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In assenza di indicazioni provenienti dal livello costituzionale 65 , è necessa-

La fase ascendente del processo decisionale dell’Unione europea e

5. In assenza di indicazioni provenienti dal livello costituzionale 65 , è necessa-

rio ora volgere l’attenzione alla recente legge n. 11/200566, che ha sostituito la

legge La Pergola e ha tentato di affrontare con pretesa di sistematicità il tema dei rapporti tra il Parlamento e il governo in materia di Unione europea.

La disposizione di maggiore interesse per la presente indagine è senza dub- bio l’art. 3, significativamente intitolato “Partecipazione del Parlamento al pro- cesso di formazione delle decisioni comunitarie e dell’Unione europea”.

Quanto alla trasmissione di documenti (che deve avvenire contestualmente alla loro ricezione), sono menzionati i progetti di atti comunitari e dell’Unione europea, nonché gli atti preordinati alla formulazione degli stessi, e le loro modi- ficazioni, con l’indicazione della data presunta per la loro discussione o ado- zione67.

Tali documenti devono essere accompagnati, ai sensi del 3° comma, da un’informazione qualificata e tempestiva, che deve essere costantemente aggior- nata. A prima vista, non appare chiaro in cosa debbano consistere tali informa- zioni accessorie: un’indicazione può essere ricavata a contrario dal fatto che altre parti della disposizione si occupano di alcuni obblighi di natura informa- tiva, che pertanto dovrebbero essere esclusi dal 3° comma. Così, il 7° comma della disposizione in esame si riferisce ad una relazione tecnica che può essere

65 La legge costituzionale n. 3/2001 di riforma del Titolo V (GURI n. 248, 24 ottobre 2001) si occupa del ruolo delle Regioni e delle Province autonome nella fase ascendente (v. l’art. 117 Cost, 5° comma, come novellato) ma tace sul coinvolgimento del Parlamento.

Una limitata attenzione al tema in esame è ravvisabile nel Progetto elaborato dalla Commissione bicamerale per le riforme costituzionali nel 1997: l’art. 115, 1° comma del Progetto si limitava a stabilire che le Camere concorrono a definire gli indirizzi di politica europea e che, a tal fine, il Governo le informa periodicamente in merito ai procedimenti di formazione delle norme e degli atti comunitari. La previsione appariva alquanto generica e inidonea a conferire al Parlamento un ruolo incisivo nella fase formativa degli atti comunitari: nello stesso senso, cfr. U. allegret- ti, p. caretti, Riforma costituzionale, globalizzazione, “treaty-making power” e partecipazione

italiana al processo di integrazione europea, in Dir. pub., 1997, p. 649 ss., in particolare p. 672

s.; C. curti gialDino, Unione europea e trattati internazionali nelle riforme costituzionali della

Bicamerale, Milano, 1998, p. 47 ss.

66 Per un commento, v. E. cannizzaro, La riforma della «legge La Pergola» e le competenze di

Stato e Regioni nei processi di formazione e di attuazione di norme dell’Unione europea, in RDI,

2005, p. 153 ss.; m. cartabia, l. violini, Le norme generali sulla partecipazione dell’Italia al

processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comuni- tari. Commento alla legge 4 febbraio 2005, n. 11, in Le Regioni, 2005, p. 475 ss.; G. contalDi, La

disciplina della partecipazione italiana ai processi normativi comunitari alla luce della riforma

della legge «La Pergola», in DUE, 2005, p. 515 ss.; F. pocar, Con l’abrogazione della legge La

Pergola maggior peso alla fase ascendente, in Guida al diritto, n. 9, 5 marzo 2005, p. 32 ss.; S.

vuoto, La nuova disciplina della partecipazione italiana al processo di formazione e di attuazio-

ne del diritto comunitario, in S. panizza, R. romboli (a cura di), L’attuazione della Costituzione.

Recenti riforme e ipotesi di revisione, Pisa, 2006, p. 379 ss.

67 Stranamente, il 2° comma include tra gli atti di cui al 1° comma “i documenti di consultazio- ne, quali libri verdi, libri bianchi e comunicazioni, predisposti dalla Commissione delle Comunità europee”: alla luce del Trattato di Amsterdam, non si comprende la reiterazione di una siffatta duplicazione, già avvenuta con la legge n. 209/1998 (cfr. supra, nota 61).

