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Sovraindebitamento, credito al consumo e crisi economica

SEZIONE II Fideiussione e sovraindebitamento del debitore garantito 1 Premessa

3. Sovraindebitamento, credito al consumo e crisi economica

È d’obbligo svolgere una riflessione anche su un versante ulteriore, a conferma della necessità di introdurre una disciplina specifica per l’ipotesi del fallimento del debitore civile.

629 Indicate all’art. 1 l. fall., su cui v. E. Sorci, Commento Sub. Art. 1, in G. Terranova, G. Ferri Jr., G.

Giannelli, F. Guerriera, M. Perrino, B. Sassani (a cura di), La nuova legge fallimentare annotata, Napoli, 2006, p. 9 ss.

630 Sull’accesso alle procedure, cfr. D. Galletti, Commento Sub. Art. 160 legge fallimentare, in C. Cavallini (dir.

da), Commentario alla legge fallimentare, Milano, 2010, p. 2268 ss.

631 Così E. Pellecchia, op. cit., p. XX.

632 Con riguardo ad una pluralità di aspetti, fra cui, in primis, la previsione di inefficacia degli atti assuntivi

di obbligazioni del fallito, intercorsi dopo la dichiarazione di fallimento. V. A. Castagnola, L’insolvenza del

debitore civile nel sistema della responsabilità patrimoniale, in An. giur. ec., 2004, n. 2, p. 245 ss.

633 Così ancora A. Castagnola, op. cit., p. 253 ss., il quale giunge ad invocare un’estensione delle procedure

fallimentari alla luce del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost., nonostante ricordi anche come la Corte Costituzionale, con sentenza 27.07.1982, n. 145, in Foro it., 1982, n. 1, c. 3006 ss., abbia ritenuto il diverso trattamento di insolvenza civile e insolvenza commerciale una materia sottratta al giudizio di costituzionalità, e rientrante nel margine di discrezionalità spettante al legislatore.

Peraltro, più di recente, il Tribunale di Bolzano ha sollevato un’ulteriore questione di legittimità costituzionale, con precipuo riguardo alla distinzione fra piccoli imprenditori e imprese di dimensioni superiori. La questione è stata però dichiarata manifestamente inammissibile perché mal posta. Cfr. C. Cost., ord. 30.11.2007, n. 411, in Foro it., 2008, n. 1, p. 6 ss., con nota di M. Fabiani.

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Se, come visto, sul piano teorico la ratio di una tale regolazione presenta senz’altro un saldo fondamento634, è pur vero che nell’introduzione della relativa disciplina hanno

esplicato un peso determinante anche cause di natura essenzialmente contingente. È stata infatti la travolgente crisi economica globale a evidenziare con particolare intensità il fenomeno del sovraindebitamento e, in generale, dell’insolvenza civile, svelando la vulnerabilità finanziaria delle imprese, ma anche delle famiglie.

Soprattutto, la crisi ha fatto vacillare persino la notoria “virtù” del consumatore italiano, tradizionalmente meno incline, rispetto ai corrispettivi del resto d’Europa, ad indulgere al consumo sfrenato. È in tal modo che la problematica emerge prepotentemente in tutta la sua complessità, assurgendo al rango di questione di giustizia sociale635.

Si può senz’altro affermare, dunque, che, su un piano più strettamente pratico e di opportunità politica, alla grave situazione economica attuale si deve lo spunto fornito al legislatore per colmare il deficit normativo prima caratterizzante il nostro ordinamento, con riguardo al problema del sovraindebitamento di tutti quei soggetti esclusi dall’ambito di applicazione della legge fallimentare636.

Peraltro, su un piano più ampio, si osserva che la stessa crisi non è che il frutto di un sistema economico incentrato sul debito: facile concessione del credito, conseguente produzione di uno stato di sovraindebitamento dei consumatori e delle famiglie, e deflagrazione di una crisi economica mondiale, appaiono strettamente connessi all’interno di una sorta di “circolo vizioso”.

Ad un esame più approfondito, il fenomeno del sovraindebitamento si presenta dunque assai complesso, e svela una certa rilevanza macroeconomica, oltre che a un indubbio fondamento culturale e sociologico637.

