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Quello della competitività è un concetto multidimensionale che comprende vari aspetti delle attività economiche dei sistemi urbani e del loro rendimento, in particolare i risultati economici conseguiti dalla città a seconda del ruolo svolto nell’economia globale (il livello di ricchezza, il grado di integrazione economica nei mercati internazionali, il grado di in- terconnettività globale, l’attrattività degli FDI, dei talenti, la capacità d’innovazione, il tasso di crescita … e via dicendo); in sostanza il ruolo che una città è in grado di giocare a livello internazionale rispetto alle altre. La competitività globale determinata dal generale livello di produttività dell’economia urbana, che dipende strettamente a sua volta dall’attrarre lavoratori altamente, qualificati, servizi avanzati, multinazionali, nuove funzioni economiche globali.

La misurazione di competitività è questione non immediata: molti degli aspetti della competitività, quali il grado di glo-

balizzazione (settori specializzati a livello internazionale, peculiarità globale) e l’attrattività (accessibilità multimodale, flussi di popolazione, capitali della città), non sono riconducibili alle dimensioni del Pil, misurazione obsoleta perche contiene carenze qualitative circa la produttività dei contesti urbani.

Il concetto di “attrattività” è implicito nella competitività. Le città devono attrarre, cioè specializzarsi in poli di attrazio-

ne dei flussi di capitale finanziario (Foreign Direct Investements) e dei flussi di capitale umano di elevata qualità. I global player guardano ai contesti urbani come a una gerarchia di città in grado di attrarre investimenti proprio per le risorse che mettono a servizio dell’economia globale (per questo si parla di marketing urbano, di investimenti e piani specifici per migliorare l’accessibilità delle nuove aree produttive e di quelle pre-esistenti; sono soprattutto quest’ultime che possono determinare successi e fallimenti).

Ed è per questo che l’attrattività vanta fattori hard e fattori soft. Dei primi fanno parte le infrastrutture dei trasporti, i servizi alle imprese, la logistica; cioè la chiave per ridurre il traffico nelle aree centrali per renderle sempre più compatibili con le esigenze economiche ed ecologiche. Così come le interconnessioni veloci sono cruciali. La governance multilivello che

solo una regione urbana può avere è di primaria importanza e si basa sulla cooperazione “interna” per assicurare un adeguato relazionarsi all’esterno, attraverso lo sviluppo di piani strategici per gli insediamenti decentrati in grado di

coinvolgere le centralità minori (per esempio nel caso di Milano non solo quelle concentrate nella core area, ma anche altrove attraverso investimenti sui trasporti, oggi molto ridotti. E i problemi che traffico e congestionamento creano vanno risolti o quantomeno alleggeriti. Queste sono sfide centrali per la competitività internazionale delle città contemporanee). E i fattori soft riguardano tutto quello che ha come effetto il rendere più desiderabile e attraente la vita urbana, che punta ad essere di qualità (anche rispetto alle altre), proprio per attrarre i lavoratori qualificati e le aziende internazionali. Esem- pio per la cultura, il verde, il sapere, i grandi eventi … tutti elementi rilevanti per le nuove elite urbane.

Ma le città non solo attraggono flussi; si occupano della loro gestione e organizzazione. Per esempio le nuove aree di insediamento delle attività economiche ad elevata qualificazione tendono a collocarsi dove godono dei benefici indiretti della prossimità fisica; cresce al domanda di centralità che crea flussi di persone e mezzi verso il centro (più traffico e più pendolarismo che necessitano nuove infrastrutture). Qualcuno decentra ma è sempre al centro dell’area metropolitana; gli insediamenti diffusi si appoggiano a grandi opere infrastrutturali nuove. La crescita dell’economia dei flussi richiede

nuove politiche da parte della città in grado di leggere in modo sistemico le interconnessioni e interdipendenze (interne) all’area metropolitana. E il centro è sempre più richiesto per i servizi avanzati presenti, accoglie le funzioni

pregiate che provocano il congestionamento e il peggioramento della qualità della vita. Solo una governance multilivello su scala regionale può far vincere la sfida di attrattività. Per esempio se Milano vanta una rilevante[5] attrattività internazionale

