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Il capitale sociale

LIVELLO MICRO

Bonding social capital tra agenti della stessa co- munità

CAPITALE SOCIALE insieme delle risorse materiali e immateriali, esiste quando condiviso e attivato, è il mezzo per ottenere uno scopo collettivo … (Bourdieu)

MEZZO PER LA PRODU- ZIONE DI BENESSERE È PRODUTTIVO PER IL SUO SCOPO: IL PERSEGUIMENTO DI OBIETTIVI COLLETTIVI RIELEVANTI, INDIVI- DUALMENTE IRRAG- GIUNGIBILI LIVELLO MACRO Bridging social capital tra settori diversi della so- cietà

CAPITALE SOCIALE riguarda gli effetti macroecono- mici delle interazioni sociali (partecipazione civica dei cittadini influenza la performance di istituzioni ammini- strative ed economie regionali) …

(Putnam, Leonardi e Nannetti )

FATTORE DI SVILUPPO ECONOMICO

Tabella 1.1l Produttività del capitale sociale.

Si può quindi affermare che il capitale sociale ha una rilevanza economica.

Nonostante le teorie non univoche, quel che è condiviso da tutti è la capacità di determinati aspetti della struttura

sociale di creare esternalità positive per i membri di determinati gruppi sociali, che godono di un vantaggio nel per-

seguire i propri interessi. Si può arrivare ad ottenere effetti positivi sui processi di sviluppo, cioè l’attività economica risulta stimolata dalla fiducia che fa in modo di ripetere interazioni sociali cooperative per migliorare le transazioni tra gli agenti.

Si pensi a un ambiente sociale ricco, in cui le persone si incontrano spesso, formando un terreno fertile per la creazione di valori condivisi e norme di reciprocità. Le informazioni sono diffuse, il comportamento degli agenti è prevedibile, l’incer- tezza si riduce, i costi di transazione si abbassano. Nella letteratura economica il capitale sociale è l’input nei processi di produzione, e il suo effetto viene “modellizzato” alla stregua di quello esercitato da qualsiasi altro fattore che riduce i costi di transazione (come la prossimità spaziale o una tecnologia per il trasporto). Per spiegare la formazione di differenziali di crescita, a volta il capitale sociale è la soluzione, in quanto in grado di influenzare le performance del sistema economico a livello aggregato.

Quindi il capitale sociale influenza la ricchezza materiale delle imprese, il benessere delle famiglie perché aiuta le per-

sone ad agire collettivamente e produce un effetto che riguarda un target più ampio di quello da cui è partito.

È considerato dalla Banca mondiale uno strumento di politica economica per combattere la povertà. Soprattutto nei contesti più deboli, quando stato e mercato non riescono a garantire sufficiente protezione sociale e sono rare le opportunità di sviluppo, il processo di sviluppo è stimolato dal rafforzamento della partecipazione civica, che contribuisce alla diffusione di fiducia e delle informazioni. Se nei paesi in via di sviluppo lo stato e il capitale sociale sono un obiettivo intermedio delle policy per migliorare l’efficienza dell’intervento pubblico, negli stati avanzati va riconosciuto alle associazioni no profit il ruolo attivo ella definizione delle strategie e nella programmazione degli interventi. Il capitale sociale anche qui non è

l’alternativa, ma uno dei supporti su cui fondare un sistema di welfare rinnovato ed efficiente (soprattutto in tempi

di globalizzazione).

È questa la sociologia che spiega l’influenza dell’ambiente sociale sul funzionamento dell’economia. Non è infatti possibile comprendere i fenomeni economici senza far riferimento al radicamento dell’azione nelle reti di relazioni sociali (Grano- vetter 1985). Le istituzioni economiche altro non sono che costruzioni sociali costituite da reti di interdipendenze

tra gli agenti, mediante le quali questi ultimi cercano di ridurre l’incertezza, soprattutto utilizzando i contatti personali

informali, che permettono di scambiare informazioni sull’ambiente economico e sulle strategie degli altri agenti; ma l’effetto del capitale sociale sullo sviluppo economico e sullo sviluppo sociale può essere sia positivo, si negativo.

Il ruolo delle istituzioni è fondamentale nella costruzione e fornitura di capitale sociale. Diversi autori hanno affer-

mato la necessaria complementarietà tra stato e società civile ai fini della produzione di norme sociali di fiducia e reci- procità, dimostrando la forte relazione tra le dotazioni di capitale sociale (misurato come livello di diffusione della

fiducia) e l’estensione dei diritti politici e delle libertà civili in un determinato paese; gli stati democratici ben funzionanti ri-

scuotono la fiducia della popolazione, rendendo gli individui parzialmente responsabili delle scelte collettive; anche perché il poter influenzare le politiche dal basso contribuisce alla diffusione di fiducia nei confronti delle istituzioni pubbliche e del resto della popolazione. È importate il corretto funzionamento delle istituzioni: cioè governi e organismi che si occupano dell’amministrazione della burocrazia, della giustizia, della fornitura dei servizi pubblici locali essenziali. Dove la qualità dei servizi pubblici è più alta, le persone saranno più propense a coordinarsi tra di loro per perseguire interessi specifici e risolvere i problemi della comunità; per questo l’intervento del pubblico a livello locale è fondamentale. È proprio dal corretto funzionamento delle istituzioni amministrative e burocratiche che la fiducia è influenzata; non dal numero delle associazioni (cittadinanza attiva) e della loro vitalità. Questo è stato dimostrato da Rothstein nel 2003 in Svezia. Su questa linea si è insistito, soprattutto riscontrando un maggior valore sociale (più fiducia, più associazioni volontarie, più possi- bilità di scalata sociale) dove il welfare state era più efficiente (Svezia e Olanda); proprio perché quest’ultimo influenza direttamente la vita degli individui: assistenza a bambini ed anziani, sanità pubblica, istruzione, sussidi di disoccupazione e sistema pensionistico

Secondo Uslaner (2002) il livello di diffusione della fiducia non dipende solamente dalla struttura istituzionale dello stato. Essa dipende soprattutto dall’intensità delle disuguaglianze economiche e sociali. Per esempio negli USA la fiducia nei confronti “dell’estraneo” è maggiore all’interno delle categorie sociali discriminate come le minoranze etniche, quando cioè la popolazione è socialmente segmentata (per etnia e per reddito)..

