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Una chiosa parziale: l’estensione del fallimento fra tutela del garante e tutela dei creditor

CAPITOLO IV Fideiussione e rapporti economici in crisi Sezione I Fideiussione, società occulta e fallimento

8. Una chiosa parziale: l’estensione del fallimento fra tutela del garante e tutela dei creditor

Le problematiche che vengono in gioco nel riflettere circa la possibile assunzione del rilascio di fideiussioni quali indici rivelatori dell’esistenza di una società occulta, sono dunque molteplici.

In via preliminare - laddove vi sia un imprenditore individuale, in favore del quale il relativo coniuge o familiari prestino garanzie e/o altre attività di supporto dell’attività economica, e tali attività vengano riconosciute integrative di quella imprenditoriale - la difficoltà è legata all’individuazione dell’impresa familiare ex art. 230 bis c.c.

Come è noto, infatti, la relativa disciplina, a tratti lacunosa, ha generato dibattiti dottrinali, nonché svariate applicazioni giurisprudenziali621.

619 Così Trib. Pistoia, 15.05.1968, in Dir. fall., 1976, n. 2, p. 567 ss., con nota di M. Bronzini, in cui si

attribuisce particolare rilievo al carattere omnibus della fideiussione. La pronuncia statuisce infatti chiaramente che “il prestare fideiussione per tutta l’esposizione debitoria o per il soddisfacimento di tutte le obbligazioni derivanti da obbligazioni bancarie ha inequivocabilmente la natura e la portata di un rapporto societario. Nella decisione si fa inoltre leva sull’elemento volontaristico, di accettazione, da parte del garante, dell’alea che deriva dalla prestazione della garanzia, con conseguente consapevolezza di legare, in tal modo, le proprie sorti a quelle dell’impresa. Sul punto, v. anche G. Bozzi, op. cit., p. 665.

Analogamente, Trib. Napoli, 02.03.1994, pone a fondamento della sua decisione di estendere il fallimento a due soci occulti (genitori del debitore garantito) il fatto che questi avessero rilasciato fideiussione omnibus ad istituti bancari. Tale elemento, di per sé, in mancanza di allegazioni probatorie ulteriori, viene ritenuto sufficiente a dimostrare l’esistenza del vincolo sociale e della partecipazione dei garanti alla gestione economica della società, con conseguente estensione a questi anche del fallimento.

Si tratta della pronuncia annotata da F. Fimmanò, op. cit., che confuta fortemente l’assunto che si intuisce essere alla base della decisione del giudice napoletani, per quanto in via di semplice presunzione, per cui chi presta fideiussioni omnibus alle banche è da considerare automaticamente socio della società garantita. L’autore osserva come sia da escludere che nelle banche destinatarie delle fideiussioni si possa ingenerare l’affidamento, in buona fede, circa l’esistenza del rapporto sociale, soprattutto in considerazione del fatto che solitamente sono le banche stesse ad esigere la prestazione delle garanzie ai fini della concessione del credito. Le stesse hanno dunque piena contezza circa la reale valenza giuridica delle fideiussioni in esame Analogamente, nessun affidamento si ingenera negli altri soggetti che vengano a contrattare con il garante, poiché rilascio delle garanzie è operazione coperta da segreto bancario.

620 Cfr. le riflessioni di D. Di Gravio, La famiglia come società occulta ed il suo fallimento anche implicito, in A.A.

V.V., Studi in onore di Giuseppe Ragusa Maggiore, vol. I, Padova, 1997, p. 343 ss., che denuncia la facilità con cui certa giurisprudenza di merito estende il fallimento ai soci occulti, facendo riferimento ad un caso limite in cui a venire dichiarata fallita dal Tribunale fu la moglie-garante dell’imprenditore fallito, ormai vedova. Si tratta di Trib. Roma, 30.07.1970, in Dir. fallim., 1980, n. 2, p. 437 ss

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La stessa natura dell’impresa familiare è dubbia, non essendo univoca la sua riconduzione all’impresa collettiva622 ovvero a quella individuale623.

Di certo, le soluzioni giurisprudenziali che estendono il fallimento anche al coniuge o familiare dell’imprenditore - individuando la sussistenza di un’impresa familiare, per di più occulta - mostrano di aderire alla prima prospettazione.

D’altronde, le consistenti complessità derivanti dall’individuazione di un’impresa familiare si affiancano a quelle, oggetto di specifica analisi, derivanti dal carattere occulto della società e /o del relativo socio-garante.

Soprattutto, le decisioni che hanno mostrato una certa “disinvoltura” nell’operare l’estensione del fallimento al familiare-socio occulto, svelano con particolare evidenza le istanze sottese che entrano, almeno potenzialmente, in conflitto: da un lato si pone senz’altro l’esigenza di tutelare i creditori della (presunta) società occulta, esigenza che in caso di fallimento merita particolare attenzione; dall’altro si evidenzia l’interesse dei familiari del fallito, che pure abbiano prestato garanzia o svolto altre attività in favore di questi, a non essere implicati nell’attività imprenditoriale in questione - salvo che in caso di effettivo coinvolgimento in essa, risultante da indici ben precisi - e soprattutto nel relativo fallimento.

Finora si è ragionato di pluralità di situazioni economiche variegate, in cui sia coinvolta la prestazione di una fideiussione; si è inoltre, in tale ottica, cercato di evidenziare come sembri possibile delineare una vera e propria pluralità di “statuti fideiussori” differenziati.

In tutti i casi sino ad ora esaminati la figura che emergeva come “debole” e bisognosa di peculiare protezione era sempre quella del garante. Nello specifico caso qui in esame, la vicenda economica di riferimento si fa particolarmente complessa, conseguentemente anche le esigenze di tutela emergenti sono più articolate, e fra loro contrastanti; e non è immediato stabilire quale debba prevalere.

621 La bibliografia in materia è piuttosto consistente. Ex multis, cfr. M. Ghidini, L’impresa familiare, Padova,

1977, V. Panuccio, L’impresa familiare, Milano, 1981, e, più di recente, L. Balestra, L’impresa familiare, Milano, 1996.

622 Così F. D. Busnelli, Impresa familiare e aziende gestite da entrambi i coniugi, in Riv. trim. dir. e proc. civ. 1976, p.

1410 ss., che considera l’impresa familiare una società sui generis. Di recente, cfr. A. Scotti, Dalla Corte di

cassazione un’occasione per tornare a riflettere sulla compatibilità tra impresa familiare e forme collettive di impresa, in Corr. giur., n. 10, 2015, p. 124 ss.

623 Così A. Auciello, F. Badiali, C. Iodice, S. Mazzeo, La volontaria giurisdizione e il regime patrimoniale della

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SEZIONE II - Fideiussione e sovraindebitamento del debitore garantito

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