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Parte III. Policy urbane e pratiche socialmente innovative: un possibile modello per Milano

3.2 I CASI DI MILANO E TORINO, DUE MODELLI D’AZIONE PER LO SVILUPPO DI POLICY INNOVATIVE

3.2.1 Milano, tra continuità e innovazione

A inizio degli anni ’90 del secolo scorso il contesto politico, sociale ed economico milanese si trovava in una situazione fortemente paradossale. Il cuore industriale d’Italia aveva infatti perso negli ultimi vent’anni la sua forte vocazione produttiva, conseguente a processi di deindustrializzazione e dislocazione produttiva che avevano prodotto la perdita di oltre 200.000 posti di lavoro nel settore produttivo; questi processi rappresentarono però una situazione di crisi “leggera” all’interno del contesto milanese, producendo in generale costi sociali ridotti.

La capacità d’adattamento del contesto economico milanese aveva infatti contribuito a un passaggio e spostamento graduale verso modelli di produzione terziari, e di servizi, senza attraversare fasi di grande crisi e rottura, rispetto al recente passato; si è sviluppata in questo contesto la nuova caratterizzazione produttiva di Milano, principalmente orientata verso la considerazione di contesti e mercati globali, e caratterizzata da processi orientati verso lo sviluppo di economie terziarie, de-specializzate. In questa direzione Milano si è affermata sempre più nel tempo, come capitale della moda italiana, continuando a ricoprire un ruolo fondamentale a livello nazionale, ed europeo, come centro finanziario di livello globale, e sviluppando il proprio sistema produttivo ed economico verso settori inediti; l’editoria e il design industriale, settori storicamente “milanesi”, o verso nuovi ambiti innovativi, come i settori dei media e dei mezzi di comunicazioni, oppure il settore delle consulenze professionali.

Nello stesso periodo si è assistito, nel contesto milanese, al fiorire di grandi innovazioni nel campo delle politiche urbane; in particolare riguardo lo sviluppo di importanti progetti infrastrutturali (Passante Ferroviario, MM3, nuovo Aeroporto di Malpensa), in relazione alle nuove possibilità connesse alle trasformazioni urbane di aree deindustrializzate (Bicocca), viste come opportunità per ridefinire i confini tra agire pubblico e privato con riferimento allo sviluppo urbano, si è assistito infine a processi di generale crescita e arricchimento della società civile, relazionati alla forte presenza e incidenza del terzo settore, o del privato sociale, in grado di determinare cambiamenti significativi nella gestione di servizi sociali e pubblici, intesi in senso ampio, alla scala urbana.

In questo scenario di forte evoluzione nelle modalità d’intervento e nello sviluppo di progetti innovativi alla scala urbana e metropolitana, si assiste però all’emergere di una situazione fortemente paradossale, cui si faceva riferimento a inizio del capitolo; se infatti da un lato si riscontrano forti spinte innovative di dimensione urbana, con riferimento a processi ed esiti progettuali inediti, dall’altro si assiste a un processo di pesante e profonda involuzione del sistema politico e istituzionale di livello locale (legato alla crisi politica del 1992); in questo contesto gli apparati amministrativi pubblici milanesi, mai particolarmente attivi e forti, non sono parsi in grado di incidere concretamente oltre interventi di ordinaria amministrazione, o di carattere emergenziale, non riuscendo quindi a predisporre modalità e strumenti appropriati in grado di porre freno al forte declino che stava attraversano il sistema amministrativo e di governo della città.

In questo scenario di generale debolezza degli apparati politici e amministrativi di livello locale, si assiste quindi all’emergere di difficoltà nello sviluppo di significativi processi decisionali, mentre l’attuazione e implementazione delle decisioni prese paiono percorsi sostanzialmente impraticabili; in questa direzione emergono con evidenza quelle contraddizioni, e quei paradossi, cui facevamo riferimento in apertura, che comportano l’emersione di uno scenario in cui a un’economia forte e una società civile estremamente efficiente e vitale, corrisponde un debole sistema politico e istituzionale, non in grado di governare e indirizzare strategicamente lo sviluppo della città.

