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Critiche alla soluzione accolta: emersione del garante “privato” e possibile considerazione del fideiussore quale consumatore

CAPITOLO II Dalla fideiussione al fideiussore Garante e consumatore: verso una possibile convergenza

9. Critiche alla soluzione accolta: emersione del garante “privato” e possibile considerazione del fideiussore quale consumatore

La soluzione sopra esposta è condivisa fermamente da gran parte della giurisprudenza, anche di merito310; indubbiamente essa presenta un saldo fondamento

logico e normativo, coincidente con la regola di accessorietà.

In tale ottica, poiché l’applicazione delle norme dettate a tutela del consumatore dipende esclusivamente dalla qualità del debitore principale, essa potrà essere invocata solo dal fideiussore che abbia garantito un contratto stipulato fra un debitore- consumatore e un professionista, come ad esempio una banca. Non assume invece alcun rilievo la posizione in concreto rivestita dal garante; è dunque indifferente che il fideiussore agisca nell’esercizio ovvero al di fuori dell’esercizio dell’attività professionale311.

309 Si tratta di Cass., 11.01.2001, cit. In proposito, cfr. G. Stella, Le garanzie personali del credito, in G. Alpa, G.

Iudica, U. Perfetti, P. Zatti, (a cura di), Il Draft Common Frame of Reference del diritto privato europeo, Milano, 2009, p. 281 ss., specie p. 290 ss.

310 In tal senso, di recente, Trib. Padova, 9.01.2012, in Riv. Notariato, 2013, n. 3, p. 691 ss., con nota di M.

Rinaldo, Contratto di fideiussione e ambito applicativo della disciplina dettata dal codice del consumo.

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In realtà, la suddetta prospettiva, apparentemente incrollabile, per altri aspetti non va esente da critiche.

Riguardo al principio di accessorietà utilizzato a presupposto esclusivo di tale impostazione, si osserva che, da un punto di vista logico-giuridico, è innegabile la sussistenza di un collegamento tra obbligazione principale e obbligazione fideiussoria, dal quale discendono diverse conseguenze sull’efficacia e sulla estensione della garanzia fideiussoria, già oggetto di analisi312.

Tuttavia, è altrettanto vero che l’accessorietà non si atteggia a regola totalizzante, con efficacia assorbente di ogni aspetto della vicenda fideiussoria: come già esaminato313,

non solo una divaricazione fra i due rapporti, principale e di garanzia, può senz’altro sussistere dal punto di vista causale, non solo la clausola “a prima richiesta”, compatibile con lo schema fideiussorio tipico, determina un significativo allontanamento dalla regola di accessorietà; ma, soprattutto, la stessa giurisprudenza di legittimità ha in più occasioni escluso l’operatività dell’accessorietà rispetto a talune circostanze.

La Cassazione ha cioè ritenuto che i due rapporti obbligatori in questione mantengono una certa individualità ed autonomia, di modo che, almeno per certi aspetti, la disciplina dell’obbligazione garantita non influisce su quella della garanzia: per quest’ultima continueranno pertanto a valere le relative regole314.

Bisogna inoltre considerare che l’applicazione acritica della soluzione imperniata esclusivamente sull’accessorietà del rapporto garantito determinerebbe il risultato paradossale di dover considerare consumatore “di riflesso”- e dunque a sua volta destinatario della relativa disciplina - anche una banca che presti garanzia in favore di un soggetto privato, che agisce quale consumatore.

Ma soprattutto, oltre ai rilievi già formulati, può apparire riduttivo valutare la questione esclusivamente nella prospettiva della strumentalità della disciplina del contratto di fideiussione, senza attribuire analogo rilievo alle finalità di tutela perseguite dalla normativa consumeristica, nonché al rischio economico complessivo che il garante viene ad assumersi nel prestare la garanzia.

Una risposta “ante litteram” al problema, ossia precedente all’introduzione in Italia della stessa nozione di “consumatore”, oltre che alle modifiche che interessarono la

312 Cfr. supra, cap. I, sez. II, p. 8 ss. 313 Cfr. supra, cap. I, sez. II, p. 12 ss.

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fideiussione omnibus, è contenuta in un’analisi ormai risalente, ma non per questo priva di interesse315.

