La responsabilità delle stazioni appaltanti per ritardato
4. Riguardo all’ambito oggettivo di applicazione, una questione ancora
aperta riguarda l’applicabilità della nuova disciplina agli appalti pubblici “di
lavori”.
Prima del recepimento della direttiva 2000/35/CE in Italia, l’Autorità di Vigilanza sui Lavori Pubblici si è espressa in senso difforme, sostenendo che essa non è direttamente applicabile alla materia dei lavori pubblici, “dato che il suo ambito è limitato ai pagamenti effettuati a titolo di corrispettivo per le tran- sazioni commerciali fra imprese e fra imprese e pubblica amministrazione, lad-
18 R. conti, g. De marzo, I ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione dopo il
decreto legislativo n. 231/2002, Padova, 2004, spec. p. 157 ss. E tuttavia: “La subordinazione dei
pagamenti da parte dello Stato all’obbligo della previa fatturazione (nella specie: per corrispettivi di opere in appalto pubblico) va escluso anche alla luce della nuova disciplina di attuazione della direttiva 2000/35/CE del 29 giugno 2000, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, contenuta nel D. lgs. n. 231 del 2002, che ha dettato una minuziosa disciplina della decorrenza degli interessi moratori stabilendone la automatica decorrenza (senza la necessità della costituzione in mora del debitore) alla scadenza del termine legale, variamente individuato, con riferimento ad una pluralità di fatti, quali la data di ricevimento della fattura da parte del debitore, o quella di ricevimento ‘di una richiesta equivalente di pagamento’, o quella di altri eventi (ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi o dell’accettazione o della veri- fica ai fini della conformità delle merci o dei servizi rispetto alle previsioni contrattuali), finanche quando ‘non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento’ (art. 4 D. lgs. n. 231 del 2002)”, così, Cass., 29 luglio 2004, n. 14465, in Corr. giur., 2004, p. 1597, con nota di g. De marzo.
19 Nella misura in cui: “Il D. Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, è espressione dei principi fissati nella direttiva comunitaria 2000/35/CE, finalizzata a contenere entro limiti ragionevoli – in chiave di tu- tela del regolare svolgimento delle operazioni di mercato – il fenomeno dei ritardi nel pagamento delle obbligazioni. Le relative disposizioni nazionali trovano attuazione ad ogni pagamento pre- visto a titolo di corrispettivo in una transazione commerciale, senza alcuna particolare limitazione di carattere soggettivo e quindi anche per contratti di cui è parte una Pubblica Amministrazione (art. 2 del D. Lgs. n. 231/2002: i contratti, comunque denominati, tra imprese ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi, contro il pagamento di un prezzo)”, così, da ultimo, T.A.R. Piemonte, Sez. II, 19 febbraio 2007, n. 720, in JurisData, voce Amministrazione pubblica–Contratti in ge-
nere.
20 Ed infatti: “Ai rapporti tra consumatori e professionisti, nel caso di mora dei primi, non sono applicabili le disposizioni di cui al D. Lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, sui ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali” Trib. Roma, 14 marzo 2003, in Contratti, 2003, p. 1031.
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dove per transazioni commerciali si intendono i contratti che comportano la consegna di merci o la prestazione di servizi contro pagamento di un prezzo” e concludendo che “la disciplina in materia di ritardati pagamenti contenuta nel- l’art. 26 della legge 109/94 e s.m.i. e negli artt. 29 e 30 del D.M. 145/2000 copre ogni ipotesi di conseguente danno in concreto derivatone e può essere valida- mente opposta ad ogni ulteriore pretesa risarcitoria”21.
Tale opinione è stata ripresa nella Relazione di accompagnamento allo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2000/35/CE, secondo la quale “non si è intervenuto sulla legislazione in materia di lavori pubblici, visto che la normativa europea disciplina esclusivamente i contratti aventi ad oggetto servizi e merci”. Anche il preambolo del decreto legislativo richiama la disciplina in materia di appalti pubblici, ad eccezione di quella sui lavori.