per il carattere polisettoriale e per il forte settore finanziario; non vanta un trasporto pubblico adeguato (poco competitivi sono i fattori soft della realtà milanese) e soprattutto manca la governance multilivello per l’area metropolitana (ancora non presente, ma oggigiorno in corso di definizione). Per esempio, anche se Milano è forte per la struttura economica

pre-esistente e ha un peso nell’attrarre i flussi globali, ciò non risulta sufficiente per restare nell’eccellenza. Quindi si può affermare che le città competono (nel loro interni) tra loro nella domanda e nell’offerta di competitività:

tutti questi elementi sono un investimento per la produttività (tramite ingenti risorse finanziarie, umane e tecnologiche), per costruire un’armatura economica, infrastrutturale e logistica di prim’ordine, per guadagnare una posizione internazionale nell’economia avanzata. Non è facile distinguere tra mezzi e finalità, poiché, a seconda di quello che ogni città riuscirà a sviluppare attraverso un proprio modello di sviluppo (specializzazioni produttive e funzionali), l’ambiente sarà più o meno attrattivo agli occhi degli investitori globali per attrarre risorse e promuovere scambi. Ma un nodo globale dipende da come i flussi e gli scambi vengono organizzati nel loro interno, e combinati con l’economia locale, con le comunità (cioè quei luoghi della socialità, in grado di favorire il consolidamento delle transazioni economiche). Proprio per questo, l’atten- zione non va concentrata solo sul mercato globale. Anche se dal punto di vista delle multinazionali (interessate ai propri ritorni) la coesione sociale è un freno, una sovrastruttura che frena la nuova economia dell’informazione. Va disconnessa quindi la relazione tra le due componenti per favorire l’intercettazione dei flussi. Questo tipo di economia non sembra par- ticolarmente interessata alla stabilità interna dei sistemi urbani, ma dipende strettamente da dove la si guarda.

Dal lato della domanda i global player guardano precisi aspetti di localizzazione che prescindono dal funzionamento interno della città. Per loro sono specifiche le condizioni che devono essere messe in atto:

-possibilità di arrivare su un territorio senza eccessivi vincoli se hanno bisogno di localizzare delle attività; -l’aspetto della tassazione (quello fiscale che è fondamentale);

-l’aspetto regolativo (tipo di regole e vincoli posti dalla regolazione pubblica sui suoli, sulle funzioni, piuttosto che in campo economico);

-la regolazione del mercato del lavoro (che è in parte non è locale, ma nazionale).

Secondariamente guardano anche altri fattori (come l’accessibilità), ma quando investono sanno che li possono godere di competenze, di conoscenze, di qualche legame precedente, della qualità di servizio che possono ricevere in cambio. Tutta una serie di aspetti che prescindono dalle condizioni della popolazione locale. Così avviene in tutto il mondo, senza dubbi. Dal lato dell’offerta di competitività sono gli attori locali i protagonisti che operano per creare condizioni favorevoli per l’attrattività, cioè sviluppare nella città serbatoi di competenze molto alti che possono fungere da attrattori: talenti compe- tenze, sistema dell’informazione, dell’istruzione … tutto quanto è necessario per “convincere” fattori di qualità a insediarsi e a rimanere nella città. Per esempio l’offerta di un’università d’eccellenza che richiama studenti validi non può prescindere dall’offerta di un housing adeguato e di tutti i servizi di base connessi. Così come per la sanità d’eccellenza su base na- zionale o internazionale, è necessaria un’infrastrutturazione di base. Singole eccellenze, singolarmente, valgono meno

di eccellenze messe in rete tra loro (Castells, 2001); vanno garantiti i servizi di base, come l’interconnettività del core,

le domiciliazioni di chi si trasferisce per lavorare in città, le nuove localizzazioni delle attività di ricerca sanitaria … tutto quanto sia utile affinché perché possa svilupparsi la città della salute.

