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Le considerazioni dinanzi svolte spiegano altresì l’atteggiamento che il

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola tra diritto

8. Le considerazioni dinanzi svolte spiegano altresì l’atteggiamento che il

regolamento 1857/2006 ha riservato alle “organizzazioni di produttori” e alle “associazioni di organizzazioni di produttori”, sebbene in questo caso la tecnica legislativa adottata si riveli approssimativa e non sempre lineare.

Sul piano definitorio, innanzitutto l’art. 2, n. 12 l’identifica “le organizza- zioni di produttori” (OP) con quelle costituite “allo scopo di consentire ai mem- bri di adattare di concerto la loro produzione alle esigenze di mercato, nell’am- bito degli obiettivi delle organizzazioni comuni di mercato, in particolare concentrando l’offerta”; al tempo stesso considera le “associazioni di organizza- zioni di produttori” quelle “associazioni di organizzazioni di produttori ricono- sciute che perseguono quei medesimi obiettivi su scala più ampia”.

In realtà, le determinazioni contenute nell’art. 9 vanno ben oltre questa fon- damentale distinzione, in quanto nel quadro delle associazioni di organizzazioni di produttori, l’art. 9, par. 2, lett. b) richiama anche le associazioni che siano responsabili della supervisione dell’uso delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine e dei marchi di qualità.

Ad ogni modo, nell’individuare le condizioni in presenza delle quali è pos- sibile per gli Stati erogare aiuti all’avviamento per la costituzione sia di organiz- zazioni di produttori sia di associazioni di tali organizzazioni, senza l’obbligo di notifica di tali aiuti ai sensi dell’art. 88, par. 3 del Trattato CE, dopo aver preci- sato che deve pur sempre trattarsi di strutture conformi alla legislazione statuale e dunque meritevoli di assistenza finanziaria, l’art. 9 ha prospettato due specifi- che circostanze.

In primo luogo, sulla base di un indirizzo sempre rispettato nella legislazione comunitaria, si è richiesto che tali organizzazioni o associazioni di organizza- zioni siano costituite esclusivamente da produttori attivi nella produzione di prodotti agricoli.

A ben vedere, la formula letterale che si legge nell’art. 9, par. 2, lett. a) è imprecisa e per certi versi fuorviante, In essa, infatti, si parla di “organizzazioni di produttori e di associazioni di produttori attive nella produzione di prodotti agricoli”30. Il che farebbe pensare a strutture collettive che direttamente siano

coinvolte nella gestione produttiva di aziende agricole. Ma, in realtà, si tratta soltanto di una cattiva traduzione dal testo francese31: cattiva traduzione che,

30 Corsivo nostro.

31 Il testo francese, probabilmente quello di base, si riferisce a “les groupements ou associations de producteurs actifs dans la production de produitis agricoles”.

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Antonio Jannarelli

purtroppo, si riscontra anche nella versione tedesca del medesimo regola- mento32.

Per fortuna, ogni dubbio interpretativo è comunque eliminato in quanto nel successivo par. 5 dello stesso art. 9 si è espressamente precisato che “non pos- sono essere concessi aiuti a organizzazioni di produttori come imprese o coope- rative, il cui obiettivo sia la gestione di una o più aziende agricole e che quindi siano di fatto singoli produttori”.

In secondo luogo, pur essendo venuta meno la disciplina orizzontale in mate- ria di organizzazioni di produttori a seguito dell’abrogazione regolamento (CE) n. 952/9733, ultimo regolamento in materia, l’art. 9, par. 2, ult. cpv., ne ha richia-

mato in estrema sintesi i tratti salienti. In particolare, in tali organizzazioni ed associazioni i soci, la cui adesione minima alla struttura collettiva non può essere inferiore a tre anni con facoltà di recesso previo sempre preavviso di dodici mesi, devono obbligarsi “a commercializzare la produzione secondo le regole di conferimento e di immissione stabilite dall’organizzazione o dall’associa- zione”.

Anche in questo caso la formula è infelice. Tuttavia il richiamo esplicito al “conferimento” e la successiva previsione circa la possibilità che sia consentita la commercializzazione diretta da parte del singolo produttore di una quota della produzione chiariscono che la norma ha inteso stabilire come criterio generale l’obbligo per i soci di attuare la concentrazione dell’offerta, ossia di assegnare all’organizzazione il compito di provvedere alla commercializzazione della pro- duzione proveniente dalle loro aziende. Del resto, come si legge nel par. 7, non si esclude che beneficiaria di aiuti possa essere una associazione che provveda anche a fornire servizi di mutuo sostegno, di sostituzione e di gestione nelle aziende dei soci, sempre che però essa sia coinvolta nell’adeguamento dell’of- ferta alle esigenze del mercato. In questa ultima prospettiva, il par. 2 dell’art. 9 esige infine che l’organizzazione dei produttori si doti di norme comuni di pro- duzione in ordine alla qualità dei prodotti e all’utilizzazione dei metodi di pro- duzione biologici, alle informazioni sui prodotti, in particolare ai raccolti ed alle disponibilità di quelli eventualmente stoccati, ferma restando l’esclusiva respon- sabilità dei produttori singoli nella gestione delle rispettive aziende.

La normativa, in definitiva, intende favorire le organizzazioni di produttori e le associazioni sempre che esse operino esclusivamente come strumenti attra- verso i quali si possa incanalare la produzione agricola di base nei rapporti di filiera, grazie appunto alla concentrazione dell’offerta di tale produzione. In altre parole, le associazioni di cui al regolamento, in tanto possono fruire di aiuti in quanto non provvedano alla vendita diretta ai consumatori finali dei prodotti di base conferiti dai soci e tanto meno provvedano alla loro trasformazione. Esse devono limitarsi a porre in essere nei confronti dei rivenditori e dei trasforma-

32 Nella versione tedesca si parla, a sua volta, di “Erzeugergemeinschften oder – Vereinigun- gen, die in der landwirtschafticlhen Erzeugung täting sind”.

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola

tori, quali soggetti terzi, quell’attività di alienazione primaria che, in difetto della loro azione, sarebbe posta in essere dai singoli produttori.

In questa prospettiva, a ben vedere, il modello di associazionismo economico che questa disciplina sugli aiuti segnala come orizzonte sul quale indirizzare gli aiuti di Stato si rivela ben più restrittivo rispetto a quello preso in esame nella disciplina comunitaria in materia di concorrenza presente nel regolamento (CE) n. 1184/2006 del Consiglio, il quale assai di recente ha sostituito, ma senza alcuna modifica nei contenuti disciplinari, il glorioso regolamento (CEE) n. 26 del 1962. Infatti, la fondamentale disposizione di favor per l’associazionismo agricolo di cui all’art. 2, par. 1, seconda frase del regolamento 1184/2006, fa riferimento ad associazioni di imprenditori agricoli che pongano in essere accordi, decisioni e pratiche riguardanti non solo la produzione e la vendita dei prodotti agricoli, ma anche l’utilizzazione di impianti comuni per il deposito, la manipolazione o la trasformazione di prodotti agricoli.

Come dire, dunque, che anche sul versante dell’agire collettivo la più recente legislazione comunitaria riflette quel medesimo indirizzo sopra ricordato mirante appunto a evitare che, anche nelle forme organizzative collettive, i produttori agricoli siano aiutati ad occupare nella filiera agro-alimentare spazi che si riten- gono debbano vedere come protagonisti imprese industriali e la grande distribu- zione, sì da suggerire l’accostamento a queste ultime delle iniziative promosse dai produttori agricoli in forma singola ovvero in forma associata.

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