LE CONOSCENZE TRADIZIONAL
6.3. Le premesse storiche sui campi sopraelevati 1 La terminologia
I campi sopraelevati o campi rialzati, nel corso del tempo, sono stati indicati con diverse denominazioni: raised field e ridge field in lingua inglese, warus waru, wachos, gentil wacho, warus pata in lingua quechua; suka kollus in lingua aymara, camellones, campos elevados, terraplenes etc. in lingua spagnola. Nel presente lavoro verrà utilizzato il termine camellones.
I termini autoctoni sono spesso registrati in modo impreciso dagli autori occidentali, tali nomi non si riferiscono tanto al toponimo in sé, ma alle modalità di utilizzo. Caillavet (2006) ha raccolto e confrontato sistematicamente dati di archivio sulla sierra ecuadoregna, riscontrando indicazioni abbastanza precise sulla disposizione e sulla funzione dei campi sopraelevati e inondati cui si collegano, appunto, i toponimi riferiti alle forme di utilizzo del suolo.
La letteratura peruviana ha utilizzato il termine waru waru a partire degli anni '80 quando si diede inizio al lavoro di recupero dei camellones, tuttavia il vocabolo non compare nei dizionari di lingua quechua salvo nell'indicare localisticamente i camellones dell'altopiano e della puna.
Sembra che l'etimologia la si debba ricercare nelle radici aymara e non quechua, poiché la tecnica è originaria del Titicaca. Nei dizionari Quechua di Fray Santo Tomas (1560) e di Padre Holguín (1608) il termine huaru non figura, compare per la prima volta nel Vocabolario della Lingua Aymara di Padre Ludovico Bertonio S.J. (1612). Huaru, sarebbe un suffisso che significa “alto o profondo” e, in ragione del termine che lo precede, acquista il significato di “numeroso”, tutti elementi che portano a delineare gli aspetti caratterizzanti dei camellones (numerosi, alti e profondi), ma l'espressione huaru huaru o waru waru come definizione formale del terreno non esiste.
Secondo l'agronomo specialista di agricoltura andina Mario Tapia (comunicazione personale) Suka kollo è la corretta espressione aymara, unico termine utilizzato quale riferimento ai campi inondabili in territorio boliviano di etnia prevalentemente aymara. Etimologicamente suka significa solco o coltivazione, kollu indica un mucchio, un accumulo, mentre i canali sono chiamati suka uma che in lingua aymara si designa all'acqua.
6.3.2. L'evoluzione dei camellones
I camellones sono strutture ancora visibili sulle superfici pianeggianti in diverse regioni americane. Gli antichi popoli dell'altopiano e delle terre inondabili progettarono, costruirono e svilupparono tale tecnologia agricola come risposta alle limitazioni ambientali.
West e Armillas nel 1950, recuperarono preziose informazioni sull'uso e sulla funzione delle chinampas azteche, “isole artificiali” ad uso orticolo, ma, a differenza del Mesoamerica, dove i cronisti spagnoli hanno a lungo documentato le suddette forme culturali, sull'area Sudamericana vi è una notevole assenza descrittiva o allusiva ai camellones. Caillavet (2006) giustifica questo silenzio di fonti documentali con il fatto che tale tecnologia non fosse più utilizzata da secoli o per la poca attenzione prestata dai colonizzatori europei, tale da non menzionarla nelle loro cronache.
Cronisti come Cieza de León o Gamboa sono buoni osservatori panandini, Cieza de León (1553) descrive magistralmente la terra del Collao, ma non fornisce indizi sui camellones:
“[…] La terra del Collao è tutta pianeggiante, e in molte parti scorrono dei fiumi di buona acqua, in queste splendide pianure molto spaziose, vi è sempre l’erba in grande quantità molto verdi ma nell’estate si esaurisce come in Spagna. I giorni e le notti sono quasi uguali, e in questa regione fa più freddo che in qualsiasi altra regione del Perù, al di fuori delle montagne alte e innevate e nelle terre alte […]”, pp. 353.
Quanto poi al cronista spagnolo Fray de Reginaldo de Lisarraga (1908):
“vi sono alcuni pezzi di terra alta, sono come isole dove gli indiani hanno le loro popolazioni con abbondanza di cibo e mantengono coloro che sono nativi della loro terra” […], pp. 93.
