Narrò al-Naṣṣir b. Fattāḥ:
Viaggiai a Sanqamīr con alcuni notabili e il mio viaggio fu di inciampi che non si dicono giacchè i miei occhi non videro gioia se non con un punto in più224, nessun bene che se non senza yāʾ225 – e non era come toccare un astragolo226 – né letizia eccetto che senza bāʾ e nessun uomo eccetto che non avesse conosciuto la dolcezza dei genitori – se non per la dolcezza dei loro melograni – poiché furono separati dai loro figli con astio.
Accadde che venne presso di loro un governante persiano di gran prestigio, molto acuto, con buone piantagioni. Rimasi a frequentare la sua tenda e a mangiare alla sua tavola. Non cessava di essere compagno a tristezze dalla separazione dai suoi luoghi natali.
Gli riferì il medico: «Tra le cose che fanno cessare la tristezza vi è l’osservazione dell’acqua, della vegetazione e dei bei volti».
Rispose: «Per quanto riguarda i primi due, sono presenti. Il terzo, invece, è assente in questo luogo».
Venne a sapere che vicino al paese era una cupola di alcuni uomini ben guidati. Si riunivano là tutti quelli che erano vicini, perfino i beduini. Vi andò allora nella speranza di vedere – con l’assemblarsi delle persone – argutezza, bellezza e bontà d’animo. Non vide però che visi crucciati. Pensò allora che là vi subissero una disgrazia. Crebbe così i sospiri e i gemiti. Era simile al verso famoso:
Lode a te però colui che amiamo non lo vediamo.
223 Corano, 3:26.
224 Farḥ, gioia, con un punto diacritico in più sulla prima lettera (“fa’” diviene “qāf”) si ha parola
qarḥ, ferita, escoriazione, ulcera, piaga.
225
Khayr, bene, senza la lettera ya’ mediana diviene la parola kharr: caduta, inciampo, morte.
226 “Dūnahu kharṭ al-qatād”, secondo al-Maydānī (Al-Maydānī, Majmaʿa al-Amthāl, 1955, vol. 1,
proverbio 1395, pag. 265): “Dūna dhalik kharṭ al-qatād”. La sua spiegazione è che “kharṭ è il passare con la mano la superficie di una pianta e al-qatād è una pianta ricoperta di spine come aghi”.
Vediamo colui che non desideriamo su di te la lode.
Vi era lì accanto un uomo delle genti della perfezione. Io ero alla sua destra, mentre l’uomo, il quale chiamavano Abū al-Ẓafar, era alla sua sinistra.
Quando ebbe recitato il verso disse il governante: «Lui ha raggiunto l’eccellenza. Se però mi ascoltaste – giacchè ho seguito le tracce dei suoi compagni e l’ho imitato – allora mi sentireste moltiplicare ciò per sette!»
Disse allora Abū al-Ẓafar: «Sia lodato Colui che vede e che sente. Ma non si tratta forse di sudiciume canino se ha bisogno di essere moltiplicato per sette?»
Proferì allora il governante: «Oh Abū al-Ẓafar! Se uno non ha conosciuto l’adab non comprende i simboli del linguaggio degli arabi».
Prese dunque a conversare e intrattenerlo amichevolmente. Ripetè dunque il verso. Chiese: «Oh Abū al-Ẓafar! Mi aiuteresti a quintuplicare?» Disse l’altro allora:
«Rimasi del tempo alla ricerca della bellezza nel deserto. Non vidi tra le persone neanche un viso brillante.
Dissi allora, dopo aver osservato chi passava con attenzione: “a te la lode colui che amiamo non lo vediamo.
Vediamo chi non bramiamo. A te la lode”».
In quell’istante il governante ordinò per lui un gruzzolo di denaro che gli sarebbe bastato per i giorni freddi e caldi. Sedettero intrattenendosi in discorsi sulla passione amorosa, sull’affetto e su ciò che chiede l’anima per sé in grazia e conforto. Giunse allora la notizia al governante che il nemico gli aveva sbarrato la strada tra lui e il suo paese. Crebbè allora l’agitazione e la palpitazione nel suo cuore. Il suo gruppo era infatti minuto e non aveva modo di opporsi. Tacque a lungo pensoso. Recitò allora citando addolorato:
«Quale è la soluzione della ragione, quando si volgono i nemici E volgliono scoccare le frecce e si frantumano le brame?»
Si alzò dunque Abū al-Ẓafar tra le fila degli uomini e recitò improvvisando sul momento:
182
«Deve accettare ciò che lo ha colpito
E impegnarsi in ciò che il destino ha reso gelido».
I presenti si arrovellarono allora nel pensare a come rendere un verso simile a quello di Abū al-Ẓafar. Disse il governante: «In questo verso non vi è “se” o “magari”. Giuro sulla casa visitata dagli angeli227 che non vi è risposta al verso famoso se non questo verso fiorito. Non vi è dubbio che Abū al-Ẓafar ha dedotto la perla che appare nei suoi cieli e ha versificato le perle nei suoi fili. Ha posto ogni cosa al suo posto. Distingue il parlare mediocre da quello raffinato. Quanto al suo verso è un verso magnifico e – a ragione – è prova di finezza e perfezione». Accettò allora il governante il bacio implorando umilmente per l’intercessione del Profeta e della sua famiglia.
Non cessammo di far piombare dal cielo grandine come pezzi di montagne. Furono annientati le cavalcature, i cammelli e gli uomini del nemico. Si prostrò l’emiro ringraziando per l’esaudimento della sua preghiera, felice per la grande prova da cui Dio lo aveva sollevato. Andò innanzi a lui Abū al-Ẓafar e si rallegrò con lui della vittoria e del successo.
Gli disse allora il governatore: «Tutto ciò è grazie alla benedizione del tuo suggerimento e del tuo verso i quali sono figli dell’efficacia della tue parole. A Dio si deve attribuire la tua opera per la soluzione della mia questione sulla scienza di al- badiʿ, Lui ha concesso con ciò la perla centrale della collana della retorica».
Rispose: «Dio renda duraturo il tuo benessere. Ti siano bastanti le ingiurie e le vendette. Non ho ricavato ciò dalla scienze letterarie. Questo è quanto di cui sono stato provvisto dai doni della religione».
Rispose allora: «Buon pro ti faccia questo aiuto oltreterreno, questo vanto religioso e anche mondano».
Gli diede molti doni e vestiti. Non li portò con se gareggiando nella vanteria. Viaggiai pensando a quanto era accaduto loro: la vittoria con la discesa della grandine e l’acqua. Ho proferito il detto che segue: non eri tu a scagliar quando li scagliavi era invece Dio che li scagliava228.
227 Corano, 52:4. “La casa visitata dagli angeli è la Mecca” (AA.VV., al-Tafsīr al-Mawḍūʿī li’-sūar al-
Qur’ān al-Karīm, ed.2010, vol.7, pag. 469).