IL PROCESSO PRODUTTIVO STORICO
4.1. L'agricoltura in epoca preispanica
4.1.2. Le forme di lavoro
In epoca presispanica esistevano varie forme di lavoro, personali, collettive, per lo Stato, per l'esercito etc., in queste pagine non verranno descritte singolarmente ma solamente le tipologie di lavoro del sistema produttivo.
L'Ayni
Qualunque forma di produzione era soggetta a rigorosa pianificazione. L'ayni era una forma di collaborazione tra le più antiche e comuni in ambito agricolo tra i membri dell'ayllu. Il supporto di manodopera, durante la semina o nella raccolta (Espinoza, 2010), era richiesto opportunamente tra i componenti della stessa famiglia allargata mutuando allo stesso modo il favore ricevuto.
La necessità di forza lavoro eccedeva spesso il numero di componenti all'interno di una famiglia, soprattutto nei periodi di massima attività, ovvero nella preparazione del suolo, nella semina, nella pulizia di canali e nel raccolto. La difficoltà di predisporre della cerchia familiare nei periodi di maggiore richiesta
41 Oppure mitimaes, termine quechua utilizzato per descrivere un gruppo di popolazione itineranti che spesso si spostavano su lunghe distanze. Lo Stato Inca creava colonie di mitmaq come strategia di pacificazione e di controllo dello Stato in espansione. Il termine viene anche associato a mit'a, generalmente si utilizzato soltanto al servizio periodico.
42 Comunità o parcialidad è il gruppo o l'insieme di famiglie di origine amerindia che hanno senso di identità e di valori condivisi, tratti, consuetudini o usi della loro cultura e dei modi di governance, di gestione, di
ha spronato la società andina ad elaborare complessi programmi agricoli per ottenere raccolti cospicui. (Golte, 1980). La forma elementare di organizzazione attraverso la reciprocità è l'ayni, servizio realizzato per un'altra persona che sarà devoluto in un periodo successivo nella stessa natura e nella stessa quantità.
La minka
Tutti i membri dell'ayllu avevano obblighi di lavoro sia sul modello dell'ayni sia della minka o minga. La minka è il lavoro collettivo per la realizzazione di opere per il benessere della famiglia allargata o dell'ayllu (Isbell, 1974). Si poteva saltuariamente eludere l'ayni ma non la minka che costituiva un obbligo del clan, tranne nel caso in cui la persona fosse malata, invalida o assente per qualche missione giustificata. Nessuno evitava di servire la comunità, alle minkas partecipavano tutta la comunità senza distinzione di status, d'età o di sesso. Gli agricoltori andini in genere preferivano lavorare in gruppi allargati consentendo un più agevole controllo comunitario dell'ayllu sulla terra. I lavori più importanti, con partecipazione dei familiari e dei parenti, diventavano occasioni festive spontanee per l'intensa coesione tra essi, per i vincoli di solidarietà, senza intervento, imposizione o controllo da parte dello Stato. La minka era lo strumento che permetteva di perseguire la politica di benessere generale: costruzione e sorveglianza di terrazze, costruzione di ponti, sistemazione e conservazione di strade, sentieri e tambos43, apertura e
manutenzione di condotte e canali per regimare l'acqua, custodia di huacas44 o
luoghi sacri, costruzione di magazzini di interesse locale e regionale per le scorte alimentari.
Nelle comunità andine e in molte aree urbane, molti progetti comunitari vengono organizzati in faenas o minka, essi vengono divisi in compiti dove ogni membro della comunità partecipante o famiglia deve completare una porzione uguale di lavoro a proprio ritmo.
La Mit'a
La mit'a è un tributo obbligatorio compensato col lavoro nei periodi di stagnazione dell'attività agricola, realizzata all'occorrenza per progetti comunitari (Espinoza, 2010). È un livello superiore di organizzazione del lavoro praticato dai capi degli ayllu locali, dai curacas45 regionali e dalla nobiltà.
Quando a Cusco si predisposse il sistema statale della mit'a, prese come modello i reciproci obblighi comunitari conosciuti e accettati da tutti, Blas Valera parlò a riguardo come “legge di fratellanza”: tutti gli abitanti del villaggio aiutavano ad aprire solchi durante la semina e il raccolto “senza nessun tipo di compenso” (Garcilaso, 1609; Polo de Ondegardo, 1561). Risulta difficile determinare l'unità di energia umana impiegata nell'organizzazione di queste squadre e di chi le organizzava. A riguardo Polo de Ondegardo (1561) annota sul lavoro in comune
43 Dal quechua Tampu, era una struttura Inca costruita per scopi amministrativi e militari. Si trovavano lungo le strade, la cui funzione principale era quella di ospitare i messaggeri (chasqui), come centri di raccolta di derrate alimentari, di lana, legno o altri materiali per la sopravvivenza di base, alloggio per il personale statale itinerante depositari delle scritture contabili basati nei quipu, così in tempi di difficoltà climatica o calamità naturali, i tambos fornivano le scorte per l'emergenza ai villaggi vicini.