Se i colonialisti lasciano poco o nulla testimonianza sui metodi di coltivazione in uso tra le popolazioni locali, decisamente significative appaiono invece le citazioni negli atti testamentari e processuali tra indigeni nello stesso periodo (Caillavet, 2006), nei quali il termine camellón compare diverse volte. La stessa autrice ha verificato, nelle Ande settentrionali ecuadoregne e attraverso ricerche archivistiche del XVI secolo, diverse toponimie che confermano l'importanza attribuita dagli indigeni ai terreni umidi, serviti non soltanto a garantire il raccolto, ma anche ad approvvigionare acqua per l'irrigazione e per affrontare la siccità.
6.3.3. Cronologia del sistema di camellones
Dai risultati degli scavi e prospezioni realizzati nella zona di Huata, Illpa, Koani, (Erickson 1996; Kolata 1986, 1991) gli studiosi convalidano la presenza di una complessa organizzazione sociale del bacino del Lago Titicaca riferibile al periodo Formativo (1000 a.C.-200 a.C.), la cui pratica di governo raggiunse il livello di Stato/civiltà alla fine del periodo Intermedio Precoce (200 a.C.-550 d.C.) per poi evolversi nel periodo Orizzonte Medio e Periodo Intermedio Tardo (550 d.C.-1440 d.C.).
L'eccedente o la “produzione sociale” derivata dall'utilizzo dei camellones, avrebbe costituito uno stimolo importante per lo sviluppo di stati che divennero Pukara, Tiahuanaco e le Signorie Aymara del periodo Tardo Intermedio. Ciò non significò necessariamente che lo Stato esercitasse il diretto controllo sui mezzi di produzione. Si sa che nello Stato Inca, l'organizzazione a livello locale (ayllu) basata sulla parentela, fu responsabile della costruzione e del mantenimento dei sistemi d'irrigazione centralizzati (Sherbondy, 1982 in Erickson, 1996).
La gestione dei camellones del Lago Titicaca si sostenne in seno a gruppi cooperativi relativamente piccoli, mentre l'organizzazione politica dominante nel bacino fu a livello statale. È improbabile che questo sistema molto produttivo, che funzionò efficientemente sotto una gestione locale, fosse manipolato dallo Stato (Erickson, 1988). Poco si sa sulla conquista Inca della regione del Lago Titicaca. Gli scavi a Hatuncolla (Julien, 1983) e Chucuito (Tschopik, 1946 in Erickson, 1988) e gli studi regionali al proposito, non approdarono a conclusioni certe per i pochi dettagli disponibili a riguardo.
Gli Incas sembrano tralasciare i camellones (Erickson, 1996) ricerche archeologiche hanno recuperato negli strati più superficiali diversi manufatti, ceramiche e vasellame, che attestano l'occupazione dei siti altrimenti riconvertiti. Nel bacino sud, Kolata (1986) recuperò alcuni reperti Inca in tumuli abitativi nella pampa di Koani che ne rivelano l’occupazione, abbandonando completamente i camellones dopo la caduta dei Tiahuanaco.
Secondo i cronisti spagnoli, gli Incas dovettero affrontare grandi difficoltà nella conquista e nel mantenimento del controllo sul Qollasuyo, contrastati particolarmente dalla signoria Qolla a nord del lago. Cook (1981) presenta dati riguardanti la visita del 1567 di Garcia Diaz de San Miguel nell'ovest del Titicaca, con gli incontrovertibili effetti dei conflitti andini e delle guerre locali. Una volta finito i conflitti e stabilita la pacificazione gli Inca implementarono una politica di cambiamenti negli insediamenti sulle rive del lago introducendo popolazioni alloctone (mitmaq). La diaspora della popolazione locale in luoghi lontani come Cochabamba (Wachtel, 1990) rimpiazzata da gruppi etnici di altre parti dell'Impero (Pease, 1982) come i quechuas di Cusco e altri gruppi Chimù provenienti dalla costa, modificò probabilmente le tecniche agrarie rendendo inutili i camellones.
Questa politica di riorganizzazione determinò probabilmente una stasi produttiva locale. Erickson (1996) suggerisce che le popolazioni indigene si spostarono a seguito delle ribellioni e, sia gli abitati come le comunità della pampa di lingua quechua, furono ripristinate dai mitmaq (probabilmente colonizzatori inca). Il ritrovamento di ceramica inca sulle superfici dei tumuli abitativi nella pampa e nella necropoli di Huata, sostiene questa tesi.
