• Non ci sono risultati.

Nel XIX secolo la disoccupazione era ritenuta la causa principale della povertà e nell’immaginario il povero era l’operaio Piuttosto che intervenire sul mercato del lavoro s

Grafico 3.1: Cadute e risalite

Pieretti (1993, 1998) focalizza invece la sua attenzione sul concetto di abbandono e decomposizione del sé. La caduta nella povertà estrema comporta un processo di progressiva perdita di relazione con se stessi e con gli altri: dalla perdita del lavoro e della casa, a quella di identità anagrafica, a quella di cittadinanza e quindi di diritti, di ruolo sociale, di contatti con la famiglia, gli amici... Secondo il Prof. Numa Murard, ordinario di Sociologia presso l’Università di Parigi 7, il concetto di desaffiliation non è valido per tutti i poveri: vi sono infatti persone che pur vivendo per strada o nei servizi per senza dimora non hanno del tutto perso i legami con i familiari, altri sono addirittura attaccati in maniera patologica ad alcune relazioni e alcuni infine hanno un legame di dipendenza con le sostanze41.

Al di là del focus scelto, risulta centrale in questi studi sulla povertà il ruolo e il punto di vista del soggetto: le biografie e le storie di vita hanno quindi assunto sempre maggiore importanza nella comprensione del fenomeno. Paugam, come riportato da Iorio, ricorda però che nella definizione che i soggetti fanno della propria situazione intervengono anche meccanismi di etichettamento sociale: nell’interpretazione della povertà non possiamo quindi prescindere dalla comprensione degli “orientamenti sociali”, per questo Paugam sceglie una definizione di povertà articolata secondo tre dimensioni: le forme di intervento istituzionalmente previste per i poveri, le forme di etichettamento dei poveri elaborate dai non poveri e i modi di vita e di adattamento dei poveri

41 A. Foglieni (a cura di), “Una lettura antropologica del disagio adulto grave”, in Tra, 2/2000.

integrazione vulnerabilità

povertà- disaffiliazione

alla condizione di deprivazione42. Si individuano così tre tipi di povertà:

1. povertà integrata: non stigmatizzata; 2. povertà marginale: poveri come inadeguati;

3. povertà invalidante: esclusione sociale e dipendenza dall’assistenza.

Il termine esclusione è abbastanza recente, risale infatti agli anni ’60: in questo periodo di prosperità per gran parte della popolazione europea - e italiana in modo particolare - ci si è accorti con stupore che una parte della popolazione, anche se minoritaria, era rimasta ai margini della ripresa economica e dei suoi benefici. Un decennio dopo, queste sacche di povertà non solo non erano sparite, anzi erano in aumento: se qualcuno ha puntato il dito contro gli esclusi (poveri, asociali, giovani delinquenti…), colpevolizzandoli per la loro incapacità di adattarsi alla società, qualcun altro ha iniziato a pensare che fossero gli stessi meccanismi che producevano la prosperità a causare l’esclusione:

• l’urbanizzazione rapida e disorganizzata che generava segregazioni sociali ed etniche e creava una sempre maggior distanza spaziale tra le generazioni,

• l’inadeguatezza del sistema scolastico,

• la mobilità imposta dal lavoro e la conseguente perdita delle radici e dei legami, • l’ineguaglianza nei redditi, nelle cure, nell’istruzione...

Tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni ’80 è venuta meno una delle certezze che aveva caratterizzato il decennio precedente: il lavoro garantito, il posto fisso. La precarietà del lavoro ha portato all’aumento delle persone a rischio di esclusione e a una nuova lettura del fenomeno povertà come emarginazione43.

Nel 1988 il termine esclusione compare per la prima volta in un documento ufficiale della Commissione Europea: “a process whereby certain individuals are pusher to the edge of

society and prevented from participating full by virtue of their poverty, or lack of basic competencies and lifelonglearning opportunities as a result of discrimination. This distances them from job, income and education opportunities as well as social and community networks and activities. They have little access to power and decision-making bodies and thus often feeling powerless and unable to take control over the decisions that affect their day to day life”44.

42 G. Iorio, La Povertà. Analisi storico-sociologica dei processi di deprivazione, Roma, Armando, 2001, p. 197. 43 La legge 328 dell’8 novembre 2000, con cui il Parlamento italiano ha istituito la Commissione d’indagine

sull’esclusione sociale (CIES), definisce appunto l’esclusione sociale come povertà unita ad emarginazione sociale.

44 Eurostat, Combating poverty and soical exclusion, op. cit., p. 11; traduzione: “Un processo tramite il quale alcuni

individui sono spinti verso il basso e ostacolati nella piena partecipazione sociale a causa della loro povertà, o della mancanza di competenze di base e di opportunità di formazione per tutta la vita come risultato della

Questa definizione segna un importante cambiamento concettuale: parlare di esclusione sociale invece che di povertà significa spostare la propria attenzione dai soggetti poveri ai meccanismi sociali che producono l’impoverimento, il che apre la strada agli studi sui temi del rischio (U. Beck), dell’individualizzazione e della dissoluzione della vita sociale (Z. Bauman e A. Giddens). Il concetto di esclusione, come quello di povertà, è ambiguo e plurale, nonostante i vari tentativi di sistematizzazione45. Possiamo individuare diversi ambiti di esclusione e diverse cause: ad

esempio i problemi di salute e disabilità, il disagio abitativo e la condizione di homeless, le discriminazioni di genere, etnia, religione, il digital divide portato dalle nuove tecnologie dell’informazione della comunicazione. L’Unione Europea nell’indire il 2010 come “anno europeo della lotta contro la povertà e l’esclusione sociale” ha individuato cinque ambiti di esclusione: il mercato del lavoro, il sistema educativo, il sistema di protezione sociale, l’abitazione e il sistema di accesso alle informazioni. Penso sia utile soffermarmi soprattutto sui primi due, che ritengo di particolare importanza nella lotta all’esclusione:

il mercato del lavoro: maggiore è il periodo di disoccupazione e di infruttuosa ricerca di lavoro, maggiore è il rischio di impoverimento (impossibilità di sostenere le spese per l’a casa, l’alimentazione, i servizi e altri beni materiali) e di esclusione sociale (riduzione dei contatti per l’impossibilità di spendere soldi in attività socio-ricreative e per lo stigma di essere disoccupato);

l’educazione: essere costretti a frequentare scuole di bassa qualità, ripetute bocciature e ripetenze e l’abbandono scolastico prima del conseguimento del diploma sono ostacoli all’acquisizione delle competenze e delle conoscenze per la piena partecipazione alla vita lavorativa e sociale.

Mi è sembrato molto interessante il lavoro di Caritas Svizzera che ha individuato una tela dell’esclusione (cfr. grafico 3.2) - adottata poi anche da Caritas Europa - composta da otto dimensioni e quattro aree di inclusione-esclusione e ha realizzato un questionario di 40 domanda attraverso il quale è possibile stabilire il livello di inclusione di una persona o una famiglia.

discriminazione. Questo li allontana dal lavoro, dallo stipendio, dalle opportunità educative come dalle attività sociali e dalle reti comunitarie. Hanno poco potere anche in campo decisionale e spesso si sentono impotenti e impossibilitati di prendere controllo sulle decisioni della loro vita quotidiana”.

45 L’International Institute for Labour Studies distingue cinque categorie di esclusione: dai beni e dai servizi, dal

Outline

Documenti correlati