CAPITOLO II Dalla fideiussione al fideiussore Garante e consumatore: verso una possibile convergenza
6. Evoluzioni successive del consumatore: dall’approccio paternalistico al frazionamento della categoria
Come sopra ripercorso, la definizione di consumatore oggi contenuta nell’art. 3 cod. cons. non ha accontentato gli interpreti, i quali hanno cercato, talvolta anche forzando il dato letterale, di espanderne i confini.
Il tentativo di estensione della categoria285 - che ha riguardato le persone giuridiche
e i soggetti che agiscono nell’ambito della propria attività professionale - ha, in una certa misura, determinato un ripensamento della stessa categoria di consumatore.
Da parte di taluni286 si è infatti ipotizzato che i contratti del consumatore stiano
perdendo la propria centralità, per essere rimpiazzati da una diversa e più generica
Successivamente la questione di legittimità dell’art. 1469 - bis c.c., laddove non equipara al consumatore le piccole imprese e quelle artigiane, è stata nuovamente sollevata dal G.d.P. di Sanremo, con ord. del 5.07.2001, in Giur. merito, 2002, p. 649 ss. La Corte Cost., con ord. 22.11.2002, n. 469, il cui testo è reperibile all’indirizzo http://www.giurcost.org/decisioni/2002/0469s-02.html, ha ritenuto infondata la questione.
In entrambi i casi, la risposta della Corte costituzionale è stata negativa in quanto mal posta dai giudici rimettenti, i quali hanno formulato il quesito incentrandolo non sull’equiparazione tra consumatore persona fisica, ma sulla discriminazione che la norma determinerebbe a carico dei professionisti deboli. Una terza questione, analoga, di costituzionalità, è stata sollevata da Trib. Napoli, ord. 22.7.2002, in Foro
it., 2003, n. 1, c. 336 ss., con nota di A. Palmieri, Consumatori, clausole abusive e imperativo di razionalità della legge: il diritto privato europeo conquista la Corte Costituzionale. Con essa la Corte costituzionale è stata chiamata a
pronunciarsi sulla conformità dell’art. 1469 bis, 2º co., c.c. all’art. 3 Cost. “nella parte in cui non include nella nozione di consumatore anche il beneficiario non contraente della polizza cumulativa infortuni stipulata dal datore di lavoro.”
La risposta della Corte Costituzionale è giunta con l’ord. 16.07.2004, n. 235, il cui testo è reperibile all’indirizzo http://www.giurcost.org/decisioni/2004/0235o-04.html. La Corte ha dichiarato la questione manifestamente inammissibile ma nella motivazione aprirebbe un varco verso una possibile estensione della nozione di consumatore, laddove sembra censurare il giudice rimettente per non aver colto l’occasione di offrire “un’interpretazione della norma conforme a Costituzione”.
284 Cfr. Corte di Giustizia 2.11.2001, cause riunite C541/99 e C542/99, in Foro it., 2001, n. 4, p. 501 ss.,
con nota di A. Palmieri, e in Corr. giur., n. 4, 2002, p. 445 ss., con nota di R. Conti, La Corte Ce a tutto campo
sulla nozione di consumatore e sulla portata della direttiva 93/13/Cee in tema di clausole abusive; in Resp. civ. previd.,
2002, n. 1, p. 54 ss., con nota di P. Sanna, La controversa nozione di consumatore ex art. 1469 bis c.c. tra esegesi ed
ermeneutica.
285 Per riflessioni di più ampio respiro al riguardo, cfr. C. Camardi, Contratti di consumo e contratti tra imprese. Riflessioni sull’asimmetria contrattuale nei rapporti di scambio e nei rapporti “reticolari”, in Riv. crit. dir. priv., 2005, p.
549 ss.; A. Zoppini, Il contratto asimmetrico tra parte generale, contratti di impresa e disciplina della concorrenza, in Riv.
dir. civ., 2008, n. 1, p. 536 ss.
286 Esemplare, sul punto, la riflessione di V. Roppo, Prospettive del diritto contrattuale europeo. Dal contratto del consumatore al contratto asimmetrico?, in Corr. giur., n. 2, 2009, p. 267 ss.
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categoria, definita dei “contratti asimmetrici”, stante l’asserito spostamento della politica di tutela dal consumatore alla più ampia categoria del “cliente”287.
Ora, al di là delle impostazioni dottrinali di segno espansivo, condivisibili o meno, è però senz’altro vero che negli ultimi decenni le normative di matrice protezionistica hanno assunto dimensioni sempre più consistenti, invadendo rilevanti settori del diritto privato, e riguardando anche soggetti diversi dal consumatore288.
È evidente che nel rafforzamento e nell’espansione delle tutele in favore di un soggetto ritenuto strutturalmente ed irrimediabilmente debole, si avverte un chiaro atteggiamento di stampo paternalistico.