Il collegamento638 più problematico che il sovraindebitamento evidenzia, è quello

con il credito al consumo, inteso quale operazione diretta a consentire l’immediata

634 Circa l’opportunità di estendere la previsione di procedure con esito esdebitatorio anche a favore del

debitore civile, v. anche la riflessione di G. Falcone, La posizione del consumatore e gli istituti esdebitatori nelle

recenti evoluzioni degli ordinamenti concorsuali, in Dir. fall., 2006, n. 1, p. 841 ss. 635 V. L. Modica, op. cit., p. 24 ss.

636 Per questi rilievi, v. anche M. Fabiani, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur., 2012, n. 4,

p. 449 ss.

637 Per un’approfondita indagine delle cause del fenomeno, in chiave strutturale, culturale e

macroeconomica, cfr. E. Pellecchia, op. cit., p. 11 ss.

638 V. l’interessante analisi sul piano giuridico-economico, che indaga gli snodi critici del collegamento fra

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acquisizione di beni e servizi, che non sarebbero altrimenti conseguibili639. L’unica

alternativa, per il consumatore, sarebbe cioè il rinvio dell’acquisto ad un momento successivo, di maggior disponibilità economica640.

Certo, si tratta di una soluzione che si profila, almeno ad una prima analisi, come vantaggiosa per la totalità dei soggetti coinvolti nell’operazione di credito. In effetti, se da un lato al venditore viene assicurato l’assorbimento della merce mediante agevolazioni nel rimborso del prezzo, dall’altro, al consumatore viene consentita l’acquisizione immediata del bene; infine, al finanziatore viene garantito il conseguimento di profitti attraverso il ricorso a normali operazioni di prestito. Peraltro, lo stesso mercato ne beneficia, grazie all’immissione, nel circuito della distribuzione, dei capitali necessari al suo stesso funzionamento641.

È noto che il credito al consumo ha trovato un’espansione sempre crescente al punto da divenire fenomeno di massa, consentendo l’incremento sia della produzione e dello scambio di beni e di servizi, sia della percezione di benessere da parte degli individui, derivante dalla possibilità di dilazionare nel tempo le spese sostenute.

Lobuono, M. Lorizio, Credito al consumo e sovraindebitamento del consumatore. Scenari economici e profili giuridici. Torino, 2007.

639 Si ricorda che l’art. 121 t.u.b., come modificato dal d.lgs. 13.08.2010, n. 141, definisce il credito al

consumo come la concessione, nell’esercizio di un’attività commerciale o professionale, di credito sotto forma di dilazione di pagamento, di finanziamento e di altra analoga facilitazione finanziaria a favore di una persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta. Per un’approfondita analisi della previsione e dei relativi contenuti, cfr. G. Carriero, La riforma del

credito ai consumatori e le nuove policy di tutela del risparmiatore nel settore bancario, in Eur. dir. priv., 2011, n. 2, p.

505 ss.

Il d.lgs. 141/2010 rappresenta l’attuazione della direttiva 2008/48/CE38, in G.U.U.E., n. L 133, del 22.05.2008, p. 83 ss., su cui v. G. De Cristofaro, La nuova disciplina comunitaria del credito al consumo: la direttiva

2008/48/CE e l’armonizzazione “completa” delle disposizioni concernenti “taluni aspetti” dei “contratti di credito ai consumatori”, in Riv. dir. civ., 2008, n. 3, p. 255 ss.

In materia di credito al consumo, com’è noto, la bibliografia è ampia. V. ex multis, G. Pignataro, Il credito al

consumo, in P. Stanzione, A. Musio (a cura di), La tutela del consumatore, in Trattato Bessone, Torino, 2009,

XXX, p. 211 ss., e T. Febbrajo, La nuova disciplina dei contratti di credito “al consumo” nella Direttiva

2008/48/CE, in Giur. it., 2010, n. 1, p 223 ss. Sebbene precedente all’ultima riforma in materia, cfr. inoltre

l’ampia analisi del fenomeno nell’ambito del mercato e della concorrenza di C. Camardi, Integrazione

giuridica europea e regolazione del mercato. La disciplina dei contratti di consumo nel sistema del diritto della concorrenza,

in Studi in onore di P. Schlesinger, IV, Milano, 2004, p. 2447 ss., la quale evidenza il collegamento necessariamente sussistente fra disciplina del mercato e disciplina del consumo, e conseguentemente, disciplina dei contratti di consumo.

V. inoltre R. M. Gelpi, F.J. Labruyère, Storia del credito al consumo. La dottrina e la pratica, Bologna, 1994, in cui gli A. effettuano un’attenta ricostruzione storica del fenomeno, facendone risalire le origini alla seconda metà dell’Ottocento, quando la ditta Singer iniziò la vendita delle proprie macchine da cucire a rate.

