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Parte III. Policy urbane e pratiche socialmente innovative: un possibile modello per Milano

3.1 I PROCESSI DI INNOVAZIONE NELLE POLICY URBANE

3.1.2 Il campo delle nuove politiche urbane

All’interno del quadro di senso impostato a partire dalle considerazioni riguardanti le politiche pubbliche e le istanze innovative emergenti, trovano inquadramento ragionamenti sul ruolo, il funzionamento e le tendenze innovative in atto nel campo delle politiche urbane.

Tradizionalmente le politiche urbane, da quando sono entrate a far parte dell’agenda pubblica e amministrativa, sono state gestite e impostate direttamente da soggetti di natura pubblica, sviluppandosi con differenziazione rispetto ad approcci e politiche di matrice settoriale; gli esempi maggiori e più noti di queste tipologie di politiche urbane si possono far risalire al periodo compreso tra fine anni’80 e fine anni ’90, quando diversi programmi e progetti di rilevanza nazionale, e talvolta sovranazionale, sono stati strutturati da parte delle istituzioni pubbliche, per meglio affrontare le questioni fortemente integrate e con un’incidenza territorialmente rilevante (Contratti di Quartiere, Accordi di Programma).

Un’altra declinazione delle tematiche riguardanti le politiche urbane è invece emersa con evidenza a partire dalla fine degli anni ’90, quando per diversi motivi e cause, tra le quali il ruolo cruciale ricoperto dalle istanze e principi costituzionali diffusi a partire dall’UE (sussidiarietà, integrazione, sviluppo locale), si è reso necessario un adeguamento e ripensamento delle modalità di formulazione e implementazione di politiche urbane; questa nuova generazione di politiche urbane infatti affronta e tratta questioni e problematiche di interesse pubblico e collettivo, senza una presenza significativa, decisiva e obbligatoriamente attiva dei soggetti pubblici nei processi di formulazione e sviluppo. In questa direzione emergono allora importanti iniziative e pratiche di sviluppo sociale ed economico, nella maggioranza dei casi emergenti dal basso e dalla società civile, che hanno ricoperto, e che tuttora ricoprono, un ruolo importante nella predisposizione di servizi e beni di utilità pubblica e collettiva a scala urbana, quali iniziative del terzo settore, pratiche associazionistiche e di volontariato,

Il passaggio logico sotteso allo spostamento di interesse da approcci guidati e gestiti direttamente da soggetti di natura pubblica, verso modelli maggiormente incentrati sul ruolo e le attività di soggetti terzi, trova stretta correlazione con l’indebolimento progressivo delle logiche settoriali che hanno guidato e strutturato l’agire pubblico per lungo tempo, nel contesto italiano e non solo; l’emergere di nuove problematiche sociali, l’ampliamento della domanda di qualità e servizi da parte di popolazioni e contesti urbani, l’indebolimento economico e finanziario dei soggetti pubblici, le istanze di partecipazione e rappresentanza della cittadinanza, rappresentano solo alcune delle cause che hanno reso necessario procedere a un ripensamento delle modalità d’azione dei soggetti pubblici, nell’ottica di raggiungimento di obiettivi collettivi qualitativi a livello urbano.

Il progressivo indebolimento e perdita di centralità di approcci settoriali nella sfera pubblica trova spiegazione, oltre che nei fattori di complessificazione della sfera sociale e collettiva, nell’emergere di istanze d’integrazione di approcci e competenze diverse, e nel maggior orientamento verso logiche orientate alla territorializzazione dei problemi e delle opportunità, anche in quell’ottica di sussidiarietà (di dimensione verticale e orizzontale) affermata con forza dall’UE, e presentata nel paragrafo precedente.

