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Come anticipato, i meccanismi di elaborazione di atti normativi e dell’in-

La fase ascendente del processo decisionale dell’Unione europea e

2. Come anticipato, i meccanismi di elaborazione di atti normativi e dell’in-

dirizzo politico dell’UE privilegiano gli esecutivi nazionali. Non è un caso, pertanto, che in vari Stati membri siano state elaborate procedure apposite, le quali mirano a realizzare con varie modalità un controllo del Parlamento sulle posizioni assunte dal rappresentante statale in seno al Consiglio24. La soluzione

più comune consiste nell’istituzione di organi parlamentari permanenti (solita-

19 È noto come le forme di governo parlamentari e presidenziali presentino numerose varianti. 20 Cfr. in particolare gli articoli 47 e 95 TCE, relativi all’instaurazione e al funzionamento del mercato interno.

21 Cfr. art. 308 TCE.

22 Per la Germania, cfr. sentenza del Tribunale costituzionale tedesco del 12 ottobre 1993, in

BVerfGe, 89, 174, tradotta in italiano in Giur. cost., 1994, p. 677 ss. Per la Danimarca, cfr. sentenza

della Corte suprema del 6 aprile 1998, Carlsen e a. c. Primo Ministro, riprodotta parzialmente in

o. Due, The Danish Ratification of the Maastricht Treaty Before the Danish Supreme Court, in M. Dony (sous la direction de), Mélanges en hommage à Michel Waelbroeck, I, Bruxelles, 1999, p.

313 ss. (v. anche K. høeg, The Danish Maastricht Judgment, in ELR, 1999, p. 80 ss.).

23 Si consideri che le istituzioni politiche dell’Unione europea, una volta raggiunto il consenso circa la necessità e opportunità di una determinata iniziativa, non appaiono eccessivamente zelanti nel verificare il rispetto di detti principi e che la Corte di giustizia raramente ha annullato atti sulla base della violazione dell’art. 5 TCE, in ragione della formulazione ampia delle basi giuridiche pertinenti, delle difficoltà a condurre un sindacato giurisdizionale sulle valutazioni politiche sot- tostanti e della sua attitudine a interpretare in chiave dinamica e funzionale il processo di integra- zione e il proprio stesso ruolo di protagonista del suo sviluppo.

24 Si tratta di una tendenza comune a tutti gli Stati membri, che si è evidenziata sulla fine degli anni ottanta (a seguito del processo di completamento del mercato unico) e si è rafforzata in vista e a seguito del processo di ratifica del Trattato di Maastricht. Preme sottolineare che gli ordina- menti di molti degli Stati che hanno recentemente aderito all’Unione europea hanno introdotto meccanismi di coinvolgimento dei parlamenti nella fase ascendente: cfr. i richiami contenuti in K. lenaerts, P. van nuFFel, Constitutional Law of the European Union, London, 2005, II ed.,

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mente, commissioni parlamentari) specializzati in affari comunitari o europei, che operano un controllo di massima sugli sviluppi del processo di integrazione e interagiscono sia col Governo che con le commissioni parlamentari specializ- zate per materia: le regole e la prassi applicativa variano da Stato a Stato, in ragione delle peculiarità costituzionali, politiche e culturali25.

La diffusa convinzione circa l’utilità di un monitoraggio parlamentare sul- l’attività normativa delle istituzioni europee e sul ruolo dei rispettivi governi ha inoltre indotto a sperimentare forme di cooperazione interparlamentare di diversa natura: tra queste, merita particolare menzione la Conferenza degli organi specializzati negli affari comunitari ed europei dei Parlamenti dell’Unione europea (d’ora in avanti, COSAC), riunitasi per la prima volta a Parigi nel novembre 1989 e gradualmente affermatasi come la forma più stabile e credibile di raccordo tra i parlamenti nazionali26, tanto da ricevere un formale riconosci-

mento nel Trattato di Maastricht, prima, e nel Trattato di Amsterdam, poi27.

