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Il paesaggio verticale delle Ande

LE MONTAGNE ANDINE

3.4. Il paesaggio verticale delle Ande

Le Ande, come altre zone di montagna, hanno un gradiente ambientale molto ripido dove zone climatiche diverse sono compresse in un'unica valle, estendendosi per diverse centinai di metri di altitudine (verticalità). Lungo questi gradienti si possono osservare un ampio numero di ecosistemi, ognuno con specie naturali e colturali diversificate. Le montagne costituiscono perciò interessanti laboratori di conoscenze, per le specie e le comunità adattate a questi ambienti. Nelle montagne si possono osservare e comprendere l'evoluzione di determinate specie e la loro efficiente distribuzione in ambienti simili a “isole” di montagna, situate a migliaia di chilometri di distanza l'uno dall'altro.

Le sfide della verticalità imposte dalle montagne andine implicano uno sforzo costante per le società che le abitano. I fattori naturali come il suolo, il clima e l'acqua condizionano la vita umana, dunque la sfida umana di adeguarsi alle alte e ripide terre hanno dato come risultato un “marchio andino” che è stato definito “paesaggio verticale”.

Il termine verticale è l'attributo naturale che determina e condiziona una serie di processi naturali e sociali in termini di potenzialità e di vincoli per lo sviluppo. Si parte dalla considerazione che il paesaggio, per definizione, è un'impronta culturale, in quanto è l'espressione dell'evoluzione sociale e dell'opera umana.

In questo caso specifico, si tratta di costruire una definizione strumentale che articoli gli elementi e gli attributi dei “paesaggi verticali” andini, e di consentire un approccio sistematico per la struttura, i meccanismi e le modalità di funzionamento; i loro problemi specifici e il loro inserimento nelle strategie di gestione del territorio.

Sulla geografia che domina la natura delle Ande: montagne, colline, pendii, scogliere, precipizi, cime, fiumi, ruscelli, fondovalli, cascate, etc. ha attuato la mano trasformatrice umana con piccole o grandi opere di trasformazione territoriale: terrazzamenti agricoli, acquedotti, canali, travasi, tunnel, sbarramenti di lagune negli altopiani, strade, binari ferroviari su pendii, ponti tra burroni, oroyas di attraversamento, idroelettriche, linee di trasmissione elettrica etc., investendo enormi quantità di energia umana, risorse e mezzi. Si tratta di un esempio piuttosto singolare di impegno sostenuto e di ardimento umano spinto oltre i limiti. Questa audacia ha inoltre richiesto l'investimento di fattori chiave che hanno accompagnato la scienza, la creatività e la cultura; tre chiavi che possono essere raggiunti soltanto dall'esperienza e dal tempo, dal successo e dall'errore.

3.4.1. Il paesaggio verticale e le sue problematiche

Il 30% del territorio peruviano è dominato da formazioni montuose con pendii ripidi, questa particolarità influenza i processi naturali e sociali del paese. L'occupazione dei pendii andini dimostra esperienze contrastanti dal momento che nel mondo contemporaneo vengono percepiti come parte di un problema. Di fronte a questa caratteristica, le politiche statali sono state deboli, la pianificazione e la regolamentazione nell'uso del territorio, inadeguate, comportando l'abbandono delle aree rurali e della produzione agricola sui pendii e formando un quadro di degrado ambientale che aggrava la situazione di gestione delle risorse, della povertà e dei rischi, degrado che riduce e distrugge i valori patrimoniali e la vita.

La montagna è un'area dove è evidente l'idea della sostenibilità, e il futuro delle zone montuose va quindi cercato nel perseguimento di questo ideale atto a garantire adeguate possibilità di sviluppo. Tuttavia, le montagne si osservano come una sorta di spazio periferico che reagisce con ritardo alle innovazioni provenienti dall'esterno, ritardo che si accentua nella fase d'industrializzazione, d'innovazione e di meccanizzazione agricola.

Il modello di sviluppo territoriale supportato nell'agricoltura e lo sfruttamento dei pendii che ha dato origine a paesaggi caratteristici, oggi hanno lasciato il posto a un modello basato sullo sfruttamento dei minerali, limitando l'attività agricola e la gestione della verticalità. In questo processo, le unità agricole delle Ande sviluppano economie di sussistenza, con investimenti minimi in infrastrutture ed esaurimento della capacità produttiva del territorio.

