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A fronte di un quadro evidentemente problematico, riscontrabile a tutti

La responsabilità delle stazioni appaltanti per ritardato

9. A fronte di un quadro evidentemente problematico, riscontrabile a tutti

livelli di analisi, le amministrazioni indicano come causa principale del feno- meno dei ritardi di pagamento la limitata disponibilità di risorse finanziarie. Si è instaurato, in particolare, un meccanismo di mancata corrispondenza tra eserci- zio corrente e relativi stanziamenti, i quali vengono prioritariamente utilizzati per regolare i pagamenti pregressi, mentre quelli più recenti o di nuova forma- zione vengono sistematicamente differiti e rinviati agli esercizi successivi.

Su questa situazione sono ripetutamente intervenute le politiche di conteni- mento della spesa pubblica, che, pur necessarie e condivisibili, non fanno che alimentare il circolo vizioso dei ritardi di pagamento, anche a causa della scarsa capacità/possibilità delle articolazioni amministrative di attuare un’efficiente razionalizzazione della spesa ed un’oculata programmazione dei consumi, in particolare per quanto concerne spese obbligatorie o urgenti ed indifferibili.

In questo contesto, i ritardi di pagamento vengono utilizzati come vero e proprio strumento regolatore di cassa. La sostenibilità di questa strategia risulta, tuttavia, oramai del tutto incoerente con la normativa introdotta dal decreto legi- slativo, in base alla quale, stante l’automaticità degli interessi da ritardo e la garanzia della loro acquisizione in via giudiziale, si potrebbe realizzare un’in- controllabile espansione dei debiti delle pubbliche amministrazioni. Risulta, quindi, necessario che i centri di spesa siano in grado di governare queste situa- zioni, ricorrendo anzitutto agli strumenti di controllo di regolarità amministra- tiva e contabile e di controllo sulla gestione (di cui al D. lgs. n. 286/1999).

In questa prospettiva, occorre un più attento monitoraggio di tutte le fasi contabili in cui si articola il rapporto contrattuale relativo all’appalto, fino alla liquidazione della spesa. L’insorgere di un’obbligazione pecuniaria riguardante il ritardo di pagamento non attentamente monitorata e adeguatamente affrontata

dai loro comportamenti nei confronti dei ritardi di pagamento (anche alla luce delle controdedu- zioni delle amministrazioni coinvolte), la sottovalutazione del problema non dovrebbe destare eccessivo stupore.

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può, infatti, configurare una fattispecie di danno per l’amministrazione causata dall’inefficienza. Una soluzione precauzionale consiste nel prendere a modello quanto stabilito dal legislatore francese nel nuovo Code des marchés publics, in vigore dal 9 settembre 2001. Ritenendo inadeguata la previgente regolamenta- zione dei corrispettivi delle commesse, riferita alla sola tempistica di emissione del mandato di pagamento, il Code riformato prescrive ora, indifferentemente sia per le amministrazioni statali, che per gli enti locali, l’impegno contrattual- mente prefissato sul termine per il pagamento complessivo in favore delle imprese appaltatrici, automaticamente sanzionato con il versamento di interessi moratori dissuasivi50.

Un comportamento amministrativo rigoroso dovrebbe essere ancor più inci- sivo nei riguardi delle spese non obbligatorie; le disposizioni del decreto legisla- tivo dovrebbero, infatti, vincolare l’amministrazione a reperire preventivamente la copertura finanziaria delle spese e, a seguito del relativo impegno sullo speci- fico capitolo di bilancio, accantonare le relative risorse da utilizzare e renderle indisponibili per altri utilizzi. La limitata conoscenza da parte delle amministra- zioni della normativa sui ritardi di pagamento, la sottovalutazione del suo impatto o, peggio ancora, il mantenimento di una prassi ancora legata alla “sog- gezione” dei privati nei confronti della pubblica amministrazione rappresentano elementi non più accettabili e, soprattutto, insostenibili a seguito dell’entrata in vigore del D. lgs. n. 231/2002.

