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In connessione con quanto osservato nel paragrafo che precede, vale la

Osservazioni sugli accordi di riammissione tra la CE e alcun

9. In connessione con quanto osservato nel paragrafo che precede, vale la

pena di notare che le convenzioni opportunamente elencate nella clausola di non incidenza recano norme suscettibili di limitare l’operare degli accordi di riam- missione in combinazione con il principio del safe third country; di limitare, cioè, l’utilizzazione di quegli accordi per allontanare dei richiedenti asilo verso uno Stato (di destinazione, di transito) considerato, per l’appunto, sicuro, senza che sia stata esaminata la domanda di protezione internazionale73.

Quel principio è fondato su una costruzione ampia della Convenzione di Ginevra del 1951: sinteticamente, si afferma che le persone le quali abbandonino il proprio Paese per timore di una persecuzione (ex art. 1, par. 2) devono presen- tare la domanda di protezione nel primo Stato sicuro con cui esse abbiano con- tatto. Combinato con gli accordi di riammissione (di cui siano parte gli Stati di arrivo e di destinazione o di transito), quel principio è utilizzato (dal primo) per richiedere, per l’appunto, la riammissione del richiedente asilo nel Paese sicuro (di destinazione, di transito) dove avrebbe potuto ottenere – o abbia già ottenuto – siffatta protezione74.

La nozione di “paese terzo sicuro” non è estranea al diritto comunitario: in effetti, ai sensi dell’art. 3, par. 3 del regolamento 343/200375, “ogni Stato membro

mantiene la possibilità, conformemente alla propria legislazione nazionale, di

72 L’art. 4, par 6, del d. lg. n. 24 del 25 gennaio 2007 (GURI, Serie generale, n. 6 del 20 marzo 2007, p. 6 ss.) sulla attuazione di quella direttiva, esclude il transito per via aerea “se il cittadino di un Paese terzo corre il rischio di subire, nel Paese di destinazione o di transito, trattamenti inumani umilianti, la tortura o la pena di morte o rischia la vita o la libertà a causa della sua nazionalità, del suo orientamento sessuale, delle sue convinzioni politiche o della sua appartenenza ad un genere o ad un determinato gruppo sociale”.

73 Tra gli altri v. D. bouteillet-paQuet, op. cit., p. 364 ss.

74 Nella sua formazione, la costruzione in parola muove dall’art. 31, par. 1 della Convenzione di Ginevra, il quale esclude che gli Stati contraenti applichino sanzioni penali ai rifugiati in situa- zione irregolare provenienti “direttamente” dal Paese in cui la loro vita o la loro libertà era minac- ciata; muove cioè da una interpretazione a contrario del termine “direttamente”. In argomento v. A. zimmermann, Asylum Law in the Federal Republic of Germany in the Context of International

Law, in ZaöRV, 1993, p. 49 ss., in specie, p. 60 ss. (anche per i problemi considerati nel testo);

S. lavanex, Safe Third Country. Extending the EU Asylum and Immigration Policies to Central

and Eastern Europe, Budapest-New York, 1999 (indicazioni blibliografiche p. 177 ss.); G. noll,

Negotiating Asylum. The EU Acquis, Extraterritorial Protection and the Common Market Deflec-

tion, The Hague, 2000, p. 182 ss.; M. Fullertone, Failing the Test: Germany Leads Europe in

Dismantling Refugee, in Texas ILJ, 2001, p. 231 ss., in specie p. 242 ss.; r. byrne, g. nool, New

Asylum Countries? Migration Control and Refugee Protection in an Enlarged European Union,

The Hague, 2002, p. 17 ss.; J. C. hathaway, op. cit., p. 293 ss.; g. s. gooDwin-gill, J. mcaDam,

op. cit., p. 390 ss.