Parallelamente, l’esigenza sopra menzionata ha trovato una parziale eco in occasione delle conferenze di revisione dei Trattati istitutivi, in quanto si è fatta largo la consapevolezza che l’introduzione di taluni correttivi al processo deci- sionale europeo presenti delle ricadute positive sull’efficacia delle soluzioni approntabili a livello nazionale. In tale prospettiva, il Trattato di Maastricht e il Trattato di Amsterdam hanno rappresentato una svolta nel complessivo atteggia- mento dell’ordinamento europeo nei confronti dei delicati rapporti tra gli esecu- tivi e i parlamenti.

La Dichiarazione n. 13 allegata al TUE segna la presa d’atto dell’importanza di un maggiore coinvolgimento di questi nelle attività dell’Unione, invitando i governi a vigilare affinché i parlamenti nazionali possano disporre delle propo-

disponibile in polacco e in una traduzione inglese sul sito internet del Tribunale (www.trybunal. gov.pl)

25 Un’utile panoramica è svolta nel 3° rapporto semestrale del Segretariato della COSAC rela- tivo a “Developments in European Union. Procedures and Practices Relevant to Parliamentary

Scrutiny”, adottato nel maggio 2005, pp. 10-76, e nell’8° rapporto semestrale, adottato nell’otto-

bre 2007, pp. 7-19 (entrambi reperibili sul sito www.cosac.eu); v. altresì C. storini, La difficile

parlamentarizzazione dell’Unione europea, in DPCE, 2004, p. 257 ss.

Meno recenti, ma ugualmente significavi, restano gli studi di C. sasse, The Control of the National

Parliaments of the Nine over European Affairs, in A. cassese (ed.), Parliamentary Control over

Foreign Policy, Alphen aan den Rijn, 1980, p. 137 ss.; A. cassese (ed.), Parliamentary Foreign

Affairs Committees. The National Setting, Padova-New York, 1982; P. norton (ed.), National

Parliaments and the European Union, London, 1996; J. riDeau (sous la direction de), Les États

membres de l’Union européenne. Adaptations–Mutations–Résistances, Paris, 1997; a. J. cygan,

The United Kingdom Parliament and European Union Legislation, The Hague, 1998; J. L. sau- ron, Droit communautaire et décision nationale, Paris, 1998; A. maurer, w. wessels(eds.),

National Parliaments on Their Ways to Europe: Losers or Latecomers?, Baden-Baden, 2001.

26 In argomento, cfr. tra gli altri, C. storini, op. cit., p. 259 ss.

27 Il Protocollo di Amsterdam sul ruolo dei parlamenti nazionali dedica la parte II alla COSAC, prevedendo che essa possa fornire contributi al procedimento legislativo, su propria iniziativa o dietro sollecitazione dei rappresentanti dei governi: tali contributi, tuttavia, non vincolano né le istituzioni europee né i parlamenti nazionali.

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ste legislative della Commissione in tempo utile per la loro informazione o per un eventuale esame. I timidi propositi espressi in detta Dichiarazione si sono col tempo trasformati in istanze largamente condivise all’interno dell’Unione, cosic- ché il Trattato di Amsterdam include un Protocollo (il n. 9, allegato al TUE e ai Trattati che istituiscono le Comunità europee), dedicato al “ruolo dei Parlamenti nazionali nell’Unione europea”. Nel Preambolo di tale Protocollo, le parti con- traenti tengono a ricordare che “il controllo dei singoli Parlamenti nazionali sui rispettivi governi relativamente alle attività dell’Unione è una questione discipli- nata dall’ordinamento costituzionale e dalla prassi costituzionale propri di cia- scuno Stato membro”. È significativo notare, poi, che le disposizioni in esso contenute si rivolgono principalmente alle istituzioni europee, evitando di for- mulare prescrizioni rigide riguardanti il piano interno.