Alla base di questo orientamento vi è l’attribuzione alla nozione di “presta- zione di servizi” del significato che essa assume nella disciplina interna degli appalti. L’appalto di lavori o d’opera ha ad oggetto un’attività di costruzione, demolizione, recupero, ristrutturazione, restauro e manutenzione di opere ed impianti, anche di presidio e difesa ambientale e di ingegneria naturalistica22,
ovvero il compimento di “un’attività di rielaborazione e trasformazione dei materiali, al fine di produrre un nuovo bene ovvero di modificare sostanzial- mente un bene preesistente”23. Viceversa, l’appalto di servizi è il contratto avente
ad oggetto la produzione di una certa attività o il soddisfacimento di un partico- lare interesse (all’interno del quale può anche sussistere una modificazione materiale della cosa, quale elemento meramente accessorio e strumentale ad ottenere lo scopo). La nuova normativa potrebbe, così, trovare applicazione sol- tanto per le ipotesi di contratti di appalto c.d. a regime misto (lavori-forniture- servizi), laddove la fornitura di merci e/o la prestazione di servizi superino il valore del 50% dell’importo contrattuale (ex art. 14 del nuovo Codice).
Questa interpretazione dell’ambito di applicazione della direttiva 2000/35/ CE non appare del tutto convincente, né alla stregua del criterio storico, né teleo- logico e neppure sistematico. Sotto il profilo storico, l’esame della disciplina comunitaria porta, infatti, a ritenere che la definizione di transazione commer-
ciale contenuta in tale direttiva, incentrata sui contratti che comportano la con- segna di merci o la prestazione di servizi, non sia volta ad escludere categorie di
contratti quali gli appalti di lavori, quanto piuttosto a ricomprendere il più ampio novero di tipologie contrattuali. Dall’analisi del processo di adozione della diret- tiva 2000/35/CE, emerge l’intenzione di non escludere gli appalti di lavori dal- l’ambito applicativo delle regole comunitarie.
21 Determ. 27 marzo 2002, n. 5, GURI n. 95, 23 aprile 2002.
22 Cfr. art. 2, l. 11 febbraio 1994, n. 109, recante “Legge quadro in materia di lavori pubblici”,
GURI n. 41, 19 febbraio 1994.
23 Cfr., per tutti, D. rubino, g. iuDica,Dell’appalto, III ed., in A. scialoJa, G. branca(a cura di), Commentario al codice civile, Bologna-Roma, 1992, p. 102; in senso analogo, Cass., 17 aprile 2001, n. 5609, in Contratti, 2001, p. 818, secondo cui l’appalto d’opera ha per oggetto qualsiasi modificazione dello stato materiale di cose preesistenti.
Responsabilità delle stazioni appaltanti
La raccomandazione della Commissione del 1995, riguardante i termini di pagamento nelle transazioni commerciali, si è occupata espressamente di appalti pubblici, compresi gli appalti di lavori. In particolare, essa invitava gli Stati membri a fissare “termini per l’espletamento delle formalità amministrative pre- liminari ai pagamenti, come le procedure di collaudo nei lavori pubblici”24.
La direttiva 2000/35/CE non ha abbandonato l’impostazione volta a com- prendere nel suo ambito di applicazione tutti gli appalti pubblici. La proposta di direttiva, inizialmente presentata dalla Commissione, prevedeva una disciplina speciale particolarmente rigorosa per gli appalti pubblici.
Nel testo finale questo approccio è stato abbandonato in favore di una disci- plina unitaria dei termini e dei ritardi di pagamento, che riguarda “tutte le tran- sazioni commerciali a prescindere dal fatto che esse siano effettuate tra imprese pubbliche o private o tra imprese e autorità pubbliche, tenendo conto del fatto che a queste ultime fa capo un volume considerevole di pagamenti alle imprese. Essa, pertanto, dovrebbe disciplinare anche tutte le transazioni commerciali tra gli appaltatori principali ed i loro fornitori e subappaltatori”25.
