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Nel XIX secolo la disoccupazione era ritenuta la causa principale della povertà e nell’immaginario il povero era l’operaio Piuttosto che intervenire sul mercato del lavoro s

Grafico 3.3: Il rischio di povertà degli anziani secondo il genere

3.6.6 Nuove povertà, precarietà e vulnerabilità

Secondo i dati Istat 2008, il 14,6% delle famiglie italiane dichiara di arrivare con difficoltà a fine

mese e il 28,4% sostiene di non poter far fronte a una spesa imprevista di 600 euro... sono persone comuni, che hanno un lavoro, una famiglia, una casa, una vita sociale eppure sono povere: “si tratta di un fenomeno inaspettato per il fatto che siamo abituati a pensare al povero come a colui che non ha lavoro o che non ha casa, agli individui che soffrono di dipendenza da sostanze tossiche, al malato e all’invalido, allo straniero irregolare, insomma alla povertà misera estrema che porta all’esclusione sociale”101.

Se le famiglie si sono trovate a fare i conti con difficoltà economiche inaspettate, in parte è causa di fattori legati all’attuale crisi economica e finanziaria: il caro vita e l’inflazione hanno causato l’impoverimento di una fascia di popolazione che non può contare su un reddito particolarmente alto, come i pensionati, i lavoratori poco qualificati e con bassa istruzione, le famiglie numerose e quelle che non dispongono di una casa di proprietà, in particolare le giovani coppie. Di fronte

http:// www.omslearning.it/editnew/document_folder/FIle/sezione20%20documentazione/senzadimora_milano/p overinvisibilipdf (consultato il 6 Maggio 2009).

100 O. Bortolotti Kauffmann, “Emergenza alla stazione di Milano”, in TRA, anno 2, n. 1, Brescia, 19899, p. 14.

101Coop. Samarcanda, Sottotracce emergenti. Indagine esplorativa sulla vulnerabilità sociale e i nuovi percorsi di

alle difficoltà economiche alcune persone hanno cambiato i propri stili di vita in un’ottica di risparmio e sobrietà, mentre altri non hanno voluto rinunciare al proprio tenore di vita e di consumo e pur di mantenerlo hanno accettato il rischio del credito a consumo e delle carte di credito revolving, finendo per spendere al di sopra delle proprie capacità.

“L’odierna stretta creditizia non è il risultato del fallimento delle banche. Al contrario, è il frutto del tutto prevedibile, anche se nel complesso inatteso, del loro straordinario successo: successo nel trasformare una enorme maggioranza di uomini e donne, vecchi e giovani, in una genìa di debitori. […] Entrare in questa condizione, ultimamente, è diventato facile quanto mai prima nella storia dell’uomo: uscirne non è mai stato così difficile”102. Secondo Bauman, moltissime

persone, sedotte dalle carte di credito e dai pagamenti ratealizzati e ingannate come Pinocchio dal Gatto e la Volpe, sono diventate dipendenti dal vivere a credito e quando non possono più pagare ci pensano le banche che prestano altri soldi per pagare il debito: morale della storia, ci si ritrova più indebitati di prima… e più poveri!

Un altro fattore da considerare sono le trasformazioni del mondo del lavoro e in particolare la crisi di molti comparti produttivi, con il conseguente aumento dei licenziamenti e del ricorso alla cassa integrazione non solo per lavoratori con bassa qualifica, ma anche per i dirigenti, che difficilmente riescono a rientrare nel mondo del lavoro nella stessa posizione persa.

Nicola Negri in un’intervista rilasciata ad Animazione Sociale definisce la vulnerabilità come l’essere maggiormente esposti a rischi di deriva ed esclusione sociale e vede nella perdita del potere protettivo del lavoro una delle principali cause della fragilizzazione delle esistenze; ne sono un esempio i lavoratori atipici o precari, che sono soggetti a diverse forme di povertà:

• economica, perché non consentono un reddito stabile nel tempo, • di diritti, perché mancano di rappresentanza sindacale,

• esistenziale, perché la precarietà non consente di poter fare progetti di vita a lungo termine,

• generazionale, perché il rischio di povertà si proietta sulle future famiglie di questi lavoratori.

Accanto a questi fattori troviamo eventi che possono presentarsi nella vita di chiunque senza determinare per forza un percorso di impoverimento, ad esempio la separazione e il divorzio: si tratta di eventi critici, che comportano spese processuali, il dover fare i conti con un solo stipendio per mantenersi e mantenere i figli, oppure gli alimenti da pagare, una nuova casa da affittare. Oppure l’esperienza della malattia e dell’invalidità, in particolare nel caso di persone

anziane e soprattutto sole, infatti la famiglia rappresenta ancora “un potente ammortizzatore sociale in grado di mettere in campo risorse economiche, di tempo, ma soprattutto di sostegno morale”103.

Anziani la cui pensione non è più sufficiente per far fronte alle spese, donne con figli rimaste sole e in cerca di lavoro, famiglie indebitate, persone licenziate o cassaintegrate, famiglie con un reddito troppo alto per rientrare nella fascia di povertà e accedere agli aiuti, ma troppo basso per arrivare a fine mese: per queste persone o famiglie non più benestanti ma non ancora povere, che nonostante la presenza di un reddito non riescono a far fronte alle spese impreviste o necessarie al proprio sostentamento e che sentono vacillare le proprie certezze e le proprie progettualità non esistono servizi specifici, c’è un vuoto legislativo e di conoscenza che mette in difficoltà gli operatori sociali.

Un altro aspetto che rende difficile il lavoro con queste persone vulnerabili è l’eccesso di vicinanza tra gli operatori e questi utenti che portano storie “troppo normali” in cui è facile immedesimarsi e rispecchiarsi104.

Occorre però stare attenti a non sovrastimare il fenomeno: se sempre più persone si sentono povere o a rischio di impoverimento, secondo Negri, forse è perché non riescono più a sostenere i modelli di consumo del proprio ceto di appartenenza, “in un mondo in cui i destini delle persone […] dipendono - forse più di pochi anni fa - dalle risorse private, cioè dalla ricchezza di cui si può disporre, dallo stipendio che si è in grado di guadagnare, l’impoverimento fa molta paura. La riduzione delle aspettative di guadagno e di risparmio, la difficoltà di praticare consumi di «ceto medio» per sé e per i figli, stanno diffondendo la sensazione soggettiva di essere poveri. E tutto questo si traduce in una grande inquietudine sociale”105.

103 Idem, p. 35.

104 M. Cossiga, G. Fiorese, P.N. Scarpa (a cura di), “I servizi socioassistenziali di fronte all’impoverimento delle

famiglie”, in Animazione Sociale, Ottobre 2009.

105 R. Camarlinghi, F. D’Angela, “Se la vulnerabilità è un problema sociale” in Animazione Sociale, n. 10, Ottobre

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