L’art. 1 impone alla Commissione di trasmettere tempestivamente ai parla- menti nazionali tutti i documenti di consultazione da essa redatti (libri verdi, libri bianchi, comunicazioni). L’art. 2 stabilisce che le proposte legislative (nel senso specificato dal Regolamento interno del Consiglio, su cui infra) siano messe a disposizione dei governi degli Stati membri in tempo utile onde permettere loro di accertarsi che i parlamenti nazionali possano debitamente riceverle: la formu- lazione della disposizione, non proprio lineare, evidenzia la definizione di un obbligo per la Commissione e di un obbligo, complementare a questo ma molto sfumato, per i governi.

L’art. 3 specifica poi che un periodo di sei settimane “intercorre” tra la data in cui la Commissione mette a disposizione del Parlamento europeo e del Consiglio una proposta legislativa o una proposta relativa ad una misura da adot- tare nel terzo pilastro e la data in cui questa viene iscritta all’ordine del giorno del Consiglio ai fini di una decisione, per l’adozione di un atto o per l’adozione di una posizione comune nel contesto della procedura di codecisione o di coope- razione: sono comunque fatte salve le eccezioni dettate da motivi di urgenza, le cui motivazioni devono essere riportate nell’atto o nella posizione comune. In considerazione delle funzioni che svolge, sarà la Presidenza di turno del Consiglio a garantire l’osservanza di tale termine. Malgrado la formulazione sembri sottendere la natura vincolante di tale adempimento, non appare certo quali siano le conseguenze giuridiche di una sua eventuale violazione. La circo- stanza stessa che il requisito temporale descritto possa essere derogato per motivi di urgenza, debitamente motivati, evidenzia come difficilmente si possa affermare che, dal punto di vista del Protocollo, siamo di fronte a una “forma sostanziale” la cui violazione potrebbe giustificare un sindacato di legittimità28,

ove tale mezzo giurisdizionale sia invocabile29. Anche volendo considerare tale

28 Si ricorderà che i vizi di legittimità degli atti comunitari (ex art. 230, par. 2) e degli atti del terzo pilastro (giusto l’art. 35, par. 6 TUE) sono incompetenza, violazione delle forme sostanziali, violazione del Trattato o di qualsiasi regola di diritto relativa alla sua applicazione, sviamento di potere.

29 Attraverso un ricorso diretto alla Corte di giustizia (cfr. art. 230 TCE e art. 35, par. 6 TUE) o un rinvio pregiudiziale sulla validità; cfr. art. 234, par. 1, lett. b) TCE e art. 35, par. 1 TUE.

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adempimento un elemento essenziale nell’ambito della procedura di adozione di un atto, per concepire un vizio di legittimità dovrebbe ipotizzarsi una situazione limite – fuori dall’ambito della procedura di codecisione o da quella di coopera- zione30 – caratterizzata dalla fissazione del calendario in deroga al termine di sei

settimane senza motivazione, o con motivazione palesemente incongruente, e che porti, in assenza di riserve di esame parlamentare (su cui, v. infra), all’ado- zione definitiva dell’atto senza offrire alcuna possibilità ai parlamenti nazionali di procedere ad un esame delle proposte e di rivolgere gli opportuni atti di indi- rizzo al rispettivo governo.

Oltre a quanto rilevato, deve notarsi che il Protocollo omette di menzionare una serie di documenti o informazioni, il cui rilievo giuridico o politico è tutt’al- tro che trascurabile: l’agenda e i principali documenti preparatori delle riunioni del Consiglio europeo; i passaggi della procedura di codecisione successivi alla prima lettura da parte del Consiglio31; le iniziative adottate nell’ambito del c.d.

secondo pilastro (Politica estera e di sicurezza comune) e le iniziative degli Stati membri nel contesto del terzo pilastro32.

