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La diversità degli approcci di fondo rinvenibile nell’esperienza privatistica

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola tra diritto

3. La diversità degli approcci di fondo rinvenibile nell’esperienza privatistica

dei Paesi di civil law e di common law si può con maggiore evidenza cogliere a proposito dell’impatto che sui rispettivi sistemi giuridici ha avuto la disciplina di origine comunitaria attraverso la quale nel corso di questi decenni si è attuata la politica agricola della Comunità europea. Ai fini del nostro discorso, non è necessario richiamare i diversi contenuti disciplinari con cui la Comunità ha attuato la politica agricola volta a volta individuata, fino alle più recenti deter- minazioni di cui al regolamento (CE) n. 1782/2003 ed oltre13. È però sufficiente

rimarcare che gli obiettivi della Comunità sono sempre stati fondamentalmente di ordine promozionale tanto dell’attività produttiva agricola in senso stretto, quanto della complessiva redditività degli operatori economici residenti nei ter- ritori rurali. I pacchetti disciplinari volta a volta forgiati, pur se diretti a confor- mare le attività e gli orientamenti produttivi degli operatori economici, non si sono mai indirizzati a disciplinare le relazioni giuridiche tra quei medesimi sog- getti ed i terzi secondo i moduli e gli scopi propri del diritto privato. Tali com- plessi normativi hanno avuto come destinatari e beneficiari fondamentali gli operatori economici al fine sia di orientarne le scelte produttive e di incentivare la loro attività economica nelle strutture agricole di base e attraverso le mede- sime sia anche di disincentivare alcuni indirizzi produttivi (si pensi alle quote lattiere), secondo il sistema del bastone e della carota14. È in questa prospettiva

che negli ultimi tempi si è collocata la politica volta ad introdurre forme di set-

fondo rustico e affitto di azienda, già in Riv. dir. agr., 1991, I, p. 438 e successivamente in Diritto

agrario e società industriale, Bari, 1995, I, p. 151 ss.

12 Sul punto, tuttora preziose le indicazioni offerta da A. germanò, Studi sull’impresa agricola.

Il caso inglese, Napoli, 1990, p. 17 ss.; più di recente v. D. viti, Agricoltura ed uso del territorio.

Il pluralismo delle regole per la farm diversification nell’esperienza inglese, Bari, 2003.

13 Regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre 2003 che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell’ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001.

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aside e di riposo dei terreni, ovvero a promuovere la multifunzionalità delle

strutture agricole, anche nei termini della c.d. diversification, in modo da bilan- ciare la riduzione dei redditi agrari in senso stretto, causata dalla progressiva contrazione del protezionismo agricolo assicurato mediante un sistema di prezzi amministrati, con l’incentivazione di nuove fonti di reddito aggiuntivo per gli agricoltori e le loro famiglie e con il perseguimento di obiettivi di rilevanza col- lettiva (si pensi alla tutela dell’ambiente, alla promozione di una agricoltura sostenibile, ecc.).

La disciplina comunitaria in materia di politica agricola si è manifestata sotto forma di un diritto promozionale che crea incentivi ed indirizza risorse a vantag- gio di operatori che conformino la propria attività ai modelli di condotta indivi- duati dalle autorità comunitarie. Ma, detto questo, non può certo negarsi l’indub- bia ampia incidenza economica di tali indirizzi di politica economica nei singoli ordinamenti giuridici nazionali. Infatti, progressivamente, essi hanno rappresen- tato la cornice più ampia e più significativa delle convenienze messe a disposi- zione degli operatori agricoli nei territori della Comunità. Sotto questo profilo, la ricaduta nell’ambito delle esperienze nazionali degli interventi legislativi comunitari non si è limitata soltanto ad alimentare e ad accentuare quel plurali- smo di definizioni ovvero di nozioni in ordine all’agricoltura già presente nei singoli ordinamenti giuridici nazionali per via della molteplicità dei punti di osservazioni assunti nei vari rami della legislazione. Infatti, sebbene anche la disciplina promozionale di origine comunitaria si collochi su di un piano funzio- nale nettamente diverso rispetto a quello proprio delle singole discipline nazio- nali di diritto privato, dirette a regolare le relazioni tra gli operatori agricoli ed i terzi, la “coesistenza” di soluzioni disciplinari diverse, soprattutto in relazione ai non coincidenti contenuti assegnati alle nozioni e/o definizioni di “agricoltura”, si è rivelata sempre più difficile.

