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Sistemi di rotazione dei terreni in layme o aynuqa

LE CONOSCENZE TRADIZIONAL

5.6. Tema produttivo

5.6.3. Sistemi di rotazione dei terreni in layme o aynuqa

Il sistema di gestione dei suoli è un elemento fondamentale nel controllo del rischio climatico, a cui si aggiunge anche il problema della fertilità del suolo.

Il sistema di hacienda che ha dominato il sistema agrario del paese fino alla Riforma agraria distrusse i sistemi di rotazione collettivi, nonostante ciò, oggi è possibile attingere a queste conoscenze anche se soltanto in maniera limitata.

Nelle terre alte al di sopra dei 3.800 m (di tutte le aree studiate) dove i terreni sono di proprietà collettiva, la comunità in assemblea decide la modalità di parcellizzazione dei terreni. Nelle terre alte viene praticata un'agricoltura pluviale: ogni area fisiografica è suddivisa in aree più piccole o “settori” denominati, laymes nelle aree delle Ande Centrali (Valle Chicha-Soras, Andamarca), aysha nella località di Laraos o aynuqas nella zona dell'Altopiano del Lago Titicaca, e costituiscono un'ulteriore livello di organizzazione dello spazio. Si tratta di unità di produzione agricola derivante dalla divisione fisica dei terreni di proprietà di una comunità o parcialidad, al fine di rendere possibile la sostenibilità ecologica dell'agricoltura.

Figura N°20 Sistema di laymes o aynuqas

In alto, laymes negli altopiani di Andahuaylas (Lianet Cámara, 2012; in basso, si osservi la coltivazioni in laymes nel Parco della Patata (www.cipotato.org).

Solitamente la lavorazione spetta alla singola famiglia o a piccoli gruppi di famiglie. In alcuni casi sono appezzamenti adiacenti alle abitazioni, ma la maggior parte si reca in queste zone per la coltivazione. La natura e la durata delle rotazioni corrispondono a singole decisioni, che possono essere altamente variabili; ogni anno viene messa a coltura un “settore” che verrà lavorato in un ciclo di rotazione di tre o quattro anni: patate il primo anno; altri tuberi come olluco, oca, mashwa o añu, oppure associazioni con fave o altri legumi e grani come quinua, cañihua o kiwicha per il secondo; cereali come avena, frumento, orzo etc. per il terzo anno; dopo questa rotazione i terreni si lasciano a pascolo e poi a maggese (Hervé, 1996). Il periodo di riposo può variare dai i 3 ai 20 anni in base alla disponibilità di terre, alla qualità del terreno, al numero di famiglie che decidono di coltivare e al tempo necessario al terreno per recuperare la sua fertilità naturale.

Questo attento coordinamento consente la massima utilizzazione di terre per il pascolo, e la distribuzione dei rischi reali che implica la pratica agricola in zone di alta quota.

I sistemi di coltivazione con lungo periodo di riposo associato al pascolo implicano una determinata organizzazione del tempo e dello spazio, il sistema di laymes o aynoqas permettono di modificare la configurazione del territorio in relazione ai periodi diversi di utilizzo. L'agricoltura e l'allevamento insistono su medesimi spazi, ma in tempi diversi.

Spunti di riflessione

Molte delle pratiche e delle conoscenze tradizionali evidenziate nel lavoro sul campo nelle località di studio e in generale dei contadini andini si trovano a rischio di perdita, questo processo di impoverimento dei sistemi tradizioni si riflette nel sistema alimentare, nel declino della diversità naturale e culturale, in tale scenario, i costi culturali, sociali e ambientali sono estremamente alti per la popolazione.

Nel capitolo si evince come, soprattutto nel secolo scorso siano andati perduti i saperi legati alla biodiversità, all'uso delle risorse naturali, alle pratiche agricole sostenibili etc., mettendo in evidenza le conseguenze di tali perdite; si rilevano inoltre gli sforzi compiuti da numerose comunità nel recuperare le loro conoscenze e/o riadattandole alle condizioni odierne.

Le conoscenze tradizionali rappresentano un patrimonio culturale importante per le comunità rurali, esse sono legate al contesto andino e contribuiscono a creare nelle persone un'identità territoriale, perché il territorio rappresenta non soltanto un tratto distintivo nella produzione agricola, ma anche un complesso culturale che abbraccia lingua, sistemi di denominazione e di classificazione, pratiche relative all'uso delle risorse, alla ritualità, alla spiritualità e alla visione del mondo. Questo sapere locale è una risorsa fondamentale chiave per sconfiggere l'emarginazione e la povertà, per garantire la sicurezza e la sovranità alimentare, per migliorare la gestione delle risorse naturali.

Con questa ricerca si giunge quindi ad affermare, tra l'altro che i “saper fare” tradizionali sono a tutti gli effetti beni immateriali che occorre proteggere contro l'uso improprio e l'appropriazione indebita, anche se tale questione solleva profondi problemi teorici e pratici. Il contesto sociale mutevole e il senso di dislocazione storica che influenzano molte comunità può effettivamente rafforzare la volontà di proteggere le

conoscenze tradizionali per le generazioni future, prendendo in considerazione le esigenze e le aspettative delle comunità.

CAPITOLO VI

I CAMPI SOPRAELEVATI O CAMELLONES DEL TITICACA

Nota introduttiva

Le condizioni climatiche nella zona dell'Altopiano del Lago Titicaca hanno vincolato le attività produttive. Le forti escursioni termiche tra il giorno e la notte, il costante rischio di gelate notturne, le irregolari precipitazioni rendono l'agricoltura ad alto rischio. Lo studio, la ricostruzione e la sperimentazione sui campi sopraelevati in molte comunità dell'Altopiano hanno rappresentato il mezzo per comprendere le modalità di trasformazione del territorio e i meccanismi che hanno portato le società preispaniche a sviluppare strategie adattative idonee per lo sfruttamento delle risorse naturali a disposizione, superando condizioni estreme dell'ambiente.

Nelle pagine che seguono si descrivono le peculiarità dell'ambiente in cui sono stati costruiti i camellones, le diverse forme e le funzioni che svolgono per far fronte alle avversità climatiche nonché la loro distribuzione in molti e diversi areali.

Si espongono i lavori di recupero avviati da numerose istituzioni pubbliche e private negli anni '80 e proseguiti negli anni '90 con diversi risultati nella produzione di tuberi. Si presenta il caso del Comune di Huata dove estesi campi di camellones furono ripristinati con il contributo lavorativo delle comunità contadine, si analizzano anche alcuni dei fattori che hanno determinato l'abbandono dei sistemi recuperati e i fallimenti dei progetti istituzionali per il ripristino dei campi. Si presenta inoltre il caso di Caritamaya, una prospettiva diversa di concepire i camellones che parte da gruppi di famiglie che utilizzano il sistema in maniera vantaggiosa e con successo.