IL PROCESSO PRODUTTIVO STORICO
4.3. L'agricoltura dal periodo repubblicano
4.3.4. La transizione verso l'economia di mercato
All'inizio dell'era repubblicana, l'agricoltura era focalizzata sull'economia familiare e locale, mirata al rifornimento delle popolazioni urbane, faceva eccezione la coltivazione di canna da zucchero per produrre alcol e zucchero. Nel complesso, le possibilità di entrare pienamente nell'economia di mercato erano limitate. L'aspetto della regione era “anemico” sulla sierra per la mancanza di strade, l'improduttività delle terre, la miseria degli indigeni senza terra come descritto da Romero (1968). La scarsità d'acqua e di precipitazioni sulla costa, il favoritismo alle classi privilegiate nell'utilizzo idrico disponibile nelle valli, costituivano un problema difficilmente risolvibile per l'epoca. I privilegi sull'appropriazione dell'acqua furono il fulcro attorno al quale si concentrava la proprietà.
I frequenti sconvolgimenti politici, i conflitti, le rivolte che insanguinarono il territorio, ebbero l'effetto di disorganizzare le proprietà agricole. Il sistema tributario non favoriva la coltivazione, le decime gravavano sul contadino anche per i prodotti di primaria necessità.
Un'altra grave causa della stasi agraria fu il ricorso allo schiavismo ereditato dal periodo coloniale che, nonostante le dichiarazioni costituzionali, persistette nella repubblica. Il ricorso allo schiavo resse fino al 1854 quando, per iniziativa del Presidente José Rufino Echenique, si abrogò la pratica legalmente sancita da Ramòn Castilla nel 1855.
Nel periodo 1870-1930, la caratterizzazione rurale verte sull'interdipendenza con altri settori o mercati e sull'articolazione produttiva spesso indotta dalla domanda estera o creati ex novo.
In genere sulle Ande, dove maggiormente era riscontrabile l'ambiente rurale ispanoamericano, furono imposte forme agricole europee ad una popolazione indigena sedentaria e numerosa. Gli elementi chiave furono le grandi haciendas e le comunità di piccoli agricoltori. Dopo tre secoli, le estese e complesse haciendas dominavano intere regioni. Tuttavia, seppur rustiche e arretrate, le haciendas rurali contribuivano all'economia nazionale orientata al mercato, rimanevano arretrate riguardo alla forza lavoro, coatta e regolata da rapporti pre-capitalisti.
Il paesaggio rurale esprimeva quindi una grande varietà di comunità contadine interdipendenti alle haciendas ma anche inevitabilmente contrapposte. Molte comunità avevano radici preispaniche, altre si erano formate nell'ambito delle missioni e altre ancora risalivano alla riforma colonizzatrice spagnola. In tutte queste comunità, che fossero in prossimità delle città, delle miniere oppure delle strade importanti di passaggio, furono inseriti quattro elementi culturali duraturi: il cristianesimo, le forme di governo municipale, la lingua spagnola e il sistema mediterraneo del compadrazgo89.
89 Il compadrazgo rafforza i legami sociali tra pari, possiede funzioni economiche e di mobilità sociale, svolge una funzione magico-simbolica di protezione tra individui. Kemper (1982) trova un rapporto essenziale tra i compari anziché tra padrino e figlioccio. Un rituale di co-genitorialità, di parentela o padrinato, è un istituzione spagnola che ha ormai tratti distintivi latinoamericani nella struttura sociale. Si tratta di una relazione duratura tra i genitori biologici di un bambino, dei padrini e dei figliocci stessi. Il rapporto comincia con un rituale e obblighi continui lungo la vita dei partecipanti.
L'uomo andino fu “compensato” dalla concessione di taluni singoli favori, attraverso il compadrazgo, gli “oneri” religiosi o la tutela su alcuni obblighi di legge come il servizio militare obbligatorio la cui coscrizione, l'hacendado, poteva facilitare.
La comunità contadina ormai ibrida, legalmente proprietaria della terra, raggiunse un certo grado di autonomia dopo tre secoli di conflitti, adattamento e coesistenza con l'hacienda privata. Durante il colonialismo infatti, le comunità erano rimaste solide; al loro interno avevano mantenuto la loro autonomia ma erano piccole isole in cui l'omogeneità sociale e culturale dei membri lottava per mantenere la propria integrità rispetto agli agenti esterni.
I decreti degli anni venti dell''800 garantivano la proprietà della terra agli indigeni che la lavoravano, mentre i non possidenti avrebbero ricevuto appezzamenti che poi non vennero distribuiti. Di conseguenza, l'aumento della popolazione e la mancata promessa, obbligò gli indigeni a procacciarsi altri mezzi di sostentamento per corrispondere le onerose imposte. Molti diventarono affittuari o subaffittuari a diverse condizioni, altri migrarono verso le città come lavoratori stagionali o permanenti nei diversi settori economici.
L'elemento che vivifica la comunità come un organismo pulsante non è tanto la proprietà comunitaria, che è quasi inesistente di per sé, quanto la tradizione e la necessità di un lavoro comune, l'aiuto reciproco e la difesa comunitaria della terra. I membri delle comunità che possiedono terre sono generalmente più “ricchi” rispetto ai membri che ne sono privi, poiché i primi possono pagare l'equivalente dei lavori a titolo tributario o servirsi di persone compensate. L'antico scambio di servizi “lavoro per lavoro” diventa sempre più un “lavoro per denaro”. Il curaca varayoq, il sindaco, il comitato, o i singoli membri firmatari in contratto separato, possono affidare la terra comunitaria generalmente poco fertile e localizzata ad alta quota.
Il lavoro forzato dell'epoca coloniale, produsse l'unione dei singoli agricoltori, solidarietà utile e necessaria per agire contro lo sfruttamento e in difesa e riconquista della terra. Agli inizi del XIX secolo, quando le comunità furono formalmente liquidate dallo Stato “indipendente”, vennero private della protezione delle autorità repubblicane. Per poter interpretare il cambiamento della società rurale tradizionale dopo il 1870, è necessario inserire l'importanza della crescita del commercio derivante dall'urbanizzazione e dalla domanda di prodotti agricoli delle varie enclaves di esportazione, delle miniere di rame e delle piantagioni di banane. Questo maggior consumo offrì agli hacendados nuove opportunità di profitto favorite anche dal miglioramento dei trasporti, ma rappresentò allo stesso tempo una intensa concorrenza tra di loro. In secondo luogo, si deve tenere conto della popolazione e del numero di lavoratori rurali reali o potenziali. La variabile demografica è sostanziale nella transizione verso il capitalismo e la crescita della popolazione va associata all'aumento dei prezzi, maggiori profitti per le haciendas agricole e introiti più bassi per le masse rurali. Va inoltre ricordata la questione paradossale che, a fronte della crescita demografica, vede permanenti rimostranze dei proprietari terrieri sulla “carenza di manodopera”. Il terzo elemento determinante è il ruolo dello Stato che condizionò il corso dello sviluppo. Sebbene il mercato, la demografia e il ruolo dello Stato siano stati, senza dubbio, elementi chiave per l'analisi della società agraria, nessuno di essi può essere trattato in maniera isolata, poiché sono strettamente collegati e interdipendenti tra loro. Nessuna delle forze in gioco da sole forniscono un modello esemplificativo dei cambiamenti in America Latina e in particolare nel Perù tra il 1870 e 1930.