• Non ci sono risultati.

La discontinuità che nasce dalla crisi: i trend precedenti alla prova del nuovo.

La crisi si è posta e si pone in contrasto alla produzione di valore aggiunto del settore industriale che ha subito un forte tracollo (centri distrettuali in crisi). I servizi invece si sono dimostrati un settore più stabile (mantenendo un export maggiore rispetto all’industria): a parte il commercio e l’artigianato, Milano ha subito una crisi moderata. Le micro imprese milanesi (numero di addetti inferiore a 9) per la manifattura e i servizi sono rimaste tali (Ranci, 2011). La crisi ha frenato la pro-

duzione e i consumi ma non ha intaccato i legami di rete tra Milano e il suo intorno. Se il capitalismo distrettuale

ha subito di più, dovendo competere con i low cost dei paesi emergenti, l’innovazione e la sperimentazione si dimostrano sempre necessarie per accogliere le nuove sfide internazionali poste dalla globalizzazione e dalla crisi. L’evoluzione dal

manifatturiero al “terziario complementare” è necessaria per soddisfare le nuove domande e i cambiamenti di fondo avvenuti nelle modalità di produzione e nella competizione internazionale.

Oggi Milano si sta avvicinando ad un dualismo sociale ed economico, accompagnato dal precariato nel lavoro e dal so- vraccarico familiare. L’asse sociale attuale è di tipo misto tra i primi due (a metà tra l’up/down e l’in/out) e vede divisa la popolazione tra chi può affrontare le attuali difficoltà (stabilità economica e sociale), e chi non può (precarietà e instabilità della posizione sociale ed economica).

Dal dopoguerra ad oggi, proprio perché questi tre assi si sono sommati l’un l’altro, sono difficili da decifrare e da trattare tramite politiche. Di fronte a simili cambiamenti strutturali (l’ultimo il passaggio di protagonismo da un’economia materiale a una immateriale), si contano le “vittime” di tale rottura col passato.

MILANO

’50-’70 CITTÀ FORDISTA

’70-’00

CITTÀ POSTFORDISTA CAPITALISMO DELLA CO-’00- … NOSCENZA

Economia produttività

Bruco fordista

nel Miracolo italiano (triangolo industriale)

Farfalla post-fordista

(rete tra terziario e distretti industriali)

Milano deve ancora decidere la via per essere produttiva

Industria

Tendenza

Industrializzazione (grande

fabbrica) Grande fabbrica smantellata o privatizzata;

Fabbrica dispersa sul territo- rio nei centri industriali gestita da famiglie (in media 6 addetti per impresa)

Crisi industriale nei distretti che devono competere con i

low cost dei paesi emergenti

Occupazione

Soddisfacimento domanda di lavoro (da parte degli immigrati del sud Italia)

Disoccupazione a causa della dismissione industriale del

core

Disoccupazione contenuta (ammortizzatori sociali in de- roga e razionalizzazione dei processi produttivi)

Terziario

Tendenza

Servizi a persona e impresa, del commercio, del credito, del- la comunicazione

Centro del terziario -per i ser- vizi per la rete -professionale e tecnico (credito, assicura- zione, comunicazione, com- mercio all’ingrosso) a bacino sovra locale e internazionale

Gateway internazionale per la gestione della domanda e dell’offerta di FDI tra la nazione e l’estero, terziario

avanzato e funzioni direttive

(settori dei trasporti e comu- nicazioni d’impresa, manage- ment, consulenza, marketing, ricerca sociale ed economica, intermediazione finanziaria, attività immobiliari, informatica e servizi alla persona)

Occupazione

Ceto medio Ceto medio

Nuove elite culturali ed eco- nomiche influenti in Europa e nel mondo; ceto medio

frammentato precarietà occu-

pazionale, contratti atipici Crisi vs lavoratori indipendenti che pagano polverizzazione produttiva (mono- committen- za rischiosa)

Città e società

Tendenza

Crescente domanda di abitazio- ne, crescita demografica, boom del costruito.