Osservazioni sugli accordi di riammissione

inviare un richiedente asilo in un paese, nel rispetto delle disposizioni della Convenzione di Ginevra”. Si tratta di una disposizione di contenuto corrispon- dente all’art. 3, par. 5 della Convenzione di Dublino del 1990 sulla determina- zione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno Stato membro; ancorché sostituita dal regolamento indicato (art. 24, par. 1), quella Convenzione continua ad applicarsi nei rapporti tra la Danimarca e gli altri Stati membri (Preambolo, par. 18)76.

D’altro canto, gli accordi di riammissione potrebbero essere utilizzati (a catena) anche per allontanare un richiedente asilo verso il suo Paese di origine considerato sicuro77.

Dei concetti di “paese terzo” e di “origine” sicuri fa menzione la direttiva 2005/85/CE (art. 25 ss.)78, in vista dell’applicazione negli ordinamenti interni di

norme procedurali che considerino le domande di protezione internazionale irri- cevibili o infondate ove presentate da persone provenienti da un Paese (di primo asilo o) terzo sicuro, o, rispettivamente, di origine sicuro. Per quanto qui inte- ressa, va ricordato che, muovendo dall’affermazione del rispetto dei diritti fon- damentali (Preambolo, par. 8), le disposizioni della direttiva distinguono tra le nozioni di “paese terzo sicuro” e di “paese terzo europeo sicuro” (super safe) e ricollegano l’applicazione di quest’ultimo concetto e di “paese di origine sicuro” all’osservanza, negli Stati terzi, dei diritti fondamentali indicati dalla CEDU, dal Patto sui diritti civili e politici, dalla Convenzione delle Nazioni unite sul divieto di tortura, ecc., e al rispetto del principio di non refoulement (articoli 27 e 36 e Allegato II).

Siffatta disciplina trova punti di contatto con le indicazioni fornite dal Comitato esecutivo dell’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati allo scopo di limitare l’operare del concetto in esame (al caso di rifugiato che abbia ottenuto effettiva protezione nel terzo Stato, risulti protetto contro il refou-

lement e sia trattato nel rispetto dei diritti individuali fondamentali, finché non

si trovi una soluzione al problema di cui si tratta)79.

Ora, la circostanza che una persona sia entrata, o cerchi di entrare, illegal- mente in uno Stato membro provenendo da un “paese europeo (considerato)

76 Cfr. supra, nota 24.

77 Sulle nozioni in parola, v. la bibliografia indicata in nota 74.

78 La direttiva del Consiglio, del 1° dicembre 2005, è in GUUE L 326, 12 dicembre 2005, p. 13 ss.; sulla stessa, anche per altre indicazioni bibliografiche, v. il nostro Recenti tendenze dell’UE in

materia di diritti processuali dei richiedenti asilo: tra CEDU e “regime europeo comune”, in cor-

so di pubblicazione per gli Scritti in onore di Vincenzo Starace. Al momento in cui si correggono le bozze si ha notizia dell’adozion del d. lg. di attuazione della direttiva (non ancora pubblicato, il 13 dicembre 2007, giorno di ultima consultazione del sito www.governo.it).

79 Executive Committee Conclusions, Problem of Refugees and Asylum-Seekers Who Move in an Irregular Manner from a Country in Which They Had Already Found Protection, n. 58 (XL) 1989, reperibile on line nel sito www.unhcr.org.

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Giovanni Cellamare

sicuro” non costituisce una ragione sufficiente per poter espellere quella persona verso lo Stato di provenienza anteriormente all’esame della domanda di asilo80.

Invero, trattandosi del rischio di violazione dell’art. 3 della CEDU, per indi- cazione della Corte europea, gli Stati hanno l’obbligo di esaminare rigorosa- mente e in modo indipendente la posizione dei richiedenti asilo, prevedendo mezzi idonei a evitare gli effetti potenzialmente irreversibili del provvedimento di allontanamento che li riguardi, compresa la sospensione dell’esecuzione di detto provvedimento. Ciò in considerazione del carattere assoluto del diritto tutelato da quella norma. Né potrebbero trovare applicazione termini procedurali rigidi che non tengano conto del rischio irreparabile di violazione del diritto in parola81.