La nuova generazione di politiche urbane trova perciò strette connessioni e relazioni con i concetti e le istanze emergenti nei campi dei processi di governance (che verranno approfondite con dettaglio nel paragrafo seguente) intendendo con ciò “azione di governo svolta attraverso la mobilitazione di una molteplicità di soggetti, in posizioni diverse per livello

gerarchico (dimensione verticale), quanto per statuto, pubblico, privato, no-profit (dimensione orizzontale)”[45]; è facile

osservare immediatamente a partire da questa definizione come nei concetti di governance, applicati al campo delle politiche urbane, trovino definizione e declinazione quelle istanze di integrazione, sussidiarietà, costruzione di reti locali di cui si è precedentemente sottolineata l’importanza, con riferimento al campo ampio delle politiche pubbliche.

Leggere le politiche urbane in un’ottica di governance apre almeno due linee interpretative diverse, cui qui pare

interessante accennare brevemente:

- una prima linea interpretativa (che chiameremo scenario di ritirata) si focalizza sulla ritirata dei soggetti pubblici da processi di erogazione e produzione diretta, muovendosi verso processi evolutivi in senso liberista della politica, e della sfera sociale in senso ampio;

- una seconda linea interpretativa (che chiameremo scenario di mutamento) legge le innovazioni nelle dimensioni di

governance nel campo delle politiche urbane come un adattamento ecologico delle forme di governo e azione dei soggetti

pubblici, in risposta alla crescente complessità dei sistemi urbani contemporanei, in direzione dello sviluppo di società in grado di auto-guidarsi, dove i soggetti pubblici non si ritirano, ma mutano i caratteri della propria azione.

Questa seconda linea interpretativa appare per diverse ragioni, che trovano parzialmente origine nelle riflessioni già proposte in precedenza, maggiormente interessante da approfondire. Mentre la prima linea interpretativa sembra rientrare nel quadro di riferimento di quelle politiche pubbliche “a contratto” regolanti l’interazione diretta tra soggetti privati e attori pubblici, la seconda linea interpretativa pare muoversi nella direzione di quelle politiche di matrice deliberativa, che sembrano maggiormente attuali e in grado di inquadrare le problematiche e opportunità emergenti nei contesti contemporanei; per queste ragioni la seconda chiave di lettura delle politiche urbane, nell’ottica di governance, appare maggiormente caratterizzata da sperimentazioni e incertezza degli esiti, questioni queste che troveranno il dovuto approfondimento e dettaglio nel paragrafo successivo, con particolare riferimento alle diverse forme e meccanismi dei processi di governance.

In questo paragrafo ci interessa invece comprendere alcune delle ragioni alla base della disarticolazione delle forme tradizionali d’intervento pubblico, a favore di logiche maggiormente integrate e attuali, concentrandoci in particolare sulle implicazioni alla dimensione urbana. Nello specifico si possono individuare tre ragioni fondamentali all’origine della disarticolazione delle forme tradizionali d’intervento pubblico[46]:

45 Balducci A., Le nuove politiche della governance urbana, Territorio n.13, 2000. 46 Ibidem, Balducci A. (2000).

- la crescente frammentarietà delle società contemporanee;

- la nuova complessità della sfera sociale, politica, istituzionale d’intervento urbano;

- la moltiplicazione dei network e reti basate sulla condivisione di interessi molteplici (culturali, economici, professionali). Andando ora a dettagliare meglio le diverse cause individuate, emerge come i fenomeni di crescente frammentazione delle società contemporanee facciano particolare riferimento a processi interessanti la sfera amministrativa, e trovino senso all’interno di un generale allargamento della sfera pubblica, attraverso il riconoscimento della proliferazione di soggetti, di diversa natura, e di unità amministrative che hanno fortemente condizionato e caratterizzato lo sviluppo di politiche, progetti e iniziative alla scala urbana. In questa cornice di senso emerge la crescente importanza ricoperta da soggetti e attori privati nello sviluppo e nella trattazione di problematiche di natura pubblica e collettiva a scala urbana, inizialmente perseguita maggiormente con approcci “a contratto”, delegando e affidando l’erogazione di servizi di utilità pubblica a soggetti esterni all’apparato amministrativo locale, e in periodi più recenti attraverso il coinvolgimento e l’allargamento a soggetti terzi dei processi di formulazione ed elaborazione di politiche urbane, attraverso il perseguimento di approcci maggiormente deliberativi. In questi processi emerge il ruolo cruciale ricoperto dall’Unione Europea nel promuovere e diffondere nuovi meccanismi, strumenti e modalità di sviluppo delle dimensioni urbane nelle politiche pubbliche, all’interno dei diversi contesti nazionali e locali, attraverso processi di indicazione e strutturazione di linee e criteri guida, in stretta relazione a progetti, programmi e fonti di finanziamento di natura comunitaria.

