. Marazziti, S. Baroni, M. Picchetti, F. Albanese, m. Catena Dell’Osso
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
Secondo la teoria dell’attaccamento le prime esperienze rela- zionali significative giocherebbero un ruolo determinante nelle relazioni future, negli atteggiamenti e perfino nello sviluppo di possibili psicopatologie, dato che la qualità dell’attaccamento sembra organizzare le risposte emozionali e comportamentali (Grossman, 1991). È lecito supporre che l’attaccamento insi- curo, anche se non di per sé patologico, sia da porre in rela- zione con una maggiore predisposizione all’ansia e ai disturbi dell’umore nell’intero arco di vita (Amini et al., 1996; Goldberg, 2003).Uno dei legami che è fortemente influenzato dallo stile di attaccamento è quello della relazione amorosa con un partner (Hazan e Shaver, 1987), all’interno della quale l’attaccamento è definito “romantico”. La diversa combinazione di due com- ponenti continue chiamate “ansietà” ed “evitamento”, dà vita ai quattro stili di attaccamento romantico adulto: sicuro, preoc- cupato, distanziante, timoroso-evitante (Brennan et al. 1998). In questo studio, abbiamo indagato in un gruppo di pazienti ambulatoriali la relazione tra diagnosi psichiatriche effettuate
Anche oggi le opinioni su quanto siamo preprogrammati e quanto forgiati dall’ambiente non sono unanimi. L’epigenetica si è fatta strada per spiegare il divario fra natura ed educazione. Nel ventunesimo secolo viene perlopiù definita come “lo studio delle modifiche ereditabili nella funzione del genoma che si ve- rificano senza cambiamenti della sequenza di DNA”. Si ritiene che questi fenomeni alterino l’accessibilità fisica al genoma da parte di complessi molecolari deputati all’espressione genica e quindi alterano il grado di funzionamento dei geni.
Esistono una serie crescente di osservazioni su animali e preli- minari nell’uomo su come le cure materne alla nascita possano modificare l’espressione genica dei recettori ai glucocorticoidi, rendendo l’individuo più o meno suscettibile allo stress.
i modelli operativi interni nelle relazioni di attaccamento
F. Albanese
Psicologo, Psicoterapeuta, Specialista in Psicologia Clinica La teoria dell’attaccamento (TdA) di John Bowlby (1969/1988) postula che l’essere umano presenti già dalla nascita una predi- sposizione innata a formare legami di attaccamento con le figu- re genitoriali primarie, le Figure di Attaccamento (FdA). Nella TdA il sistema dell’attaccamento è inteso come un sistema mo- tivazionale innato (SmI, Liotti, 2001) teso a mantenere l’ome- ostasi dell’organismo, un sistema che viene attivato soltanto in specifiche situazioni, quando cioè l’organismo avverte una mi- naccia da parte dell’ambiente. In caso di pericolo, l’attivazione del SmI dell’attaccamento innesca la produzione di una serie di comportamenti differenzialmente orientati (goal-corrected be- haviours, Bowlby, 1969) finalizzati al recupero della vicinanza di una specifica FdA.
Le rappresentazioni mentali delle ripetute interazioni con la FdA, e delle modalità di risposta che questa è solita adottare, col tempo vengono generalizzate (RIG, Stern, 1985) in una rap- presentazione unitaria di interazione con la FdA, nei confronti della quale viene strutturato un modello coerente di interazio- ne, un modello Operativo Interno (mOI). I mOI sono dunque rappresentazioni mentali che hanno la funzione di veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da parte dell’indivi- duo, consentendogli di fare previsioni e crearsi aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale.
Nei primi anni di vita, i mOI sono relativamente aperti al cam- biamento, ma già nel corso dell’infanzia cominciano a solidifi- carsi, fino a venir dati così per scontati che arrivano ad operare a livello inconscio (Bowlby, 1988). Per questo motivo, sono tendenzialmente in grado di diventare caratteristiche della per- sonalità del soggetto, più che della relazione, rendendosi così disponibili nell’adolescenza e in età adulta come gamma di modelli gerarchicamente organizzati e riferiti a differenti aspetti della realtà (Hazan e Shaver, 1994).