Invero, la disciplina comunitaria contenuta nella PAC, avente scopo promo- zionale e quale destinatario e beneficiario l’operatore economico agricolo, ha nel tempo rivelato un’indubbia forza attrattiva tale da provocare, nell’ambito della disciplina agraristica, non pochi aggiornamenti in ordine al rapporto sistemico tra il diritto “regolativo” e quello “promozionale”.

Ebbene, è proprio rispetto a questo singolare processo che è possibile cogliere la ulteriore differenza emersa tra l’esperienza dei Paesi di civil law e quella anglosassone che abbiamo sotto gli occhi. Infatti, nell’esperienza inglese, il pluralismo delle nozioni di “agricoltura” non risulta essere stato scosso più di tanto dalla comparsa di una nuova e singolare legislazione di origine comunita- ria a vocazione promozionale. Nondimeno, la diversità dell’approccio presente nel diritto agrario comunitario rispetto a quello tradizionalmente adottato nella disciplina privatistica anglosassone ha creato tensioni e difficoltà di coesistenza tra queste due normative. In particolare, mentre la legislazione comunitaria è intervenuta grazie alla fissazione, sia pure in funzione promozionale, delle “atti- vità” praticabili da parte dell’operatore economico che ha a sua disposizione una struttura produttiva, il diritto privato inglese, attraverso la sola disciplina dettata

Pluralismo definitorio dell’attività e dell’impresa agricola

per i contratti agrari, si è viceversa preoccupato sempre di definire i comporta- menti dell’operatore convenzionalmente individuati in relazione agli interessi della controparte contrattuale. Sotto questo profilo, tra la rivisitata ed ampliata libertà dell’agere dell’operatore economico e dei suoi familiari, promossa dal diritto comunitario (in funzione promozionale), e il rigoroso rispetto degli impe- gni convenzionali assunti nel quadro della legislazione circa i rapporti tra lan-

dlord e tenant, il sistema anglosassone registra, non senza qualche tensione, la

fedeltà al primato del diritto privato contrattuale. Del resto, è in questa prospet- tiva, come ben può evidenziarsi nel saggio di Bodiguel e Cardwell, che l’amplia- mento del potere di scelta dell’operatore economico incidente sull’uso della struttura produttiva previsto nella legislazione di fonte comunitaria è stato stret- tamente legato, nel caso inglese, al consenso della controparte contrattuale del- l’agricoltore.

Viceversa, nel sistema proprio del diritto continentale, in particolare nelle esperienze francese ed italiana, la presenza di un approccio disciplinare interno che, sul piano dello stesso diritto privato, già conosce l’attività come punto di riferimento della normativa, ha favorito una soluzione sorprendente in ordine al rapporto sistemico tra la disciplina privatistica dell’attività agricola e quella pro- mozionale di origine comunitaria.

La soluzione adottata non si limita a spostare il primato sulla seconda; essa, soprattutto, consegue tale risultato, con la tendenza a trasferire nella definizione codicistica, vale a dire in quella indirizzata a delineare lo statuto dell’operatore economico da applicare nei confronti dei terzi, proprio i contenuti di quella nuova più ampia definizione comunitaria di “agricoltura”, in parte legata alla stessa diversification, che è sorta sul piano della recente legislazione promozio- nale comunitaria in materia di politica agricola.

La situazione ora individuata può ben rinvenirsi, sia pure con sfaccettature ed intensità diverse, tanto nell’esperienza giuridica francese, quanto in quella italiana.

In particolare, per quel che riguarda la prima, l’attrazione esercitata dal modello comunitario alla base della nuova PAC, ispirato ad una configurazione multifunzionale dell’agricoltura sulla definizione codicistica dell’attività agri- cola, ossia su quella definizione legata alla disciplina dei rapporti privatistici tra l’operatore economico ed i terzi, si può facilmente cogliere non solo nella stessa determinazione, maturata tardivamente in Francia, di adottare nella codifica- zione una definizione generale di attività agricola dopo decenni di tetragono silenzio15, ma soprattutto nella recente modifica dell’art. L311-1 del Code rural,

15 In altre parole, se si pone mente all’affermazione di Lorvellec, supra (nota 5) circa il diffuso atteggiamento esistente in Francia prima del 1988 contrario all’introduzione di una definizione in positivo dell’attività agricola nell’ambito della disciplina privatistica, risulta evidente che l’op- posta scelta accolta nella loi del dicembre 1988 relativa “a l’adaptation de l’exploitation agricole a son environnement economique et sociale” abbia risentito, sin dal suo nascere, proprio delle esigenze di politica economica legate ai mutamenti allora avviatisi in senso alla PAC volti ad ampliare l’area operativa della aziende agricole, in connessione con la tendenziale contrazione