Per le imprese, un problema di fondamentale importanza riguarda lo smobi- lizzo dei crediti insoluti. Sono state adombrate, a livello normativo, alcune solu- zioni che ancora non trovano, tuttavia, compiuta attuazione. È certo che la disci- plina di derivazione comunitaria sui termini di pagamento coinvolgerà notevolmente l’attività relativa all’acquisto dei crediti commerciali all’interno del settore pub- blico, il cui principale ostacolo era costituito dall’art. 339 della legge (abolitrice del contenzioso amministrativo) del 20 marzo 1865, All. F, che vietava “qualun- que cessione di credito e qualunque procura, le quali non siano riconosciute”. La norma estendeva, all’ambito dei lavori pubblici, il previo consenso della P.A., già previsto dall’art. 9 dell’All. E per i soli contratti “in corso di esecuzione”, anche alla cessione di crediti nascenti da contratti “ad esecuzione ultimata”.

La precitata disposizione è stata abrogata dall’art. 231 del D.P.R. n. 554/1999. L’odierno art. 117 del nuovo Codice degli appalti pubblici ha, quindi, previsto: “le disposizioni della legge 21 febbraio 1991, n. 52, sono estese ai crediti verso le pubbliche amministrazioni derivanti da contratti di servizi, forniture e lavori, ivi compresi i concorsi di progettazione e gli incarichi di progettazione”. Ne consegue che, senza più limitazioni al solo settore dei lavori, l’imprenditore aggiudicatario del contratto (di servizi, forniture, lavori) può cedere attualmente il proprio credito nei confronti della P.A. con le modalità previste dalla l. 52/91, seppur con alcune deroghe stabilite dall’art. 115 del D.P.R. 554/99, norma di relativa attuazione. La cessione deve essere stipulata mediante atto pubblico, o

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scrittura privata autenticata, e perché sia opponibile alla P.A. non è sufficiente la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, ma deve essere notificata all’ammini- strazione debitrice. Inoltre, la cessione del credito è efficace ed opponibile alla P.A. solo qualora questa non la rifiuti, con comunicazione da notificarsi al cedente ed al cessionario entro 15 giorni dall’avvenuta notifica della cessione.

Il sopravvenuto quadro disciplinare è certamente più idoneo al rinnovato “agire privatistico” della P.A.51, pur continuando a presentare non secondari ele-

menti di criticità dovuti alla perdurante vigenza di norme di diritto speciale. Più specificamente, in sede regolamentare è stato abrogato l’art. 339, ma non anche l’art. 9 dell’All. E; sicché, visto il generale richiamo alla disciplina contenuta nella l. 52/91, resterebbe da chiarire a quali fattispecie (cessione ex art. 1260 c. c. ovvero ex lege 52/91) applicare l’oramai “ridondante” disciplina del silenzio (rectius, adesione “tacita” nei 15 giorni). L’incertezza sembra scontare il timore latente che “durante l’esecuzione del contratto, possano venire a mancare i mezzi finanziari al soggetto obbligato alla prestazione in favore della pubblica amministrazione”52, così evidenziando come non sia ancora pienamente maturato

il definitivo superamento dell’affermazione della opponibilità della cessione alla P.A. quale conseguenza esclusiva della cessione, senza alcun “disimpegno” per l’originario appaltatore, coerentemente con quanto in precedenza osservato in merito ad una disciplina di derivazione comunitaria dettata in riferimento alla sola situazione creditoria, piuttosto che alla complessiva posizione contrattuale. Di qui, anche, l’ulteriore esigenza, tuttora insoddisfatta, di individuare un proce- dimento idoneo a consentire alla P.A. le opportune variazioni sui mandati di pagamento, a fronte della vicenda circolatoria, senza tuttavia incidere sul princi- pio della diretta opponibilità della cessione.

Le maggiori criticità si riscontrano, peraltro, nell’esatta definizione di cre-

dito futuro, in considerazione di un rapporto solitamente “di durata” quale l’ap-

palto pubblico, i cui corrispettivi in corso di esecuzione ben potrebbero rientrarvi nella portata definitoria ed essere, così, assoggettati alla ripercorsa normativa. In relazione al mercato degli appalti, soprattutto per le grandi infrastrutture, la limi- tazione temporale (2 anni) contenuta nell’art. 3 della l. 52/91 potrebbe risultare eccessivamente sacrificata. Inoltre, l’aleatorietà della gara, e comunque la diffi- cile pianificazione partecipativa soltanto in funzione della stazione appaltante, rendono complicato soddisfare il requisito dell’indicazione del debitore ceduto, previsto dal medesimo art. 3, 4° comma della normativa sul factoring.

