2.4 “Evictions” differenziate: studio sui fattori d
2.8 Il “Social Housing” in Italia
2.8.3 L'ultimo decennio di politiche abitative
Dopo anni di inattività e pressoché totale assenza di programmazione - da ricondursi all'incertezza del neo-delineato assetto di competenze e alla sostanziale assenza di risorse -, nel 2008, il Governo Berlusconi varò un Piano nazionale di edilizia abitativa - la cui predisposizione è stata prevista dalla Legge 133 dello stesso anno108 e che ha trovato
concreta approvazione con il D.p.c.m. 191 del 2009: l'approdo ad un macro-programma di edilizia “mutifunzionale” - non solo destinato alle fasce più deboli - ha fatto parlare del consumato passaggio dal tradizionale modello dell'edilizia residenziale pubblica (ERP) all'edilizia residenziale sociale (ERS) o social housing109, dando così
inizio ad una nuova stagione delle politiche abitative in Italia.
108 Articolo 11 del Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133, “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria” (Legge Finanziaria per il 2009). 109 L’edilizia residenziale sociale si distingue dall’edilizia residenziale pubblica sulla base di una serie di fattori: non si fonda necessariamente sull’esproprio delle aree, ma usa, invece, principalmente le aree acquisite consensualmente attraverso la perequazione - ovvero aree già pubbliche disponibili per la trasformazione urbanistica; corollario contenutistico di questa differenza procedurale è anche la tendenza dell’ERS ad inserirsi come una componente all’interno di trasformazioni urbanistiche non specializzate - a sostituire, perciò, il modello dei quartieri interamente costituiti da ERP con residenze sociali integrate all’interno di tessuti socialmente misti; è finalizzata a produrre alloggi in affitto, non solo a canone sociale, ma su una vasta gamma di articolazioni del canone - proprio in quanto il problema dell’affitto ormai non tocca più solo le fasce sociali più deboli della popolazione. Infine, la stessa cerca di coinvolgere risorse private nell’investimento immobiliare remunerato con i rendimenti dell'affitto, sostenendo la nascita di nuovi soggetti economici ed etici attraverso opportunità di rapporto pubblico/privato: l’offerta di suoli o di diritti urbanistici pubblici; l’impegno del comune come garante del pagamento dei canoni; la possibilità di realizzare una quota di alloggi per la vendita ad integrazione dell’intervento di realizzazione degli alloggi in locazione. In sintesi, rispetto al passato, l'Edilizia Sociale comprende l'edilizia sovvenzionata e la cooperazione a proprietà indivisa, così come l'edilizia convenzionata ed agevolata orientata alla vendita, anche se in parte minoritaria, e si apre contemporaneamente a nuovi modelli di partenariato pubblico-privato. Cfr. La condizione abitativa in Italia.
Dalle esperienze di housing sociale alla risposta del Piano nazionale di Edilizia Abitativa e del Piano Casa. 2° Rapporto Nomisma 2010, Roma, 2010, pp. 11 ss., su
Il fine dichiarato del Piano - in linea con l'orientamento emerso nella giurisprudenza costituzionale - è << quello di garantire su tutto il territorio nazionale i livelli minimi essenziali di fabbisogno abitativo per il pieno sviluppo della persona umana >> ed è rivolto << all'incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l'offerta di abitazioni di edilizia residenziale […]110>>.
La regolamentazione approvata del settore dell'edilizia residenziale si caratterizza rispetto al passato per il rinnovo dell'habitat urbano e per l'uso della finanza di progetto, ma l'elemento di vera novità è rappresentato dal coinvolgimento di investitori privati nelle politiche per l'edilizia sociale: gli stanziamenti pubblici - pur esigui111 - fanno si
che gli stessi siano concepiti come leva motrice per stimolare massicci investimenti di altre istituzioni pubbliche e - sopratutto - private nel settore dell'edilizia residenziale.
