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La trentasettesima maqāma: quella di al-Yaranakr

Narrò al-Nāṣīr b. Fattāḥ:

Mi appartai una notte con delle donne sul tetto della mia casa e ordinai al portinaio di non aprire a nessuno la porta.

Quando era piacevole la conversazione, e si erano scaldate le corde degli strumenti, bussarono al mio uscio rivolgendosi ai miei commensali.

Dissi tra me e me: «A quest’ora non può bussare alla porta che un amato o un amico».

Uscii e chiesi: «Chi è?».

Rispose: «Uno straniero che l’esilio ha colpito col tormento, i cui occhi sono feriti da una pagliuzza, che chiede l’elemosina e da mangiare».

Lo portai allora sul tetto della casa. Gli offrii del cibo e mangiai con lui sebbene avessi già cenato.

Fu posta dunque tra noi e le donne una tenda. Ordinai che suonassero il liuto dopo che ne avessero accordato le corde.

Quando sentì il canto battè le mani una con l’altra e affermò: «Questa è la delizia che il primo ha privato all’ultimo».

Prese dunque il luto e cantò fino a che, per la bellezza dei suoi canti, stava per rianinimare il quartiere e le case. Era superiore a quello che è scritto nel libro dei canti. Si guadagnò gli animi al punto che credetti al ritorno di Ibn Jāmiʿ. Poi tacque ed io gli chiesi di ripetere.

Disse: «Il più freddo dei canti è certo quello che esce da sotto a dei baffi. Chi vuole pacare il suo desiderio ascolti delle belle donne. Se si unisce la vista all’ascolto si è più vicini al raggiungimento dell’obiettivo». Ordinai allora di pizzicare le corde dopo aver tolto le tende. Riuscì così l’uomo a vederle e udire i pizzichi del liuto – e con un tal fervore che stava per portarlo all’annientamento.

Quando riprese coscienza, si alzò, rialzò la veste per il viaggio e si volse alla strada.

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Disse: «Oh fratello, non sono in grado di ricompensarti eccetto che con un augurio. Se non fosse che l’uomo non ha che il frutto dei suoi sforzi162, non mi separerei da te un ora e rimarrei con te fino a quell’ora».

Decisi di divenirgli compagno, non potendo sopportare la sua separazione. Chiesi: «Dove è diretto il viaggio?»

Rispose: «Nel paese di Barankar».

Gli chiesi: «Che cosa hai sentito vi sia là? Quali proposito hai in quelle parti?»

Rispose: «Ho sentito di donne la cui bellezza non si dimentica nel paradiso. Là vi sono ragazze che causano ai vivi la morte».

Dissi: «Come puoi ottenere di vedere chi è celato da un velo e da un panno?» Rispose: «Non temere. Nel paese vi è un bacino. Ognuna di loro non può che lavarsi là e immergervisi».

Dissi: «Io camminerò al tuo seguito, sarò trai tuoi servi e compagni». Disse: «Sia! Comapagno, amico e assistente. Sulla strada!».

Camminammo fino a che arrivammo dalle sue parti. Vedemmo qualcosa di cui avevamo sentito le caratteristiche.

Al che disse: «Se vuoi ciò che desideri, siediti presso il bacino, non nel posto dove sono io».

Sedetti dunque in una parte e lui in un’altra.Vidi ciò che per salute è più benefico e gradevole. Rimanemmo un periodo, riunendoci alla sera e separandoci durante il giorno, e godendo di ciò per cui si vergognavano i soli e le lune.

Lo vidi una sera. Aveva cambiato la sua fisionomia e si era tagliato la barba. Gli chiesi allora: «Chi mai ha cambiato le tue fattezze e ha rasato la tua barba?»

Rispose: «Colui che ha creato cambia e taglia».

Decisi di osservarlo – senza che si accorgergesse – nel suo luogo.

Al che quando vi andai vidi che aveva stretto una fascia alla vita. Si era messo il rosario dell’idolatria nel petto. Le donne si riunivano presso di lui e lui parlava e chiacchierava molto – e discorreva nella lingua dei Barāhama. Sul suo capo aveva avvolto un telo giallo. Si era messo dunque ad apporre nelle loro fronti il

pallino tinto di rossom e diceva a ognuna: «Inginocchiati! Inginocchiati! Al fine di realizzare i tuoi sogni». Alla vista di ciò me ne tornai da dove ero venuto.

Quando giunse la notte, gli dissi: «Ma che cosa sono queste azioni? Guai a te!»

Rispose: «Vieni di buon mattino con me in quel posto così che tu possa vedere ciò che rallegra i fratelli e di cui rimane traccia nel passar del tempo».

Uscii di mattino presto in sua compagnia per vedere cosa era stato prodotto dalla sua astuzia e fantasia. Quando si riunirono le donne presso di lui proferì: «Questa è certo una brutta religione per quelli che muoiono. Chi vi si ostina è come quello che si ostina nella casa del ragno163. Non vedo niente di più genuino per l’uomo che di seguire l’Islam e la fede. Ho deciso di lasciare questa brutta confessione e di ritornare all’Islam, la religione giusta. Chi vuole la salvezza e la felicità pronunci le due locuzioni della professione di fede».

Non rimase nessuno attorno a lui che non la pronunciò, che non ottenne la gioia e che non gli fu concessa. Vennero informate dunque su ciò che necessitavano (ciò di cui la religione fa assegnamento).

Venne un uomo e disse: «Hai compiuto – per il Creatore dell’uomo – il bene oh Abū al-Ẓafar».

Al che se ne andò. Il loro affetto divenne più forte dalla partenza. La gente si stupiva della bruttezza delle sue azioni e della bellezza delle sue orme. Ricordai il detto: – su di lui sia la pace – Dio rafforza questa religione… fino alla fine164.

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