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eventualmente richiesta al Governo (che dia conto dello stato dei negoziati, delle eventuali osservazioni espresse da soggetti già consultati nonché dell’impatto sull’ordinamento, sull’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e sull’at- tività dei cittadini e delle imprese), il 5° comma prevede che, su richiesta delle Camere, il Governo riferisca ai competenti organi parlamentari prima delle riu- nioni del Consiglio circa l’orientamento che intende assumere e il 6° comma prevede l’obbligo per il Governo di riferire circa l’esito delle riunioni del Consiglio entro quindici giorni dal loro svolgimento. Si può allora ritenere che l’informazione qualificata di cui al 3° comma debba riguardare il contesto in cui è maturata l’iniziativa. Adottando tale chiave di lettura, si ha tuttavia la sensa- zione che l’apporto della disposizione sia esiguo (senza contare che già le pro- poste spiegano abbondantemente il contesto e la ratio dell’iniziativa), tanto da far pensare che non vi sia stato un perfetto coordinamento delle varie parti del- l’articolo: di più, la qualità del controllo dovrebbe far sì che di norma il Governo accompagni i documenti con una relazione sull’impatto sugli interessi nazionali e un’indicazione circa la posizione che appare ad essa conforme e su cui chiede l’avallo parlamentare68. Questa considerazione è rafforzata dalla circostanza che

ora la Commissione europea invia direttamente le proprie proposte: è allora necessario che il Governo faccia propria un’interpretazione ampia del citato 3° comma e apporti un reale valore aggiunto, elaborando di propria iniziativa appo- siti pro-memoria.

In un’ottica di maggior trasparenza, appare condivisibile che il Governo sia chiamato dal 4° comma ad informare tempestivamente i competenti organi par- lamentari sulle proposte e sulle materie che risultano inserite all’ordine del giorno delle riunioni del Consiglio dei ministri dell’Unione europea: ciò con- sente al Parlamento di avere un quadro aggiornato della tempistica delle proce- dure europee. Nella stessa direzione si muove il 6° comma, nel sancire che l’Esecutivo debba riferire semestralmente alle Camere illustrando i temi di mag- giore interesse decisi o in discussione in ambito comunitario: un approccio qua- litativo e selettivo delle questioni appare vieppiù necessario, onde evitare che le linee portanti dell’azione governativa risultino poco visibili da parte del Parlamento.

Di sicuro interesse è altresì l’attenzione rivolta all’attività del Consiglio europeo69: il 5° comma dispone che il Governo, prima dello svolgimento delle

riunioni del Consiglio europeo, riferisca alle Camere, illustrando la posizione che intende assumere, mentre il 6° comma obbliga l’Esecutivo a riferire entro 15

68 In passato, tale esigenza era stata manifestata dalla XIV Commissione della Camera, che aveva approvato in data 13 febbraio 2002 una risoluzione (n. 8/00006, Conti) che impegnava il Governo ad assicurare che la trasmissione delle proposte di atti comunitari fosse corredata da relazioni tecniche che dessero conto dello stato del negoziato e delle eventuali osservazioni già espresse dagli altri soggetti consultati e che contengano altresì un’analisi dell’impatto sul diritto interno e sulla realtà socio-economica italiana: cfr. Camera dei Deputati, Bollettino delle Giunte e

delle Commissioni parlamentari, 13 febbraio 2002, p. 174-175.

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giorni sull’esito della riunione. Appare criticabile l’esclusione della possibilità di adottare atti di indirizzo sulle riunioni del Consiglio europeo, considerato che in quella sede vengono spesso prese decisioni fondamentali (tra cui quelle rela- tive ai processi di revisione istituzionale o di ampliamento dell’Unione a nuovi Stati membri): sarebbe forse stato opportuno conferire espressamente al Parlamento una capacità di orientamento più ampia, pur se non si può sottacere che l’organizzazione dei lavori parlamentari potrebbe ovviare alla parzialità della disciplina legislativa. Un rapido riferimento alla prassi recente consente di svolgere alcune osservazioni critiche. L’attività di informazione sulle riunioni del Consiglio europeo è stata svolta con la formula delle Comunicazioni del Governo70 o delle audizioni informali71 alle Commissioni riunite affari esteri e

politiche dell’UE di entrambe le Camere: in tali occasioni, si è svolto un dibat- tito, conclusosi senza l’adozione di alcun atto di indirizzo. Desta qualche per- plessità la circostanza che tali confronti parlamentari siano avvenuti il giorno precedente la riunione del Consiglio europeo72. Ciononostante, i lavori parlamen-

tari hanno lasciato intravedere talune potenzialità, pur se non mancano motivi di insoddisfazione: infatti, mentre sono state sperimentate soluzioni non previste dalla legge n. 11/2005 per elaborare orientamenti politici per l’Esecutivo73, è

70 V. Commissioni riunite III e XIV Camera dei Deputati e 3ª e 14ª Senato della Repubblica, seduta del 13 dicembre 2006, con riferimento al Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006; seduta del 20 giugno 2007, con riferimento al Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007.

