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È bene a questo punto fare un passo indietro ed individuare quali sono i megratrend universali che influenzano le realtà locali e le politiche urbane innovative; ogni città deve saper gestire il proprio interno per rispondere a queste sfide “strut- turali”:

È già stato analizzato il fenomeno economico della produzione globalizzata e le ricadute sui contesti urbani. Con “glo- balizzazione” si intende l’estensione dell’economia che trasforma qualsiasi competizione in competizione potenzialmente internazionale (che sia quella della produzione di beni, di competenze professionali, di cultura …). L’elemento nuovo non è certo la portata mondiale poiché ci sono state fasi di globalizzazione durante il picco del commercio marittimo (dal quin- dicesimo al diciassettesimo secolo) e nelle ultime fasi dell’imperialismo e colonialismo europeo, terminate con la prima guerra mondiale. Oggi le nuove qualità dell’estensione globale dei fenomeni urbani sono l’informazione e la tecnologia per la comunicazione (ICT) che permette l’ubiquità virtuale per progetti e informazioni, rappresentati da e basati su Internet. Un secondo megatrend sovrastrutturale realmente impattante rispetto alle città è quello del cambiamento climatico. La discussione sul cambiamento climatico è cominciata negli anni novanta strettamente connessa al lavoro Intergovernativo del Pannello del Cambiamento Climatico (IPCC) che è diventato uno strumento istituzionale di potere globale e scientifico per la consultazione politica.

Ancora, se il 1990 è l’anno per riferirsi al confronto per le emissioni umane impattanti il clima, il 2000 è l’anno dell’urban

millennium; con il termine urbanizzazione si definisce il megatrend del nostro tempo; il 2008 è l’anno in cui più di metà

della popolazione mondiale vive nelle città (UNFPA, 2007). Quindi urbanizzazione e cambiamento climatico stanno co-e- volvendo in un modo per cui le popolazioni urbane, proprio perché in aree molto dense, saranno esposte a rischi più alti dal cambiamento climatico (UN-Habitat, 2011).

Rispetto a questi megatrend che impattano le città, ce ne sono altri, che differiscono localmente. Il primo è quello della tec-

nologia (non è un elemento nuovo), anzi è stata costante nel guidare lo sviluppo economico dalla rivoluzione industriale

nel diciottesimo secolo ai giorni nostri. Vi è poi l’attuale fenomeno della “democratizzazione” che si potrebbe considerare come risultato dell’interazione tra globalizzazione e urbanizzazione; il cui punto di svolta risale al 1990 con la fine del re- gime sociale nell’Europa dell’est, (influenzando l’estensione della globalizzazione). Vi è poi il cambiamento demografico che accompagna la storia umana da sempre.

Per questi sei rilevanti motivi (soprattutto la globalizzazione politica ed economica) è emerso nel pensiero comune un

nuovo concetto di politica globale: quello della sostenibilità, in grado di guidare lo sviluppo urbano qualitativo (prece-

dentemente menzionato). Quindi, risulta interessante e utile comprendere al meglio come la domanda di ricerca di questa tesi, quella dello sviluppo urbano economico e sociale, si collochi in questo più ampio contesto.

testualmente e al tempo stesso condividerlo nella più ampia rete di esperienze positive (Magatti, Progetto Milano, 2012). La domanda internazionale di sviluppo sostenibile, dalle sue origini alla fine degli anni ottanta, ha sempre combinato più aspetti tra loro.

Il primo, definito dalla divergenza tra il Nord Globale e il Sud Globale; con i paesi del primo gruppo alla ricerca di risolvere l’inquinamento ambientale congiuntamente, e quelli del Sud Globale interessati a combattere la povertà e conquistare lo sviluppo economico. Questa prima dimensione ha integrato il divario di interessi delle politiche internazionali tra Nord-Sud del mondo, e ha sostituito quell’approccio di aiuto-sviluppo generale che ha dominato le politiche del mondo post coloniale dopo la seconda guerra mondiale.

