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Resta, allora, da valutare se e in che senso l’individuazione di princip

democratico nell’Unione europea

3. Resta, allora, da valutare se e in che senso l’individuazione di princip

democratici, positivizzati nei processi di revisione e consolidati in una sorta di patrimonio giuridico comune, abbia colmato in tutto o in parte la situazione deficitaria dell’ordinamento comunitario-unionistico. Prima dell’attuale ultimo stadio di revisione, l’introduzione di un’apposita previsione normativa aveva consentito di formalizzare una base di omogeneità, che solo a partire dal Trattato di Maastricht era stata timidamente enunciata nel preambolo ed indirettamente prevista all’art. F, par. 124. Diversamente, il Trattato di Amsterdam25 aveva intro-

22 Così, cfr. t. DebarD, b. le baut-Ferrarèse, c. nourissat, Dictionnaire du droit de l’Union

Européenne, Paris, 2002, in part. p. 9.

23 In sostanza, la revisione dei Trattati comunitario-unionistici come procedura di acquisizione dei mutamenti strutturali non è rimessa alla mera libertà discrezionale degli Stati membri, se non nel senso che ogni libera modifica dei Trattati (su cui cfr. L. M. bentivoglio, Art. 236 TCEE, in r. QuaDri, r. monaco, a. trabucchi(a cura di), op. cit., è vincolata alle esigenze di salvaguardia dei

valori democratici comuni, dei fini prefissati, nonché del diritto consolidatosi. Sebbene sia ampia la letteratura in materia, divisa tra sostenitori e non sostenitori della tesi sulla precettività delle procedure di modificazioni previste dai Trattati, resta fermo che i processi di revisione in oggetto sono tutti finalizzati ad un “restauro” conservativo o combinatorio di vecchi e nuovi principi ani- matori dell’ordinamento comunitario. Analogamente e come già rilevato in apertura del presente lavoro, i risultati della CIG 2004 dovrebbero essere in parte conservati e trasfusi nel “Trattato di riforma”.

24 Testualmente il Trattato di Maastricht già prevedeva nel Preambolo la necessità di “con- fermare l’attaccamento degli Stati membri ai principi di libertà, di democrazia e del rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nonché dello stato di diritto”. Così come risultava contenuto nell’art. F, par. 1, un riferimento ai principi democratici su cui si fondano i sistemi di governo degli Stati membri e di cui l’Unione rispetta l’identità nazionale.

25 In questo senso, il Trattato di Amsterdam (su cui v. a. J. mackenzie-stuart, The Amsterdam

Treaty: Is There Still a “Democratic Deficit”?, in g. c. roDríguez iglesiais, o. Due, r. schintgen, c. elsen (sous la direction de), Mélanges en hommage à Fernand Schockweiler, Baden-Baden,

1999, p. 389 ss.), pur confermando l’impianto unionistico costruito su tre pilastri, si connota per la sua vocazione c.d. euro-nazionale diretta a rafforzare la legittimità democratica dell’Unione. Come è noto, in particolare, esso risultava diretto alla progressiva creazione di un’area di libertà, sicurezza e giustizia, ad ampliare i diritti di cittadinanza dell’Unione con riferimento al lavoro, ambiente, salute, consumatori nel quadro di una maggiore definizione del principio di sussidiarie- tà, quasi nella ricerca di radici nazionali. A tal proposito, basti ricordare i Protocolli addizionali,

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dotto un espresso riferimento ai fondamenti dell’Unione e delineato un quadro di garanzie normative al fine di assicurare la democraticità del sistema comuni- tario-unionistico.

Come è noto, l’ex art. F, ora art. 6 TUE, prevede al nuovo par. 1 in modo più ampio ed incisivo che i principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti del- l’uomo e dello Stato di diritto, principi comuni agli Stati membri, sono fonda- mento dell’Unione europea. Trattasi di una previsione pattizia di diritto del- l’Unione che “vive ed è effettiva” grazie al rinvio ai principi costituzionali comuni agli Stati membri in quanto traduce la volontà di formulare un quadro di riferimento normativo su cui fondare l’intero ordinamento dell’Unione ed al quale vincolare la partecipazione degli Stati26. Trattasi, altresì, di una previsione

normativa che sembrerebbe funzionare come parametro anti-deficitario in quanto contribuisce alla generale “democratizzazione” dell’ordinamento comu- nitario-unionistico, senza incidere da sé e per sé solo sui processi decisionali.