Concludendo si può affermare che uno sviluppo economico indiscriminato, che produce il logoramento della coe-

sione sociale e un impoverimento delle opportunità di partecipazione, genera di per sé le premesse per il rallen- tamento della crescita economica nel lungo periodo.

Il capitale sociale per la sua capacità di favorire l’azione collettiva e migliorare la diffusione della fiducia e delle informazioni deve essere considerato uno strumento utile per alleviare la povertà e le disuguaglianze. E in quest’ottica è un presup- posto fondamentale per la sostenibilità dello sviluppo (influenza il processo di crescita economica come dimostrato da indagine empiriche e studi teorici).

Il capitale sociale però non è un’alternativa alla politica economica, e non può essere utilizzato per il laissez-faire. Se nei paesi poveri è necessario un intervento diretto dello stato nell’economia e nella società per la lotta alla povertà e la riduzio- ne delle disuguaglianze, nell’economie avanzate lo smantellamento dei sistemi del welfare accelera il deterioramento della coesione sociale. Quindi rafforzare la dotazione di capitale sociale è funzionale a una riforma dello stato sociale

orientata verso la costruzione dello stato sociale verso il modello chiamato “modello civile di welfare”, in cui la società civile gioca un ruolo attivo nella definizione delle politiche sociali (per fornire beni e servizi pubblici le or- ganizzazioni volontarie e le imprese sociali divengono protagoniste). Per preservare la coesione sociale, l’attività di queste ultime è fondamentale; così come è fondamentale per assicurare lo sviluppo (Cecchi e Sabatini, 2007).

Riassumendo, il capitale sociale:

- è costituito dalle risorse materiali e immateriali in grado di costruire fiducia; - avviene tra più agenti ed esiste solo quando condiviso (azione collettiva); - è produttivo nel perseguire obiettivi altrimenti irraggiungibili;

- è definito dalla sua funzione, proprio perché non è un’entità singola;

- il capitale sociale non è direttamente fungibile (è difficile da misurare) ma è utile solo per determinate attività; - il capitale sociale produce esternalità positive per l’economia (vedi esperienza del Comune di Capannori): - il capitale sociale riempie il vuoto lasciato da economia e stato (organizzazioni no profit);

- fiducia e corretto funzionamento delle istituzioni sono direttamente proporzionali;

- fiducia e disuguaglianze e economiche sono direttamente proporzionali (nei contesti più sfortunati si riscontra spesso una maggior solidarietà tra gli individui della comunità);

- lo sviluppo economico indiscriminato che mina la coesione sociale comporta un rallentamento della crescita economica nel lungo periodo.

1.1.8 Le relazioni tra coesione sociale e sviluppo economico

Putnam sostiene che la logica economica sia la base e il fondamento per la coesione sociale; e al tempo stesso che una maggior coesione sociale dovrebbe assicurare un profitto economico. Stando a questa ipotesi i due “concetti” dovrebbero essere interdipendenti. Nell’ampia letteratura su istituzioni e capitale sociale, emerge una varietà di spiegazioni pensieri che possiamo suddividere in quattro aree generali (Foa, 2011)

I – la riduzione dei costi di transazione; II – l’agevolazione dell’azione collettiva;

III – l’impedimento di dis-accumulazione di capitale; IV – il miglioramento della distribuzione delle risorse.

I La riduzione dei costi di transazione. Il meccanismo per cui la coesione sociale permette la crescita economica è ga-

rantito dai costi di transazione, cioè i costi (di tempo, energie, denaro) dovuti agli scambi economici, come la raccolta di informazione, o l’adempimento (forzato) del contratto (Foa, 2011).

Quindi il concetto dei costi di transazione viene applicato da Williamson (1981, 1985, 1996) agli effetti che le istituzioni informali creano (come la fiducia e la non discriminazione). Nelle società in cui le norme di fiducia o collaborazione tra diverse etnie, settori, o gruppi con precise identità sono deboli, i costi della collaborazione economica saranno più alti, e comunque rallenteranno le attività economiche. In più, dove le società sono spaccate da violenti conflitti interni ai gruppi con forti identità, i costi di transazione delle imprese includeranno anche i costi della politica come, la risoluzione del cri- mine, e quelli privati per i servizi di sicurezza.

Questi costi rischiano di rendere le transazioni economiche non profittevoli, causando quindi consistenti perdite. La gene- rale fiducia sociale è una delle strade lungo le quali il capitale sociale è stato definito e studiato (Fukuyama 1995, Arrow 1974, Knack and Keefer 1997). Per esempio, le persone che devono lavorare assieme all’interno un’azienda si fidano l’una dell’altra, proprio perché operano all’interno di un insieme di norme etiche condiviso, e così svolgere l’attività

economiche costa meno. Studi empirici hanno dimostrato che la generale fiducia sociale è un elemento di futura crescita

economica (Foa, 2011).

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