La legge finanziaria per il 2005 (cfr. art. 1, 362°-366° commi, l. 30 dicembre 2004, n. 311) ha predisposto un meccanismo innovativo, che consente alle imprese di cedere alla Cassa Depositi e Prestiti i crediti nei confronti delle ammi-

51 Il rilievo è avvalorato dalla recente l. 11 febbraio 2005, n. 15, recante “Modifiche ed inte- grazioni alla legge 241/90, concernenti norme generali sull’azione amministrativa”, GURI n. 42, 21 febbraio 2005, che ha testualmente sancito per la P.A. l’obbligo dell’agire privatistico quale

modalità ordinaria da seguire nei rapporti con i privati.

52 Cfr. Cass., 5 ottobre 2000, n. 13261, in Urb. app., 2001, p. 389, con nota di G. De marzo; conf. 11 gennaio 2006, n. 268, in Massimario della giurisprudenza italiana, 2006.

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nistrazioni dello Stato derivanti dalla fornitura di beni e servizi, limitatamente ai debiti scaduti ed esigibili alla data del 31 dicembre 200453. È previsto che la

Cassa disponga i pagamenti a valere su un apposito fondo con una dotazione finanziaria di 2.000 milioni di euro.

Ad oggi, tuttavia, si è ancora in attesa dell’emanazione del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui devono essere stabilite le modalità applicative di queste disposizioni54. Nel frattempo, sono state adottate

misure transitorie per gestire i debiti pregressi ed evitare l’eventuale perenzione contabile55. Resta, comunque, l’esigenza di pervenire rapidamente ad una regola-

mentazione definitiva. La legge finanziaria per il 2006 (cfr. art. 1, 50° comma, l. 23 dicembre 2005, n. 266) è intervenuta in materia, prevedendo l’istituzione di un Fondo finalizzato ad estinguere i debiti pregressi contratti dalle amministra- zioni centrali dello Stato, con una dotazione finanziaria di 170 milioni di euro per l’esercizio 2006 e di 200 milioni di euro per gli esercizi 2007 e 2008.

Per consentire alle amministrazioni il riscontro, in tempo reale, delle dispo- nibilità di fondi e migliorare in misura sostanziale il supporto conoscitivo per le decisioni dei centri di spesa, l’informatizzazione delle fasi di ordinazione e di pagamento delle spese può svolgere un ruolo cruciale56. L’utilizzo di strumenti

informatici può, infatti, produrre effetti positivi sia in termini di riduzione del tempo necessario per concludere i processi di acquisto, sia in termini di ridu- zione della spesa.

In questa prospettiva, andrebbe attentamente vagliata l’opportunità di diffon- dere tra le amministrazioni l’utilizzo delle c.d. “carte di acquisto” (purchase

card). Si tratta di carte di pagamento che ripropongono, in ambito pubblico, la

formula della carta di pagamento utilizzata dalle imprese per l’approvvigiona- mento di beni e servizi ricorrenti di basso valore unitario. Questo sistema di

53 I crediti devono essere iscritti nel conto dei residui passivi dell’esercizio 2005, ovvero tran- sitati nel conto del patrimonio per effetto della relativa perenzione amministrativa, cioè l’elimina- zione dei residui passivi dalla contabilità decorsi i termini previsti.

54 Nella seduta del 6 luglio 2005, n. 651, in risposta ad un’interrogazione, il Ministro per i rapporti con il Parlamento indicava il 30 settembre 2005 come data per l’emanazione del citato decreto.

55 In attesa dell’adozione di tale decreto, “le Amministrazioni effettueranno i pagamenti dei debiti di fornitura seguendo l’ordinaria gestione dei residui passivi” (Ministero dell’Economia e delle Finanze, Circ. 11 febbraio 2005, n. 5). Per quanto concerne i residui passivi dichiarati perenti agli effetti amministrativi, la stessa Circolare prevede che, nelle more dell’adozione del citato de- creto ministeriale, il pagamento degli stessi continuerà ad essere effettuato con le modalità previ- ste dal D.P.R. 24 aprile 2001, n. 270, recante “Regolamento di semplificazione delle procedure di reiscrizione nel bilancio dello Stato dei residui passivi perenti (n. 36, all. n. 1, legge n. 50/1999)”,

GURI n. 156, 7 luglio 2001.