La seconda ragione individuata in relazione alle dinamiche di disarticolazione delle forme tradizionali d’intervento pubblico, fa riferimento alla nuova complessità sociale emergente e alle dinamiche attuali di forte accelerazione del cambiamento, considerando gli stati di maggiore incertezza e instabilità caratterizzanti i processi sociali, politici e istituzionali dell’epoca contemporanea. In questo senso emerge la necessità di rifondare le forme dell’intervento pubblico in un periodo caratterizzato da velocità sempre crescenti dei processi di cambiamento e innovazione nelle sfere sociali, politiche e istituzionali, muovendosi verso approcci e modalità d’intervento nuove che si muovano in opposizione ad approcci standardizzati, adatti e coerenti per la risoluzione di problematiche emergenti in società statiche, o in lento mutamento.

In parallelo a processi di forte frammentazione, complessità, instabilità e accelerazione del cambiamento emergono e si moltiplicano reti e network all’interno delle società urbane, in grado di collegare individui e soggetti diversi, per natura, competenze e risorse, non più unicamente sulla base di processi di vicinanza spaziale, quanto di vicinanza culturale, intendo la propensione personale dei diversi soggetti ad aprirsi al confronto e alla condivisione di interessi e risorse; emergono in questo senso modalità di relazione plurime, varie per natura e forma (associazioni, comitati, cooperative), in stretta relazione allo sviluppo di innovazioni tecnologiche e digitali che rendono più facile la condivisione e la comunicazione tra soggetti diversi e distanti, e che si strutturano anche come parziale risposta alla crisi delle forme di rappresentanza politica tradizionale.

A partire da queste considerazioni e ragionamenti emerge con evidenza il progressivo ampliamento

dell’agenda dei problemi di interesse pubblico e collettivo, che i governi locali devono affrontare nelle

società contemporanee, in relazione all’allargamento e all’emersione di nuove domande sociali, per le quali oggi emerge la necessità di strutturare politiche e interventi innovativi a scala urbana; tra queste nuove domande sociali emergenti particolare rilevanza è ricoperta dal complesso tema del sostegno allo sviluppo economico e sociale di dimensione locale, tema che, come è stato illustrato in precedenza, sviluppa strette relazioni e connessioni logiche con gli approcci e le molteplici pratiche di promozione e sviluppo di innovazione sociale all’interno dei territori.

Il tema delle nuove domande sociali richiede una migliore organizzazione della società, intesa in senso ampio, per garantire e perseguire uno sviluppo qualitativamente migliore dei servizi e iniziative di natura collettiva, predisposti in risposta a problematiche di crescente importanza (si pensi ai fenomeni di esclusione sociale, povertà, integrazione dei migranti) emergenti nei contesti urbani contemporanei.

Un ultimo campo di riflessione su cui pare utile soffermarsi brevemente riguarda le forme di incentivazione e sostegno economico a supporto di iniziative socialmente positive, a scala urbana; si sta osservando infatti

uno spostamento deciso, nelle forme di incentivazione e supporto economico e finanziario, verso modelli d’erogazione di finanziamenti maggiormente selettivi e in grado di premiare e incentivare le iniziative maggiormente meritevoli, in particolare per fonti di finanziamento di livello europeo, nazionale o regionale.