Bibliografia
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 1: Attachment. New York: Basic Books 1969. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 1: L’attaccamento alla
madre. Torino: Boringhieri 1972
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 2: Separation. New York: Basic
Books 1973. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 2: La separazione dalla
madre. Torino: Boringhieri 1975
Bowlby J. The Making and Breaking of Affectional Bonds. London: Tavistock Publications 1979. Tr. It. Costruzione e rottura dei legami
affettivi. Milano: Raffaello Cortina Editore 1982
Bowlby J. Attachment and Loss. Vol. 3: Loss, Sadness and Depression. New York: Basic Books 1980. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 3: La
perdita della madre. Torino: Boringhieri 1983
Bowlby J. A Secure Base: Parent-child Attachment and Health Human
Development. New York: Basic Books 1988. Tr. It. Una base sicura.
Milano: Raffaello Cortina Editore 1989.
Hazan C, Shaver P.R. Deeper into attachment theory. Psychological Inquiry, 1994;5:68-79.
Liotti G. Le opere della coscienza. Psicopatologia e psicoterapia nella pros-
pettiva cognitivo-evoluzionista. milano: Raffaello Cortina Editore 2001
Stern D. The interpersonal world of the infant. New York: Basic Books 1985. Trad. it. Il mondo interpersonale del bambino. Torino: Boringhieri 1987.
l’attaccamento insicuro come fattore di rischio per comportamenti violenti in età adulta: uno studio transnosografico
A. Troisi
Dipartimento di Neuroscienze, Università di Roma Tor Vergata introduzione: le cause del comportamento aggressivo sono argomento di dibattito da quando, nella storia del pensiero scientifico, si sono delineate le posizioni innatiste e quelle ambientaliste. La ricerca attuale ha superato questa rigida con- trapposizione e sottolinea l’importanza di modelli eziologici multifattoriali che comprendano l’interazione geni-ambiente. A tale riguardo, crescente attenzione viene rivolta all’ambiente di sviluppo e al sistema psicobiologico dell’attaccamento. Metodologia: in questa relazione vengono presentati i risultati di uno studio condotto su un campione composto da pazienti psichiatrici con disturbi non psicotici con differente propen- sione a mettere in atto comportamenti violenti. L’eventuale presenza di traumi in età precoce è stata valutata mediante un’intervista strutturata denominata Early Traumatic Life Events (Bandelow et al., 2003) e lo stile di attaccamento è stato va- lutato mediante l’Attachment Style Questionnaire (ASQ). La frequenza di comportamenti violenti in età adulta è stata mi- surata mediante l’Aggression Questionnaire (AQ). Scopo dello studio era la verifica dell’ipotesi che la maggiore propensione ad attuare comportamenti violenti in età adulta è caratteristi- ca delle persone che hanno esperito traumi precoci nel corso dell’infanzia e dell’adolescenza tali da determinare uno stile di attaccamento insicuro.
risultati: i dati dello studio hanno confermato l’ipotesi di lavoro indicando che sia uno stile di attaccamento ansioso che uno stile di attaccamento evitante sono significativamente correlati con una maggiore propensione ad attuare comportamenti ag- gressivi in età adulta.
Conclusioni: la valutazione dello stile di attaccamento e la sua eventuale modificazione mediante interventi psicoterapeutici sono aspetti importanti nei programmi di prevenzione dei com- portamenti aggressivi in persone affette da disturbi psichiatrici, indipendentemente dalla specifica diagnosi categoriale.
forme nella quale elementi psicopatologici specifici ed evidenti (comportamenti restrittivi, condotte di eliminazione, abbuffate, ecc.) si sovrappongono e, in un certo modo nascondono, una sintomatologia complessa che mescola tra loro elementi dello spettro affettivo, dei disturbi d’ansia, del controllo degli impulsi, dell’abuso di sostanze e dei disturbi di personalità. Questa pre- sentazione può rendere difficile una valutazione delle categorie diagnostiche che possono presentarsi in comorbilità con i DCA come il DB con il quale esistono ampie aree di sovrapposizione sintomatologica 2.
La comorbilità appare particolarmente elevata tra DB tipo II e tutti i DCA con condotte impulsive e perdita di controllo nell’assunzione del cibo come anoressia nervosa (AN), bulimia nervosa (BN) e Binge Eating Disorder (BED) - obesità. Numerosi lavori hanno documentato che i pazienti bulimici presentano una variazione del tono dell’umore prima delle abbuffate con una correlazione fra l’esordio e l’intensità di tali cambiamenti e gli episodi di binge eating 3.
