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L’applicazione di modelli sostenibili alla scala urbana

Una volta affermato che le città devono decidere come essere sostenibili, l’applicazione di simili modelli per lo sviluppo risulta complicata, proprio per l’assenza di una governance urbana in grado di gestire e introdurre processi inno-

vativi per affrontare il cambiamento.

Quindi, salvo il fatto che le città devono progettare soluzioni sostenibili per reagire e non soccombere agli effetti

dei megatrend strutturali, e per far questo, devono innovarsi nel loro interno, è bene indagare le relazioni tra soste-

nibilità tout court e innovazione circa l’oggetto e il contenuto delle pratiche, gli attori e i livelli, le modalità di realizzazione.

L’oggetto. Come già detto quella dell’innovazione è una delle dimensioni della sostenibilità. Secondo Schumpeter

(1991/1934, 1939), che ha introdotto la nozione di innovazione nel nostro senso moderno, le due caratteristiche che non possono mancare nell’innovazione sono la componente innovativa tecnologica e l’immediata realizzazione e la conse- guente diffusione. Da qui, un’invenzione è solo un’innovazione quando risulta in qualche profitto per il mercato e il cui uso è ampiamente diffuso. Qualsiasi innovazione rappresenta una discontinuità col passato e quindi non può essere prevista in modo affidabile; anzi la sua continuità risulta da una ricombinazione delle risorse (finanziarie, tecnologiche, umane) nel tempo.

Inoltre, sempre secondo Schumpeter si può distinguere tra: l’innovazione dei prodotti (quella che riguarda nuove in- venzioni, come la tecnologie dei suoni); l’innovazione dei processi produttivi (che rende la produzione più efficiente, come nel caso delle platform-sharing per il settore dell’automobile, in cui per la creazione di prodotti di brand differenti si utilizzano le stesse componenti, combinate diversamente tra loro, ma la cui condivisione porta a benefici economici comu- ni circa l’approvvigionamento dei materiali); l’innovazione dell’organizzazione (che riconosce le strutture del mercato, e definisce una nuova distribuzione attraverso Internet per esempio).

In generale, i prodotti e i processi innovativi possono essere “brandizzati” e venduti sul mercato, mentre quelli organizzativi no. Per le città, le innovazioni organizzative hanno sempre giocato un ruolo importante, anche quando conside- riamo l’innovazione nel contesto della forma di produzione capitalistica. Infatti un esempio di innovazione organizzativa riguarda l’introduzione degli scambi delle merci attraverso lo stoccaggio delle stesse; il che ha permesso il raggiungimento di capitali per investimenti enormi nei siti di produzione o nei grandi magazzini. Un altro esempio è l’invenzione dei nuovi sistemi di trasporto pubblico che hanno permesso un uso più efficiente del lavoro nella città. O ancora, Chicago e Berlino sono perfetti esempi di innovazioni organizzative del ventesimo secolo, per esempio realizzando le case per i poveri o gli ospedali.

Quel che interessa, è che con l’innovazione in generale, anche le innovazioni sociali sono basate su una ricombina- Fig.16 Lo sviluppo sostenibile come chiave di lettu-

zione di risorse[14]. Invece, parlando di innovazioni istituzionali si fa riferimento a un sottoinsieme dell’innovazione

sociale, focalizzando sulle regolazioni o sugli standard delle procedure. Nel contesto dello sviluppo sostenibile, il riciclag-

gio è stato una delle innovazioni istituzionali, come l’implementazione dell’economia circolare in Germania e Giappone. Procedendo su questa linea di ragionamento, in un report redatto dalla commissione delle Nazioni Unite per lo svi-

luppo sostenibile (così come How’s Life, OECD), oltre agli indicatori economici, ambientali, sociali, sono stati aggiunti quelli istituzionali (DiSano, 2001).

Attori e livelli. Anche la questione degli attori e dei livelli gerarchici di diffusione delle innovazione sono fondamentali.

Innovazioni tecnologiche e sociali, riscontrano differenti agenti (attori) delle innovazioni. Ad oggi le imprese sono le princi- pali protagoniste delle innovazioni tecnologiche, combinando e mettendo assieme le risorse necessarie per l’innovazione; questa può essere vista come guidata da singole invenzioni prima e incorporata sul cambiamento tecnologico di larga sca- la successivamente (come quella del motore a vapore, dell’elettricità, dei computer). I livelli della gerarchia definiscono

risorse di potenza diversa, e le proposte di soluzioni differiscono a seconda del livello in cui l’innovazione si trova. Per

esempio, la microeconomia si focalizza sulle aziende innovative; la macroeconomia sull’innovazione dei sistemi nazionali con i relativi framework politici; la geografia economica si concentra sulle localizzazioni e i cluster regionali industriali (città) come centri dell’innovazione.