71 V. Commissioni riunite III e XIV Camera dei Deputati e 3ª e 14ª Senato della Repubblica, seduta del 7 marzo 2007, con riferimento alla definizione dei contenuti della dichiarazione relati- va alle celebrazioni del cinquantennio della firma dei Trattati di Roma, da adottarsi in occasione della riunione informale dei Capi di Stato o di Governo, tenutasi a Berlino il 24-25 marzo 2007: la Dichiarazione è stata firmata il 25 marzo dalla Presidenza di turno del Consiglio, dal Presidente della Commissione e dal Presidente del Parlamento europeo.

72 Diverso il caso dell’audizione informale in vista del vertice di Berlino del 24-25 marzo 2007, avvenuta il 7 marzo.

73 Con riguardo al menzionato vertice di Berlino del 24-25 marzo 2007, la 14ª Commissione permanente del Senato ha inserito alcuni orientamenti nella Risoluzione sul programma legislati- vo della Commissione europea per il 2007 e sul programma di 18 mesi delle Presidenze tedesca, portoghese e slovena del Consiglio UE (doc. XVIII n. 2, approvato il 7 marzo 2007): il 14 mar- zo 2007 l’Assemblea ha approvato la Risoluzione (cfr. resoconto sommario della seduta n. 124, XI).

In vista del Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007, decisivo per il dibattito sul futuro dell’UE, alla Camera alcuni deputati hanno presentato l’11 giugno 2007 mozioni di indirizzo aventi ad oggetto proprio l’atteggiamento del Governo italiano nell’ambito del Consiglio europeo di giugno 2007: cfr. le mozioni n. 1-00179 (Ranieri e a.), n. 1-00178 (Migliore e a.), n. 1-00181 (Tana De Zulueta e a.). Al Senato, l’esame in Commissione della Relazione sulla partecipazione dell’Italia all’UE per l’anno 2006 è stato sfruttato per individuare talune linee di indirizzo da suggerire al- l’Assemblea in vista del menzionato Consiglio europeo (cfr. la Relazione della 14ª Commissione permanente, doc. LXXXVII n. 2-A, comunicata alla Presidenza del Senato l’11 giugno 2007, pp. 14-15).

In un contesto differente dall’imminenza di un Consiglio europeo (la discussione della proposta della Commissione europea sul VII Programma Quadro di attività comunitaria di ricerca, sviluppo tecnologico e dimostrazione per il periodo 2007-2013 e delle relative implicazioni per la ricerca sulle cellule staminali embrionali), l’opposizione parlamentare ha impiegato strumenti regola-

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mancata nuovamente la necessaria tempestività74. Volendo sintetizzare, i flussi

informativi e le possibilità di dialogo sono ormai impressionanti dal punto di vista quantitativo. A nostro sommesso avviso, quello che occorre è che siano privilegiati aspetti qualitativi: da un lato, il Governo dovrebbe accompagnare sempre i documenti trasmessi con note sintetiche che richiamino l’attenzione sugli aspetti salienti; dall’altro, il Parlamento deve organizzare un meccanismo tempestivo di screening iniziale dei vari dossier, in modo tale da concentrare l’attenzione sugli argomenti più rilevanti per gli interessi nazionali e da essere in grado di seguire il relativo processo decisionale nei suoi sviluppi75, e prestare

maggiore attenzione alla tempestività delle proprie iniziative.

Il 7° comma ricalca le disposizioni previgenti, nel prevedere che sui progetti e sugli atti di cui al 1° e 2° comma i competenti organi parlamentari possono formulare osservazioni e adottare ogni opportuno atto di indirizzo al Governo. Piuttosto, la novità sta nel fatto che il controllo politico sul Governo risulta raf- forzato dall’obbligo di riferire dopo le riunioni del Consiglio e dalla possibilità per il Parlamento di accedere direttamente a documenti messi a disposizione dalle istituzioni europee76.

Molto interessante si rivela altresì l’inclusione nel nostro ordinamento di una regolamentazione, contenuta nell’art. 4, della riserva di esame parlamentare. Non mancano tuttavia le perplessità, sia sul piano del dettato normativo, che sul versante della prima prassi applicativa. La disposizione merita di essere riportata per intero:

“1. Qualora le Camere abbiano iniziato l’esame di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 3, il Governo può procedere alle attività di propria competenza per la formazione dei relativi atti comunitari e dell’Unione europea soltanto a conclusione di tale esame, e comunque decorso il termine di cui al 3°

mentari non contemplati dalla legge n. 11/2005 per provocare un dibattito e un voto in Assemblea al Senato: sulla vicenda, cfr. la puntuale ricostruzione di R. Di cesare, Prime applicazioni delle

nuove regole sulla partecipazione del Parlamento alla formazione degli atti comunitari, in Q. cost., 2006, p. 799 ss.

