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Nel XIX secolo la disoccupazione era ritenuta la causa principale della povertà e nell’immaginario il povero era l’operaio Piuttosto che intervenire sul mercato del lavoro s

3. I numeri e i volti della povertà oltre i dilemmi e le definizioni in campo sociologico ed economico

3.2 Povertà oggettiva o soggettiva? Ovvero come si misura la povertà?

3.2.1 I metodi di misurazione: scale, indici e indicatori social

La difficoltà di definire il fenomeno povertà ha inevitabilmente delle ricadute sulla possibilità di misurarlo e la confusione e la complessità presenti nell’ambito della definizione della povertà hanno portato ad elaborare diverse metodologie e strumenti di misurazione.

Innanzitutto si è cercata una misura oggettiva della povertà: questo significa prescindere dai giudizi dei soggetti sulla propria condizione e adottare indicatori economici-monetari (reddito, risorse monetarie, consumi) raccolti tramite indagine statistica. Sono tre i principali metodi di misurazione utilizzati nel campo della ricerca sociologica: la soglia, gli indici e gli indicatori

15 F. Delbono, G. lanzi, op. cit.

16 A. Sen, Lo sviluppo è libertà, Milano, Mondadori, 2001, p. 94.

17 Demografo, Professore all’Università Bicocca di Milano, fa parte del Consiglio Italiano delle Scienze Sociali. 18 Fio.psd, Contributo alla consultazione pubblica indetta sul Libro Verde sul futuro del modello sociale “La vita

buona nella società attiva”, Genova, ottobre 2008, materiale fornito al Convegno “Nella mia città. Forme dell’abitare per promuovere cittadinanza e inclusione”, svoltosi a Milano il 6 Febbraio 2009.

sociali.

La soglia

È una linea limite che rappresenta il livello della spesa o dei consumi o del reddito totale (che oltre al reddito tiene conto di altre risorse, come la proprietà di mezzi di produzione, l’accesso a servizi gratuiti...) ritenuti minimi per poter condurre una vita decente a livello mondiale o locale. Questo metodo, utilizzato nelle statistiche ufficiali, misura la diffusione della povertà, ma non la sua intensità (Head-count ratio). Sono esempi del metodo della soglia:

la linea di povertà assoluta utilizzata soprattutto in USA19 e dal 2007 presente

nuovamente anche nelle rilevazioni Istat: questa soglia corrisponde alla spesa mensile minima necessaria per acquistare un determinato paniere di beni e servizi (nelle aree di alimentazione, abitazione, possesso di beni durevoli) da cui dipende uno standard di vita considerato accettabile. Il valore monetario del paniere viene costantemente aggiornato, per tenere conto delle variazioni che i prezzi di beni e servizi possono subire nel corso del tempo, e la soglia varia a seconda del numero e dell’età dei componenti della famiglia, alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza. Questo metodo pone due problemi: uno relativo alla scelta dei bisogni base la cui soddisfazione porta a una vita decorosa, l’altro all’adeguamento della soglia alla variazione reale dei consumi20;

quella di povertà relativa: misura la distanza rispetto alla spesa media pro-capite; può essere individuata in vari modi, attualmente quella utilizzata nei paesi OECD considera povero chi ha un reddito inferiore alla metà del reddito mediano nazionale. Anche in questo caso sono state predisposte delle scale di equivalenza che tengono conto del numero dei componenti della famiglia (scala Carbonaro, scala Isee, scala Ocse...).

Vi sono anche altri metodi che permettono di misurare la distanza percentuale media dei poveri rispetto a una soglia (Income-gap ratio), ma non danno indicazioni sul numero di poveri; anche combinando le due ratio non si avrebbero dati sulle disuguaglianze interne alla popolazione povera.

Gli indici

Ne è un esempio l’indice di rischio di povertà dell’Eurostat, si tratta di una misura relativa, che compara la condizione di un gruppo di individui rispetto a quella dell’individuo medio: è a rischio di povertà chi ha un reddito inferiore al 60% della mediana del reddito nazionale. Disponiamo di molti altri indici per la misura della povertà (Sen, Takayana, Thon, Kakwani e

19 Per approfondimenti consultare il sito: http://www.census.gov (consultato il 25 Marzo 2010). 20 F. Delbono, G. Lanzi, op. cit.

altri) che cercano di tener conto della diffusione del fenomeno, della sua intensità e delle disuguaglianze, basandosi sull’analisi della distribuzione dei redditi tra le famiglie povere e tra queste e le famiglie non povere: nell’indice Sen ad esempio si tiene conto dell’head count-ratio, dell’income-gap ratio e dell’indice di disuguaglianza (indice Gini). L’utilizzo di più indici permette di guardare e di misurare la povertà come fenomeno multidimensionale, il problema è che i dati così raccolti non sono sempre comparabili tra loro e non sono in grado quindi di restituircene un’immagine complessa ed esaustiva.