Trattasi di azione di base di lunga durata (decine di anni) perché di carattere strategico, il cui scopo finale non è l’intercettazione dei global player, ma lo sviluppo endogeno investendo su alcuni asset di qualità della città, che un domani possono giungere da attrattore ulteriore. Dal lato dell’offerta l’attore pubblico gioca un ruolo fondamentale

(proprio perché il privato ha come primo obiettivo lo sviluppo del proprio business). Per esempio, chi offre ricerca scien-

tifica e cura, di qualità aggiornata può far “clusterizzare” nuovi imprenditori tra loro, e creare così ricadute per l’economia locale. Ma le ricadute sulla città (positive e negative) interessano principalmente al garante degli interessi della collettività e per lo sviluppo locale. Onde evitare uno sviluppo prettamente spontaneo, secondo logiche private, è possibile interagire con gli interessi privati, che “sfruttano” qualcosa dalla città restituendo altro. Trattasi di attrarre funzioni avanzate senza che questo vada a detrimento degli interessi locali, trovando forme di conciliazione e facendo in modo che le scelte loca- lizzative delle multinazionali abbiano effetti positivi sui quartieri della città. È in questo che la forza locale deve strutturarsi. Non mancano esempi di città europee (Monaco, Lione, Barcellona) che hanno optato per scelte localizzative importanti in termini di infrastrutturazione e dotazione di servizi (terziario avanzato, industriale avanzato) in aree necessitanti riqua- lificazioni. Dove la città riscontrava problemi di carenza di qualità, è stata veicolata la capacità d’attrazione. Per esempio in questi anni gli investitori internazionali possono essere interessati a Milano per l’evento Expo 2015, piuttosto che per lo sviluppo del Real Estate (mercato immobiliare); azioni che non avranno ricadute positive sulla città se gli attori locali non saranno in grado di porre condizioni per lo sviluppo locale. Se gli investitori internazionali guardano a Milano, come a Lon- dra, Parigi, Francoforte, Amsterdam, non è a loro che interesserà se la città un domani sarà completamente non attrattiva per i propri problemi e mancanze interne, perché investiranno altrove.

Nella tabella sono sintetizzati i principali fattori di competitività internazionale dei centri urbani. A seconda del modello di

sviluppo che ogni città deciderà di costruire (puntando su specifici elementi), si avranno esiti differenti.

ATTORE GLOBALE ELEMENTI URBANI DELLA COMPETITIVITÀ GLOBALE ATTORE LOCALE

OFFERTA

Specializzazione produttiva e funzionale:

funzioni strategiche e di controllo (banche, società finanziarie, terziario avanzato, sedi

centrali di multinazionali), FDI DOMANDA

DOMANDA

Attrattività

Fattori hard: interconnettività globale, presenza di multinazionali, competenze alta-

mente qualificate, infrastrutture dei trasporti, servizi alle imprese, innovazione tecno- logica, logistica, governance multilivello

Fattori soft: qualità della vita (cultura, verde, eventi) per lavoratori qualificati, aziende

internazionali, elite urbane

OFFERTA

Gestione dei flussi nell’interno

Localizzazione delle imprese neI core (clusterizzazione e prossimità fisica); intercon- nessioni ed interdipendenze funzionali di qualità dell’area metropolitana

Tabella 1.1g Domanda e offerta di Competitività.

Dalla relazione tra offerta e domanda di competitività ne deriva il livello di produttività dell’economia urbana. Più

questo scambio funziona, più si alza il livello di ricchezza, il tasso di crescita e la capacità di innovazione dell’economia urbana, più integrata nei mercati internazionali, globalmente interconnessa grazie ai nuovi settori specializzati. Tutto quello che non ha a che fare con questo livello (globale) viene generalmente non considerato.

Il modello prevalente è quello predatorio: la competizione delle imprese internazionali si traduce nel riservare una

maggiore attenzione (in termini di risorse) ai servizi globali, piuttosto che alle necessità locali. E l’esclusione del livello locale genera problemi e tensioni sociali. Una simile logica economica dei processi produttivi è altalenante e fluttuante, proprio nel selezionare città al posto di altre: è da questo aspetto che le città devono essere in grado di difendersi, per rafforzare il legame tra coesione sociale (inclusione dei cittadini) e competizione economica.

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