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Rispetto al modello “continentale”, ora illustrato sulla base della espe-

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola tra diritto

2. Rispetto al modello “continentale”, ora illustrato sulla base della espe-

rienza giuridica italiana e ripreso nell’articolo di Bodiguel e Cardwell a propo-

9 In questo quadro, a titolo esemplificativo, possono rileggersi le questioni, tanto dibattute in passato, circa il rapporto sussistente tra “contratto agrario” ed “impresa agricola”, ovvero circa il rilievo da attribuire al riferimento agli “animali” di cui all’art. 10 della legge del 1971 a fronte del richiamo al solo “bestiame” di cui alla stesura originaria dell’art. 2135 c.c., per non parlare, infine, del rapporto tra la disciplina generale in materia di locazioni immobiliari di cui alla legge del 1978 n. 392 e quella relativa ai contratti agrari. In particolare, sulle negative conseguenze della confusione tra i criteri legali applicabili alla qualificazione del contratto di godimento in re- lazione alla specifica destinazione del bene definita dalle parti convenzionalmente e quelli relativi alla qualificazione dell’attività economica posta in essere dal locatario – confusione indotta dalla distorta interpretazione della più ampia questione relativa al rapporto tra contratto agrario ed im- presa agricola – si rinvia al nostro Affitto di fondo rustico e allevamento di cavalli da corsa, nota alla sentenza della Corte di Cassazione, SS.UU., del 25 novembre 1993, n. 11648, in Dir. giur. agr.

amb., 1994, p. 347.

10 Sul tema con specifico riferimento all’incidenza sul diritto tributario v. di recente A. ama-

tucci, Gli istituti di diritto privato quali presupposti di obbligazioni tributarie, in Scritti in onore

di Vincenzo Buonocore, I, Teoria generale, storia del diritto, diritto pubblico, Milano, 2005, p. 3

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Antonio Jannarelli

sito della vicenda francese, l’esperienza anglosassone si presenta diversa. Ma, a ben vedere, la diversità non è certo data dalla presenza di una pluralità di nozioni esplicite o implicite di agricoltura ciascuna delle quali chiamata ad operare in contesti disciplinari distinti.

Da questo punto di vista, il particolarismo legislativo che si riscontra nel- l’esperienza anglosassone non è diverso da quello presente nella esperienza continentale; anzi, e si tratta di una notazione non meno importante e significa- tiva, emerge una progressiva convergenza, dal punto di vista dei contenuti sostanziali, tra le nozioni presenti nella esperienza legislativa anglosassone e quelle accolte in Italia ed in Francia, nei termini di una tendenziale omogeneiz- zazione delle valutazioni fatte proprie dalle discipline quanto al merito dei sin- goli conflitti di interesse al centro delle rispettive legislazioni.

Ciò che viceversa segna la “originalità” di impostazione del modello anglo- sassone si rinviene proprio nell’ambito della disciplina privatistica in senso stretto. Nell’esperienza anglosassone, non solo non esiste alcuna definizione di agricoltura a vocazione generale, quale quella rinvenibile nel nostro art. 2135 c.c. e nell’art. L311-1 del Code rural, ma vi è una sostanziale insensibilità verso questo approccio nella stessa normazione, prima ancora che nell’approccio della dottrina, non fosse altro perché un sistema fondato essenzialmente sull’indi- scusso primato del diritto non scritto configura i singoli interventi legislativi strutturalmente e funzionalmente in termini circoscritti e puntiformi.

Nel sistema inglese, dunque, si registra l’osservanza di un rigoroso relativi- smo “di nozioni” di agricoltura, ciascuna delle quali è chiamata a gestire uno specifico conflitto di interessi volta a volta al centro della regolamentazione, secondo un modello che vede perfettamente allineate sia la “cultura” dei legisla- tori nell’arte di legiferare, sia la forma mentis dei giuristi nella fase elaborativa e di sistemazione. La carenza nell’esperienza anglosassone tanto di una defini- zione privatistica in senso stretto di agricoltura, rectius di attività agricola, quanto di una specifica esigenza di dettare una disciplina in funzione della tutela generale dei terzi (che è invece alla base della vicenda legislativa italiana e d’ol- tralpe) non è priva di importanti implicazioni. Infatti, nel sistema continentale, l’“autonomia” definitoria dell’attività agricola in funzione della disciplina delle relazioni di mercato, più esattamente dei rapporti tra l’operatore economico ed i terzi, ha contribuito a circoscrivere la rilevanza da assegnare alla nozione di agricoltura che è alla base della relativa qualifica di “agrari” dettata per i con- tratti in senso stretto storicamente aventi ad oggetto l’utilizzazione del fattore produttivo terra. In altre parole, nel sistema continentale, l’attività agricola posta in essere dall’operatore economico non proprietario del fondo rustico ha rinve- nuto nei contratti agrari soltanto il presupposto per il suo dispiegarsi. Fermo restando il rispetto della destinazione produttiva del fondo, la qualificazione del contratto, quale contratto agrario, è risultata indipendente dalla qualificazione in concreto dell’attività cui si indirizzerà effettivamente il locatario11.

11 Per questa conclusione, anche alla luce del dibattito emerso nella letteratura agraristica italia- na circa il rapporto tra contratto agrario ed impresa, ci permettiamo di rinviare al nostro Affitto di

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola

Nel sistema anglosassone, viceversa, la sola nozione privatistica di agricol- tura è quella che si rinviene nell’area della disciplina dettata per i contratti “agrari”, in cui si fronteggiano gli interessi del locatore della struttura produttiva e quelli dell’operatore economico. Di conseguenza, il problema circa la qualifi- cazione dell’attività economica che il locatario in concreto svolge è affrontato e risolto nell’esclusivo ambito del contratto, ossia nell’ambito della destinazione della struttura convenzionalmente pattuita e soggetta alla disciplina legale12.

In definitiva, nell’esperienza inglese relativa alla disciplina di diritto privato, la qualificazione dell’“attività” è funzionale esclusivamente alla soluzione dei problemi disciplinari relativi al governo del rapporto contrattuale legato all’uso della terra e, quindi, risulta misurato esclusivamente per il conflitto tra il proprie- tario del capitale produttivo e l’utilizzatore dello stesso in via convenzionale.

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