Questa visione comporta la necessità di un intervento tera- peutico precoce mirato alla stabilizzazione dell’umore e alla riduzione delle complicanze fisiche e metaboliche e al rico- noscimento, in fase avanzata, della componente affettiva per finalizzare al meglio gli interventi psicoterapeutici e farmaco terapeutici necessari.
Bibliografia
1 mcElroy SL. J Affect Disord 2010 Jul 29.
2 Lunde AV. J Affect Disord 2009;115:309-14.
3 Brambilla F. Neuropsychobiology 2001;43:225-32.
disturbo bipolare e malattia di alzheimer: una relazione complessa
C. Vampini*, F. Nifosì
Dipartimento per la Salute Mentale, Verona; * Scuola di
Specializzazione in Psichiatria, Università di Udine
Il disturbo bipolare e la demenza sono stati tradizionalmente come entità cliniche non correlate. A differenza della depres- sione unipolare, che viene considerata sia un fattore di rischio che un prodromo di malattia di Alzheimer, i disturbi dello spet- tro bipolare sono stati generalmente trascurati nella diagnosi differenziale della demenza. Tuttalpiù, i disturbi affettivi ed affettivo-correlati nei soggetti con demenza vengono conside- rati complicazioni comportamentali della malattia o attribuiti ad una condizione indotta dal trattamento con antidepressi- vi di una depressione in corso di demenza. Ciononostante, il disturbo bipolare può rappresentare sino al 20% dei disturbi dell’umore negli anziani (Cassano et al, 2000). Per quanto ri-
Malattie fisiche e disturbo bipolare: valutazione sistematica di una casistica clinica
N. Mosti, F. Casalini, S. Rizzato, G. Perugi
Dipartimento di Psichiatria, Neurobiologia, Farmacologia e Biotecnologie, Università di Pisa
introduzione: la relazione tra disturbo bipolare e malattie fisi- che è stata riportata sia in studi epidemiologici che clinici. Nes- suna ricerca ha studiato le relazioni tra caratteristiche cliniche e di decorso del disturbo dell’umore e specifiche malattie fisiche. Metodologia: nella presente relazione verranno esposti i risul- tati di uno studio pilota effettuato su 100 pazienti consecutiva- mente afferenti presso l’ambulatorio della Clinica Psichiatrica Universitaria di Pisa. Tali pazienti, selezionati sulla base della diagnosi di disturbi dello spettro maniaco-depressivo (disturbo bipolare di I tipo, disturbo bipolare II, disturbo ciclotimico) so- no stati sottoposti ad una valutazione trasversale che includeva un’ampia batteria di test: innanzitutto la SCID (Structured Clini- cal Interview) per la validazione diagnostica, la SImD (Structu- red Interview for Mood Disorders) per le valutazioni di decorso, comorbidità psichiatriche, tipologia e risposta ai trattamenti precedenti e per la raccolta dell’anamnesi familiare psichiatri- ca. Sono inoltre state effettuate la GAF per la quantificazione della compromissione funzionale, la CGI per la valutazione di efficacia e tollerabilità del trattamento in atto, la TEmPS-35 per l’identificazione del temperamento affettivo. L’intero campio- ne in studio è stato infine sottoposto ad un’ulteriore indagine anamnestica, estesa dal paziente ai familiari di I grado, volta a rilevare la presenza di condizioni mediche generali.
risultati e conclusioni: la prevalenza di disturbi metabolici, malattie cardiovascolari e autoimmuni verrà correlata a sotto- tipi di disturbo bipolare sulla base di caratteristiche cliniche, di comorbidità e di decorso. Sarà valutato infine il l peso dei trattamenti farmacologici e delle eventuali complicanze tossi- cologiche e comportamentali.
disturbo bipolare, disturbi della condotta alimentare ed obesità: implicazioni cliniche e terapeutiche
A. Tortorella, P. monteleone, A. Cervino, m. maj
Dipartimento di Psichiatria, Università di Napoli S.U.N. Nonostante la letteratura sul disturbo bipolare (DB) valuti la comorbilità tra disturbi dello spettro bipolare e altri disturbi psichiatrici una costante, l’associazione tra DB e i disturbi del comportamento alimentare (DCA) è ancora oggi poco indaga- ta 1.
Questo dato è solo in parte spiegato dall’espressione clinica dei DCA, che è spesso caratterizzata da una presentazione multi-
Venerdì 18 feBBraio 2011 – ore 16,00-18,00 Sala tintoretto