Similmente possiamo concepire una gerarchia di attori dell’innovazione sociale, allargando dagli individui ai gruppi, alle organizzazioni e le città, alla società. L’analogia col cambiamento tecnologico potrebbe essere il processo di civilizza-

zione, descritto da Norbert Elias (1939) come processo di controllo continuo dei comportamenti umani grazie al ricorso di mezzi formalizzati (commercio, competizione professionale, etc.). Per l’innovazione sociale, le città giocano

un ruolo decisivo rappresentando il cuore dell’unità organizzativa sotto gli stati e le nazioni; hanno e provvedono all’i- dentità, distribuiscono responsabilità, provvedono a risorse di tutti i tipi. Forme competitive sono le organizzazioni e le reti di persone o prefessionisti, che generalmente vanno oltre l’ordine gerarchico per la produzione di soluzioni innovative; mentre sono le città, in particolare quelle grandi, che devono provvedere allo spazio per l’innovazione. Le città quindi

“connettono” l’innovazione tecnologica e sociale.

Modalità. E la varietà delle possibili innovazioni è ampia: ultimamente, diverse organizzazioni della Nazioni Unite hanno

creato suggerimenti per le innovazioni sociali e istituzionali nel contesto delle politiche per il cambiamento climatico per le città. Il rapporto della Banca Mondiale sulle città vede l’innovazione tecnologica come strumento dentro uno

schema procedurale per le politiche che devono essere intraprese (Prasad e al, 2009). Il report dell’OECD (2010) dimostra una via differente dell’innovazione sociale e istituzionale, parlando di innovazione della politica locale in

cui le città possono servire come esperimenti per pacchetti complementari tra loro di politiche per i laboratori innovativi e politiche sul clima. L’OEDC costruisce un chiaro ma astratto sistema di governance multilivello che incorpora e promuove l’innovazione tecnologica e politica allo stesso tempo. Un altro contributo è fornito dal report Un-Habit che si focalizza sul policy making locale nelle città, riconoscendo che queste sono centri di innovazione differente che possono contribuire a ridurre o mitigare le emissioni, adattarle a cambiamenti climatici, confermare la sostenibilità e la resistenza (UN-Habitat, 2011).

14 Si veda a questo proposito, la Parte II

Fig.17 Livelli di applicazione delle innovazioni

Comunque diversi tra loro simili suggerimenti illustrano chiaramente come l’innovazione costituisca il cambiamento

sociale e istituzionale realizzabile nelle città.

Ecco perché risulta utile analizzare nel dettaglio cosa si intende per innovazione sociale tout court e innovazione sociale urbana (istituzionale). Tuttavia se nel primo caso esperienze internazionali possono essere utili perché universalmente valide; per il secondo si guarderà nello specifico al caso milanese; soprattutto in relazione all’implementazione di buone

pratiche per superare le divisioni urbane (Un-Habitat 2010); per innovare i processi politici locali e per capire attraverso

quali mezzi ciò sia possibile ; attraverso quali intermediari (NGOs, imprese, università, programmi di ricerca internazionale, cittadini, associazioni …). Esperienze locali (da esportare e condividere) possono essere occasione di apprendimento collettivo da inserire nelle reti italiane (in particolare nel contesto milanese).

Si sente quindi l’esigenza di uscire da studi settoriali e lanciarsi alla ricerca di soluzioni transdisciplinari.

Nel Report UN-Habitat 2013 si legge di un nuovo modello di città, quella del XXI secolo, che è “buona”, incentrata sulla persona (Joan Clos, United Nations, Under-Secretary-General and Executive Director of UN-Habitat). Le città del futuro

dovrebbero essere quelle capaci di integrare gli aspetti materiali e immateriali fondamentali per la prosperità, nel processo di eliminazione delle inefficienze, di insostenibili forme e funzioni della città capitalista del secolo precedente, diventando motori per lo sviluppo e la crescita[15].

Se la città è destinazione cui guardano le imprese per la propria localizzazione; se è lo spazio in cui effetti dei fenomeni positivi e negativi si concentrano (dualismi territoriali e sociali), l’innovazione è da applicare a questa scala, la cui gover-

nance urbana costituisce il punto di partenza per l’innovazione urbana.

15 “The cities of the future should be ones that are capable of integrating the tangible and more intangible aspects of prosperity, in

the process shedding off the inefficient, unsustainable forms and functionalities of the city of the previous century or so and becoming the engine rooms of growth and development” (Joan Clos, United Nations, Executive Director of UN-Habitat, 2013).

Parte II. L’eterogeneo campo dell’innovazione sociale:

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