In conseguenza di ciò emergono alcune tendenze e dinamiche in atto che incentivano la competizione tra soggetti diversi, per statuto, provenienza e/o settore privilegiato d’intervento, nell’acquisizione di finanziamenti a supporto delle attività progettate, verso la valorizzazione di criteri meritocratici; in particolare assumono rilevanza decisiva alcuni criteri e dimensioni di progetto, quali la capacità d’integrazione settoriale, l’abilità nell’acquisizione di finanziamenti dal settore privato, la capacità di costruire reti e network territoriali e le istanze di sostenibilità intese in senso ampio. Queste istanze emergono come indicative delle capacità e volontà d’innovazione metodologica e strumentale dei diversi soggetti, e amministrazioni pubbliche, verso l’abbandono di approcci e forme d’intervento tradizionali e burocratizzate, nel campo delle politiche urbane, muovendosi invece nella direzione di valorizzazione e sviluppo di capacità imprenditive e di

management dei progetti.

Dopo aver approfondito e compreso, seppure in forma parziale, alcune delle ragioni di questi processi di disarticolazione delle forme tradizionale d’intervento, da parte dei soggetti pubblici, appare ora interessante proporre alcune riflessioni disciplinari riguardo la natura, i campi d’azione e le caratteristiche operative delle nuove politiche urbane; con riferimento a queste dimensioni appare particolarmente interessante l’approccio e l’interpretazione delle questioni proposti da Paolo Fareri[47]. La lettura che viene presentata prende avvio dalla considerazione della natura

essenzialmente settoriale delle politiche urbane di stampo tradizionale, sviluppatesi in particolare tra gli anni’80 e ’90 del secolo scorso, in contrapposizione alle forme innovative delle nuove tipologie di politiche urbane, caratterizzate da una maggiore trasversalità, e dal coinvolgimento e l’integrazione tra diversi settori (urbanistica, sociale, sviluppo economico), tradizionalmente intesi settorialmente, e che qui vengono invece letti a partire dalle loro declinazioni territoriali e operative; in questo senso le nuove politiche urbane si caratterizzano quindi come punto d’incontro tra diverse politiche di settore, che presentano analogie con riferimento alla domanda di innovazione nel proprio campo, e che risultano declinabili e formulabili attraverso una caratterizzazione centrata sulla dimensione urbana e locale.

Quello che in questa sede pare interessante approfondire sono le ragioni e le cause che hanno portato ad abbandonare approcci tradizionali, e settoriali, alle diverse questioni, che oggi trovano integrazione e senso nel campo delle nuove politiche urbane; emergono in particolare tre processi di transizione che si tenterà di restituire sinteticamente: da urbanistico a urbano, da sociale a urbano, da sviluppo economico a urbano.

La transizione da approcci urbanistici ad approcci urbani nel campo delle politiche, è legato al cambiamento di orientamento riguardo la questione urbana, seguente alle fasi di intensa deindustrializzazione, caratterizzanti gli ultimi due decenni del secolo scorso; questi processi hanno infatti comportato, come è ampiamente noto, una pesante ristrutturazione e modificazione nel campo delle politiche urbanistiche, da non intendere più nella loro accezione di dispositivi di controllo dell’espansione territoriale, ma come attività finalizzate alla promozione di sviluppo (e riqualificazione non solo fisica) dei territori. È evidente come questo spostamento di focus comporti un allargamento delle molteplici questioni e dimensioni da tenere in considerazione, e da integrare efficacemente; non assume più rilevanza unicamente la dimensione fisica, tipica degli approcci urbanistici tradizionali, ma emerge la necessità di utilizzare nuovi strumenti e metodi d’indagine, in grado di prendere in considerazione e integrate dimensioni insolite, con riferimento alla sfera dell’urbanistica tradizionale, quali dimensioni sociali, economiche, gestionali, politiche, tradizionalmente campi e settori di soggetti diversi, spesso esterni all’apparato amministrativo pubblico. In questa direzione emergono come indispensabili e necessarie risorse diverse e competenze molteplici, per realizzare e implementare attività progettuali e processuali, nell’ottica di sviluppo e promozione di politiche trasversali, alla scala urbana.

Il passaggio analitico e interpretativo che da sociale porta a urbano si sviluppa all’incirca nello stesso periodo storico, anche se la crisi è maggiormente orientata lungo la dimensione, e contrapposizione, centrale/locale.