D’altronde, la stessa Law & Economics289, metodologia di analisi del fenomeno
giuridico che fa propri gli studi della psicologia cognitiva, insegna che gli individui soffrono di una razionalità limitata (bounded rationality) e incorrono in limiti cognitivi: si determinano così deviazioni sistematiche dal comportamento razionale, caratteristico dell’homo oeconomicus, e, conseguentemente, da scelte in grado di massimizzare la ricchezza.
L’intervento paternalistico sembra così trovare il suo fondamento logico. Ciononostante, tale approccio non è andato esente da critiche.
Una prima posizione290, più moderata - dopo aver accuratamente messo in luce il
conflitto sotteso, fra intervento a tutela di categorie di soggetti ritenuti non in grado di curare efficacemente i propri interessi, e libertà individuale, soprattutto declinata, in questa sede, sub specie di autonomia privata - esclude, in realtà che gli interventi a tutela del consumatore possano reputarsi espressione di paternalismo.
O meglio, se di paternalismo si tratta, esso si atteggia come “libertario”291, perché
volto a proteggere il destinatario delle tutele dalle conseguenze spiacevoli di scelte
287 Cfr. V. Roppo, Regolazione del mercato e interessi di riferimento: dalla protezione del consumatore alla protezione del cliente?, in Riv. dir. priv., 2010, p. 19 ss.
288 Lo stesso V. Roppo, op. ult. cit., sopr. p. 269-270 pone in luce non solo l’allargamento della categoria
soggettiva destinataria della tutela, ma anche lo sviluppo di politiche di protezione rivolte alle imprese deboli di fronte alle imprese con superiore forza di mercato.
Per una disamina generale della tematica del c.d. terzo contratto, cfr. G. Gitti, G. Villa (a cura di) Il terzo
contratto, Bologna, 2008.
289 Su cui cfr. R. Korobkin, T. Ulen, Law and Behavioral Science: Removing the Rationality Assumption from Law
and Economics, in California Law Review, 2000, p. 1051 ss.
290R. Caterina, Paternalismo e antipaternalismo nel diritto privato, in Riv. dir. civ., 2005, n. 6, p. 771 ss.
291 Cfr. R. Caterina, Architettura delle scelte e tutela del consumatore, in Cons., dir., mercato, Argomenti, n. 2, 2012,
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avventate in quanto poco informate, e a produrre decisioni sempre più ponderate e consapevoli, senza intaccare eccessivamente la libertà contrattuale delle parti292.
Più critiche altre opinioni, che ritengono a pieno titolo paternalistica la strategia del legislatore a tutela del consumatore, poiché la stessa “boccia, preliminarmente, la capacità di autoregolamento del consumatore” stesso293.
Ancora, altre argomentazioni294, più articolate, osservano come sia inutile
considerare il consumatore soggetto debole, in una generica ottica paternalistica, e come piuttosto rendere la condotta del consumatore virtuosa sia funzionale ad un efficiente funzionamento delle stesse dinamiche di mercato. In tale prospettiva, gli istituti a tutela del consumatore acquistano una matrice concorrenziale, e la stessa concorrenza del mercato diventa il bene giuridico tutelato.
D’altronde, non mancano neppure impostazioni radicali295 che denunciano
l’insensatezza dell’aver elevato il consumatore a status giuridico autonomo, proponendo una destrutturazione della stessa categoria.
Sotto un altro versante, e senza voler indagare le complesse dinamiche che attengono al c.d. “terzo contratto”, non si può non osservare come alla categoria originaria del consumatore si siano poi ulteriormente affiancate, e talvolta sovrapposte, altre nozioni, individuanti autonome categorie soggettive, a loro volta destinatarie di normative protezionistiche, di cui la singola qualifica soggettiva che viene in rilievo costituisce il presupposto applicativo296.
In effetti, lo sviluppo delle nuove tecnologie caratteristiche della società dell’informazione pone all’attenzione l’opportunità di tutelare soggetti che agiscono non, o meglio non necessariamente, in qualità di consumatori.
Caratteristica dell’epoca contemporanea è proprio la compresenza di ordinamenti settoriali plurimi, in cui anche la tutela degli interessi rilevanti diventa un sistema articolato e composito.
292Salvo forse la previsione del diritto di recesso, che viene riconosciuta di stampo più marcatamente
paternalistico in senso antilibertario. Così R. Caterina, Paternalismo e antipaternalismo nel diritto privato, cit., p. 780.
293 Così R. Sacco, G. De Nova, Il Contratto, in Tratt. Sacco, 3a ed., Torino, 2004, I, p. 488.
294 Al riguardo, cfr. la puntuale analisi critica di C. Camardi, La protezione dei consumatori tra diritto civile e regolazione del mercato. A proposito dei recenti interventi sul codice del consumo, in www.juscivile.it, 2013, p. 305 ss. 295 Così F. Denozza, Aggregazioni arbitrarie v. “tipi” protetti: la nozione di benessere del consumatore decostruita, in Giur. comm., 2009, n. 6, p. 1057 ss. Per una ricognizione in chiave critica delle varie teorie relative al consumatore-soggetto debole, cfr. D. Poletti, op. cit., p. 975 ss.