Sostituendo la popolazione locale con altri agricoltori di diversa estrazione culturale, venne meno la conservazione dei camellones, la tecnologia fu abbandonata e i terreni adibiti a pascolo. La politica agricola Inca sembra essersi concentrata nella disposizione a gradoni dei pendii con le relative canalizzazioni di irrigazione, (Donkin 1979, Farrington 1983), maggiormente concentrate sulle isole di Amantani, Taquile, Isla del Sol, Isla de la Luna e sulle grandi penisole protette come Copacabana e Capachica. Si suppone che l'interesse precipuo fosse la produzione di varietà di mais per sostenere i centri cerimoniali e amministrativi statali. Secondo Pease (1982) i colonizzatori mitmaq tornarono ai luoghi d'origine poco dopo l'arrivo degli spagnoli. Le epidemie, il reclutamento di manodopera per le miniere e le guerre civili, avrebbero spopolato la zona di Huata e della pampa, rendendo ingestibile il sistema dei camellones.
6.3.4. I camellones in Sudamerica
Già alla fine del XIX secolo, Max Uhle aveva osservato i camellones dell'area boliviana, poi fatti oggetto di una conferenza a Quito nel 1923 (in Rowe, 1954): “vestigia di antichi campi di un tipo speciale a forma di letto leggermente elevato […] preservati da tempi remoti in molti luoghi”. Tali sistemi agricoli intensivi nel nuovo mondo sono stati oggetto di indagine interdisciplinare soltanto a partire dagli anni '60 soprattutto nelle aree limitrofe del Lago Titicaca. Il sistema di campi sopraelevati o camellones è un'antica tecnica agricola per la gestione del suolo e dell'acqua. Utilizzati in savane tropicali e negli altopiani andini, questi siti si caratterizzano per la debole pendenza, spesso in bacini di subsidenza con uno scarso drenaggio naturale, soggetti a forti variazioni igrometriche, a inondazioni e a siccità in accordo al ritmo stagionale. Le vestigia più spettacolari di antichi camellones (si veda fig. N° si trovano nelle savane tropicali soggette a inondazioni stagionali della pianura alluvionale di San Jorge nel nord colombiano (Parsons, 1969), nelle pianure dei Mojos nel nordovest boliviano, nelle pianure dell'Orinoco (Denevan e Zucchi, 1979), in Suriman, a Campeche in Messico (Siemans e Puleston 1972), vicino a Guayaquil in Ecuador (Parsons e Shlemon, 1982), nell'altopiano peruviano sulle rive del Lago Titicaca (Erickson, 1986). L'impulso allo studio delle particolari tecniche agricole riconducibili ai camellones si ebbe a partire dagli anni sessanta dello scorso secolo, con i ritrovamenti nella piana di Mojos in Bolivia (Denevan, 1962), nelle paludi a sud del Messico, nel bacino del fiume Guayas in Ecuador (Parsons, 1969) dove si riscontrarono estese aree con solchi paralleli simili a quelli riscontrati in Bolivia e Colombia. Nel 1966 Smith riconobbe numerosi campi sopraelevati nella pianura ovest del Lago Titicaca in Perù (Smith et al., 1968), i campi ritrovati erano visibili dalle vie di comunicazione.
Il cospicuo numero di siti nelle diverse regioni sudamericane ha posto in evidenza una tecnologia tradizionale multifunzionale, utilizzata nelle aree inondabili, che permette la produzione agricola altrimenti impossibile. Ciò crea condizioni ottimali al drenaggio e all'irrorazione dei suoli, all'arricchimento organico e all'areale preferenziale di selvaggina, contributi che alterano favorevolmente le condizioni agro climatiche della zona riducendo l'entità delle gelate.
Figura N°21 Distribuzione dei camellones in Sudamerica
Fonte: Denevan (1970) completato da Gondard (2006)
1. Hertenrits; 2. Makuxi; 3. Karinya; 4. Cano Guanaparo; 5. San Jorge; 6. Sabana de Bogotà; 7. Guayas; 8. Lago Titicaca; 9. Llanos de Mojos; 10. Guato; 11. Lema Valley; 12. Norte de los Andes del Ecuador; 13. la Tolita (Ecuador)-Tumaco (Colombia); Guayana Francesa.