Questa situazione ha prodotto evidenti implicazioni sull’agenda pubblica milanese, dove nel decennio 1993-2002[56] non

si assiste all’emergere di importanti innovazioni nel campo delle policy urbane, portando di conseguenza a perdurare la visione di città immaginata negli anni passati; non emergono infatti, e non vengono soprattutto affrontante, nuove questioni o problematiche di carattere urbano, comportando la staticità dell’agenda amministrativa pubblica, che si

56 Il lavoro di ricerca di Dente B., Bobbio L., Spada A. (2005) si concentra sull’analisi del decennio 1993-2002 ma, in particolar modo nel contesto milanese, le considerazioni e le tendenze riscontrate paiono trovare conferma e sviluppo anche nel decennio successivo (2002-2011), stante la forte continuità amministrativa e politica (secondo mandato G.Albertini, elezione L.Moratti) negli approcci sottesi al governo della città, pur in presenza di ovvie modificazioni e parziali cambiamenti.

struttura in estrema continuità con i processi, le modalità e gli strumenti adottati nel recente passato, evidenziando in questo modo la mancanza d’impostazione di visioni realmente strategiche, in grado di orientare lo sviluppo futuro del contesto milanese.

Discorsi simili si possono proporre con riferimento allo sviluppo di innovazioni processuali nel periodo considerato, dove a emergere è una generale tendenza verso processi di privatizzazione sempre più marcati, con riferimento a servizi e funzioni di rilevanza pubblica (sanità, istruzione); nello specifico, nel periodo 1993-2002, si può osservare: - un continuo processo di cooperazione tra settore pubblico e privato, cooperazione orientata maggiormente verso

scenari di ritirata (come sono stati intesi nei paragrafi precedenti) dei soggetti e attori pubblici, a favore di attori privati;

- l’emersione del settore del volontariato, o no-profit, come settore sempre più decisivo e importante nella predisposizione di servizi socialmente orientati, e localmente sviluppati nel contesto milanese, dove le istituzioni pubbliche hanno svolto un ruolo marginale rispetto a queste esperienze e iniziative. In anni recenti, e in conseguenza del cambiamento della guida politica della città, sembrano emergere timidi tentativi di apertura verso scenari di mutamento e allargamento del campo d’azione pubblica, attraverso il riconoscimento delle funzioni svolte da queste esperienze, e provando a sostenere forme private (sociali ma non solo) di creazione di valore pubblico;

- lo sviluppo quasi nullo di processi di cooperazione orizzontale, in particolare tra Milano e gli altri comuni dell’area metropolitana, che ha comportato il perdurare di condizioni di difficoltà nella gestione strategica dell’area metropolitana. In questo senso, sempre in anni recenti e correlato al cambiamento politico avvenuto nella città, pare interessante sottolineare il processo in atto verso la costruzione della Città Metropolitana Milanese, e il conseguente sviluppo di soggetti amministrativi di livello locale, come le Municipalità; lo scenario odierno non pare però garantire certezze riguardo lo sviluppo operativo di quest’approccio, approccio fortemente necessario per la predisposizione di un governo metropolitano efficace e adatto ad affrontare le sfide urbane contemporanee, caratterizzate da gradi di sempre crescente complessità;

- la conflittualità caratterizzante i processi di cooperazione verticale instaurati, o sarebbe meglio dire non instaurati, tra Milano e altre istituzioni pubbliche (in particolare Provincia e Regione), dove a emergere è una scarsa collaborazione tra livelli amministrativi gerarchicamente ordinati, e dove non paiono osservabili significativi miglioramenti in anni recenti; - la mancanza e assenza di progettualità urbane integrate, inquadrate nei paragrafi precedenti come uno dei nodi maggiormente critici nello sviluppo di nuove politiche urbane, percorsi progettuali che a Milano non hanno trovato terreno fertile nei settori istituzionali e amministrativi; all’opposto alcuni tentativi si sono riscontrati, e sempre più si riscontrano in anni recenti, a partire dai settori no-profit, e del privato sociale, verso la predisposizione di approcci e progettualità integrate, in particolare per accogliere opportunità e occasioni emergenti (fondi, bandi), in grado di incidere positivamente per lo sviluppo di specifiche iniziative.

Il debole sviluppo di processi e meccanismi innovativi nel contesto milanese, non però trova eguali riscontri nello sviluppo e produzione di progetti e prodotti innovativi, in diversi settori e campi d’intervento. Dopo il periodo in cui le fasi di attuazione e implementazione delle decisioni pubbliche sono state caratterizzate da un’estrema debolezza, in termini di capacità di tradurre le decisioni in azioni, si è assistito a processi di intervento ai livelli amministrativi, volti a migliorare l’efficacia e l’efficienza delle istituzioni pubbliche e amministrative, nella produzione di significative innovazioni di prodotto. La situazione è quindi decisamente migliorata in diversi settori, quali ambiente (nuovi impianti di depurazione, rinnovo parchi urbani), cultura (un nuovo teatro, ristrutturazione Teatro alla Scala), commercio (nuovi polo della Fiera di Milano), e anche attraverso la realizzazione di importanti progetti ereditati dal passato (Passante Ferroviario) e attraverso processi di trasformazione di aree de-industrializzate (Bovisa, Bicocca).