Più in generale, può essere ravvisato un rischio di intempestività dei parla- menti nazionali, laddove la riunione del Consiglio si risolva nel mero recepi- mento di un compromesso o accordo politico raggiunto in precedenza nell’am- bito del COREPER o di gruppi di lavoro costituiti in seno al Consiglio33. Tale

30 In tali procedure, gli adempimenti previi alla discussione in sede di Consiglio sono tali per cui è praticamente impossibile che l’organo intergovernativo si pronunci con una posizione co- mune entro sei settimane dalla presentazione della proposta, dato che gli articoli 251-252 TCE esigono che venga previamente acquisito un parere del Parlamento europeo: l’esistenza di tale passaggio parlamentare rende puramente teorica una violazione del Protocollo sui parlamenti na- zionali. Per la procedura di codecisione, poi, anche una concreta violazione del termine di sei settimane non determinerebbe di per sé l’adozione dell’atto, se non nel caso eccezionale in cui il Consiglio accolga in toto gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo (art. 251 TCE, par. 2, 2° cpv., primo trattino) o nel caso in cui il Parlamento europeo accolga successivamente la posizione comune del Consiglio, evitando così ai rappresentanti dei governi di pronunciarsi nuovamente in sede di Consiglio e di tener presente, eventualmente, le osservazioni nel frattempo giunte dai propri parlamenti.

31 Significativamente, è stato fatto notare come la procedura di codecisione, nel rafforzare il ruolo del Parlamento europeo, rischi di emarginare i parlamenti nazionali giacché il Protocollo citato non si preoccupa di assicurare la trasmissione delle modifiche proposte dal Parlamento eu- ropeo (e dalla Commissione), su cui il Consiglio deve pronunciarsi: così A. J. cygan, The Role,

cit., pp. 158-159.

32 Per i primi cinque anni di applicazione del Trattato di Amsterdam, un’analoga carenza si poteva registrare con riguardo alle proposte di atti presentate dai singoli governi nell’ambito delle materie comprese nel titolo IV del Trattato CE (visti, asilo, immigrazione, diritto internazionale privato e processuale).

33 Volgendo l’attenzione al Trattato costituzionale, preme rilevare come esso abbia confermato le scelte fatte ad Amsterdam, introducendo qualche miglioria: è direttamente la Commissione a trasmettere i propri documenti ai parlamenti nazionali, unitamente ad ogni iniziativa proveniente da Stati membri o altre istituzioni; è stato precisato che nelle sei settimane i governi non possono formalizzare alcun accordo, nemmeno in seno a gruppi di lavoro o al COREPER, per evitare che i parlamenti nazionali si trovino di fronte a un fatto compiuto.

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rischio è aggravato dall’eventualità che il governo non sia sollecito nell’inoltrare i documenti ricevuti34: in ragione di ciò, merita particolare apprezzamento l’ini-

ziativa “unilaterale” della Commissione, annunciata in una comunicazione al Consiglio europeo del maggio 200635 e positivamente accolta dal Consiglio euro-

peo del 15 e 16 giugno 200636, di trasmettere direttamente ai parlamenti nazionali

le proprie proposte e i propri documenti di consultazione, invitandoli a formulare commenti. La prima prassi applicativa evidenzia che tale collegamento diretto è in funzione dal 1° settembre 2006 e che la Commissione ha avviato un dialogo con i parlamenti nazionali in merito alle loro osservazioni37.

Un meccanismo complementare all’attività di informazione è rappresentato dall’istituto della “riserva di esame parlamentare”, affermatosi in via di prassi in seno al Consiglio, in forza del quale un governo può chiedere il rinvio dell’ado- zione di un atto o di una posizione comune se sullo stesso ritiene opportuno ricevere un avallo dal proprio parlamento, con procedure e modalità definite a livello statale: tale possibilità viene sfruttata sia nel caso in cui il parlamento nazionale stia ancora esaminando la proposta originaria, sia nel caso in cui l’ac- cordo maturato in seno al Consiglio determini novità significative rispetto alla proposta originaria su cui il parlamento nazionale si era espresso. Preme eviden- ziare come tale istituto – ampiamente utilizzato da alcuni Stati membri (talora oggetto di apposita disciplina interna), più sporadicamente da altri38 – non trovi

formale riconoscimento nei Trattati istitutivi o nel Regolamento interno del Consiglio39: ad oggi, può sostenersi che sia oggetto di intese politiche tra i com-

ponenti del Consiglio, recepite dalla Presidenza di turno che di volta in volta posticipa la votazione formale di un atto o di una posizione comune40. Nella

