La responsabilità delle stazioni appaltanti per ritardato
3. Il ritorno a strumenti di controllo “formale” della spesa contrattuale s
ricongiunge così, come anticipato, a normazioni di “aggravamento” delle conse- guenze patrimoniali dell’inadempimento, o del ritardo nell’adempimento delle obbligazioni pecuniarie contratte dalle pubbliche amministrazioni. Non a caso, proprio nel settore degli appalti pubblici, la disciplina speciale risalente alla l. 10 dicembre 1981, n. 741, aveva previsto, diversamente da quanto finora osservato, il diritto dell’appaltatore ad ottenere la corresponsione degli interessi per effetto del semplice ritardo nel pagamento da parte della P.A., senza necessità di appo- sita costituzione in mora.
L’art. 26, 1° comma della legge c.d. “Merloni”, dell’11 febbraio 1994, n. 109 (legge-quadro sui lavori pubblici; sostituito dall’art. 133 del D. lgs. 12 aprile 2006, n. 163, recante “Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture” in vigore, salvo talune proroghe, a partire dal 1° luglio 2006) ha pre- visto che gli interessi sono dovuti “in caso di ritardo” da parte della stazione appaltante, ed il loro importo, ai sensi dell’art. 116, 4° comma, del Regolamento attuativo (D.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554; c.d. “regolamento Bargone”) – riproducente il principio contenuto nell’abrogato art. 4 della precitata l. 741/1981 – viene computato e corrisposto in occasione del pagamento, in conto e a saldo, immediatamente successivo a quello eseguito in ritardo, senza necessità di appo-
10 Cass., 24 dicembre 2002, n. 13859, in Archivio civile, 2003, p. 829.
11 Cfr. Corte conti, 11 settembre 1992, n. 52, in Archivio giuridico delle opere pubbliche, 1992, p. 1737.
Responsabilità delle stazioni appaltanti
site domande o riserve12. La stessa disposizione ha previsto, infatti, la necessità
della formale costituzione in mora della P.A. al solo limitato effetto dell’instau- razione, da parte dell’appaltatore, del giudizio arbitrale per la dichiarazione di risoluzione del contratto. Com’è evidente, la richiamata disciplina settoriale contempla un’ipotesi in cui non è necessaria la costituzione in mora della sta- zione appaltante, così “ripristinando” il regime ordinario di cui all’art. 1219, 2° comma, n. 3, c.c.
In questo contesto, è intervenuta la disciplina comunitaria sui ritardi di paga- mento nelle transazioni commerciali, contenuta nella direttiva 2000/35/CE13.
L’eccessiva lunghezza dei termini di pagamento da parte delle pubbliche ammi- nistrazioni era già stata oggetto di attenzione da parte delle istituzioni comunita- rie sin dall’inizio degli anni novanta14. Il passo ulteriore compiuto con la direttiva
in commento è stato quello di riavvicinare le varie normative nazionali in base ad un principio fondamentale: l’equiparazione del debitore pubblico a quello privato.
La disciplina comunitaria ha individuato tre specifici ambiti operativi di intervento. Il primo è costituito dalla disciplina degli interessi moratori. La diret- tiva 2000/35/CE prevede un termine di decorrenza automatica ed un tasso legale applicabili qualora il singolo contratto non disponga diversamente; viene, inol- tre, prevista l’invalidità di accordi in deroga sul termine del pagamento o sulle conseguenze del ritardo, compreso il diritto al risarcimento del maggior danno, qualora questi risultino gravemente iniqui nei confronti del creditore15.
Il secondo ambito attiene alle garanzie per il venditore. Viene prevista, ampliando la portata della prerogativa concessa dall’art. 2756, 3° comma c.c., la possibilità di concordare una clausola di ritenzione tra acquirente e venditore, in ragione della quale quest’ultimo conserva il diritto di proprietà sui beni fintanto che essi non siano stati totalmente pagati16.
12 È questo il principio di diritto enunciato, sia pure con riferimento alla previgente norma- tiva, da Cass., 24 ottobre 2002, n. 14974, Soc. Ati cantieri costruz. cemento c. Ente autonomo
Acquedotto Pugliese, in Contratti, 2003, 284; in termini, App. Campobasso, 27 dicembre 2004,
inedita.
13 Direttiva 2000/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 giugno 2000, GUCE L 200, 8 agosto 2000, p. 35.
14 Cfr. raccomandazione della Commissione, del 12 maggio 1995, riguardante i termini di pagamento nelle transazioni commerciali (95/198/CE), GUCE L 127, 10 giugno 1995; nonché comunicazione 97/C 216/07, recante “Relazione sui ritardi di pagamento nelle transazioni com- merciali”, GUCE C 216, 17 luglio 1997.