La seconda dimensione della sostenibilità ha che fare con la scala, con un approccio globale da un lato e la realizzazione a livello locale dall’altro. Da questa intuizione, il concetto di sostenibilità è stato basato sull’idea che lo sviluppo debba

incontrare i bisogni della vita di comunità di ogni giorno. Da qui l’idea nelle agende locali di uno sviluppo sostenibile

di città e metropoli; e sulla stessa onda il Concilio Internazionale per Iniziative Ambientali Locali (ICLEI) del 1990, quando più di 200 governi locali da 43 paesi hanno partecipato al congresso mondiale dei governi locali per lo sviluppo sostenibile alle Nazioni Unite a New York.

Infine la terza dimensione che definisce le politiche sostenibili vede ai propri estremi innovazione tecnologica e inno-

vazione sociale. Il cambiamento tecnologico è venuto all’attenzione nelle questioni della sostenibilità, con l’emergenza

ambientale e le nuove soluzioni tecnologiche per i risparmi dell’energia o per la riduzione dell’inquinamento dell’aria, dell’acqua, del suolo. In alcuni paesi, la convinzione comune è che la chiave per qualsiasi tipo di sfida sostenibile è quella dell’innovazione tecnologica, soprattutto per i cambiamenti climatici. Ma altri paesi e alcune istituzioni globali come l’UNESCO sono convinti che sia necessario un cambiamento sociale, guidato dalle nuove forme dell’educazione

(istruzione) e investimenti in persone proprio per raggiungere lo sviluppo sostenibile; perché solo cambiando la base si otterrà uno shift di comportamento a livello aggregato.

La figura descrive la visione d’insieme delle tre dimensioni delle politiche per la sostenibilità. Qualsiasi dimensione ha a che fare con una divisione tra due poli e l’idea di integrazione delle differenze. Il concetto di sostenibilità ha inte-

grato la divisione degli interessi generali tra il Nord e il Sud, aprendo la strada ad urgenti soluzioni condivise. Similmente

la seconda dimensione della contrapposizione del continuum globale - locale, implica la necessità di una conoscenza

globale per lo scambio delle esperienze locali, come l’istituzionalizzazione per esempio del network dell’ICLEI. La terza

dimensione è definita dall’idea integrativa di innovazione, e incorpora le due posizioni con una differente enfasi (politica) circa la tecnologia o il cambiamento sociale.

Considerando queste dimensioni, si apre la questione su come negoziare tra i poli e le posizioni: quindi per ripensare la governance ai vari livelli (global, local) per scopi differenti (cambiamento ambientale, lotta alla povertà) attraverso diversi mezzi (innovazione sociale e/o tecnologica). In più dal 1990, il concetto di sostenibilità ha subito ulteriore evoluzione ed è stato tradotto in azione: una versione comune è la differenziazione tra sostenibilità ecologica, economica e sociale (le tre “e”: ecologia, economia, equità). Ogni città, anche la stessa Milano, deve porsi domande in questo senso,e scegliere

Fig.15 Le tre dimensione delle politiche per la sostenibilità

una strada. Il passaggio dal generale al particolare quindi passa attraverso esperienze differenti l’una dall’altra. Ogni città propone e realizza soluzioni diverse. Esse devono orientare sia le azioni future e adattare quelle passate entro un quadro di senso (sostenibile). Lo sviluppo urbano per esempio, prevede di per sé un cambiamento, sia esso politico, tecnolo-

gico, economico, ambientale, sociale, culturale, demografico. È in questa chiave che deve leggersi il cambiamento

sostenibile: per ottenere risultati in grado di cambiare i trend (strutturali), è necessario cominciare cambiando le singole esperienze (urbane). Il contributo finale sarà l’esito aggregato di comportamenti con obiettivi simili, seppur diversi nelle singole azioni.

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