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La politica agraria dopo la riforma

IL PROCESSO PRODUTTIVO STORICO

4.4. L'agricoltura nel XX secolo

4.4.6. La politica agraria dopo la riforma

Nel 1979 il progetto di riforma agraria emanato dieci anni prima si trovava praticamente paralizzato. Nel 1975 il Generale golpista Francisco Morales Bermudez intendeva correggere gli eccessi che il suo predecessore Velasco non aveva saputo eliminare. L'orientamento del nuovo governo militare, fu quello di revocare la politica precedente eliminando la maggior parte delle riforme intraprese, questo significò l'abbandono del progetto originale senza alcun programma alternativo, innescando una nuova crisi economica, politica e sociale, resa ancora più evidente dal vuoto riformista. La reiterata ristrutturazione agraria non tenne conto della peculiarità dell'agricoltura peruviana, né per gli aspetti concettuali e culturali, né per quelli attuativi, motivo che portò

all'ennesimo fallimento.

L'orientamento politico del governo Morales Bermudez assegnò priorità al grande capitale. Così, anche su pressione del FMI (Fondo Monetario Internazionale), il paese adottò una politica di stabilizzazione con misure strutturali volte ad assicurare il buon funzionamento del mercato, contenere i rischi e il deficit fiscale.

Negli anni '80 si liberalizzazarono i mercati e l'eliminazione del protezionismo alla piccola agricoltura. Il nuovo contesto, con lo sfruttamento di estese tenute nelle mani di grandi gruppi economici, creò notevoli opportunità nelle esportazioni di prodotti agricoli “non tradizionali”. Queste ultime sono l'ultimo tassello alle già attive esportazioni minerarie, ittiche e agricole “tradizionali” (caffè, cotone). Valutando il successo delle esportazioni agricole cilene, anche i governi post-riforma e i potenziali investitori puntano sulle condizioni favorevoli della costa peruviana in grado di garantire più raccolti annuali di colture commerciali. Il profitto di tale bilancia commerciale genera enormi investimenti pubblici in infrastrutture stradali e sistemi d'irrigazione.

Negli anni '80 e '90 si determinano le condizioni istituzionali per una tale svolta, si rimuovono le severe restrizioni al mercato delle terre e agli investimenti corporativi99. L'applicazione di moderni concetti di produzione agricola sulla costa aveva indirizzato fondi, crediti e sussidi ai promotori dell'agro-esportazione a detrimento di altri territori. La politica agraria orientata alle esportazioni influenzò il mercato interno nel senso che quell'agricoltura conservatrice e limitata all'autoconsumo si vide esclusa da ogni tipo di sviluppo. Questi contadini divennero oggetto dei cosiddetti “programmi sociali” ovvero, il trasferimento di risorse compensative per gli effetti del depauperamento, applicate in conseguenza dell'attuazione di politiche neoliberiste (soprattutto nel decennio del '90), che hanno trasformato i cittadini in clienti del governo di turno.

Questo scenario, non depone a favore della promozione dello sviluppo rurale nella gran parte del territorio sede di oltre un milione e mezzo di famiglie di piccoli agricoltori. Gli accordi di libero scambio (FTA) con gli USA, l'UE e altri paesi, contribuirà ad ampliare le distanze tra chi esporta e chi non lo fa.

L'accorpamento negli ultimi 20 anni di piccole aree nella sierra per la coltivazione “non tradizionale” per l'esportazione, apparentemente di successo, stimolò alcuni politici ad affermare nei loro programmi che la sierra in un lustro potrebbe destinare 150 mila ettari alle esportazioni agricole non tradizionali (il doppio di quanto della costa)100. Pur riconoscendo che la bassa redditività degli agricoltori poveri è dovuta, tra l'altro, all'ambito macroeconomico sfavorevole che ostacola l'incorporazione della piccola e media produzione nell'attività economica su larga scala, gli incentivi agricoli e i pochi investimenti privati nelle aree agricole ribadiscono il ruolo sussidiario dello Stato. Anche se il modello vigente di modernizzazione agricola è favorevole per alcuni settori della popolazione (pochi agricoltori), la maggior parte è esclusa dal settore agro- esportatore “non tradizionale” e i suoi effetti sono ridotti.