In particolare, in una specie di trasferimento del richiedente asilo verso uno Stato safe, competente a esaminare la domanda in base ad un accordo interna- zionale, la Corte ha attirato l’attenzione sull’esigenza che sia valutata l’esistenza in detto Stato di garanzie processuali volte a impedire l’allontanamento imme- diato della persona interessata verso un altro Paese nel quale vi sia quel rischio82.

80 Per quest’ordine di considerazioni, nonché per quanto di seguito, nel testo, v. le posizioni dell’ECRE e di Amnisty International riportate in European Legal Network on Asylum (ELENA),

The Application of the Safe Country of Origin Concept in Europe, on line nel sito www.ecre.org,

p. 5 s.; le osservazioni critiche dell’UNHCR, Towards a Common European Asylum System, pub- blicata in c. Dias urbanoDe sousa, p. De bruycker (under the supervision of), The Emergence

of a European Asylum Policy, Bruxelles, 2004, p. 227 ss., in specie p. 231, e in Note, reperibile on line in www.ecre.org; la Information Note dell’ECRE (con la sigla IN1/10/2006/EXT/JI), nel sito

www.ecre.org; D. ackers, The Negotiations on the Asylum Procedure Directive, in EJML, 2005,

p. 1 ss., in specie p. 31 s., che riprende quelle critiche; B. Junker Burden Sharing or Burden Shift-

ing? Asylum and Expansion in the European Union, in Georgetown Immigration Law Journal,

2006, p. 12 ss. della versione reperibile on line in www.lexis.com.

81 Di conseguenza, il rifiuto del riconoscimento dello status di rifugiato a causa di inadeguate garanzie procedurali può essere causa di violazione indiretta dell’art. 3: in quest’ultimo senso il rapporto della Commissione europea dei diritti dell’uomo 23 aprile 1988, Hatami c. Svezia, pa- ragrafi 96-109; per quanto osservato nel testo v. le indicazioni della Corte europea nella sentenza 5 febbraio 2002, Čonka c. Belgio, par. 79, che richiama in proposito quanto già osservato nella sentenza 11 luglio 2000, Jabari c. Turchia, par. 50. Sull’orientamento degli organi di garanzia del- la CEDU consistente nel desumere esigenze di legalità e garanzie processuali dalle stesse norme della cui violazione si tratta, in specie dagli articoli 2, 3 e 8, v. il par. 5 del nostro scritto cit. supra, nota 78; M. hottelier, La nécessaire complémentarité des droits matériels et des garanties de

procédure, in RTDH, 2007, p. 573 ss.

82 Cfr. le indicazioni nel caso T. I. c. Regno Unito, cit.: “[I]n the present case, the applicant is threatened with removal (dal Regno Unito) to Germany (…). It is accepted by all parties that the applicant is not, as such, threatened with any treatment contrary to Article 3 in Germany. His removal to Germany is however one link in a possible chain of events which might result in his return to Sri Lanka where it is alleged that he would face the real risk of such treatment. The Court finds that the indirect removal in this case to an intermediary country, which is also a Contract- ing State, does not affect the responsibility of the United Kingdom to ensure that the applicant is not, as result of its decision to expel, exposed to treatment contrary to Article 3 (…). Nor can the United Kingdom rely automatically in that context” sulla Convenzione di Dublino. Inoltre, sebbene detta Convenzione persegua “laudable objectives, its effectiveness may be undermined in practice by differing approaches adopted” dagli Stati. “The Court primary concern is whether

Osservazioni sugli accordi di riammissione

Ora, pur non escludendo del tutto l’espulsione di un richiedente asilo da uno Stato membro ad altro Stato membro di provenienza di quella persona, la Corte non ha affatto scartato che, in circostanze particolari, per le ragioni riferite, sif- fatta espulsione possa porre un problema di violazione della Convenzione euro- pea; la Corte, cioè, ha posto in luce la necessità di un attento esame delle carat- teristiche del caso di specie83. L’applicazione pura e semplice del criterio del safe

third country, nei rapporti tra Stati europei considerati, per l’appunto, sicuri, non

esclude dunque il pericolo di refoulement da parte degli stessi84.