640 Cfr. G. Alpa, Il diritto dei consumatori, Roma, 1996, p. 132 ss., il quale osserva come, nell’ordinamento

italiano, le origini del fenomeno del credito al consumo, nella sua attuale fisionomia, si collochino dopo la prima guerra mondiale, allorquando, all’interno della vicenda di finanziamento, intervenne un nuovo soggetto, il finanziatore, che si limita a fornire i capitali necessari per l’acquisizione dei beni o servizi, senza produrli né distribuirli.

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Ciò è d’altronde avvenuto in stretta correlazione con le modificazioni intercorse rispetto allo stile di vita e di consumo della società stessa.

Soprattutto, si fa riferimento alla transizione dalla cash society, incentrata sulla figura del consumatore-pagatore - nella quale gli individui, per sostenere le proprie attività ricorrevano al finanziamento in misura marginale, preferendo piuttosto chiedere aiuto, in caso di mancanza di liquidità, a familiari o agli amici - alla credit society, in cui il ricorso al credito erogato da un finanziamento rappresenta la normalità642.

Peraltro, è evidente come la facilità di ricevere credito sia a sua volta la conseguenza del modo (troppo?) agevole con cui il credito viene concesso643. In tale

ottica, sarebbe auspicabile un coordinamento tra la diligenza del consumatore che riceve il finanziamento e quella del professionista che lo eroga644.

Inoltre, un altro aspetto da considerare, che si rivelerà significativo anche nell’impianto della l. n. 3 del 2012, è il carattere “passivo” o “incolpevole” che il sovraindebitamento non di rado presenta, a maggior ragione in un contesto economico già affetto da una grave crisi economica.

Con tale espressione, ci si riferisce a quelle situazioni in cui la perdurante incapacità di far fronte agli impegni assunti deriva non da comportamenti del debitore stesso, come l’assunzione di debiti in misura eccessiva (c.d. sovraindebitamento “attivo”), bensì viene da questi in un certo senso “subita”, in ragione dell’ingerenza di cause non controllabili, né prevedibili - talvolta definite anche “sopravvenienze”645- che

siano idonee a ridurre significativamente l’ammontare del patrimonio e/o del reddito del debitore stesso o del suo nucleo familiare. Si tratta, peraltro, di fattori spesso inerenti la

642 Cfr. D. Cerini, Il sovraindebitamento del consumatore in prospettiva comparata, in M. Lobuono, M. Lorizio, cit.,

p. 171 ss.

643 V. D. Cerini, op. ult. cit., p. 172-173 rileva proprio come il rischio di un credito concesso troppo

agevolmente dal finanziatore subisca pericolosi incrementi per effetto dell’allentamento dell’attuazione di serie politiche di analisi del rischio del credito, in favore invece del crescente ricorso a garanzie di stampo assicurativo che attenuano il rischio di insolvenza. In proposito, cfr. anche E. Pellecchia, op. cit., p. 13 ss., che descrive l’altro versante della c.d. “democratizzazione del credito” nei termini di vere e proprie azioni predatorie poste in essere dall’industria del credito.

Più in generale, sul tema del c.d. “credito responsabile”, v. la stessa E. Pellecchia, op. cit., p. 67 ss., nonché la recente riflessione di G. Piepoli, Sovraindebitamento e credito responsabile, in Banca borsa tit. cred., 2013, n. 1, p. 38 ss.

644 V. l’analisi di R. Montinaro, Il sovraindebitamento del consumatore: diligenza nell'accesso al credito ed obblighi del finanziatore, in Banca, borsa, tit. cred., 2015, n. 6, p. 781 ss. Cfr. anche L. Modica, op. cit., p. 227 ss.

645 Cfr. R. Montinaro, op. cit., p. 795, la quale rileva come le sopravvenienze debbano sì essere la ragione

dello squilibrio patrimoniale a carico del debitore, ma, al contempo, osserva come sia corretto attribuire rilevanza alle sopravvenienze anche come cause che determinano la domanda di credito, facendo nascere l’esigenza di contrarre un ulteriore debito da finanziamento, anche se insostenibile alla luce delle condizioni economiche in cui versa il consumatore.

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sfera personale del soggetto, quali la perdita del posto di lavoro o l’intervento di una separazione personale646.

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