15 La disciplina di nuova introduzione sembra, così, aver inteso porre al riparo la cittadella
dell’autonomia privata da possibili incursioni giudiziali in tema di riduzione d’ufficio della clau-
sola penale (su cui, Cass., 24 settembre 1999, n. 10511, in Contratti, 2000, p. 118, con nota di G.
bonilini; conf. SS.UU., 13 settembre 2005, n. 18128, in Corr. giur., 2005, p. 1534, con nota di A. Di maJo), la cui valenza operativa nell’ottica imprenditoriale poco si concilia con l’aspirazione ad
una giustizia contrattuale di sicura suggestione declamatoria, quanto di difficile attuazione pratica. Cfr. anche infra, par. 6.
16 Peraltro: “La Repubblica Italiana, prevedendo all’art. 11, D. Lgs. n. 231/2002 che, per essere opponibile ai creditori del compratore, la clausola di riserva di proprietà debba essere confermata
580
Mariano Robles
Infine, la direttiva 2000/35/CE disciplina le procedure di recupero dei crediti non contestati. Il creditore che ha presentato ricorso o comunque promosso azione legale, ove non siano contestati il debito ovvero aspetti processuali, ha diritto ad ottenere il titolo esecutivo entro 90 giorni, indipendentemente dall’im- porto del debito.
Dai vincoli posti dalla normativa dovrebbe derivare un limite all’(ab)uso negoziale dei tempi e delle modalità di pagamento, come elemento della presta- zione richiesta al mercato dall’amministrazione appaltante. In tal modo, si è inteso “neutralizzare” il ruolo delle condizioni e dell’esecuzione dei pagamenti nella determinazione del prezzo, con cui le imprese presentano le loro offerte (o le amministrazioni richiedono prestazioni al mercato) e, ancor di più, nella dina- mica concorrenziale, in modo da eliminare posizioni di vantaggio non stretta- mente connesse alla competitività delle imprese riferibile alla prestazione.
Una volta stipulato il contratto, avviata e conclusa la sua esecuzione, i paga- menti dovrebbero essere eseguiti secondo quanto concordato tra stazione appal- tante ed impresa appaltatrice, nel rispetto dei vincoli generali posti dalla norma- tiva. In caso di ritardo, dovrebbe subentrare una serie di rimedi comuni (dalla maturazione automatica degli interessi, alla messa in mora ed all’esecuzione forzata) a tutela del creditore, con i quali rivalersi nei confronti dell’amministra- zione inadempiente. Così impostata, la problematica dei pagamenti dovrebbe attenere semplicemente ad un profilo di efficienza delle amministrazioni appal- tanti, come qualsiasi operatore di mercato, nella gestione dei rapporti contrat- tuali.
Le disposizioni comunitarie sono state recepite nell’ordinamento italiano con D. lgs. 9 ottobre 2002, n. 23117. L’analisi dell’impatto normativo è resa com-
plessa dalla difficoltà di assimilare la pubblica amministrazione, sotto il profilo dinamico, alle logiche che presiedono ai comportamenti della grande, media e piccola impresa, anche se – soprattutto nei fenomeni patologici e di “devianza finanziaria” – emergono indubbie affinità. Le prime opinioni interpretative sot- tolineano, non a caso, che la finalità della direttiva 2000/35/CE – consistente, in linea principale, nella deterrenza predisposta contro le violazioni contrattuali finanziariamente attraenti per i debitori, a causa dei bassi livelli dei tassi appli- cati agli interessi di mora – è pienamente estensibile nei confronti della pubblica amministrazione, anche se l’applicazione della disciplina sull’inadempimento sarebbe da contemperare in relazione alle particolari procedure contabili che
nelle singole fatture delle successive forniture aventi data certa anteriore al pignoramento e rego- larmente registrate nelle scritture contabili, non è venuta meno agli obblighi della direttiva relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (Direttiva n. 2000/35/CE)”, sentenza della Corte di giustizia del 26 ottobre 2006, causa C-302/05, Commissione c. Italia, in
Obbligazioni e contratti, 2007, p. 300, con nota di F. lucchesi.
17 In GURI n. 249, 23 ottobre 2002. Per una prima analisi del decreto attuativo, a cura delle categorie produttive, cfr. assonime, Circ. n. 15/2003, La nuova disciplina dei ritardi di pagamento
Responsabilità delle stazioni appaltanti
governano l’adempimento delle obbligazioni pecuniarie pubbliche18. Sotto il
profilo soggettivo, la disciplina di recepimento si applica, infatti, sia ai rapporti tra imprese, sia a quelli tra imprese e pubbliche amministrazioni19, fatta ecce-
zione per i contratti di consumo20.
Il decreto è operante con riferimento ad ogni pagamento effettuato a titolo di
corrispettivo in una transazione commerciale. Per transazione commerciale si
intende qualsiasi contratto, comunque denominato, concluso tra imprese, ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo.