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Le metodologie per un intervento educativo contro la povertà e per i pover

Nel XIX secolo la disoccupazione era ritenuta la causa principale della povertà e nell’immaginario il povero era l’operaio Piuttosto che intervenire sul mercato del lavoro s

Grafico 3.3: Il rischio di povertà degli anziani secondo il genere

2. servizi per la promozione delle professionalità e la divulgazione scientifica; 3 servizi socio-educativi di appoggio all’età adulta in difficoltà.

5.2 Le metodologie per un intervento educativo contro la povertà e per i pover

Come abbiamo visto i luoghi dell’intervento educativo sulla marginalità e la povertà possono essere diversi e vanno dall’informalità della strada alla formalità dei servizi (scuola, dormitori, centri di seconda accoglienza...). A seconda del contesto e dei destinatari (senza dimora, giovani

drop out, anziani, lavoratori poveri, soggetti con dipendenze da sostanze, malati psichici…) sono

diverse le metodologie d’intervento che si possono attuare, io ne prenderò in esame solo alcune, quelle che ho avuto modo di studiare nel mio percorso universitario e di osservare nel mio lavoro di ricerca: il lavoro di strada, l’ascolto, i circoli di cultura, il tutoring e il counseling pedagogico e gli strumenti volti ad allargare il campo dell’esperienza del soggetto.

66 R. Gnocchi (a cura di), Homelessness, op. cit., p. 258.

67 Cfr. M. Debesse, Le tappe dell’educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1961. 68 R. Gnocchi (a cura di), Homelessness, op. cit., p. 263.

5.2.1 Il lavoro di strada

Tutta la storia dell’educazione è caratterizzata da ritorni alla strada: don Bosco, Makarenko, Decroly, Illich, Freire, don Milani, Lodi, don Ciotti… ognuno in modo diverso ha tentato di incontrare i ragazzi e i poveri per strada e di recuperare un dialogo con loro, al di fuori dell’ambito formale della scuola e dei servizi. Per gli educatori quindi lavorare in strada non è certo una novità, rappresenta anzi un ritorno della pedagogia alle sue origini, infatti il termine stesso “pedagogo”, nella sua accezione originaria, rimanda alla strada: era lo schiavo che accompagnava il giovane nel tragitto da casa a scuola, gli stava accanto tutto il giorno e gli insegnava come comportarsi nella vita quotidiana e nella società69.

Il lavoro di strada è il principale strumento d’intervento proposto dalla Pedagogia della marginalità ed utilizzato da alcuni dei servizi visitati nel corso della mia ricerca (San Marcellino, Piazza Grande, Urban Peak), per intercettare il povero sulla strada, dove spesso le domande di aiuto rimangono inespresse o non riescono a trovare il modo di arrivare ai servizi. Fare lavoro di strada significa “mettere in discussione un’idea forte di educazione, accettare di indebolire il proprio ruolo, venire a patti con un mondo che spesso si esprime in termini di provocazione, trasgressione, controdipendenza”70. L’educatore di strada deve rinunciare a due strumenti

fondamentali della relazione educativa, la domanda dell’utente e il luogo istituzionale, esponendosi così ad ambiguità e rischi: chi lavora sulla strada deve farsi carico dell’ “insopportabile, l’errore, il danno, lo sprofondamento, la devianza [...] gestendo un ruolo che qualcuno ha definito a metà tra l’avvocato del diavolo e il socioterapeuta dell’insopportabile”71.

Il lavoro di strada, secondo Regoliosi, si pone lungo il continuum tra accettazione (funzione esclusivamente assistenziale) e cambiamento (funzione educativa): c’è chi sottolinea l’accettazione incondizionata e la risposta ai bisogni primari e chi enfatizza il ruolo formativo, promotore di cambiamento, portatore di modelli alternativi di vita e di valori, e chi infine si colloca in una posizione intermedia nel tentativo di conciliare l’accettazione e la tolleranza con la capacità di innescare processi di autocoscienza, autopromozione e protagonismo.

Sotto il cappello “lavoro di strada” possiamo trovare interventi molto diversi tra loro per destinatari, finalità e metodologia72:

69 L. Regoliosi, op. cit. 70 Idem, p. 25.

71 Idem, p. 31. 72 Idem, pp. 63-66.

Tabella n. 5.1. Il lavoro di strada

Riduzione del danno Educazione di strada Animazione di strada e di

comunità U t e n t i

Soggetti in situazione di grave marginalità che non hanno rapporti con i servizi

sociosanitari (tossicodipendenti, senza dimora, prostitute, bande e gruppi delinquenziali).

Minori singoli e aggregati in gruppi informali che non partecipano ad ambiti istituzionali di aggregazione e

formazione; soggetti a rischio di devianza; soggetti in situazione di grave emarginazione.

Popolazione in generale; gruppi informali; testimoni privilegiati; istituzioni, agenzie, servizi, associazioni e gruppi sociali del territorio.

F i n a l i t à

Conoscenza del territorio, conoscenza della fascia di popolazione identificata come utenza, conoscenza e analisi delle rappresentazioni sociali relative all’utenza, ai suoi comportamenti e ai suoi problemi, risposta ai bisogni primari, prevenzione dei danni connessi alla vita sulla strada, controllo sociale non repressivo, dialogo con i servizi e le istituzioni, educazione alla salute, sviluppo progettualità individuale.

Conoscenza del territorio, conoscenza della fascia di popolazione identificata come utenza, conoscenza e analisi delle rappresentazioni sociali relative all’utenza, ai suoi comportamenti e ai suoi problemi, promozione delle risorse e dell’adattamento, prevenzione del disadattamento attraverso lo sviluppo di fattori protettivi e il contenimento di fattori generali di disagio, prevenzione specifica primaria dei comportamenti devianti, prevenzione specifica

secondaria, per impedire l’aggravarsi dei comportamenti devianti e prevenire i processi di stigmatizzazione sociale, risocializzare i soggetti in condizione di grave emarginazione.

Conoscenza del territorio, facilitazione e promozione sociale dei gruppi informali, stimolazione all’autogestione di attività e allo sviluppo di forme di auto-aiuto, sensibilizzazione della comunità locale, promozione delle risorse individuali e collettive, aumento della soggettività politica e della dialettica tra cittadini e istituzioni, realizzazione di reti relazionali tra le realtà del territorio. I n t e r v e n t o

Presenza operativa nelle ore e nei luoghi dove è presente l’utenza, osservazione,

mappature, instaurazione di una relazione di fiducia con gli utenti, offerta di informazioni di carattere sanitario, sociale, legale e di materiale informativo e di profilassi, accompagnamento degli utenti ai servizi, orientamento e counseling, fornire informazioni la

popolazione sul proprio operato.

Osservazione, mappature, interviste a testimoni privilegiati, ascolto, momenti di colloquio informale o formale con il singolo o il gruppo, counseling, mediazione tra l’utenza e i servizi, accompagnamento ai servizi. n.b. l’educazione di strada può incorporare al suo interno i contenuti della riduzione del danno e

dell’animazione di strada.

Mappature, ricerche-

intervento, accompagnamento in processi di maturazione, empowerment e progettualità dei gruppi informali,

formazione e aggiornamento, lavoro di rete, costruzione di collegamenti e circuiti comunicativi e operativi tra servizi, istituzione formale di organismi di coordinamento, facilitare il confronto e la condivisione dei problemi tra operatori e cittadini interessati.

La riflessione pedagogica, nel continuo dialogo tra teoria e prassi, ha individuato come elementi centrali di questo lavoro educativo:

1. la pedagogia della presenza e dell’incontro: il primo strumento del lavoro di strada è la

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