Anche in considerazione di quanto già detto in precedenza27, il disposto del-

l’art. 6 TUE è risultato essere frutto, rispettivamente o del “perfezionamento” o “auto-correzione” dei Trattati grazie ai procedimenti di revisione o, viceversa, dell’essenza stessa del processo integrativo europeo come progressiva identifi- cazione di un nucleo duro del diritto comunitario-unionistico28 o, infine, di una

in particolare il Protocollo n. 2 sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione europea, il Protocollo n. 9 sul ruolo dei parlamenti nazionali nell’Unione europea e quello n. 30 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità. Nella stessa ottica di un sistema comune di garanzie va letta l’introduzione dell’art. 7 TUE, poi modificato con il Trattato di Nizza, così come l’estensione, a norma dell’art. 46 TUE, del controllo giurisdizionale della Corte giu- stizia alle attività delle istituzioni comunitarie onde verificare il rispetto dei diritti fondamentali di cui l’art. 6, par. 2 (controllo ulteriormente esteso dal Trattato di Nizza alle sole disposizioni di carattere procedurale di cui all’art. 7 TUE), nonché l’ampliamento delle condizioni di adesione di nuovi Stati, ora espressamente subordinata al rispetto dei principi di cui all’art. 6, par. 1 (art. 49 TUE).

26 Più in generale, sulla teoria dei principi generali di diritto quale forma di “eterointegrazione” degli ordinamenti giuridici, cfr. F. salerno, Principi generali di diritto (diritto internazionale), in

Dig. disc. pubbl., XI, 1996, p. 524 ss. Nello specifico dell’ordinamento comunitario, l’etero-in-

tegrazione deriverebbe dal richiamo alle fonti normative costituzionali nazionali e internazionali soprattutto in materia di diritti umani (prima fra tutte la Convezione europea di salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Roma, 4 novembre 1950). A fronte di una ricostru- zione selettiva di alcuni principi ad opera della Corte di giustizia nel senso dell’applicazione della

better rule (su cui v., fra gli altri, g. gaJa, Fonti comunitarie, ivi, VI, 1991, in part. p. 477) una

base di omogeneità sarebbe, viceversa, rinvenibile in quel nucleo di principi comuni agli Stati membri che sono stati sopraelevati dal rango degli ordinamenti costituzionali nazionali a quel- lo comunitario-unionistico determinando un diritto costituzionale comune, in parte da intendersi come un dato preesistente, in parte come condizione di adesione da conquistarsi per gli Stati membri aspiranti all’adesione. Cfr. anche F. palermo, La prescrittività, cit., pp. 119-120.

27 V. supra, par. 2.

28 Contrariamente, a. von bogDanDy, I principi costituzionali dell’Unione europea, in DPCE, 2005, in part. pp. 575-576, nella sua definizione della “Inbegriff des Primärrechts” (secondo h. p.

ipsen, Europaisches Gemeinschaftsrecht, Tübingen-Mohr, 1972, p. 4 ss.), per il quale ricondurre

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lettura combinata delle due prospettive da intendersi come consequenziali, con- secutive e connesse (c.d. revisione recezionista)29. Dare maggiore rilievo agli

elementi consuetudinario e giurisprudenziale, vuol dire sottolineare come la Comunità/Unione ha condotto, attraverso la realizzazione “dinamica” delle fina- lità e degli obiettivi (Preamboli, articoli 1 e 2 TCE e art. 1 TUE) all’integrazione tra sistemi giuridici nazionali, e tra questi e quello comunitario-unionistico nella graduale elaborazione e positiva definizione di principi costituzionali fondamen- tali. Anzi, la costituzionalizzazione dei Trattati è stata letta come sviluppo di principi costituzionali o strutturazione del diritto primario e di quello derivato secondo principi costituzionali30.

Si finisce per constatare come i principi fondamentali contenuti nelle Costituzioni nazionali sono stati, grazie all’opera delle istituzioni comunitarie e, prima fra tutte, della Corte di giustizia31, progressivamente assunti o sussunti

nell’ordinamento unionistico attraverso un’opera che potremmo definire di inte- grazione attiva. Come è noto, infatti, l’art. 6, par. 1 TUE non presenta un conte- nuto innovativo dal punto di vista dell’elencazione dei principi propri degli Stati democratici (libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, Stato di diritto). Inoltre, già a partire dalla Dichiarazione di Copenaghen del 1978 sulla democrazia32, questi risultavano richiamati a livello

comunitario.