In conclusione, affinché quel criterio possa funzionare in conformità con il divieto di refoulement, nonché con i principî e i diritti fondamentali operanti nell’ordinamento comunitario, per quanto qui interessa, è necessario poter stabi- lire che lo Stato europeo di transito e quello di destinazione del richiedente asilo siano safe (non solo in generale, ma) per quella persona. Su queste basi, dunque, l’operare della riammissione dovrebbe considerarsi subordinata all’accertata inesistenza dei pericoli indicati; in particolare, giusta le indicazione della Corte europea dei diritti dell’uomo, all’accertato funzionamento nello Stato richiesto di un quadro normativo idoneo a impedire il rischio di refoulement, ancorché indiretto, della persona da riammettere. L’attenzione dunque si sposta sul conte- nuto delle leggi statali di adattamento agli accordi considerati e sull’applicazione che si faccia delle stesse.

there are effective procedural safeguards of any kind protecting the applicant from being removed from Germany to Sri Lanka (…)”. Ora, “it is satisfied by the Germany Government’s assurances that the applicant would not risk immediate or summary removal to Sri Lanka”. Le indicazioni in parola sono state ribadite dalla Corte nella sentenza dell’11 gennaio 2007, affare Salak c. Paesi

Bassi, par. 18 ss., in vista di un’espulsione in aree “safe” della Somalia.

83 Si vedano le osservazioni di S. legomonsky, Secondary Refugee Movements and the Return

of Asylum Seekers to Third Countries: The Meaning of Effective Protection, in IJRL, 2004, p. 567

ss.

84 Degni di nota in tal senso i casi richiamati nel documento n. 8598, del 21 dicembre 1999, dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, Restrictions au droit d’asile dans les Etats

Membres du Conseil de l’Europe et de l’Union Européenne, p. 5, reperibili on line nel sito www.

coe.int.; le decisioni della House of Lords del 19 dcembre 2000, Regina v. Secretary of State for

the Home Department ex parte Adan, e Regina v. Secretary of State for the Home Department ex

parte Aitseguer, reperibile on line nel sito www.parliament.uk.; v. pure ECRE, Infomation Note, cit., nota 117, e G. noll, Formalism v. Empiricism: Some Reflections on the Dublin Convention

on the Occasion of Recent European Case Law, in Nordic JIL, 2001, p. 161 ss.; G. borchelt, The

Safe Third Country Practice in the European Union: A Misguided Approach to Asylum Law and a Violation of International Human Rights Standards, in Columbia HRLR, 2002, p. 473 ss.

sommario: 1. Premessa. – 2. L’incidenza della giurisprudenza della Corte di giustizia nella rego-

lamentazione comunitaria dei servizi. – 3. L’evoluzione dell’ambito di applicazione materia- le della libera prestazione dei servizi. – 4. Segue: la nozione di servizio e i rapporti con le altre libertà economiche fondamentali. – 5. Segue: i servizi prestati senza alcuno spostamen- to fisico dei soggetti coinvolti. – 6. Le deroghe alla libera circolazione dei servizi: l’amplia- mento del novero delle esigenze imperative connesse all’interesse generale e l’impatto della direttiva “Servizi”. – 7. Il principio del mutuo riconoscimento. – 8. Libera circolazione dei servizi e protezione dei diritti fondamentali. – 9. La questione delle c.d. fattispecie meramen- te interne. – 10. Conclusioni.

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