34 Cfr. i riferimenti a tale fenomeno operati da c. storini, op. cit., pp. 267-268.

35 “Un’agenda dei cittadini per un’Europa dei risultati”, COM(2006)211 del 10 maggio 2006, p. 10.

36 Al punto 37 delle Conclusioni si legge che il Consiglio europeo “accoglie con favore l’im- pegno della Commissione a mettere direttamente a disposizione dei parlamenti nazionali tutte le nuove proposte e i documenti di consultazione chiedendo loro di esprimere osservazioni e pareri al fine di migliorare il processo di elaborazione delle politiche. La Commissione è invitata a pren- dere in debita considerazione le osservazioni dei parlamenti nazionali, in particolare per quanto riguarda i principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali sono incoraggiati a rafforzare la cooperazione nel quadro della Conferenza delle commissioni per gli affari europei (COSAC) all’atto del monitoraggio della sussidiarietà”.

37 Cfr. il 6° rapporto semestrale del Segretariato della COSAC, cit., in particolare pp. 11-18; nonché il 7° rapporto semestrale, adottato nel maggio 2007 (reperibile sul sito www.cosac.eu), in particolare pp. 15-20.

38 Cfr. a. J. cygan, The Role, cit., p. 150, nota 24. V. altresì l’ampia panoramica contenuta nel 3° rapporto semestrale del Segretariato della COSAC, cit., in particolare pp. 10-15 e l’allegato. 39 Nell’ambito dei lavori della Convenzione incaricata di redigere il testo preliminare del Trat- tato costituzionale, la proposta di fornire una base giuridica a tale istituto non ha avuto seguito: cfr. doc. CONV 353/02, 22 ottobre 2002, par. 20. In argomento, v. amplius a. J. cygan, The Role,

cit., pp. 159-162.

40 Va da sé che la formulazione di una riserva da parte di un singolo Stato membro risulti for- temente condizionante laddove il Consiglio debba pronunciarsi all’unanimità: tuttavia, anche nei casi in cui il sistema di voto è quello della maggioranza qualificata, la dinamica dei lavori dell’isti-

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misura in cui il circuito parlamento-governo funzioni correttamente, la riserva di esame parlamentare può rappresentare uno strumento particolarmente utile per valorizzare il ruolo dei parlamenti nazionali, nel rispetto delle peculiarità costi- tuzionali di ogni Stato membro e senza complicare eccessivamente il procedi- mento decisionale europeo41.

Dunque, negli ultimi anni sono stati adottati alcuni accorgimenti per consen- tire un maggiore coinvolgimento dei parlamenti nazionali. Il flusso di documen- tazione che giunge direttamente dal livello europeo è ormai cospicuo, pur se non completo: nulla vieta tuttavia che gli ordinamenti nazionali impongano al governo di trasmettere la documentazione ricevuta (e non compresa nei “flussi ordinari”) e di informare il parlamento nazionale circa ogni iniziativa o sviluppo rilevante dal punto di vista della predisposizione normativa o della formazione dell’indirizzo politico dell’Unione su temi di carattere di primario interesse. Parimenti, la metodologia di lavoro del Consiglio consente a un governo di richiedere una pausa di riflessione per coordinarsi col proprio parlamento.

Di più, gli stessi parlamenti nazionali hanno oggi la possibilità di accedere direttamente a un’ampia documentazione resa disponibile dalle istituzioni euro- pee, senza dover attendere i propri governi: questo sviluppo è oggetto del pros- simo paragrafo.

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