CAPITOLO II Dalla fideiussione al fideiussore Garante e consumatore: verso una possibile convergenza
13. Fideiussione e credito al consumo nella giurisprudenza della CgUe
L’indagine proposta - finalizzata alla verifica circa la possibilità di considerare il fideiussore quale consumatore, e pertanto destinatario della relativa disciplina - non può
339 È quanto posto in luce dalla significativa analisi di M. Rabitti, op cit., p. 2173 ss.
340 Le decisioni dell’Arbitro non hanno efficacia vincolante e non producono giudicato sostanziale;
ciononostante l’inosservanza della decisione dà luogo all’applicazione di sanzioni reputazionali, che dotano la decisione stessa di una certa efficacia persuasiva. Cfr. M. Rabitti, op. cit., p. 214.
341 È quanto auspicato ancora da M. Rabitti, op cit., p. 217 ss., che rigetta una visione antagonistica del
rapporto fra giurisprudenza della Cassazione e posizioni espresse dall’ABF, proponendo fra i due poli un’interazione costruttiva.
In proposito, cfr. anche l’analisi di I. A. Caggiano, L’Arbitro Bancario Finanziario, esempio virtuoso di
degiurisdizionalizzazione, in Nuova giur. civ. comm., 2015, n. 7-8, p. 439 ss.
342 Così, fra le altre, Collegio ABF Roma, decisione n. 216 del 14.01.2013, e Collegio ABF Roma,
decisione n. 2000 del 15.04.2013.
343 Si tratta di ABF Napoli, ord. n. 4091 del 5.05.2016, pubblicata in Contratti, 2016, n. 7, p. 685 ss., che
evidenzia in maniera significativa come il suo intento sia proprio quello di individuare “l’esatta portata applicativa della nozione di professionista ‘di rimbalzo’, per chiarire se sia automatica l’estensione al garante della qualifica soggettiva che compete al debitore principale, ovvero se il collegamento tra il negozio principale e quello di garanzia debba operare esclusivamente sul piano oggettivo e non anche su quello soggettivo (concernente le diverse posizioni e le diverse esigenze di tutela delle persone che tali negozi hanno posto in essere)”. Tale ordinanza di rimessione si pone peraltro in linea di continuità con la pronuncia della CgUe del 19.11.2015, su cui v. infra, cap. II, parr. 16 ss., a cui è già seguita la decisione di merito su cui v. infra, cap. II, par. 17.
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esimersi dal considerare le istanze che, in tale ambito, sono provenute dallo scenario europeo.
In primo luogo, in questo contesto si è presentata una problematica analoga, relativa alla possibilità di applicazione al garante della disciplina sul credito al consumo, la cui soluzione a livello giurisprudenziale è stata fornita, in particolare, da una decisione assunta dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea nel 2000344.
Il caso di specie era il seguente: un soggetto (Siepert) si era reso fideiussore nei confronti di una società (Berliner Kindl Brauerei AG) per il rimborso dei prestiti che questa aveva concesso ad un privato ai fini dell’apertura di un ristorante. Si trattava di un impegno assunto dal garante in assenza di qualsivoglia relazione con l’attività professionale dello stesso. Dopo che il fideiussore aveva informato la società circa la revoca della propria garanzia, e stante l’inadempimento del debitore principale, la società risolse i contratti di prestito conclusi con lo stesso e ottenne la sua condanna al pagamento.
Il garante venne condannato al pagamento della stessa somma dovuta dal debitore garantito. Nell’impugnare la sentenza di condanna dinanzi al Landgericht di Potsdam, il fideiussore fece valere il proprio recesso dal contratto di garanzia ai sensi della normativa tedesca345, adottata in attuazione della prima direttiva europea sul credito al
consumo346.
Il giudice dell’impugnazione sospese il procedimento per chiedere l’intervento della Corte di Giustizia con rinvio pregiudiziale.
In tale occasione, la CgUe concludeva in senso negativo la verifica richiesta circa la possibilità di ritenere compresi nell’ambito di applicazione della prima direttiva comunitaria in materia di credito al consumo i contratti di fideiussione conclusi a garanzia del rimborso di un credito, quando né il fideiussore né il beneficiario del credito avessero agito nell’esercizio della loro attività professionale.