Sotto il profilo teleologico, nella direttiva 2000/35/CE non vi è alcuna indi- cazione che porti ad escludere, dai contratti tra imprese e pubbliche amministra- zioni rientranti nel suo ambito di applicazione, i contratti di appalto di lavori pubblici. L’art. 2 della direttiva definisce la pubblica amministrazione facendo ricorso all’ampia nozione contenuta nelle direttive sugli appalti pubblici, com- presa quella in materia di lavori (già direttiva 93/37/CEE; oggi 2004/18/CE), relativamente ai c.d. organismi di diritto pubblico. Ritenendo diversamente, si dovrebbe ammettere che le istituzioni comunitarie, contravvenendo agli obiettivi prefissati, avrebbero tollerato una palese disomogeneità di trattamento norma- tivo tra P.M.I. impegnate nei settori delle forniture e dei servizi rispetto a quelle operanti nel settore dei lavori, falsando la libera concorrenza e contribuendo, anzi, a perpetuare quel sistema che aveva prodotto abbondanza di fallimenti, e perciò si era inteso eliminare. Del resto, la nozione comunitaria di servizi conte- nuta nell’art. 50 TCE è ben presente nella direttiva 2000/35/CE, che ne valorizza la stretta connessione economica con l’attività di impresa, sottolineandone il carattere distintivo non più in ragione del prodotto offerto (forniture, servizi, lavori), bensì in funzione dell’utilità sociale erogata (sottesa a tutti e tre gli ambiti ricompresi nei settori c.d. tradizionali)26.
Sotto il profilo sistematico, infine, la disciplina prevista è dettata con riguardo ad una particolare obbligazione pecuniaria, qualificata dalla sua prove-
24 Raccomandazione della Commissione europea 95/198/CE, cit. 25 Cfr. 22° “considerando”, direttiva 2000/35/CE.
26 Su tali aspetti, restano illuminanti le osservazioni di A. iannarelli, La disciplina dell’atto e
dell’attività: i contratti tra imprese e tra imprese e consumatori, in N. lipari (a cura di), Diritto
privato europeo, II, Padova, 1997, p. 521 ss., il quale sottolinea a giusta ragione come la tecnica
normativa comunitaria di far dipendere determinate qualificazioni dall’attività di contrattazione imprenditoriale sia il portato delle dinamiche dell’economia moderna, correlate principalmente alla crescente complessità dei mercati di riferimento.
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nienza da una transazione commerciale. L’effetto obbligatorio che viene disci- plinato è, tuttavia, preso in considerazione in quanto tale, a prescindere dai suoi riflessi sull’economia generale del contratto da cui deriva; esso, cioè, è conside- rato al di fuori del nesso di interdipendenza con altre obbligazioni pure derivanti dal medesimo contratto. In definitiva, sebbene il riferimento della normativa appaia costantemente rivolto al diritto del creditore nel contesto della relativa posizione giuridica di contraente, la disciplina in questione costituisce propria- mente disciplina dell’obbligazione e non già disciplina del contratto27.
L’esclusione degli appalti pubblici di lavori dalle regole comuni in materia di ritardi di pagamento, di cui al d. lgs. n. 231/2002, appare dunque in contrasto con la normativa comunitaria. Ne consegue che, ove si dovesse attribuire natura
self-executing alla direttiva 2000/35/CE, il decreto attuativo andrebbe disappli-
cato dal giudice nazionale, per contrasto con il diritto comunitario, nella parte in cui si esclude l’estensione della nuova disciplina agli appalti di opere pubbliche, ferma in ogni caso restando l’esperibilità dell’azione risarcitoria nei confronti dello Stato italiano, per non aver dato corretta attuazione al dettato della diret- tiva28.