coordinatrice F. Brambilla (Milano) sturbi e trattamenti ricevuti. La WMH-CIDI è divisa in due parti:
la Parte 1 comprende il nucleo della valutazione diagnostica, mentre la Parte 2 include dettagliate informazioni sulle variabili correlate e sui disturbi di interesse secondario. Tutti gli inter- vistati hanno completato la Parte 1, mentre la Parte 2 è stata somministrata ad un campione selezionato sulla base di precisi algoritmi decisionali inclusi nel software dell’intervista. Tutte le interviste sono state effettuate faccia-a-faccia da intervistatori ‘laici’ appositamente addestrati. I criteri diagnostici impiegati sono quelli del DSm-IV e dell’ICD-10.
lo studio WMH in italia: in Italia è stato intervistato un campio- ne rappresentativo della popolazione generale, selezionato con sofisticate tecniche di campionamento a tre stadi, e compren- dente 4.712 soggetti, che sono stati valutati a domicilio con l’intervista strutturata prima menzionata (WMH-CIDI). Il tasso di risposta ponderato è stato del 71,3%, il più alto tra i paesi europei dopo quello della Spagna.
risultati: nel corso della presentazione verranno presentati i ri- sultati del progetto WMH sulla prevalenza e le caratteristiche dell’esposizione ad eventi traumatici nei paesi ad alto e basso reddito partecipanti al progetto.
Conclusioni: lo studio WMH rappresenta la più ampia indagine sui disturbi mentali eseguita sino ad oggi a livello internazio- nale, ed anche in Italia è lo studio più ampio effettuato sino ad oggi.
fattori di rischio personologici e psicopatologici nel Ptsd
P. Santonastaso, A. Favaro
Dipartimento di Neuroscienze, Università di Padova
Il funzionamento psicologico antecedente al trauma è conside- rato un importante fattore di rischio per lo sviluppo di PTSD, assieme a fattori quali la gravità del trauma, una storia di traumi precedenti, la presenza di familiarità psichiatrica e lo sviluppo di sintomi psichiatrici ‘peritraumatici’. Diversi studi hanno in- dagato i fattori di rischio psicopatologici del PTSD, anche se solo una minoranza ha usato un vero disegno longitudinale. In generale, gli studi sono concordi nell’affermare che la presenza di disturbi d’ansia o di episodi depressivi precedenti il trauma costituisce un fattore di rischio. Pochi studi hanno analizzato la relazione tra aspetti temperamentali e PTSD. Gli studi esistenti hanno evidenziato una relazione tra PTSD e harm avoidance. La presenza di alta harm avoidance è associata ad un maggiore rischio di sviluppare PTSD anche in studi longitudinali. Il nostro gruppo di lavoro ha raccolto alcuni dati riguardo le caratteristiche temperamentali di soggetti sopravvissuti a vari tipi di trauma (disastri naturali e tecnologici, malattie cardiache improvvise, trapianto cardiaco). Nei soggetti sopravvissuti a di- sastri, la presenza di PTSD di lunga durata è associata, oltre ad una alta harm avoidance, anche ad un basso punteggio alla sot- toscala Attachment che descrive le capacità individuali di farsi aiutare e di esprimere i propri bisogni a livello interpersonale.
disturbi alimentari in età evolutiva: casi atipici e comorbilità
A. Albizzati
U.O. Neuropsichiatria Infantile, Servizio per i Disturbi del Comportamento Alimentare in Età Evolutiva, Azienda Ospedaliera San Paolo
Disordini alimentari in difetto o in eccesso sono presenti fin dalla nascita. Escludendo tutte le patologie organiche, residua- no patologie non sempre ben definite che vanno riferite alla sfera psichica. L’esistenza di una anoressia vera legata a pato- logia gravemente depressiva o ansiosa è già stata riconosciuta e definita.
Esiste tuttavia una patologia grossolanamente inquadrabile fra 6-12 anni, latente nelle prime fasi e eclatante solo verso i 10-12 anni, che potrebbe preludere allo sviluppo di un disordine del comportamento alimentare vero e proprio. Ci riferiamo qui ad una anoressia nervosa o ad un Binge Eating Disorder.
Nel nostro servizio abbiamo condotto l’indagine preliminare
sui pazienti dai 6-14 anni a noi giunti per disordini DCA non codificati ma definibili “di origine psicopatologica” e/o aspetto psicopatologico. Abbiamo utilizzato come strumenti un’indagi- ne clinica condotta da specialisti di Neuropsichiatria Infantile particolarmente specializzati sui disordini del Comportamento Alimentare. Successivamente nei bambini dagli 8 ai 14 abbia- mo somministrato la EDE e nei bambini dagli 11-14 anni an- che la EDI II per ottenere un quadro, anche se approssimativo, degli aspetti psichici relativi al comportamento alimentare dei pazienti indagati.
