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Nel XIX secolo la disoccupazione era ritenuta la causa principale della povertà e nell’immaginario il povero era l’operaio Piuttosto che intervenire sul mercato del lavoro s

Grafico 3.3: Il rischio di povertà degli anziani secondo il genere

3.6.5 La povertà estrema: i senza dimora

L’homelessmess è un fenomeno complesso e lo capiamo già nella difficile scelta delle parole per definirlo: parlare di “senza tetto” non è la stessa cosa che parlare di “senza dimora”, “barbone” o “clochard”, perché questi termini rimandano a immagini, connotazioni, idee di povertà diverse... Ma, come mi ha fatto notare A., operatore dell’Unità di strada di Piazza Grande, una volta trovato accordo sul nome con cui definire questa tipologia di poveri, bisogna poi chiedersi chi rientra nella categoria: “solo chi dorme in strada o in dormitorio? E chi vive nei campi o nelle

baracche? E chi abita in una casa occupata? E gli stranieri che vivono in dieci in una stanza? o quelli che occupano una fabbrica abbandonata o che vivono in una cantina?”.

La condizione degli homeless secondo la European Federation of National Organisation

Working with the homeless è caratterizzata da “diseguaglianza sociale, impossibilità a partecipare

al benessere della società a causa di vincoli nell’inserimento sociale e lavorativo, mancanza di prospettive di modificare la propria condizione, mancanza di autonomia individuale, identità personale e sociale danneggiata”96; e il senza dimora è definito: “colui che non benefica di una

sistemazione alloggiativa che abbia le caratteristiche della stabilità, della dimora, cioè di un luogo che abbia i requisiti necessari per essere considerato tale”97. La Fio.psd ribadisce come il

senza dimora sia privo non solo di una dimora esterna, ma anche della “casa interna”, di uno

94 Centro Studi Sofferenza Urbana in collaborazione con il Dipartimento di salute mentale e Abuso di Sostanze

dell’OMS di Ginevra, Città sofferenze, salute mentale, 2007, p. 26.

95 Unchs, 2000, Global Compaign for Good Urban Governance, Nairobi, 2000. 96 M. Pellegrino, V. Verzieri (a cura di), op. cit., p. 7.

spazio di riflessione interiore e di elaborazione psichica e individua quattro aspetti che caratterizzano questa povertà estrema98:

• la muldimensionalità del disagio;

• la progressiva cronicizzazione del percorso di esclusione nel tempo;

la difficoltà nel rapporto con i servizi (le barriere di accesso, ping-pong therapy); • la difficoltà della persona nello strutturare e mantenere relazioni significative.

Un altro il problema riguarda la mancanza di informazioni quantitative statisticamente significative e attendibili su questa fascia di popolazione che non rientra nelle statistiche ufficiali sulla povertà (in cui la base di campionamento è la casa o il reddito familiare). Le prime ricerche sui senza dimora in Europa hanno scelto di stimare la popolazione dei senza tetto ricorrendo alle informazioni di testimoni privilegiati; successivamente si è passati a metodologie sviluppate negli USA negli anni ’80:

single-night count: la metodologia più diffusa è il Shelter and Street Night (S-night approach) che prevede la ricognizione completa di un dato territorio nell’arco di poche

ore e quindi fornisce un censimento completo, anche se si rischia di sottostimare il fenomeno, è dispendioso dal punto di vista delle risorse umane ed economiche e richiede un lungo periodo preparatorio;

one-week o multi-week counts: è una stima fatta sulla base delle persone che nell’arco di

una settimana dormono nei dormitori, per strada o si recano nei servizi specifici per senza dimora nella zona presa in esame. È un metodo meno costoso del precedente, ma il rischio di sovrastimare la popolazione è alto;

capture and recapture approach: si effettuano conteggi ripetuti e si somma la

popolazione osservata in un dato momento con la stima di quella non osservata. • conteggi annuali utilizzando le banche dati amministrative informatizzate.

Dal 1984 il Department of Housing and Hurban Develpment effettua conteggi regolari per stimare la presenza di senza dimora in 80 città americane; in Italia sono invece pochissime le rilevazioni di questo tipo, una prima indagine risale al 14 Marzo 2000 nell’ambito della ricerca di Commissione Indagine sull’esclusione e Fondazione Zancan: 5.000 senza dimora rilevati e 2.668 intervistati, 17.000 la stima ufficiale dei senza dimora presenti sul territorio italiano. L’ultima risale al Gennaio 2008 e ha riguardato la sola città di Milano99: 3.860 persone, 408 in

98 Fio.psd, Contributo alla consultazione pubblica indetta sul Libro Verde sul futuro del modello sociale “La vita

buona nella società attiva”, op. cit., pp. 9-10.

strada e 1.152 in dormitorio e 3.860 nei campi rom: si tratta soprattutto di uomini (donne: 9% in strada e 12,8% nei dormitori), di età media di circa 46 anni (i più anziani preferiscono la strada), è minore il turn over tra chi dorme in strada, c’è una lieve maggioranza di stranieri, di solito sono più istruiti dei senza dimora italiani, il 6% ha una laurea, il 7% un diploma, alcuni hanno un lavoro, ma poco qualificato, il 57% nell’ultima settimana ha ascoltato un telegiornale, una parte è attiva nel tessuto sociale. Sono stati intervistati rispetto alle prospettive di vita passate e presenti - rispetto a queste ultime si nota un progressivo deterioramento delle aspettative - e sulle cause dello stato di senza dimora: vengono ricondotte a fattori non economici come la malattia, la prigione, le dipendenze da alcol e droga, la mancanza relazioni, ma anche alle condizioni del mercato del lavoro e in particolare alla mancanza di case a un prezzo popolare o al numero ridotto di programmi di assistenza immobiliare. Spesso la vera difficoltà sperimentata dai senza dimora non è solo o non tanto l’accesso all’assistenza, quanto piuttosto l’uscire da una condizione di dipendenza cronica: Ornella Bortolotti scrive che “chi da anni vive questa situazione è immerso in un circuito dal quale è difficilissimo uscire. La persona ha costruito nel tempo una barriera sempre più resistente tra se stessa e una realtà che percepisce come minacciosa, vive in un equilibrio precario che si regge su abitudini consolidate che non sono altro che meccanismi estremi di difesa”100.

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