Nel Perù ci sono circa 6.000 comunità contadine riconosciute101, la maggior parte

99 Si veda Eguren, 2004.

100 Uno dei discorsi di tutti i candidati alla presidenza è quello di incrementare la produzione agricola nella

sierra.

101 Il significato sociale e territoriale delle comunità rurali, in generale, non è praticamente cambiato tra il 1994 e il 2002: un totale di 5680 comunità sono state intervistate per il censimento CENAGRO 1994, una cifra che non si discosta significativamente è dato dal PETT (Proyecto Especial Titulacion de Tierras y Catastro

ubicate nella sierra e vive in condizioni di povertà (circa 40%102), tali comunità sono state colpite dalla violenza scatenata tra Sendero Luminoso, il MRTA (Movimiento Revolucionario Túpac Amaru) e le forze armate nel corso degli anni '80 e inizi del '90. Oltre ai conflitti, alcuni di lunga data, sui diritti della terra tra comunità e comuneros, bisogna sottolineare due problematiche legate agli effetti della riforma agraria: i cambiamenti nella legislazione sui diritti di proprietà comunitaria e lo scontro tra le comunità con le grandi aziende, in particolare quelle minerarie.

Tra il 1920 e il 1933, le diverse norme costituzionali avevano protetto i diritti sulla proprietà dichiarando l'imprescrittibilità e l'inalienabilità delle terre comunitarie. La Costituzione del 1993 ha prescritto qualsiasi riferimento alla riforma agraria, ha eliminato il protezionismo fondiario e ha autorizzato la disponibilità delle terre (delle comunità contadine e native) previa decisione dell'Assemblea Generale. Pur non potendo affermare che tale provvedimento abbia avuto conseguenze significative sulla richiesta di terre, ha consentito la possibilità di abusi dovuti a pressioni esterne o a cattiva gestione entro le comunità stesse.

Si aggiunge la contesa tra comunità e grandi aziende, in particolare minerarie. Molte concessioni minerarie si trovano su terre comunitarie che ne risultano danneggiate per i tangibili effetti esterni (salubrità, paesaggio, etc), per l'esclusione dai vantaggi economici della produzione mineraria e per la continua erosione dei terreni coltivabili. Lo Stato viene compromesso nel suo ruolo di concertatore e responsabile delle necessità della popolazione103.

Spunti di riflessione

Il lungo processo evolutivo ha portato le società andine, con le prime innovazioni agricole, dalla domesticazione di piante fino allo sviluppo di tecniche di produzione e d'irrigazione sia sulla costa che sulla sierra del paese.

Le modificazioni operate dalle comunità locali sul paesaggio andino per riuscire a superare, almeno in parte le difficoltà del territorio e del clima comprendono vaste opere di trasformazione che ha avuto un carattere sistematico; questo tipo d'agricoltura sostenibile inteso come un processo complesso e dinamico si modificò con la colonizzazione.

L'agricoltura andina a partire da questo momento divenne di due mondi che coesistettero quasi in maniera indipendente l'uno dall'altro. La transizione condizionò profondamente lo sviluppo perché la crescita economica rispondeva solo ai bisogni dei colonizzatori. Vennero create piantagioni specializzate, mentre alle colture di sussistenza delle popolazioni locali vennero adibiti piccoli appezzamenti marginali poco produttivi, tuttavia in tali condizioni molte delle nuove tecniche e dei saperi furono adottati e adeguati alle necessità della popolazione.

Con il processo d'indipendenza le condizioni della produzione sulla sierra diventarono sempre più critiche e l'instabilità politica colpì pesantemente tutte le attività economiche

102www.inei.gob.pe

103 Uno dei casi più spinosi degli ultimi anni è stato l’episodio affrontato dallo Stato e dalle comunità contadine per l'aumento dell’attività mineraria nel Perù. Questo caso ha provocato molte tensioni con la popolazione locale che rifiuta lo sfruttamento e il danno alle risorse naturali e ambientali, senza peraltro parteciparne ai benefici. Il progetto minerario Yanacocha a Conga in Cajamarca rappresenta un importante dilemma per il

della nascente repubblica. Tuttavia, le comunità contadine rimasero vitali di fronte alle grandi trasformazioni che il settore agricolo, e le aree rurali più in generale, subirono nel ultimo secolo. Tale vitalità è la dimostrazione che i valori, i legami e la coesione delle società contadine hanno radici molto profonde e durature.

SECONDA PARTE