Eppure, l’aspetto più significativo dell’art. 6, par. 1 TUE è risultato essere l’ulteriore qualificazione di tali principi, rispettivamente come principi comuni agli Stati membri e fondanti l’Unione europea. Esso, cioè, ha acclarato sotto veste normativa l’esistenza di un’uniformità di principi caratterizzanti i sistemi

vorrebbe escluderne rilevanza alla stregua di principi strutturali fondamentali ed autonomi. Pur tuttavia, lo stesso a. riconosce a tali principi un’autonomia molto limitata rispetto alle regole con- crete in quanto “una dottrina dei principi svincolata dalle norme contenute nei Trattati porterebbe, infatti, a disconoscere contenuti sostanziali del diritto costituzionale dell’Unione”, questo perché “la Costituzione dell’Unione europea è una costituzione di dettaglio (…). Di ciò bisogna tenere conto quando si vogliano ricavare dai principi conseguenze ulteriori” (il corsivo è nostro). 29 Sul punto si rinvia alle considerazioni contenute infra, nel par. 4.

30 Detto in altri termini, l’art. 6, par. 1 TUE, così come altri articoli soprattutto in materia di diritti fondamentali, avrebbero sancito l’immissione di principi costituzionali degli Stati membri dando vita ad un processo di costituzionalizzazione dall’interno. Cfr. F. schorkopF, Homogenität

in der Europäischen Union – Ausgestaltung und Gewährleistung durch Art. 6 Abs. 1 und 7 EUV,

Berlin, 2000.

31 È appena il caso di ricordare che già prima dell’espressa formalizzazione dell’art. 6 TUE la Corte di giustizia si era avvalsa della tecnica comparatistica dei sistemi giuridici nazionali per de- finire l’applicabilità dell’art. 288 TCE (già art. 215) in materia di responsabilità extracontrattuale rinviando ai “principi generali comuni ai diritti degli Stati membri”.

32 Nella Dichiarazione comune del Parlamento europeo, Commissione e Consiglio si fa espres- samente riferimento ai principi della democrazia rappresentativa, della sovranità della legge, della giustizia sociale e del rispetto dei diritti dell’uomo la cui applicazione implica un regime politico di democrazia pluralista che garantisce la libera espressione delle opinioni nell’organizzazione costituzionale dei poteri e che gli stessi Stati si impegnano a rispettare come elementi essenziali di una partecipazione alla Comunità europea. Per il testo cfr. a. tizzano, Codice dell’Unione eu-

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democratici degli Stati europei senza definirne il contenuto concreto, ma rinve- nendo il loro nucleo unitario nell’ambito dei diversi ordinamenti nazionali. Inoltre, la particolare collocazione di tali principi nell’art. 6, par. 1 TUE, fa sì che agli stessi si conformino tanto gli Stati membri, quanto l’UE nel suo insieme, e cioè sia nell’ambito del pilastro comunitario, sia nell’ambito dei pilastri inter- governativi. In definitiva, l’art. 6 TUE sembrerebbe aver tradotto il parametro normativo a cui ancorare tutta l’attività legislativa, amministrativa e giurisdizio- nale tanto delle istituzioni comunitarie, quanto di quelle nazionali nell’attua- zione del diritto comunitario.

Non resta allora che riproporre il quesito iniziale e valutare se tale articolo come prodotto del doppio processo di revisione (Maastricht-Amsterdam) e come nucleo acquisito di principi comuni sia stato sufficiente a colmare o a rendere maggiormente democratico l’ordinamento comunitario-unionistico, anche nel senso del diritto alla democraticità delle procedure e delle decisioni comuni. A ben vedere nell’attuale versione dell’art. 6, par. 1 TUE non sembrerebbe sussi- stere un’assoluta garanzia di democraticità o almeno di quella democraticità connessa ai processi decisionali. Anche a voler far leva sul principio dello Stato di diritto33 (anch’esso contenuto nell’art. 6), si finisce per constatare come lo

stesso non incida sull’efficienza, la trasparenza ed il controllo democratico dei processi decisionali e degli atti prodotti. Peraltro, l’art. 6, par. 1 TUE, pur rap- presentando un nucleo consolidato o necessario, rinvia alla successiva “disci- plina normativa” (art. 7 TUE, Amsterdam e Nizza) consistente nella creazione di procedure e garanzie senza le quali, anche se confortato dall’inclusione nei Trattati, corre il rischio di sembrare eccessivamente astratto34.