Urbanizzazione hinterland (domanda di abitazione si sposta dal core ai centri di cintura e provinciali)

Grandi sviluppi immobiliari,

gentrification, immigrazione

straniera ed emigrazione resi- denti dal core

Inclusione/ esclusione

Esclusi dalla velocità dello svi-

luppo lungo l’asse up/down Esclusi dal lavoro (riconver-sione industriale) lungo l’asse

in-out

Esclusi lungo l’asse a metà tra l’up/down e l’in-out: divisione tra popolazione economica- mente e socialmente stabile e instabile (precari)

Dalla tabella emerge l’andamento delle componenti sviluppo economico della città nel tempo:

- il settore industriale e terziario hanno supportato il ceto medio fino a oggi, ma qualcosa sembra essere cambiato; - l’industria è cresciuta (sia nel core che nei centri provinciali) fino a che la competizione internazionale l’ha messa in crisi; - il terziario oggi richiede lavoratori altamente qualificati (solo una difficile e lunga professionalizzazione del ceto medio può ovviare al trade in task) e non qualificati (immigrati);

- il ceto medio che è stato in grado di assorbire le crisi passate risulta oggi notevolmente indebolito poiché non è incluso nella nuova domanda (di globalizzazione).

Ne risulta una città divisa territorialmente e socialmente nel processo di sostituzione economica, in cui il core privilegia funzioni e lavoratori del successo globale, mentre il “resto” viene escluso dai benefici e successi economici. La situazione pare tutt’altro che semplice e la crisi del 2008 ha accelerato le debolezze del sistema produttivo - sociale milanese.

1.2.3 Gli effetti della globalizzazione sulla realtà locale milanese: polarizzazioni della so-

cietà (dualismi sociali e dicotomie urbane) a Milano

Anche se col susseguirsi di questi tre periodi non ci sono stati conflitti sociali incontenibili e drammatiche forme di esclu- sione, alcuni disagi hanno preso piede, sommandosi col passare del tempo. Fino ad oggi la città ha promosso e gestito lo sviluppo e il mutamento economico senza feriti permanenti nel tessuto sociale; e la transizione all’economia post-in-

dustriale -basata sulla riconversione produttiva e sul riassetto della struttura economica ed occupazionale –verso la vocazione internazionale –basata sulle nuove funzioni di tipo nodale- è un processo ancora incompiuto.

Stiamo parlando di una città regionale, diffusa nel sistema insediativo e nella frammentazione produttiva, in cui il core emerge rispetto al ring, in termini di squilibri sociali. Trattasi di un nuovo dualismo urbano cui corrisponde un dualismo

sociale, per dirla alla Sassen, che sostiene l’effetto della globalizzazione nell’attrarre i nuovi ceti, grazie ad opportunità

nuove che la città mette loro a disposizione. Le disuguaglianze sono sospinte da un mercato del lavoro e abitativo pola- rizzanti più che in precedenza; dallo sviluppo impetuoso dell’economia dei servizi e della conoscenza, che distribuisce vantaggi e svantaggi secondo logiche incontrollabili dalle forze sociali e politiche che governano la città; da dinamiche migratorie che cambiano in pochi anni la morfologia sociale della popolazione urbana.

Ad oggi Milano vanta due primati: è la più ricca metropoli italiana (il 10% della popolazione detiene più del 40% del reddito complessivo); è la città più diseguale (il 10% della popolazione detiene il 2% del reddito complessivo). L’indice di Gini, compreso tra 0 ed 1, indica come è distribuita tra i cittadini la ricchezza della città: 0 sta a significare un’equa distribuzione delle ricchezze tra tutti i cittadini; 1 la concentrazione di tutte le risorse nelle mani di una singola persona. Milano raggiunge lo 0,51.

E infatti Milano può essere classificata come città ingiusta per le differenze di classe sociale, etnia e reddito. I poveri a Milano sono molto distanti dai ricchissimi presenti in città, dove il benessere influisce sui poveri che stanno sì meglio ri- spetto ad altri poveri in Italia, ma la distanza resta comunque elevata. Il ceto medio, la classe operaia e artigiana, la piccola borghesia milanese non raggiungeranno mai i livelli di reddito del ceto benestante, sentendosi invece più vicino ai poveri, provando un senso di inerzia, di scarse chance di mobilità sociale: ne deriva una società apparentemente immobile. Se la Milano globale compete con Parigi, Londra, Francoforte, Bruxelles, la Milano locale compete con Barcellona e Atene che sono le città più diseguali, così come Birmingham, Manchester (città post-industriali) e portuali (Ranci, Progetto Milano, 2012).

Ecco perché Milano deve sviluppare una policy attraverso cui conservare e rinnovare su basi nuove la coesione sociale della città; se vuole essere competitiva nella rete globale, deve saper puntare sul suo ambiente urbano distribuendo le risorse economiche, assicurando la tutela del welfare locale, offrendo chance alle nuove generazioni, facendo in modo che le famiglie conservino la capacità di assorbire le tensioni sociali e reddituali.

Outline

Documenti correlati