74 Si consideri che per la Camera l’approvazione delle mozioni citate è avvenuta il giorno stes- so in cui cominciava la riunione del Consiglio europeo (cfr. il resoconto della seduta n. 174 del 21 giugno 2007), mentre per il Senato il calendario è stato organizzato in maniera tale che la discus- sione della Relazione annuale menzionata è stata fissata per il 3 marzo 2007 insieme al disegno di legge comunitaria per il 2007 (cfr. ordine del giorno della seduta n. 181), nonostante un’esplicita richiesta di anticipazione avanzata dal Sen. Zanone in data 19 giugno 2007 (cfr. resoconto steno- grafico della seduta n. 170, pp. 4 e 6).

Nuovamente, la “preparazione” del vertice di Berlino è stata più efficace, dato che il Senato si è pronunciato con dieci giorni di anticipo.

75 Appare senza dubbio interessante la soluzione adottata recentemente dalla 14ª Commissione permanente del Senato, che ha istituito un’apposita sottocommissione con l’incarico di monitorare l’attività delle istituzioni europee e di selezionare i dossier legislativi più rilevanti: cfr. la Relazio- ne della 14ª Commissione permanente, doc. LXXXVII n. 2-A, cit., p. 8. Dalla documentazione disponibile sul sito internet del Senato, la prima riunione avente ad oggetto una tale attività di

screening è stata tenuta il 4 aprile 2007.

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comma, apponendo in sede di Consiglio dei ministri dell’Unione europea la riserva di esame parlamentare.

2. In casi di particolare importanza politica, economica e sociale di progetti o di atti di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 3, il Governo può apporre, in sede di Consiglio dei ministri dell’Unione europea, una riserva di esame parlamentare sul testo o su una o più parti di esso. In tale caso, il Governo invia alle Camere il testo sottoposto alla decisione affinché su di esso si esprimano i competenti organi parlamentari.

3. Nei casi di cui ai commi 1 e 2, il Presidente del Consiglio dei ministri ovvero il Ministro per le politiche comunitarie comunica alle Camere di avere apposto una riserva di esame parlamentare in sede di Consiglio dei ministri del- l’Unione europea. Decorso il termine di venti giorni dalla predetta comunica- zione, il Governo può procedere anche in mancanza della pronuncia parlamen- tare alle attività dirette alla formazione dei relativi atti comunitari e dell’Unione europea”.

Nella prassi del Consiglio, la riserva viene apposta dai governi in situazioni riconducibili alla fattispecie di cui al par. 2 (riserva apposta a discrezione del Governo), specialmente ove il parlamento nazionale non si sia espresso o il con- tenuto dell’atto appaia innovativo rispetto a quello su cui il parlamento nazionale aveva già discusso, mentre originale appare l’ipotesi del par. 1 (riserva la cui formulazione è per il Governo obbligatoria). Essa può destare altresì alcune perplessità, in quanto sembra imporre al governo di apporre la riserva per gua- dagnare venti giorni nell’ambito di procedure di adozione di atti che hanno scansioni temporali ben più significative77: se a ciò si aggiunge che una proposta

iniziale della Commissione non può essere messa in discussione se non dopo sei settimane dalla sua presentazione, ne risulta un quadro disarmonico. Se applicas- simo alla lettera la disposizione, sembrerebbe conferita al Parlamento la capacità di obbligare il Governo a pretendere la sospensione degli iter deliberativi degli atti dell’Unione (anche quelli urgenti per cui il Protocollo di Amsterdam ammette una deroga al termine delle sei settimane), in ogni eventuale passaggio che veda il Consiglio deliberare: il che sembra criticabile, soprattutto ove si ponga mente al fatto che il termine di venti giorni decorre da un evento determi- nato dal Governo (l’effettiva trasmissione al Parlamento di proposte provenienti dal piano europeo) o dal Parlamento (il concreto avvio dell’esame parlamen- tare), che potrebbe ben figurare come tardivo rispetto ai tempi delle procedure europee. Di tal guisa, la riserva a livello europeo verrebbe apposta sulla base di inerzie o inefficienze originate dal piano interno. Si ricava pertanto l’impres- sione che il nostro legislatore non abbia tenuto in adeguata considerazione la natura dei procedimenti decisionali a livello europeo: sarebbe stato preferibile un miglior coordinamento con il Protocollo n. 9 e una più accurata puntualizza-

77 e. cannizzaro, op. cit., p. 154 critica la brevità dei venti giorni, al cospetto della lunghezza media dei procedimenti decisionali europei.