L’orientamento prevalente nella trattazione delle problematiche sociali è stato infatti tradizionalmente guidato e sviluppato a livello nazionale, a partire dal presupposto che le problematiche sociali che si intendeva affrontare fossero caratterizzate da dimensioni simili e sostanziale omogeneità territoriale, e che anche le soluzioni si potessero strutturate efficacemente, e indifferentemente rispetto ai singoli contesti locali, a scala nazionale; i limiti di un tale orientamento sono apparsi con evidenza in concomitanza con l’emersione di nuove dinamiche sociali, economiche e politiche caratterizzanti lo sviluppo recente del contesto italiano, e globale in generale.

Si osserva infatti l’affermazione ed emersione di nuove problematiche complesse, poco adatte a essere trattate e affrontate a scala nazionale (coesione sociale, integrazione migranti), e per le quali risultano inadeguati e inefficaci gli strumenti tradizionalmente proposti e predisposti dalle amministrazioni pubbliche; in particolare emerge come alcune problematiche siano chiaramente costrutti territoriali (quartieri in crisi, dove si intrecciano dimensioni sociali, fisiche, economiche) per le quali si rendono perciò necessari processi di contestualizzazione territoriale, mentre altre criticità richiedano e necessitino di soluzioni nuove e innovative, con riferimento ai metodi, ai meccanismi impostati e alle forme d’intervento adottate (emarginazione, disagio giovanile).

Infine alla dimensione urbana nel campo delle politiche si può arrivare anche partendo da politiche settoriali incentrate sullo sviluppo economico, storicamente sviluppatesi a livello nazionale, così come le politiche sociali tradizionali, pur avendo necessariamente dovuto predisporre, in alcuni casi, declinazioni territoriali specifiche (si pensi agli interventi per il Mezzogiorno). In conseguenza dello sviluppo, in anni recenti, di problematiche nuove all’interno del settore (processi di riconversione produttiva, delocalizzazione impianti produttivi) e dell’emersione di nuovi istanze e modi di intendere le dinamiche di sviluppo (distretti, coproduzione), si assiste ad uno degli ambiti in cui la critica agli approcci top-down, tradizionalmente adottati nel campo delle politiche di sviluppo economico, appare più chiara e motivata; la necessità di predisporre articolazioni territoriali, per trattare alcune delle questioni politiche correlate alle dinamiche di sviluppo economico, appare evidente e fondata su alcuni dei principi caratteristici delle nuove politiche urbane, quali la trasversalità, la necessità di coinvolgimento di soggetti diversi nell’elaborazione e formulazione, e la costruzione di quadri strategici condivisi.

Lo spostamento avvenuto a partire da questione e politiche di carattere settoriale (economico, sociale, urbanistico) verso una maggiore integrazione e articolazione territoriale nella trattazione delle problematiche affrontate (tradizionali o nuove), si muove quindi nella direzione di costruzione di un problema urbano e individuazione di una dimensione territoriale e locale, nella quale elaborare, declinare e articolare politiche pubbliche estremamente complesse; in questo senso emerge come la dimensione urbana diventi il campo d’azione privilegiato di una serie di approcci e politiche diverse, tradizionalmente intese in senso settoriale e autonomo, ed elaborate a scala nazionale.

Partendo da queste considerazioni pare particolarmente utile proporre e restituire il contributo disciplinare elaborato da Paolo Fareri[48], dove viene a definirsi il rilievo delle nuove politiche urbane a partire appunto dalla definizione

del loro campo d’azione; intese in questo senso le politiche urbane si definiscono quindi “al punto d’incontro di

percorsi paralleli, sviluppati nell’ambito di diverse politiche di settore, che presentino sostanziali analogie sul piano della domanda di innovazione. Sono queste analogie a consentire di declinare un “problema urbano”come problema il cui trattamento non è assicurato dalle politiche esistenti (sociali, urbanistiche, di sviluppo economico). La messa a punto di questi problemi (urbani) parte da tre parole chiave - LOCALE, TRASVERSALE, DAL BASSO - che evidenziano l’esigenza della costituzione urbana di un nuovo campo di interventi su problematiche sociali”.