I sistemi terrazzati vanno incontro a un progressivo abbandono, sono paesaggi fragili perché la verticalità è considerata ingombrante e di difficile manutenzione assieme all'equilibrio ambientale. Sono quindi più propensi a languire a ridosso di modelli di sviluppo territoriale che escludono l'agricoltura locale e le sue infrastrutture, sostenute da antiche conoscenze di gestione di tale verticalità. Il deterioramento di quel paesaggio ha forti implicazioni sull'agricoltura e sugli effetti della gestione del rischio di catastrofi naturali, situazione che richiama la necessità della sua conservazione.

L'arretratezza e non solo l'estraneità degli abitanti della montagna appare solitamente raffigurata sulla base di concetti spaziali, concetti che combinano l'influenza dell'ambiente e i processi storici, così la puna diventa un simbolo di asperità e la topografia la causa principale di un isolamento culturale ed economico fatale. D'altra parte si associa il contadino delle terre alte alla rozzezza, al carattere duro, a una vegetazione rada e xerofitica e a una società povera, è un'analogia che ha prevalso per cinquecento anni.

Nella genesi dell'organizzazione spaziale si trova un processo di insediamento, una storia politica, una storia sociale ed economica diversa, dove i vincoli imposti della geografia fisica, in passato, sono stati risolti con l'organizzazione dello spazio economico, oggi si potrebbe riformulare una tale organizzazione con gli strumenti che offre il sistema globale. Una storia economica e politica diversa probabilmente potrebbe, se non eliminare, le difficoltà di comunicazione nello sviluppo economico della montagna o almeno in parte.

Dal XVI secolo, le risorse naturali delle Ande sono state sfruttate perlopiù a beneficio delle regioni costiere, delle aree urbane o per l'esportazione. Anche per tale causa si è

assistito a flussi migratori verso le valli della costa34, regione che ha sperimentato nel tempo un forte grado di urbanizzazione, 75,9%35 a livello nazionale. La formazione di focolai di povertà e di emarginazione, vuoi per lo sviluppo di nuovi rapporti economici in favore delle città, vuoi per la circostanza che i modelli urbani sono maggiormente appetibili ai giovani in cerca di migliori opportunità36.

Le disparità territoriali tra la sierra e la costa sono l'espressione di processi di massimizzazione dello sfruttamento da un lato e l'abbandono a sé dall'altra, perché considerata limitante, con alti costi strutturali (acclività dei terreni) e climatici (temperature e precipitazioni irregolari e rigide).

La crescita urbana sulle valli interandine, l'implementazione di infrastrutture di comunicazione moderne affrontano le difficoltà di questo paesaggio nel ridisegnare nuove organizzazioni territoriali. In questo contesto sono necessarie regole chiare nella gestione del territorio intesa come costruzione collettiva e riconoscimento del valore patrimoniale, ciò implica interventi su diversi fronti, sulla costruzione di un modello di sviluppo territoriale, sociale e istituzionale.

Le principali caratteristiche dei sistemi agricoli risultano da due macro-ambiti territoriali geograficamente contrapposti: da un lato l'agricoltura della costa irrigua altamente produttiva, dall'altro, quello della sierra più povera e poco produttiva. Tra queste due realtà territoriali, che pure racchiudono al loro interno situazioni estremamente diversificate di sviluppo rurale, sul piano produttivo si interpone geograficamente la Cordigliera Andina.

Tuttavia, l'identificazione di sistemi agricoli territoriali non può essere basata su criteri puramente geografici, ma deve tenere conto di criteri di funzionalità legati allo sviluppo socioeconomico regionale che portano ad un parziale ridisegno dei confini segnati dalle zone geografiche, anche con possibili parziali sovrapposizioni dei sistemi agricoli territoriali. L'agricoltura della sierra presenta caratteristiche di forte marginalità con livelli di reddito molto inferiori a quelli registrati sulla costa, caratterizzata da piccole e poche imprese agricole in grado di raggiungere una soglia minima di competitività, la maggior parte delle terre agricole è gestita a livello familiare con livelli di sussistenza. Ai vantaggi comparativi si contrappongono logiche economiche legate al trasporto a costi minori nelle aree pianeggianti, dove le condizioni di produttività biologica ed economica sono migliori.

La verticalità degli ambienti, nella logica moderna, è conseguentemente proporzionale agli elevati costi di trasporto oltre che di utilizzo meccanico, ragione per cui prevale in altura un sistema tradizionale con impiego di energia umana ed animale atto alla produzione del proprio sostentamento. In ciò nulla di diverso rispetto ad altri paesi con sistemi montuosi simili, dove il fenomeno migratorio iniziato nel secolo scorso, si concentra in grossi centri urbani che hanno abbandonato progressivamente le campagne, mentre la sussistenza di piccole attività produttive montane gode di contributi statali.