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zione dei casi in cui un “termine di esame parlamentare” debba (o possa) essere richiesto dal nostro governo in sede di Consiglio.

Quanto alla prassi italiana, si registrano alcune indicazioni. Per quanto è stato possibile accertare, risulta che la riserva sia stata usata dall’Italia per la prima volta nel 2004, nell’ambito della discussione di un progetto di decisione quadro relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle decisioni di confisca, presentato nel 2002 dalla Danimarca nell’ambito del terzo pilastro78: si noti che al tempo non esisteva una disciplina interna sulla riserva e

che l’iniziativa del Governo è da ritenersi dovuta alla peculiare rilevanza annessa alla materia in questione. Successivamente, il governo ha apposto la riserva durante le discussioni relative alla proposta di regolamento, presentata nel 2005 dalla Commissione europea, relativa all’istituzione dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali79: in questo caso, la legge n. 11/2005 era già in

vigore e il governo ha giustificato l’apposizione della riserva ai sensi del par. 1 dell’art. 480.

In entrambi i casi, gli organi parlamentari hanno rivolto all’Esecutivo indi- cazioni sul contegno da tenere nel prosieguo delle discussioni in seno al Consiglio81 e l’atto progettato è stato adottato nelle pertinenti sedi europee82. Da

un esame della versione definitiva approvata, pare possibile svolgere le seguenti considerazioni. Per la decisione quadro sulla confisca, non risultano accolte molte delle richieste contenute nell’atto di indirizzo parlamentare: ciò può spie- garsi alla luce della eccessiva puntigliosità, che rasenta l’ostruzionismo, delle richieste parlamentari e dalla circostanza che nel frattempo è terminata la legi- slatura in cui era stato espresso tale indirizzo, rendendo pertanto libero il nuovo Governo di cercare un accordo con i rappresentanti degli altri Stati membri. Con riguardo all’Agenzia per i diritti fondamentali, le richieste parlamentari presen- tavano un carattere alquanto generale e sembravano già largamente recepite nella proposta originaria della Commissione europea: il testo definitivo non fa altro che ribadire e precisare ulteriormente tali soluzioni. Alla luce della prima

78 Cfr. Iniziativa del Regno di Danimarca in vista dell’adozione di una decisione quadro del Consiglio relativa all’esecuzione nell’Unione europea di ordini di confisca (2002/C 184/05),

GUUE C 184, 2 agosto 2002, p. 8 ss. La riserva è stata apposta dall’Italia e da altri governi alla

riunione del Consiglio Giustizia e affari interni dell’8 giugno 2004. 79 Cfr. doc. COM(2005)280 del 30 giugno 2005.

80 Cfr. la nota di accompagnamento alla proposta della Commissione europea, trasmessa dal Governo in data 7 dicembre 2005. Si noti peraltro la mancanza di tempestività dell’esecutivo: la proposta della Commissione reca la data del 30 giugno 2005.

81 Cfr., rispettivamente, la relazione approvata dalla II Commissione della Camera in data 30 aprile 2004, in Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, 30 luglio 2004, pp. 35- 36; il documento finale approvato dalla XIV Commissione della Camera in data 25 gennaio 2006, in Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari, 25 gennaio 2006, pp. 126-128. 82 Cfr., rispettivamente, la decisione quadro n. 2006/783/GAI del Consiglio del 6 ottobre 2006, relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca,

GUUE L 328, 24 novembre 2006, p. 59 ss.; il regolamento (CE) n. 168/2007 del Consiglio del 15

febbraio 2007, che istituisce l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, GUUE L 53, 22 febbraio 2007, p. 1 ss.

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prassi applicativa, pare possibile affermare che l’istituto della riserva d’esame parlamentare sia ormai divenuta uno strumento ordinario di gestione della fase ascendente: è auspicabile che venga impiegata in maniera accorta, seguendo una logica di valorizzazione del ruolo delle assemblee parlamentari e di condivisione tra queste e l’Esecutivo di orientamenti in merito a dossier particolarmente rile- vanti per gli interessi nazionali.

Non si può sottacere peraltro che la riserva è stata oggetto di una disciplina speciale nell’ambito della legge di attuazione della decisione quadro relativa al

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