In questo senso sono emerse soluzioni nuove e di discontinuità rispetto al recente passato, tentando di promuovere e valorizzare alcuni aspetti e dimensioni cruciali (si pensi ai poli fieristici, o allo sviluppo culturale) della nuova economia urbana del contesto metropolitano milanese.

Il processo di riorganizzazione della pubblica amministrazione, sotteso al raggiungimento degli obiettivi appena presentati, ha visto una grande mobilitazione di risorse e capitali finanziari, in particolar modo

di natura privata, principalmente attraverso processi di privatizzazione di asset e proprietà pubbliche, in misura decisamente maggiore rispetto all’erogazione di fondi e risorse derivanti da processi di cooperazione verticale con le istituzioni sovraordinate (Provincia, Regione).

In sintesi si può affermare come a Milano, in particolar modo nel decennio 1993-2002 (ma con tendenze che trovane parziali conferme anche in periodi più recenti), si sia assistito a processi di realizzazione e completamento di progetti e politiche urbane ereditate dal passato, ai quali non si era riuscito a dare un seguito nelle fasi di attuazione e implementazione (Progetto Passante, alcuni progetti di trasformazione urbana quali Bicocca o Porta Nuova). Limitati sono i progetti e le politiche urbane inedite adottate e inserite all’interno dell’agenda amministrativa pubblica in anni recenti, e quelli che sono emersi risultano meno interessanti, con riferimento a processi innovativi e sperimentali, confermando piuttosto modelli di sviluppo e tendenze consolidate nei decenni passati (Città della Moda, Museo di Arte Contemporanea, Expo), e le cui realizzazioni paiono quantomeno incerte, se non addirittura impossibili. Alcune progettualità impostate e sviluppate nel contesto milanese hanno rappresentato processi e soluzioni uniche e innovative, con riferimento al frame nazionale e internazionale (l’apertura a investimenti privati nel settore sanitario ad esempio), ma si sono sviluppate senza un coinvolgimento reale ed effettivo degli apparati di governo locale, in una situazione di quasi autonomia rispetto alle decisioni pubbliche, e dove è emersa l’incapacità dei soggetti amministrativi e pubblici di predisporre quadri d’orientamento strategici, alla scala urbana e metropolitana.

In conclusione il contesto milanese risulta essere caratterizzato da un’economia e una società civile estremamente fertile e vitale, ma ha sofferto negli anni, e in parte soffre ancora, della mancanza di una leadership politica effettivamente forte, e strategicamente orientata, e in grado di riconoscere le risorse, il valore e le competenze emergenti dal basso. I processi e i percorsi che si sono sviluppati negli anni, hanno infatti confermato la tendenza degli apparati amministrativi locali, nel recepire e convalidare istanze e tentativi d’innovazione, con riferimento al trattamento di istanze e problematiche sociali e collettive, pur non essendo in grado, nella maggioranza dei casi, di costruire percorsi comuni, condivisi e includenti, in grado di valorizzare e integrare le competenze e le molteplici risorse, per un adeguato sviluppo di alcune dimensioni cruciali di innovazione nel contesto milanese contemporaneo.

Emerge all’opposto come molti degli sforzi che la città di Milano ha compiuto, e sta compiendo in anni recenti, si muovano primariamente lungo direzioni e percorsi già battuti e sperimentati, insistendo sulla valorizzazione e sullo sviluppo di dimensioni competitive di livello globale, perpetuando in questa maniera modelli competitivi, predatori e fortemente invasivi sui territori e contesti locali, e i cui successi futuri paiono ancora tutti da dimostrare (si pensi allo sviluppo per grandi eventi, come Expo, o a progetti di trasformazione urbana quali CityLife e Porta Nuova).