344 Si tratta della sentenza della CgUe, Quinta Sezione, 23 marzo 2000, causa C-208/98, Berliner Kindl
Brauerei c. Siepert, in Foro it., 2000, n. 4, p. 201 ss., con nota di A. Palmieri. Nella dottrina tedesca, cfr. l’ampia riflessione di A. Sölter, Die Verbraucherbürgschaft Zur Anwendbarkeit des Verbraucherkreditgesetzes auf die
Bürgschaft, Berlino, 2001, che si interroga circa l’applicabilità, in generale, della normativa consumeristica in
favore del fideiussore che rilasci garanzie sulla spinta di circostanze contingenti e/o emozionali, senza prestare particolare attenzione al contenuto della garanzia stessa. L’Autrice dimostra, in generale, di fornire al quesito una risposta che tendenzialmente equipara consumatore e garante “privato” (der private
Bürge). Sullo specifico caso Berliner Kindl Brauerei c. Siepert, v. p. 95 ss. 345 Verbraucherkreditgesetz del 17.12.1990
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Tale soluzione è apparentemente concorde su tutta la linea con la giurisprudenza italiana, laddove nega l’applicazione di una normativa speciale, di tutela, a favore del fideiussore che pure presti garanzia al di fuori dello svolgimento di un’attività professionale.
A ben vedere, la pronuncia europea sviluppa in realtà un ragionamento di ben altro spessore, caratterizzato da argomentazioni di natura parzialmente diversa.
In effetti, la sentenza in esame, diversamente dalle pronunce italiane - che attribuiscono rilievo esclusivamente al carattere di accessorietà della garanzia - si sofferma anche sull’indagine della ratio della direttiva comunitaria.
La Corte ritiene che l’ambito di applicazione della direttiva sul credito al consumo non possa ritenersi esteso anche al contratto di fideiussione stipulato nei confronti delle parti del contratto di credito. In primo luogo è il dato letterale a deporre in tal senso, visto che le garanzie destinate ad assicurare il rimborso del credito sono prese in considerazione dalla direttiva soltanto sotto il profilo della protezione del consumatore- mutuatario, mentre non si rinviene alcuna disposizione espressa relativa alla fideiussione. Ciò significa che la direttiva ha inteso lasciar fuori il contratto di fideiussione dal proprio ambito di applicazione.
Inoltre, tale conclusione viene raggiunta anche alla luce lo scopo della direttiva in questione, che viene individuato nell’assicurare la realizzazione di un mercato comune del credito al consumo e nel proteggere i consumatori che ottengono tali crediti.
La direttiva presenta cioè, come osservato dalla Corte, degli obiettivi circoscritti quasi esclusivamente all’informazione del debitore principale sulla portata dell’impegno assunto, che non si spingono fino a comprendere anche una protezione speciale in favore del fideiussore.
Niente però, nelle argomentazioni della CgUe, sembra precludere a che un’autonoma previsione possa essere dettata in tale direzione.
Significativamente, la Corte pone peraltro in evidenza la sussistenza di una precisa linea di demarcazione fra la direttiva comunitaria sul credito al consumo - della cui applicazione al fideiussore si discuteva nel caso di specie - e la direttiva comunitaria per la tutela dei consumatori in caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali: quest’ultima si caratterizza per avere un obiettivo garantistico di portata ben più generale, che consente quanto meno di non escludere tout court dal suo ambito di applicazione un contratto di fideiussione.
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D’altronde, a quest’ultima conclusione la CgUe era già giunta in precedenza, laddove aveva sancito che non si può escludere dall’ambito di applicazione della direttiva sui contratti negoziati fuori dai locali commerciali un contratto a favore di terzi. Più precisamente, nel caso di specie si trattava proprio di un contratto di fideiussione concluso in seguito a una vendita a domicilio347.
Al di là della soluzione accolta nel caso di specie, l’orientamento fatto proprio dalla CgUe - propenso ad indagare la ratio e lo scopo della normativa della cui applicabilità al fideiussore si discute - sembra decisamente preferibile rispetto alla rigida tendenza, preponderante invece nella giurisprudenza italiana, a valorizzare esclusivamente il carattere strumentale della garanzia fideiussoria.