In realtà, già nei primi anni del Novecento - nella vigenza del codice di commercio, parallela a quella del codice civile - taluni tendevano a distinguere fra fideiussione prestata per obbligazioni commerciali e per obbligazioni non commerciali, con conseguente possibile differenziazione della disciplina applicabile316.

Sulla stessa linea, suonano nette le parole di quella dottrina che, in epoca successiva, interrogandosi sui rischi insiti nella fideiussione “prestata da privati”, evidenziava come il rilascio della garanzia determinasse, nella maggior parte dei casi, a carico di un soggetto chiamato “privato” (che oggi, con ogni probabilità, definiremmo “consumatore”), una vera e propria “sopraffazione”317 a suo danno.

In quest’ottica, veniva messa in luce l’enorme rilevanza ed utilità del fenomeno fideiussorio nel contesto dei traffici commerciali; ma, al contempo, ne era segnalata la pericolosità sociale, in uno scenario in cui, mentre il garante “privato” si addossa il rischio eccessivo derivante da un’operazione complessa, il creditore si avvantaggia di una situazione di supremazia economica assoluta.

Non senza una certa estremizzazione, veniva addirittura ritenuta contraria ad ogni logica la possibilità di configurare il contratto di fideiussione a titolo gratuito, suggerendosi invece come soluzione preferibile la previsione di una vera e propria “sanzione” espressa di onerosità in caso di mancata pattuizione della stessa318.

Sulla stessa linea di ragionamento, veniva già opportunamente evidenziata anche la profonda differenza intercorrente fra la situazione in cui è una banca a prestare la garanzia e quella in cui si rende fideiussore un soggetto operante al di fuori di un’attività imprenditoriale o comunque professionale319: nel primo caso, un soggetto esercente

un’attività economica organizzata quale quella bancaria è certamente in grado di ridurre l’entità del rischio accettato con l’assunzione della garanzia tramite l’adozione di

315 Si fa riferimento all’approfondita analisi critica di E. Simonetto, La fideiussione prestata da privati, Padova,

1985. L’autore, in apertura e poi in appendice, ricorda che la pubblicazione in questione seguì ad un convegno tenutosi a Padova nel 1984, che aveva già significativamente accostato - in un periodo in cui tuttavia la disciplina italiana a tutela del consumatore doveva ancora vedere la luce - la materia della fideiussione al settore delle clausole vessatorie, rivendicando un ruolo più incisivo per le clausole generali,

in primis la buona fede, che al contempo stava assumendo un ruolo sempre più centrale nel dibattito già in

corso relativo alla fideiussione omnibus.

316 Cfr. V. Campogrande, op. cit., p. 82 ss., che ripercorre il dibattito in questione. 317 Cfr. E. Simonetto, op. cit., p. 4.

318 Cfr. E. Simonetto, op. cit., p. 5.

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appositi accorgimenti tecnico-aziendali; nel secondo caso, può invece accadere che il garante risulti impreparato di fronte all’operazione economica in cui si trova coinvolto320.

Ora, è vero che grazie alla riforma del 1992, per quanto relativa alla sola fideiussione omnibus, taluni dei più rilevanti rischi di abusi a danno del fideiussore, sia questi soggetto “privato” o meno, sono stati contenuti; ciononostante, l’indagine svolta dalla dottrina in esame mantiene significativi tratti di interesse nel sottolineare in chiave critica la situazione di debolezza economica in cui non di rado riversa tale garante, allora definito “privato”.

Non a caso, non mancano opinioni decisamente più recenti che propongono a loro volta una più approfondita considerazione della situazione in cui versi il fideiussore, per eventualmente accostarlo, a seconda delle circostanze, alla categoria soggettiva del consumatore, onde potergli così applicare la relativa disciplina.

In primo luogo, vi è dunque chi pone in evidenza l’incongruenza della soluzione consistente nel privare di ogni rilievo autonomo la qualità del fideiussore, che, indipendentemente da che agisca al di fuori o nell’esercizio di un’attività professionale, se garantisce un consumatore, verrà trattato come tale e assoggettato alla disciplina di tutela, mentre, se garantisce un professionista, verrà automaticamente escluso da tale applicazione321.