44 Il termine quechua fa riferimento a un oggetto o un luogo sacro.
tra i membri di ogni gruppo dell'ayllu.
Successivamente il sistema venne utilizzato dal governo coloniale in forma distorta (Wachtel, 1977) cooptando gli indigeni per l'estrazione dell'argento da inviare alla madrepatria. La mit'a era organizzata in modo da conferire continuità a quei progetti permanenti o che richiedevano la mobilitazione di considerevoli prestazioni d'opera, per esempio il servizio militare, il servizio personale per l'aristocrazia, il lavoro nelle miniere dello Stato e le opere pubbliche. Le prestazioni coatte erano compensate con cibo e chicha46 durante il
turno di lavoro, con beni simbolici o esotici derivanti da altre zone ecologiche (coca, peperoncino, cotone e sale) e, indirettamente, con la stabilità sociale, la sicurezza economica e con il beneplacito statale nel dare vita alle feste religiose. Durante il periodo Inca, lo Stato intraprese grandi progetti agricoli utilizzando la mit'a. Numerosi terrazzamenti e sistemi d'irrigazione furono progettati nelle Ande, collegati a strade, a ponti, a centri amministrativi e a complessi di magazzini. I lavori agricoli procedevano sotto la guida locale dei curacas. La gestione economica, sociale e politica si implementava attraverso una struttura burocratica elaborata, il lavoro costante sulle opere d'irrigazione era controllato dagli ayllus (Guillet, 1987), la centralizzazione rigida raramente esercitava il monitoraggio dell'esecuzione.
Le priorità della politica agricola incaica si concentrava sui sistemi d'irrigazione e sui terrazzamenti man mano che la frontiera agricola si espandeva (Donkin, 1979). Considerevoli quantità di prove attestano che lo Stato Inca disegnò, costruì e gestì i sistemi di terrazzamenti della Valle del Colca (Denevan, 1986), oltre alla massiccia trasformazione paesaggistica della Valle dell'Urubamba (Farrington, 1983).
4.1.3. L'Ayllu
L'ayllu fu l'elemento più importante dell'organizzazione sociale e della produzione andina (Zuidema, 1971), Silverblath, 1987). È stato anche uno dei concetti più difficili da definire perché venne utilizzato in contesti diversi. L'ayllu è sempre visto in relazione alla parentela con membri che si riconducono ad un progenitore comune (possibilmente mitico). La marca invece costituiva l'unità territoriale dell'ayllu che esercitava a volte un ruolo politico o genealogico (Zuidema, 1971; Isbell, 1974), essendo la parentela il sistema regolatore dell'organizzazione stessa.
L'ayllu esercitò il controllo e l'organizzazione della terra comunitaria, compresa la redistribuzione periodica tra i suoi membri e il mantenimento sistematico dei cicli di rotazione delle colture nei campi (denominati secciones, suerte, suyus, e/o aynoqas). Ogni nuova coppia riceveva un quantitativo topo47 di terra, sufficiente per il proprio
mantenimento, con l'aggiunta di piccole porzioni per ogni nato.
46 Bevanda fermentata a base di mais.
47 Topo è una parola di origine puquina assimilato all’aymara e al quechua. Genericamente significa misura, perciò l'estensione che comprende è variabile. Per quanto riguarda le parcelle usufruite dalle famiglie, la loro dimensione dipendeva dalla qualità del suolo e del clima, così le superfici delle terre erano maggiori negli altopiani e minori negli avvallamenti, e ancora più piccoli nelle terre calde. Il topo parcellare era dunque diverso, da un gruppo etnico all'altro. Poiché non vi è uniformità nella misura del terreno, l'ideale era che
La pietra angolare del sistema furono i curacas, capi locali che agivano da collante tra l'ayllu e lo Stato. In genere il curaca era il capo di una famiglia allargata che retribuiva le prestazioni della sua numerosa parentela. In qualità di personaggio autorevole e riconosciuto esercitava funzioni di giudice per assicurare la pace all'interno del gruppo, organizzava i riti religiosi, distribuiva prodotti ai bisognosi, agli orfani etc. e mobilitava la popolazione per i lavori richiesti dallo Stato. Sostanzialmente regolava la vita sociale dell'ayllu e i rapporti tra l'ayllu e il potere centrale (Alberti e Mayer, 1974). Gli Inca e probabilmente anche altre culture antecedenti come i Pukarà e i Tiahuanaco utilizzarono la struttura dell'ayllu con propositi amministrativi.
