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La trentesima maqāma: quella di al-Allāh Abād

Narro al-Nāṣīr b. Fattāḥ:

Andai presso il governatore di al-Allāh Abād e lo vidi interrogare un pellegrino riguardo alle regioni circostanti.

Disse lo shaykh: «Per quanto riguarda la legalità e la sharīʿa non ho visto migliori delle genti del Ḥijāz. Nelle scienze nascoste e manifeste non ho visto invece più sapienti della gente d’Egitto e del Cairo. Per purezza di cuore e l’astensione dalla sporcizia non ho sentito migliori alla gente dello Yemen. Per quanto riguarda la raffinatezza dei vestiti e del mangiare non ho visto migliori alla gente dell’Iran e del levante. Per quanto riguarda l’asprezza e l’austerità non ho visto simili alla gente della valle di Samāwa132. Per ardore e coraggio non ho visto invece uguali alla gente di al-Rūm e al-Fās133. Per la pubblica amministrazione, l’artigianato, la decorazione, l’abbellimento non ho visto invece gente come quella dell’India – e la gente di Zayr Abād134 – e della Cina. Nella fine rierca – seppur nel dissenso – non ho visto pari alla gente dell’Iraq.

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Corano, 25:28.

132 Samāwa, Samawa, è una città irachena. 133 Fās riferisce alla città marocchina di Fès, Fās. 134 Zayr Abād è una città del Bengala.

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Ma quanto a timor di Dio, pietà, fede e religiosità non ho visto proprio nessuno come le genti di un paese di cui ho però dimenticato il nome, ma di cui non si è certo cancellata ai miei occhi la struttura: è circondato da due valli una si chiama al-ʿAydīd135 – e in essa ogni dotto è nobile – e l’altra si chiama al-Naʿīr136 – e in essa si riunisce ogni buona azione e virtuosità. È locato in mezzo a queste due e desiderano il suo bene le anime come per lo sposo. Là vicino vi sono inoltre altri paesi nel quale si somma e si accumula ogni grazia».

Chiese allora il governatore: «Per quanto tempo vi sei rimasto? Hai quindi girato nelle sue parti?»

Rispose: «Quanto alla mia permanenza, vi sono rimasto quattro notti e dalla sua separazione ad ora la mia anima ne risente. Quanto al cammino, certo ho camminato nei suoi lati: sono entrato nelle due valli e ho impolverato le vesti nel letto dei suoi fiumi asciutti».

Disse il governante: «Se questo paese non ha uguali, beato è chi è stato colpito dal un suo acquazzone o da una sua pioggerella e come deve essere felice chi si è riparato alla sua ombra. Hai forse con te un po’ della sua terra o le vesti che hai lavato nelle sue acque?».

Rispose: «Sì, vi ho lavato questo cencio, questo vestito e questa panno. Non permetterò però a nessuo averne una fibra, fosse anche uno di quelli che si è coperto all’ombra di al-Farīṭ137».

Non aveva finito che questi prese il tessuto e gli diede mille dīnār in un pezzo di stoffa legato. Ordinò che abitasse vicino a lui. Predispose dunque una casa vicino alla sua».

Sentii che cercava un domestico per il suo servizio che sarebbe dovuto essere almeno un dhimmī.

Al che gli dissi: «Oh voi di grande potenza, io sarei un servo ubbidiente». Mi rispose: «Va, spazza la casa e chiedi lui di cosa ha bisogno in candele e olio. Quanto al mangiare e al bere è stato incaricato il capo delle autorità».

135 La valle di ʿAydīd, si trova nella parte sud occidentale della città di Tarim (Yemen). Sottolinea

Masʿūd ʿAmshūsh (Masʿūd ʿAmshūsh, 2005, Maqāmāt Baʿbūd, in: al-Malḥaq al-Thaqāfī li-Ṣaḥīfa al- thawra, pag. 36-48) testimonia l’attaccamento dell’autore per la sua terra natale, Tarim.

136 Al-Naʿīr è una valle presso la città di Tarīm (Masʿūd ʿAmshūsh, 2005, Maqāmāt Baʿbūd, in: al-

Malḥaq al-Thaqāfī li-Ṣaḥīfa al-thawra, pag. 36-48).

Rimasi al suo servizio per un anno intero nel quale mi trattava con magnanimità.

Sentii una sera presso il governante – mentre ero all’impiedi innazi a lui come stanno i servi – chiedergli: «Raccontami quanto hai visto nel viaggio tra la gente della bruttezza e tra la gente dell’intelligenza».

Rispose: «Ho visto delle cose e le ho dimenticate. Ho sentito delle cose ma non le ho fissate nella memoria. Sì, certo, tra gli stranieri ho visto: chi correva, chi si fermava, chi si sedeva, chi si alzava, chi viveva e anche chi moriva».

Gli disse poi: «Quanto tempo hai girato per la vasta terra?»

Rispose: «Dieci anni, dai quali sono separato dalle mie figlie e dai miei figli. Trent’anni sono passati della mia vita e i miei occhi non l’hanno avuta vinta – per la stanchezza – sull’imputridimento».

Disse: «Con la tua giovane età! come è potuta incanutire la tua testa, impallidire la tua pelle e indebolirsi i tuoi sensi?»

Rispose: «Emiro, la causa è che mi invaghii di una seducente gazzella e spesi tutti i miei averi per lei: a causa sua cambiò così la mia condizione. Non smetteva di farmi false promesse e io continuavo a darmi effimere speranze. La vidi poi esagerare nello scherzo con un contadino: un contadino le baciava la guacia e le faceva il solletico con le mani. Io non potevo certo impedirlo né vi era modo di scacciarlo. Lasciai dunque la terra natale e preferii andare in posti angusti. È per questo che imbiancarono i miei capelli.

Già fui interrogato sulla causa per cui ero stato colpito dallo sforzo e avevo risposto con questi due versi, amareggiato nel cuore e ferito negli occhi:

No, non vi meravigliate delle canuzie della mia testa

La mia passione per un giovane nel mio cuore è una fiamma. Ho immaginato la gazzella in mani altre dalle mie

E ciò i giovani rende vecchi.

Disse il wālī: «Non sia chiusa la tua bocca ma chi hai perso non è però tuo fratello!»

Gli fece dunque dei regali e gli diede una veste contraddistinta con dei segni. Nell’afferrare i doni vidi allora l’anello di Abū al-Ẓafar l’indiano, il più vile degli uomini.

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In quell’istante mi dissi: «Alla fuga! alla fuga! prima di essere disonorato pubblicamente presso stranieri e arabi. Quest’uomo – anche se le sue parole sono di natura più dolce – è più aggressivo della scabbia». Mi diedi allora alla fuga. Nelle mie mani non avevo altro che due pietre preziose e dicevo tra me e me: «Non venga morso il credente due volte nella stessa tana138».

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