In tutti i pazienti veniva anche utilizzata la CBCL compilata dai genitori dei probandi per controllare gli aspetti depressivi, ansiosi, comportamentali (iperattività comportamento oppositi- vo provocatorio, aggressivo), psicotici, di somatizzazione e le problematiche sociali nella relazione con i pari.
I nostri dati portano a suggerire che in questi pazienti non è ancora possibile stabilire una diagnosi codificata di DCA ma che esistono dei presupposti particolarmente pregnanti per una possibilità predittiva di DCA franco.
Modello di trattamento psicoterapeutico dei pazienti con disordine del comportamento alimentare: variabili di esito
S. Bertelli
Responsabile dell’Ambulatorio per la Diagnosi e Cura Dei Disturbi del Comportamento Alimentare, Azienda Ospedaliera San Paolo
Le cause che portano alla comparsa di un disordine del com- portamento alimentare (DCA) sono complesse e multifattoriali. Questo fa si che il trattamento DCA porti a tutt’oggi a risultati parzialmente definitivi con alta percentuale di ricadute, croni- cizzazione, morte. Una terapia integrata efficace risulta essere un argomento di grande interesse per la ricerca e l’attuazione clinica. Una possibile spiegazione dell’eventuale inefficacia delle terapie potrebbe essere il fatto che esse hanno puntato sugli aspetti “nutrizionali” della stessa, ponendo in seconda linea altre psicopatologie, sempre presenti nei DCA e di pro- babile sostanziale importanza nella loro patogenesi. Ci riferia- mo in particolare alla difficoltà di questi pazienti ad instaurare e/o mantenere stabili e validi rapporti interpersonali e alla loro difficoltà al riconoscimento e validazione dei loro stimoli ente- rocettivi. La capacità di riconoscimento e gestione delle emo- zioni, che sono parte sostanziale degli stimoli enterocettivi, in pazienti con DCA è un argomento di studio di recente interesse. Numerose ricerche hanno riscontrato dei deficit sia nei compiti di riconoscimento delle emozioni, sia nelle difficoltà di rego- lazione delle emozioni e conseguentemente di gestione delle relazioni sociali.
Il nostro studio si propone di presentare i risultati preliminari di un intervento gruppale ispirato alla terapia dialettica-comporta- mentale per pazienti con DCA integrato con la terapia indivi- duale CBT. I primi risultati hanno mostrato un’efficacia signifi- cativa in diverse aree del funzionamento emotivo-relazionale. L’ulteriore conferma dell’efficacia di questo trattamento sulle competenze emotive e meta cognitive dei pazienti con DCA potrebbero eventualmente suggerire l’importanza di integrare la terapia individuale con interventi di gruppo con argomento specifico.
il trattamento dei dCa nei soggetti minorenni nel contesto del ricovero riabilitativo multidisciplinare integrato
P. Todisco, L. Carli
Servizio per i Disturbi del Comportamento Alimentare – Casa di Cura “Villa Margherita”, Arcugnano (VI)
L’età di insorgenza dei DCA tende sempre più ad abbassarsi tuttavia, seppure i dati di esito dimostrano in che misura l’in- tervento precoce sia maggiormente correlato ad una prognosi più favorevole, a tutt’oggi esistono pochi riscontri empirici che definiscano con chiarezza quali interventi ottengano migliori risultati. Il trattamento dei minori affetti da DCA è un ambito in cui il dibattito è ancora molto aperto. Le linee guida internazio- nali, povere di indicazioni supportate da evidenze, si limitano a suggerire come trattamento di elezione sia la terapia familiare e a sottolineare come l’intervento in tempi brevi migliori sostan- zialmente la prognosi. Nel trattamento dei minori ci si trova da- vanti a una serie di problematiche che, seppur apparentemente comuni a quelle presenti nei soggetti adulti (es. negazione di
malattia da parte dei pazienti, pressione alla cura da parte dei familiari, gravità clinica con frequenti complicanze a lungo ter- mine) richiedono un adattamento dei programmi di cura. La motivazione alla terapia nei soggetti adolescenti è soprattutto esterna (genitori) e il rapporto con i genitori/familiari è centra- le nell’eziopatogenesi e nella terapia di questi pazienti. Vi è un incompleto sviluppo della corteccia prefrontale nei soggetti appartenenti a questa fascia di età che di per sé comporta una inadeguata gestione degli impulsi. Esistono tra l’altro problema- tiche psicologiche, tipiche e specifiche, degli adolescenti come pure problemi di natura fisica relativi alla crescita di cui tenere conto in quanto fattori predisponenti la lunga durata di malattia e le complicanze a lungo termine. Nel trattamento si devono pertanto considerare l’individuo, la famiglia, l’ambiente (fami- glia, scuola, coetanei, adulti). Per affrontare queste peculiarità dei pazienti minori con DCA nel contesto del ricovero riabi- litativo multidisciplinare integrato abbiamo cercato di creare piccoli gruppi di pazienti di età simile per offrire un percor- so personalizzato che potenzi le risorse relazionali e protegga da un possibile impatto negativo derivante da un contatto con soggetti adulti con lunga storia di malattia. Con i pazienti ado- lescenti il programma riabilitativo psiconutrizionale specifico del nostro servizio viene modificato accentuando l’attenzione alle tematiche familiari anche attraverso una maggior frequenza della consulenza familiare, attuando una terapia che risponda alle caratteristiche tipiche di questa fascia d’età mantenendo saldo un maggior rigore, soprattutto nella prima fase del pro- gramma, rispetto a temi non-contrattabili come l’alimentazione per mantenere-incrementare il peso corporeo, la gestione dei sintomi di compenso (soprattutto l’iperattività).