Gli indicatori sociali

L’idea di misurare il livello di benessere e di povertà attraverso indicatori economici quali il reddito e i consumi è figlia della scelta, più politica che economica, di considerare il Pil come unico indicatore del benessere di una nazione, considerato tutt’uno con la crescita economica. Lo stesso inventore del sistema della contabilità nazionale, Simon Kuznets, aveva messo in guardia politici ed economisti dal rischio di cadere nell’errore di confondere il benessere dei cittadini con l’attività economica dello Stato21. Per capire cosa vuol dire affidarsi al Pil per sapere come

stanno i cittadini, può essere utile utilizzare una metafora: “immagina di essere al volante di un’auto […]: vorresti sapere come sta funzionando, ma quando guardi il cruscotto ti accorgi che c’è una spia sola: la velocità a cui viaggi”22. Da tempo diversi economisti hanno messo in

discussione l’equazione Pil = benessere, inesatta e spesso fuorviante, e hanno proposto metodi alternativi: sono nati centinaia di indicatori e diversi indici complessi, ad esempio il Canadian

index of wellbeing e State of the USA, che comprende 300 indicatori riguardanti diversi aspetti:

salute, istruzione, ambiente, economia, criminalità...

Pur non avendo ancora scalfito il primato del Pil, il movimento degli indicatori sta cambiato il modo di guardare al benessere e alla povertà: infatti negli ultimi anni, con l’affermarsi di una concezione di benessere inteso non come ricchezza, ma come piena realizzazione di sé, nella misurazione della povertà sono state considerate anche la libertà soggettiva, l’autonomia e l’ottenimento di elementi considerati di valore sociale o simbolico (integrazione, rispetto, partecipazione...). Questo approccio incorre tuttavia in alcuni problemi:

le dimensioni del benessere possono essere considerate universali (well-being assoluto) oppure in un ottica pluralista (well-being plurale) che tenga conto delle differenze culturali, storiche e sociali;

• gli elementi di valore possono essere definiti a priori, sulla base della consenso intersoggettivo (well-being oggettivo) - ma in questo modo si rischia di negare

21 J. Gertner, “La ricchezza delle nazioni” in Internazionale, Giugno 2010. 22 Idem, p. 41.

l’autonomia individuale nel determinare il significato di qualità della vita - oppure lasciati alla percezione individuale (well-being soggettivo e inclusivo), tuttavia per disinformazione, pressione sociale o altro le scelte individuali possono andare contro alla piena realizzazione di sé...

Secondo Delbono, “è possibile accettare una nozione esclusiva di well-being, ovvero ritenere che il singolo individuo, in autonomia e sulla base dei propri desideri, riconosca alcune componenti di quanto per lui significhi qualità della vita. Esse, tuttavia, non esauriscono gli elementi di valore”23.

Nella definizione del benessere individuale gli economisti hanno quindi fatto riferimento a concetti filosofici quali natura umana, giustizia ed equità e di conseguenza nella misurazione della povertà accanto a indicatori economici sono state utilizzate variabili di natura più sociologica, politica e culturale attraverso l’uso di indici complessi. Questi ultimi non si limitano all’indicatore del reddito, ma prendono in considerazione altri dati relativi alla qualità della vita, all’istruzione, alla salute; si tratta di informazioni più difficili però da reperire, perché non compaiono nelle fonti statistiche ufficiali. Ne sono un esempio l’indice di povertà umana (esempio n. 1) e l’indice di sviluppo umano (cfr. paragrafo 3.2.2).

Esempio n. 1. Un indice complesso: l’indice di povertà umana.

L’Indice di Povertà Umana (HPI) costruito nel 1997 dall’UNDP (United Nation Development Programme) a partire dalle teorie di Sen è un metodo multidimensionale per studiare le povertà e analizzare i percorsi che portano alla povertà temporanea, a quella permanente e all’esclusione sociale (Frey L., Livraghi R., 1999). Nell’indice vengono considerate tre dimensioni del benessere: l’aspettativa di vita, l’accessp all’istruzione, la qualità della vita. Tenendo conto del fatto che le privazioni sono spesso soggettive e relative alle condizioni economiche e sociali di una data comunità e che esistono delle differenze strutturali tra paesi poveri e ricchi, l’indice di povertà viene calcolato in maniera diversa nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo.

L’HPI dei paesi ricchi prende in esame:

• la percentuale di persone che hanno la probabilità di morire prima dei 60 anni;

• la percentuale di persone che non hanno un’alfabetizzazione adeguata a quella normalmente richiesta nei paesi industrializzati;

• la percentuale di persone con reddito inferiore al 50% della mediana dei redditi;

• la percentuale dei disoccupati di lunga durata (dodici mesi e più). Nei paesi poveri l’indice di povertà umana è calcolato tenendo conto:

• la percentuale di persone che hanno una speranza di vita inferiore ai 40 anni;

• la percentuale di persone adulte analfabete;

• la mancanza di beni e di servizi pubblici che si riflettono sulla percentuale di persone che non hanno accesso ai servizi sanitari e all’acqua potabile e sulla percentuale dei bambini, di età inferiore ai 5 anni, sottopeso.

Le differenze sono da attribuire a tre ragioni distinte:

1. nei paesi in via di sviluppo si è sottolineato il ruolo dell’amministrazione pubblica nella formazione delle risorse economiche e il ruolo delle attività private e della famiglia;

2. la mancanza di reddito è una misura più appropriata per i paesi industrializzati, perché indica una deprivazione di mezzi materiali necessari alle persone;

3. la qualità e la disponibilità dei dati hanno influenzato la scelta dei diversi indicatori.

La povertà umana non è sempre correlata con lo sviluppo umano e con il livello del reddito pro capite: gli USA ad esempio hanno il più alto livello di reddito e contemporaneamente il più alto livello di povertà umana, e anche paesi come il Canada e la Norvegia, che sono in testa alla classifica dello sviluppo umano, hanno problemi di povertà umana.

3.2.2 Oltre la povertà oggettiva: povertà soggettiva, approccio delle capacità e sviluppo

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