IL PROCESSO PRODUTTIVO STORICO
4.4. L'agricoltura nel XX secolo
4.4.4. La Riforma Agraria del
Spiazzare il potere oligarchico che fino ad allora aveva retto le politiche del paese, fu il moto con cui si spinse all'insurrezione del ottobre 1968 il movimento istituzionale delle Forze Armate capeggiato dal Generale Juan Velasco Alvarado. Indubbiamente è stata una delle azioni che ha portato al potere i militari e hanno visto il completamento di una serie di riforme, prerequisiti per ripristinare la stabilità politica del paese, per poi imbarcarsi su una importante fase di ammodernamento.
Pertanto, è comprensibile che dopo il recupero dei giacimenti petroliferi di Talara nell'ottobre 1968, detenuti dall'International Petroleum Company, una filiale della Standard Oil del New Jersey, la nuova Legge di Riforma Agraria 17716 del 24 giugno 1969, integrata dalla successiva emanazione di una legge sulle acque, fosse la prima misura importante adottata dal nuovo governo.
La Riforma agraria doveva dovuto essere il culmine di una lunga lotta dei contadini per il possesso della terra, la parola d'ordine era “la terra per chi la lavora”, avevano sostenuto i propagandisti della riforma. In qualche modo, ciò implicava il sogno di dare in proprietà ad ogni famiglia contadina un'area di coltivazione per il proprio sostentamento e la produzione per il mercato nazionale. Le esperienze di divisione delle terre testate in Messico, Guatemala e Bolivia e quelle di Europa dell'Est e della Cina nel secondo dopoguerra erano i precedenti più conosciuti. Lo schema di applicazione prevedeva la seguente sequenza: nazionalizzare le terre più ricche e le haciendas più avanzate tecnologicamente, espropriare, dividere e cooperativizzare le terre di importanza secondaria. Ma il sogno di dare ad ogni contadino un appezzamento era impossibile, in quanto il Perù possedeva l'area coltivabile per abitante più piccola del continente, la scarsità di terra coltivabile era una strozzatura che costringeva a cercare economie di scala e altre soluzioni che orientassero verso la costituzione di un sistema cooperativo per mantenere i livelli di produzione delle aree più sviluppate ed evitare la parcellazione.
L'intento di questa singolare riforma si spiega unicamente nel contesto generale del progetto politico del governo militare, il tono nazionalista e antioligarchico, che consisteva non solo nello spiazzare il tradizionale blocco di potere, ma nel riarticolare la struttura e le relazioni di classe e i rapporti di dipendenza, rendendo lo Stato un'entità autonoma e autorevole della società civile. Per raggiungere questo obiettivo, il programma di riforma agraria proponeva:
“L'eliminazione del latifondismo e di qualunque forma antisociale di possesso della terra e la creazione di imprese di produzione a carattere associativo di base prettamente contadina. La ristrutturazione delle comunità rurali tradizionali. Lo stabilimento di una nuova agricoltura organizzata sulla base dello sforzo associativo degli agricoltori e della possibilità di istituire nuove aree di
sfruttamento, secondo le necessità del paese. La creazione di nuovi mercati attraverso una equa distribuzione del reddito che aumenti il potere d'acquisto della popolazione emarginata. Lo sviluppo parallelo delle industrie di trasformazione primaria nelle campagne, per il quale, il governo avrebbe canalizzato investimenti negli studi, nell'attuazione e nel funzionamento delle industrie preferibilmente legate all'agricoltura”96.
Si trattava quindi, tra gli scopi esplicitati pubblicamente, di dar luogo ad un processo di modernizzazione delle campagne, che tenesse in conto la giustizia sociale, per procedere poi ad investire nell'intera società peruviana. Il primo passo era la liquidazione dell'oligarchia, che proprio nelle campagne aveva la propria roccaforte. La legge 17716 prevedeva quindi in primo luogo misure per rendere possibile l'espropriazione e la redistribuzione della terra.
Tabella N°3
Espropriazione e aggiudicazione in base alla legge 17716 Numero di
fondi
Superficie (in migliaia di ettari)
Beneficiari Superficie Numero Migliaia di ettari
Obiettivi 15,910 9,520.40 400,000 9,755.90 Realizzazioni 15,826 9,065.80 360,610 8,199.60 Ancora da realizzare 84 454.6 39,390 1,556.30 Stato di avanzamento 99,4% 95,2% 90,1% 84%
Fonte: José Matos Mar, 1980
Dalla tabella N°3 emerge che approssimativamente 400.000 (circa 1/4 del totale delle famiglie contadine) furono favorite dall'applicazione della legge 17716, è qui che appare uno dei primi limiti della riforma agraria, che i suoi detrattori hanno più volte cercato di mettere in rilievo. Infatti, essa, oltre a non riuscire a raggiungere i territori della foresta, di fatto escluse quella parte di popolazione rurale costituita da contadini senza terra e dalle famiglie stanziate sugli innumerevoli mini-fondi presenti nelle campagne peruviane. Si trattava nel complesso di circa 500.000 famiglie, costrette ancora a portare avanti un'agricoltura di sussistenza o a vendere la propria forza lavoro al miglior offerente sia nelle campagne che nelle città.
I complessi agro-industriali della costa furono espropriati e assegnati sotto forma di CAP (Cooperativas Agrarias de Producción) ai lavoratori salariati non temporanei già impiegati in quelle aziende. Sulla sierra le CAP non si diffusero molto perché il regime preferì sostituire il sistema della hacienda con le cosiddette SAIS (Sociedad Agrícola de Interés Social). Laddove esistevano lavoratori salariati venivano riuniti in cooperative di lavoro che, in qualità di persone giuridiche, erano poi associate alla Società Agricola. Sorte simile toccava ai membri delle comunità contadine che circondavano le vecchie haciendas.
La promulgazione della legge di riforma agraria significò una rottura del sistema di proprietà vigente. I termini di coinvolgimento sono stati drastici: l'annullamento del régimen de excepción97 ai zuccherifici industriali, la riduzione dei limiti di possesso,
utilizzo, rivendicazione del diritto di proprietà.
La riforma agraria, si avviava a partire del principio di riconoscere il diritto di proprietà privata della terra. In tal senso, non era finalizzato alla nazionalizzazione o alla socializzazione della medesima, ma costituiva una compra-vendita forzata tra i vecchi latinfondisti e i nuovi proprietari contadini. Secondo queste premesse, gli ex proprietari dovevano ricevere un compenso per i beni espropriati il cui importo sarebbe stato riconosciuto dal cosiddetto “debito agrario”. Parte del pagamento delle terre e beni espropriati si realizzava in contanti oppure in bonus del debito agrario.