Fig.31 Nel periodo tra inizio anni ‘90 e primi anni

2000 i processi e i percorsi progettuali maggiormente innovativi alla scala urbana, nel contesto milanese, si sono particolarmente concentrati sulla valorizzazione e promozione di interventi volti ad accrescere la competi- tività globale della città, attraverso rilevanti innovazioni infrastrutturali e di prodotto; questi processi hanno visto, nella maggior parte dei casi, una significativa presenza e coinvolgimento di soggetti privati nella predisposizione di progetti di grande trasformazione territoriale e infrastrutturale, alla scala urbana e metro- politana. Nella foto si può osservare l’area della nuova sede della Fiera di Milano (in costruzione, 2004), presso Rho, contesto territoriale che ospiterà anche la sede dell’evento Expo 2015.

Ancora, il miglioramento e rinnovo istituzionale e amministrativo attuato nei decenni passati, che ha preso avvio a partire dalla forte crisi politica che ha interessato il nostro paese a inizio anni ’90, si è mosso primariamente nella direzione di sviluppo di efficienza amministrativa, ponendo particolare enfasi sulle fasi di delivery e implementazione di politiche e progetti urbani, in grado di rispettare tempi e budget prestabiliti; non deve stupire questa tendenza verso il consolidamento e l’aumento di efficacia nell’agire pubblico e amministrativo, sviluppatasi a partire dalle difficoltà attuative caratterizzanti gli anni’80 e l’inizio degli anni ’90, tendenza però che ponendo l’accento sulle dimensioni di “certezza” della fase attuativa, tralascia la considerazione di contenuti innovativi e approcci sperimentali, per loro stessa natura incerti e instabili. Questi processi si muovono quindi in evidente contrapposizione formale rispetto allo sviluppo e all’adozione di approcci sperimentali e innovativi nel governo della città, delle sue trasformazioni e dinamiche inedite, rifiutando in questa maniera la considerazione delle dimensioni di complessità, implicite nello sviluppo di percorsi di progettazione integrati e nei processi di governance multilivello, privilegiando in molte esperienze percorsi amministrativi e istituzionali paralleli e non interattivi verso le istanze emergenti nella società.

Emerge quindi come i soggetti pubblici e amministrativi milanesi abbiano adottato, nei decenni passati e in parte tuttora, approcci estremamente prudenti e timidi, con riferimento al campo delle nuove politiche urbane, e in relazione ad istanze innovative emergenti nella società, preferendovi piuttosto modalità e strumenti affermati e consolidati nei decenni passati. L’approccio perseguito dalla pubblica amministrazione, seppur non innovativo, è stato comunque in grado di produrre significativi miglioramenti nel contesto urbano milanese, in particolare se ci si relaziona alle fasi non attuative, caratterizzanti buona parte degli ultimi due decenni del secolo scorso; da questo punto di vista l’agire pubblico è stato coerente e di successo, se rapportato ai riscontri popolari e ai risultati ottenuti, molto meno valido se si fa riferimento a processi d’innovazione nelle modalità, processi ed esiti dell’azione pubblica.

In anni recenti questo modello di sviluppo e governo urbano pare aver esaurito la sua spinta, condizione questa sottolineata anche dall’avvicendamento politico alla guida della città, dopo quasi vent’anni di continuità politica e amministrativa; con le elezioni del 2011 (e la vittoria del centro-sinistra) si è assistito infatti all’emergere di istanze nuove, o quantomeno latenti, nel contesto milanese, verso l’attivazione di settori importanti della società civile nel richiedere e pretendere un cambiamento del modello di sviluppo e di governo della città, in grado di valorizzare aspetti qualitativi, risorse, competenze e opportunità emergenti dal basso.

Si è assistito in questo senso all’emersione di nuove domande, da parte della collettività e della società nel suo insieme, verso la predisposizione di modalità di governo della città, che fossero in grado di promuovere approcci innovativi e sperimentali in campo amministrativo, verso la considerazione di quei bisogni e di quelle istanze sociali nuove, e locali (spazi di aggregazione culturale, sviluppo di modalità sostenibili di trasporto, tutela delle fasce deboli), che non parevano adeguatamente considerate, con riferimento alle modalità consolidate di governo della città; per poter proporre una valutazione complessiva e valida di questa nuova stagione politica, e amministrativa milanese, bisogna però attendere ancora qualche anno, anche se la considerazione e l’approfondimento di alcune esperienze e pratiche promosse in anni recenti (e che verranno parzialmente restituite nel prossimo capitolo) può aiutarci a sviluppare alcune considerazioni e indicazioni parziali sul rapporto tra processi innovativi, percorsi amministravi e nuove politiche urbane, nel contesto milanese attuale.

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