296 A registrare, anche in chiave critica, la moltiplicazione delle categorie soggettive è M. Rabitti, La qualità di “consumatore-cliente” nella giurisprudenza e nelle decisioni dell’arbitro bancario finanziario, in Contr. e Impr., 2014, n.
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Così, ad esempio, in talune normative si fa riferimento al “risparmiatore”297,
all’investitore, o, come avviene in ambito bancario, al “cliente”, cioè l’utente di servizi bancari e finanziari.
Fra le categorie soggettive che hanno di recente affiancato il consumatore, attingendo così dalla relativa tutela, non si possono poi non citare le c.d. “microimprese”298, divenute destinatarie della disciplina in materia di pubblicità
ingannevole o comparativa e di pratiche commerciali scorrette grazie alla l. n. 27/2012299. Il legislatore comunitario ha così esplicitato la sua consapevolezza che
determinate condotte ben possono arrecare danno alle “imprese clienti”300.
Diventa così evidente il progressivo sgretolamento non solo della categoria giuridica del contraente, ma anche della figura del consumatore, sulla prima prepotentemente innestatasi, con i relativi problemi sistematici che ne derivano301.
In effetti, la forzatura della categoria è tale che si è parlato in proposito di “consumerizzazione”302 del diritto dei contratti; un settore, quest’ultimo, prima
contaminato dalla disciplina dei contratti commerciali - dovuta essenzialmente all’abrogazione del codice di commercio - ed oggi pervaso, fin nelle sue categorie più
297 Sulla nozione di “risparmiatore” cfr. G. Alpa, Qualche rilievo civilistico sulla disciplina dei mercati finanziari e sulla tutela del risparmiatore, in Banca borsa tit. cred., 1998, n. 2, p. 372 ss., in cui l’autore sostiene il
superamento concettuale della distinzione fra risparmiatore e consumatore. In senso inverso, si segnala l’ord. del 25.01.2005, emessa dall’Ufficio G.i.p. del Trib. Milano nell’ambito del processo Parmalat, in
Corr. merito, 2005, n. 1, p. 433 ss., con la quale è stata negata la costituzione di parte civile delle associazioni
che nel loro statuto non contemplavano esplicitamente quale propria finalità la tutela dei risparmiatori, limitandosi alla previsione dei diritti del consumatore e utente di beni e servizi. Tale pronuncia sembra quindi operare una distinzione tra lo status giuridico di consumatore e quello di risparmiatore.
298 Al riguardo, v. la Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, relativa alla definizione delle
microimprese, piccole e medie imprese, reperibile in G.U. L 124 del 20.05.2003.
299 In proposito, con particolare riguardo al settore delle pratiche commerciali scorrette cfr. D. Valentino, Timeo danaos et dona ferentes. La tutela del consumatore e delle microimprese nelle pratiche commerciali scorrette, in Riv. dir. civ, 2013, n. 5, p. 1157 ss.
300 D’altronde, lo stesso VIII considerando della dir. 2005/29/CE precisa che: “La presente direttiva
tutela direttamente gli interessi economici dei consumatori dalle pratiche imprenditori individuali, piccole e medie imprese, associazioni, comitati o consorzi con attività esterna possano trovarsi nella medesima situazione del consumatore”.
301 Sul punto, v. l’analisi, puntuale e di più ampio respiro, di L. Rossi Carleo, Consumatore, consumatore medio, investitore e cliente: frazionamento e sintesi nella disciplina delle pratiche commerciali scorrette, in Eur. dir. priv., 2010, n.
3, p. 685 ss., in cui l’Autrice osserva come la riconduzione a sistema delle norme - dettate da un legislatore sempre più pragmatico e poco attento alle categorie dogmatiche - rappresenti non più un prius, ma un
posterius rimesso agli sforzi dell’interprete, a cui spetta la difficile ricerca di un barlume di razionalità nelle
disposizioni normative.
302 Così V. Roppo, Parte generale del contratto, contratti del consumatore e contratti asimmetrici (con postilla sul terzo contratto), in Riv. dir. priv., 2007, p. 669 ss. e sopr. p. 692 ss.
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tradizionali, da una logica, della quale la figura del consumatore è emblematica, incentrata sulla sussistenza di profili di disequilibrio fra le parti303.
In sostanza, le ultime tendenze che interessano la categoria del consumatore si dimostrano in parte in contraddizione fra di loro: da un lato si osserva una linea espansiva, che ha mirato ad estendere il più possibile i confini della figura, anche dilatando il dato letterale della definizione, onde ampliare la sfera soggettiva dei destinatari di normative di tutela: da qui le conseguenti critiche mosse sul piano del paternalismo antilibertario; dall’altro lato si nota una certa destrutturazione della figura del consumatore, frammentata in ulteriori categorie settoriali con essa in parte sovrapposte.
7. Dal consumatore al fideiussore. L’ambito applicativo dell’art. 1469 bis