Prevenzione e trattamento delle alterazioni fisiche disabilitanti nei disturbi del comportamento alimentare in età infantile adolescenziale
R. Dalle Grave
Unità di Riabilitazione Nutrizionale, Casa di Cura Villa Garda, Garda (VR)
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono uno dei problemi di salute più severi che affliggono le adolescenti. So- no disturbi che possono determinare importanti problematiche mediche, psicologiche e interpersonali e un incremento signi- ficativo del rischio di morte.Numerose persone che ne sono affette non raggiungono mai l’attenzione clinicae molte inizia- no un trattamento dopo molti anni di malattia, quando spesso la condizione è diventata cronica.La remissione completa dai sintomi è raggiunta solo da un sottogruppo di pazienti e molte necessitano di costosi trattamenti ospedalieri riabilitativi. In particolare, le adolescenti colpite da DCA, rispetto alle donne adulte, oltre ad avere una minore consapevolezza di avere un disturbo e non aver ancora completato il loro svilup- po psicosociale, sono più vulnerabili agli effetti della malnu- trizione e della perdita di peso perché hanno ancora organi ancora immaturi, non completamente sviluppati. Il DCA in questa fase della vita può determinare un drammatico arresto o ritardo della crescita, un quadro di grave osteoporosi, un aumentato rischio di frattura, un ritardo della pubertà e una condizione di amenorrea prolungata. Il mancato ripristino di un’adeguata nutrizione e di un peso corporeo normale per
aggiornamento sul trattamento psichiatrico dei pazienti con infezioni da HiV
T. Santomauro
Università di Siena
Con sempre maggiore frequenza gli infettivologi e gli psichiatri devono confrontarsi, nella loro pratica clinica, con le compli- canze psichiatriche dell’infezione da HIV e con la gestione del- le complesse interazioni dei farmaci che i pazienti affetti da HIV devono assumere. La prevalenza dei disturbi psichiatrici nei pazienti HIV+ è quasi del 50% e riguarda soprattutto i disturbi dell’umore e i disturbi d’ansia. Essi si manifestano, per lo più, in concomitanza con la diagnosi di infezione da HIV ma possono comparire anche tardivamente nel decorso dell’infezione. Le complicanze psichiatriche in corso di infezione da HIV alte- rano la qualità di vita e influenzano negativamente l’aderenza alla terapia antiretrovirale altamente attiva (HAART). La preva- lenza dei disturbi dell’umore è del 36%, ed è più frequente nei pazienti con storia di abuso di sostanze, nei pazienti anziani e nelle donne. Spesso è difficile differenziare i sintomi soma- tici dell’infezione da HIV da quelli della depressione, poiché i sintomi neurovegetativi della depressione si sovrappongono a quelli dell’infezione da HIV, delle infezioni opportunistiche, e delle comorbidità. Il trattamento della depressione si basa su approcci terapeutici farmacologici e non-farmacologici. Il trat- tamento del singolo paziente deve tener conto della gravità dei sintomi, delle interazioni con le HAART e delle comorbidità. È ragionevole iniziare con una piccola dose di anti-depressivi e progressivamente aumentare la dose stessa per ridurre al mi- nimo gli effetti collaterali. Gli inibitori del reuptake della sero- tonina (SSRI), metabolizzati dal sistema P450, possono avere importanti interazioni con i farmaci antiretrovirali. Anche la psicoterapia, in particolare la terapia cognitiva comportamen- tale e la psicoterapia interpersonale, si sono dimostrati efficaci nel trattamento della depressione nelle persone con infezione da HIV. La prevalenza dei disturbi d’ansia è del 38%. I sinto- mi d’ansia influenzano negativamente l’aderenza alla HAART. L’ansia si manifesta con un range molto ampio di sintomi, sia per tipologia che per gravità. La terapia farmacologica dei di- gioVedì 17 feBBraio 2011 – ore 11,40-13,40
Sala BorroMini