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che ha investito la stessa individuazione delle attività agricole principali. Sulla base della novella adottata con la legge n. 157 del 23 febbraio 2005, sono state considerate attività agricole principali anche “des activités de préparation et d’entraînement des équidés domestiques en vue de leur exploitation, à l’exclu- sion des activités de spectacle”. Come è facile osservare, la nuova qualifica di “agricole” si riferisce alle attività economiche di préparation et entraînement dei cavalli, a prescindere, dunque, dal preesistente svolgimento nella medesima struttura dell’attività di allevamento in senso stretto, secondo il modello già pre- visto nella norma e risalente al 1988 che ha inteso configurare come attività agricole primarie “les activités correspondant à la maîtrise et à l’exploitation d’un cycle biologique de caractère végétal ou animal et constituant une ou plu- sieurs étapes nécessaires au déroulement de ce cycle ainsi que les activités exer- cées par un exploitant agricole qui sont dans le prolongement de l’acte de pro- duction ou qui ont pour support l’exploitation”.

La novella legislativa, con cui si è inteso assicurare agli operatori economici che si dedicano a questa nuova attività il trattamento giuridico nei rapporti con i terzi e con il fisco previsto per gli agricoltori, consuma uno strappo significativo rispetto alla funzione ed al “senso” stesso della nozione di attività agricola con- tenuta nel testo originario dell’art. L311-1 del Code rural. La modifica appare ispirata soprattutto all’esigenza di favorire l’operatore economico che si dedica a tale attività, sottraendolo all’applicazione dello statuto e del trattamento fiscale previsti per l’attività commerciale, piuttosto che riflettere una nuova ponderata valutazione di tutti gli interessi in funzione della cui tutela trae origine la disci- plina privatistica sull’attività. Questa prima conclusione, del resto, trae ulteriore conforto dal fatto che la novella del 2005, nel disancorare la qualifica dell’atti- vità agricola da quel criterio generale univoco fondato sulla centralità del c.d. ciclo biologico, non si limita a privare la disposizione del codice di quella coe- renza esistente prima dell’intervento correttivo qui in esame. Essa, infatti, con- figura la qualificazione disciplinare di alcune attività in termini di activités

agricoles come la semplice risultanza di una sommatoria di scelte disciplinari

che partono e rispecchiano valutazioni tra loro disomogenee.

In tal modo, a ben vedere, si va ben oltre il pluralismo definitorio che pur sempre riflette la presenza di finalità diverse e distinte tra loro in relazione alle specificità dei singoli rami del diritto. In questo caso, il pluralismo interviene all’interno di una medesima qualificazione giuridica (quella tradizionale di diritto privato) che vorrebbe restare unitaria nei suoi profili funzionali e, soprat- tutto, investe, questa volta, i criteri stessi che hanno portato alla soluzione accolta.

del sistema protezionistico fondato sulla politica degli alti prezzi per i prodotti agricoli. Come dire, dunque, che nel sistema francese, per quanto destinata ad incidere nei rapporti con i terzi, la definizione civilistica dell’attività agricola, è stata assunta in coerenza con indirizzi di politica economica contingente, in funzione della necessità di confortare l’ampliamento dell’area dell’at- tività da riservare alle strutture agricole, ossia dell’“agrarietà”, promosso dal diritto comunitario.

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In definitiva, la qualificazione dell’“agrarietà” da riconoscere ad alcune atti- vità, per quanto collocata funzionalmente nell’area operativa del diritto privato, risulta fondata su presupposti diversi e non omogenei tra loro, sicché prospettiva regolativa e prospettiva promozionale coesistono in maniera confusa nella medesima disposizione del Code rural, con il sicuro rischio di denervare l’ori- ginaria coerente funzione della norma nel sistema del diritto privato, per di più avvalorata ab origine dalla sua stessa collocazione nell’ambito della codifica- zione civile.

Come dire, dunque, che le determinazioni disciplinari si allontanano sempre di più da una visione coerente e conseguenziale rispetto a precisi scopi, per col- locarsi in una deriva nella quale la rinuncia ad un possibile ordine, a favore viceversa del mero accumulo di determinazioni normative, accentua il rischio di mettere sullo stesso piano scelte disciplinari che rispondono a logiche distanti tra loro e, dunque, di favorire le spinte lobbistiche che, tradizionalmente, accompa- gnano gli interventi “promozionali”, come tali aventi carattere congiunturale.

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