Analizzando l'organizzazione sociale ed economica prima della conquista europea, si osserva innanzitutto una struttura statale ed economica redistributiva, le cui entrate non derivavano dai tributi sulla produzione dei contadini, bensì dalla coscrizione della loro forza lavoro sugli appezzamenti e sui pascoli dello Stato (Cobo, 1653; Polanyi, 1977, 1980; Wachtel, 1977). La terra di ogni comunità era suddivisa in porzioni per l'Inca (la nobiltà), il clero e il popolo. Bernabé Cobo (1653) descriveva i compiti sulle terre controllate dal clero e sulle huacas locali.
L'ayllu coloniale mantenne le vecchie funzioni organizzative come la minka e la raccolta di eccedenze. Durante il periodo coloniale le autorità andine degli ayllu funsero da intermediari tra le autorità locali, provinciali, nazionali e tra gli ayllu. Questo rapporto fu orientato al pagamento delle tasse e all'assegnazione della forza lavoro. L'ayllu, come entità con diritto alla terra (l'indigena fuori dall'ayllu, doveva avere il titolo di proprietà scritto) era lo strumento di difesa della terra, l'organo di autogoverno indigeno, l'unico habitat dove gli indigeni potevano condurre la loro esistenza.
Con la colonizzazione la sua rielaborazione seguì i canoni di ristrutturazione che subì lo spazio andino in adeguamento al nuovo ordine dettato dalla dominazione spagnola: in un caso le reducciones48 e nell'altro gli ayllus, entrambi associati ad enclave minerarie e
haciendas.
La comunità indigena ad iniziare dall'ayllu e dalle reducciones, soggetta ad una legislazione colonialista poggiata sulla concentrazione, il tributo e l'usufrutto collettivo, si ritrovò confusa nel tipo di società pluralista coloniale e repubblicana con modalità di sviluppo disomogeneo e disarticolato.
La reducción de indios, chiamata più tardi comunidad, fu lo strumento creato per soddisfare tutte le richieste della corona spagnola. La nuova istituzione nacque in un contesto di grave regressione tecnologica, di deterioramento civile intessuti di guerre, di epidemie, di diserzioni, di cambiamento burocratico e di corrotta amministrazione. Anche l'economia, tradizionalmente basata sulla complementarità dei diversi piani ecologici delle Ande sembrava minacciata: all'indomani della conquista numerose colonie di mitmaq abbandonarono le zone in cui si erano installate per far ritorno alle regioni d'origine; per contro, migliaia di indigeni, accettando la condizione di servitù, lasciarono i loro ayllu per mettersi al servizio degli spagnoli o, talvolta, dei curacas. Si sviluppò così un processo di frammentazione della vita economica e sociale del mondo indigeno. Gli spagnoli, che mal compressero il carattere della complementarità verticale andina, accentuarono questa frammentazione spartendosi le encomiendas49; estradando i
48 Piccoli abitati di indigeni separati dalle città con finalità evangelizzatrice.
49 Affidamento a un encomendero (“incaricato”) spagnolo determinati territori con in dotazione, un gruppo di indigeni, che dovevano essere cristianizzati. L'encomienda nelle Americhe divenne un'istituzione giuridica e socioeconomica che permise di consolidare la colonizzazione.
coloni della giurisdizione di Chucuito alla costa (Wachtel, 1977). Allo stesso tempo, la contrazione demografica e le migrazioni liberarono numerose terre preda della cupidigia dei nuovi padroni. L'introduzione del conio e l'obbligo dei tributi in denaro costrinsero gli indigeni ad intraprendere nuove attività a tutto profitto degli spagnoli (lavoro nelle miniere, trasporti, etc.) ed a scapito della tradizione, in un contesto assolutamente estraneo ai loro schemi mentali. Questo sconvolgimento psicologico e la deriva economica e sociale furono ulteriormente esacerbati dalla fine di un sistema di redistribuzione delle terre e dei beni in tutto l'Impero.
Infine, la caduta dell'Inca con l'apparato religioso nonché delle huacas, demolì le basi del mondo mitologico preesistente, provocando negli indigeni un trauma collettivo che li precipitò in un mondo assurdo e insieme tragico. Certo, l'antico Impero non mancò di contraddizioni; ma costituì un'entità totale in cui le diverse attività dei sudditi, a livello religioso, politico o economico, acquistarono un senso. Distrutta questa totalità, scomparve, per gli indigeni, anche il senso della vita sociale.