Sulla stessa linea, si osserva che è decisamente eccessivo attribuire un simile valore assorbente al collegamento esistente fra rapporto principale e rapporto di garanzia, soprattutto laddove non venga realizzata un’operazione economica unitaria, comune a fideiussore e debitore, ed il garante non abbia alcun interesse economico autonomo alla concessione del credito in favore del debitore garantito o comunque alla prestazione della garanzia.

Si propone piuttosto un’indagine di più ampio respiro sul ruolo rivestito dal garante all’interno della complessiva vicenda, di modo che la qualifica soggettiva di questi non sia ricavata a priori, e “di riflesso” rispetto al ruolo del debitore, bensì sia determinata in rapporto alla concreta inerenza dell’operazione realizzata alla sfera di attività professionali del soggetto stesso che agisce322.

320 Per utilizzare le parole dal forte impatto utilizzate dall’autore, il fideiussore privato si trova “preso alla

sprovvista e intrappolato”. Così E. Simonetto, op. cit., p. 26.

321 Cfr. l’analisi critica di G. Bozzi, op. cit., p. 854 ss. 322 Cfr. G. Bozzi, op. cit., p. 855-856

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Forse, di fronte a tali circostanze, escludere senza eccezioni l’applicazione della disciplina consumeristica solo in ragione del carattere accessorio del rapporto di garanzia concretizza un’impostazione eccessivamente riduttiva e anche semplicistica323.

D’altronde, il vincolo dell’accessorietà, come già svelato da suddetta giurisprudenza della Cassazione che ne ha limitato la portata, ha un rilievo circoscritto al piano funzionale dei due rapporti in questione, non potendo estendersi la sua operatività al punto di determinare una reciproca influenza delle qualifiche dei soggetti coinvolti324.

Risulta così comprensibile il pur provocatorio rilievo per cui “non è dato comprendere cosa c’entri la regola di accessorietà con la nozione di consumatore” 325.

In effetti, nella dottrina più recente si fanno sempre più diffuse le voci che, contestando l’inerenza della “ipervalutata”326 regola di accessorietà con la nozione di

consumatore, denunziano la limitatezza della soluzione accolta dalla giurisprudenza e propongono una differente lettura della questione, incentrata sulla posizione assunta in concreto dal fideiussore nella specifica operazione economica realizzata.

Con tali premesse, è possibile risolvere anche la questione che più preoccupa, ossia quella di un fideiussore che, risultando totalmente estraneo all’attività professionale del debitore garantito, verosimilmente non sia in grado di ben valutare e comprendere il rischio economico che lo stesso si assume prestando fideiussione.

In una siffatta situazione, è evidente che il garante - soggetto che, in quanto debitore in solido, potrà essere chiamato a rispondere per l’intero dovuto dal debitore principale - è tenuto a sopportare un rischio di inadempimento forse eccessivo,

323 Sulla fondatezza della soluzione imperniata sull’accessorietà della garanzia si interroga criticamente

anche S. Monticelli, Accesso al credito e tutela del consumatore: questioni nuove e problemi irrisolti, in Giust. civ., 2012, p. 527 ss.

Sul garante debole, in prospettiva comparata, cfr. inoltre G. Gioia, In Search of the Effective Protection of the

Weak Surety in the Web of the Italian Legal System, in A. Colombi Ciacchi (a cura di), Protection of Non- Professional Sureties in Europe: Formal and Substantive Disparity, Baden-Baden, 2007, p. 215 ss.

Apre profili per la configurazione di un garante-consumatore anche M. Lobuono, Contratto e attività

economica nelle garanzie personali, Napoli, 2002, p. 100 ss. 324 Sul punto, ancora G. Bozzi, op. cit., p. 857.

325 Così si esprime criticamente A. A. Dolmetta, Il fideiussore può anche essere consumatore. A proposito di Abf Roma, n. 4109/2013, in http://www.dirittobancario.it/spunti-dall-abf/garanzie, che sulla stessa linea

prosegue affermando: “Che anzi, a bene vedere, la tesi della Cassazione si risolve piuttosto nell’allegazione di una (insussistente) regola di simmetria: e, per vero, e non meno dell’altra non afferente alla materia in questione (della riconosciuta veste di consumatore, appunto)”.

326 La definizione è ancora di A. A. Dolmetta, op. cit., ma a proporre un superamento dell’impostazione

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venendosi a trovare al pari di un consumatore “vero e proprio” in una posizione di debolezza contrattuale327.

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