33 Partendo dal presupposto che ogni sistema giuridico per dirsi democratico deve assicurare l’ancoraggio alla regola del diritto (c.d. rule of law), la Corte di giustizia nell’emblematica e nota sentenza del 23 aprile 1986, causa 294/83, Parti ecologiste “Les Verts” c. Parlamento europeo,

Raccolta, p. 1339, punto 23, già definiva l’allora Comunità economica europea come “…una

comunità di diritto nel senso che né gli Stati che ne fanno parte, né le sue istituzioni sono sottratti al controllo della conformità dei loro atti alla Carta costituzionale di base costituita dal Trattato” ed inoltre sottolineava che “(…) il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giuridici e di procedimenti inteso ad affidare alla Corte di giustizia il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni (…)”, distinguendo le ipotesi di ricorso diretto alla Corte di giustizia o indiretto tramite rinvio pregiudiziale ad opera dei giudici nazionali. In questo senso, è fuori discussione il riconnesso diritto di azione per la tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel caso di carenza di potere o di illegittimo esercizio del potere dell’istituzione che ha adottato l’atto. Sull’ulteriore accezione della legalità come riconnessa all’interesse complessivo dell’ordinamento comunitario nell’equilibrio tra competenze attribuite e ripartite, cfr. per tutti a. alì, Il principio di legalità

nell’ordinamento comunitario, Torino, 2005, in part. p. 27 ss. e p. 70 ss.

34 Ne è la conferma il meccanismo di tutela predisposto dall’art. 7 TUE, nella distinzione tra tutela preventiva (par. 1) e tutela successiva (par. 2), in lettura combinata con l’art. 46, lett. e) e lett. d) TUE su cui v. b. nascimbene, Le sanzioni ex art. 7 TUE, in DUE, 2002, p. 192 ss. e l. s. rossi, r. mastroianni, Art. 46 TUE, in A. tizzano(a cura di), op. cit., p. 163 ss., nonchè u. vil- lani, Osservazioni sulla tutela dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti dell’uomo e

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In altri termini, i principi finora complessivamente intesi sembrerebbero assunti nell’ambito dell’ordinamento comunitario perché costituiscono un comune dover essere degli Stati che l’Unione deve preservare, garantire e pro- muovere in una dimensione regionale ed ultra-regionale35. Il fatto che l’Unione

europea rispetti tali principi ritenuti fondamentali o fondanti la sua identità fa dell’art. 6 TUE una norma di standards o di parametri a cui rigorosamente atte- nersi nella sua azione interno-esterna. In sostanza, esso non si presenterebbe come garanzia di democraticità ed efficienza delle decisioni, ma concorrerebbe a determinare una complessiva “democratizzazione” dell’ordinamento comuni- tario-unionistico.

La chiave di lettura finora esposta sembrerebbe trovare conferma anche nel già citato progetto di Trattato di riforma che segna il primato dei principi demo- cratici in quella che dovrebbe essere la nuova sistematica del titolo II del TUE sulle Disposizioni relative ai principi democratici. D’altronde, se il solo art. 6 TUE fosse stato sufficiente non si sarebbero comprese le necessità di rafforzare l’efficienza e la legittimità democratica dell’Unione allargata, necessità, tra l’al- tro, ribadite nelle Osservazioni generali del Progetto di mandato della CIG (Allegato I delle Conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles, 21-22 giugno 2007). Di conseguenza secondo quanto previsto, i principi di cui all’art. 6, par. 1 dovrebbero diventare i valori dell’Unione, nella più ampia versione già conte- nuta nell’art. I-2 del Trattato costituzionale in via di recezione nel nuovo art. 2 TUE. Viceversa, per principi democratici dovrebbero intendersi quelli sul- l’uguaglianza democratica, la democrazia rappresentativa, la democrazia parte- cipativa e l’iniziativa dei cittadini, contenuti, appunto, in un apposito titolo II, ricomprensivo, inoltre, di un articolo sul ruolo dei parlamenti nazionali e sul controllo rafforzato della sussidiarietà (nuovo art. 8 TUE).

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