La definizione proposta restituisce in parte quanto affermato in precedenza, riconoscendo in particolare l’importanza della declinazione di un problema urbano, dove si intrecciano competenze e saperi settoriali diversi, e come emerga l’esigenza di strutturare un nuovo quadro di senso, basato sulle tre parole chiave individuate, attraverso cui affrontare le nuove problematiche sociali emergenti.

48 Fareri P., Rallentare, il disegno delle politiche urbane, 2010 citato in Cottino P., Zandonai F., Progetti d’impresa sociale come

Emergono quindi alcuni elementi costituivi delle nuove politiche urbane, in riferimento agli interventi in risposta a problematiche sociali. Questi elementi costitutivi delle nuove politiche urbane - LOCALI, TRASVERSALI, DAL BASSO - fanno riferimento alla necessità di declinare e rapportare le politiche pubbliche, i loro strumenti e meccanismi, con i contesti e le specificità territoriali e locali, in particolar modo durante le fasi di definizione, interpretazione ed elaborazione degli interventi; a questa specificità territoriale, che struttura il campo stesso d’intervento delle nuove politiche urbane, si aggiungono bisogni e necessità correlate alle dimensioni di integrazione di approcci settoriali, in opposizione a visioni tradizionali, maggiormente coerenti e adeguate ad affrontare problematiche che pervadono contemporaneamente diversi campi disciplinari e professionali.

Infine emerge l’importanza delle dimensioni di partecipazione e sviluppo dal basso, come fattori in grado di aumentare la complessità decisionale nel campo delle politiche urbane, intesa come risorsa e opportunità concreta per il miglioramento dell’efficacia negli interventi, perseguendo in questa direzione processi di integrazione fra attori e soggetti, sia lungo dimensioni verticali (attori di diverso livello, sussidiarietà verticale), sia lungo dimensioni orizzontali (diversi settori e campi d’intervento, sussidiarietà orizzontale). Quest’ultimo aspetto, l’integrazione su assi orizzontali, sottolinea e afferma con evidenza la crisi in atto all’interno delle pubbliche amministrazioni, con riferimento alle modalità consolidate e tradizionali d’intervento, crisi che sottolinea l’obsolescenza e l’inadeguatezza di approcci alle problematiche urbane e sociali che vedano le pubbliche amministrazioni come erogatori diretti e operatori monopolistici nella trattazione di queste problematiche.

A partire da queste dimensioni ed elementi costitutivi del nuovo campo delle politiche urbane emerge come i percorsi progettuali per l’elaborazione, formulazione e sviluppo di politiche e interventi, rivolti e declinati alla scala urbana, perdano i loro caratteri tradizionali e settoriali, attenuando la dimensione tecnica d’intervento, costituendosi invece come processi sociali, allargati, includenti e integrati. Lungo questa direzione interpretativa emergono contributi disciplinari particolarmente interessanti, riguardo il campo d’azione e le dimensioni costituenti le nuove politiche urbane, verso la comprensione di meccanismi, strumenti e processi socialmente innovativi alla scala locale[49].

Emerge in questo senso, come l’inquadramento sociale dei processi di costruzione ed elaborazione di politiche a scala urbana, abbandonato il suo carattere principalmente tecnico, si caratterizzi per la rilevanza riconosciuta ad approcci basati sull’empowerment di risorse molteplici, e di diversa natura, comprese quelle dei fruitori e destinatari ultimi degli interventi; in questo senso emerge come nel contesto italiano, in alcuni ambiti di policies, con particolare riferimento ai sistemi di welfare, si siano consolidate da diversi decenni modalità di produzione ed elaborazione di servizi pubblici e collettivi, declinati a scala locale e territoriale, e prodotti in via continuativa da organizzazioni della società civile (privato sociale, associazioni).

Questi processi di produzione a servizio della collettività, forniti e sviluppati da molteplici organizzazioni della società civile,

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