56 L’Agenzia del Territorio, a partire dal 26 giugno 2003, ha introdotto l’obbligo di inserire nel sistema informatico SIGMA la data di ricevimento delle fatture. Il sistema, sulla base dei dati relativi ai termini di pagamento concordati, determina così la scadenza del pagamento creando una sorta di anagrafe dei fornitori, consentendo un aggiornamento in occasione di ogni nuovo contratto. Analoga iscrizione nel sistema informatico SIGMA avviene per le procedure di spesa delle Agenzie delle Entrate e delle Dogane.

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pagamento, utilizzato negli Stati Uniti fin dagli anni Ottanta, è già stato adottato con successo nelle pubbliche amministrazioni di vari Paesi europei, tra cui Regno Unito, Germania, Francia, Svezia, Norvegia e Spagna57.

Il ricorso alle “carte d’acquisto” può presentare vantaggi sia per le ammini- strazioni che per le imprese fornitrici. Le prime possono conseguire una forte riduzione dei costi di transazione e di processo, nonché un migliore controllo delle spese e della situazione finanziaria. Per i fornitori questo strumento, che rende controparte dell’impresa creditrice la banca emittente della carta, com- porta una riduzione dei tempi di pagamento ed una maggiore certezza circa la loro effettiva esecuzione.

Non ultimo in ordine di importanza, un’ipotesi non necessariamente alterna- tiva a quella appena prospettata consiste nel mettere a punto meccanismi che consentano alle imprese, che vantino crediti non contestati nei confronti di pub- bliche amministrazioni, di compensarli con le somme dovute (anche a titolo fiscale) ad altri rami delle amministrazioni dello Stato, ovviando così all’altri- menti necessitata via giudiziaria. Sembra questa la strada imboccata dal p.d.l. n. 165, presentato nella seduta della Camera dei Deputati del 28 aprile 2006, recante “Disposizioni in favore delle imprese che subiscono ritardi di pagamento da parte della pubblica amministrazione”, il quale non soltanto prevede in via generale all’art. 2 la compensazione con i debiti fiscali e/o contributivi dell’im- presa creditrice verso la P.A., spostando così l’onere della disfunzione finanzia- ria sullo stesso settore pubblico; ma valorizza all’art 3, 2° comma il ruolo dei Consorzi Fidi, di cui all’art. 13 della legge-quadro 24 novembre 2003, n. 326, consentendo alle imprese, a cui si richiede per legge la prestazione di idonee garanzie ai fini dell’assegnazione della commessa, di utilizzare a tale scopo i crediti scaduti, che costituiscono anche copertura per l’eventuale garanzia collet- tiva rilasciata da tali organismi e su cui potersi rivalere.

Una strada che può e deve essere percorsa con estrema celerità, contro i danni troppo spesso subìti per le endemiche deficienze del soggetto pubblico e, non di rado, per il trattamento sperequato in situazioni analoghe ancorché inver- tite (è il caso emblematico degli interessi moratori applicabili automaticamente dalla legge per l’inutile decorso del termine previsto per il pagamento della car- tella esattoriale che, “in quanto partecipanti della stessa natura del debito princi- pale”, sono ex art. 75, 1° comma, lett. g), D.P.R. n. 554/1999, causa di esclusione dalla commessa già aggiudicata)58, a scapito delle categorie produttive del

sistema-Paese.

57 Sui vantaggi derivanti dall’introduzione delle “carte d’acquisto” per la pubblica ammini- strazione, cfr. a. De marco, e. morley-Fletcher, L’innovazione nei sistemi di pagamento come

leva per una razionalizzazione delle procedure di acquisto: le purchase card, in L. Fiorentino(a

cura di), Outsourcing, procurement, contratti delle pubbliche amministrazioni: l’acquisto di beni

e servizi della pubblica amministrazione tra sprechi e risparmio, 2006, reperibile on line al sito

www.astrid-online.it.

58 È questa la recentissima decisione adottata dal T.A.R. Lazio, Sez. III-ter, 18 gennaio 2007, n. 723.

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