Il primo pilastro entro cui si articola il Piano - nonché precipuo
110 << […] da realizzare nel rispetto dei criteri di efficienza energetica e di riduzione delle emissioni inquinanti, con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati >>, art 11, comma 2 della Legge 133/2008. Più specificamente il Piano contempla sei linee di intervento: sistema integrato di fondi immobiliari per l'incremento dell'offerta abitativa in locazione; incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica attraverso vendita e reinvestimento in alloggi; finanza di progetto; agevolazioni a cooperative edilizie; programmi integrati di edilizia anche sociale; programmi di ex Iacp e comuni di immediata fattibilità. Cfr. anche S.C. MATTEUCCI, L'evoluzione della politica della casa in Italia, in R. trim. dir. pubbl., 2010, pp. 163 ss.
111 Nonostante, peraltro, che nel D.p.c.m. si dica che tutte le linee d'intervento avranno un contributo statale - invitando le Regioni a formulare piani che comprendano tutte le diverse misure - solo per due di queste viene intanto previsto uno specifico stanziamento. Del complessivo stanziamento di 350 milioni di euro, infatti, una parte (200 milioni) è da ripartire tra le regioni per realizzare edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e, in omaggio a quanto stabilito nell'accordo concluso in sede di conferenza Stato-regioni, da erogarsi prioritariamente << in ciascuna regione a quegli interventi di competenza degli ex Iacp comunque denominati o dei comuni, già ricompresi nel Piano straordinario e regolarmente inoltrati, caratterizzati da immediata fattibilità, ubicati nei contesti ove la domanda di alloggi sociali risultante alle graduatorie comunali è più alta >>. Un'altra parte (150 milioni) è destinata al "sistema integrato di fondi immobiliari per l'incremento della dotazione degli alloggi sociali". Per tutte le altre linee di intervento si conta evidentemente su futuri stanziamenti pubblici ovvero su risorse private.
strumento per l'incentivo dell'investimento privato - è rappresentato dalla costruzione di un Sistema integrato di fondi immobiliari, finalizzato a promuovere la creazione di una rete di fondi locali per incrementare la dotazione di alloggi sociali sul territorio nazionale112.
Sotto il profilo operativo, il SIFI si configura come un insieme di fondi immobiliari “chiusi”113 di lungo termine - con durata non inferiore a 25
anni -, le cui quote dovranno essere sottoscritte da investitori istituzionali - Fondazioni bancarie, società d’investimento di emanazione pubblica, fondi privati ed internazionali -, articolati a loro volta in un sistema integrato nazionale e locale114.
112 Più specificamente il SIFI - ex articolo 1 del Decreto - riscontra il suo campo d'azione nel << l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero la promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con la partecipazione di soggetti pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l'incremento dell'offerta abitativa in locazione >>.
113 In via generale oggetto dei "fondi immobiliari" è quello dell'acquisizione, gestione e negoziazione di immobili al fine di conseguire un reddito periodico, far crescere il capitale e remunerare il risparmio raccolto. In tal modo, i risparmiatori sono coinvolti in investimenti nel mercato immobiliare attraverso la gestione patrimoniale di un intermediario professionale. I fondi beneficiano, inoltre, di una serie di vantaggi fiscali, essendo esentati dalle imposte sui redditi (Ires) e dall'Irap. 114 Al Fondo di investimento nazionale dovranno inizialmente concorrere - oltre alle risorse statali stanziate - le Fondazioni bancarie e la Cassa Depositi e Prestiti. Secondo stime effettuate dall'Associazione nazionale dei costruttori (Ance) il contributo delle fondazioni bancarie potrebbe ammontare a 250 milioni di euro l'anno, mentre la parte restante per giungere ad un miliardo di euro di dotazione iniziale dovrebbe essere provvista dalla Cassa Depositi e Prestiti. Sempre secondo l'Ance, accanto alla presenza dei tre principali sottoscrittori, il Fondo potrebbe vedere la partecipazione di altri investitori istituzionali, quali le compagnie di assicurazione, i fondi pensione ecc., giungendo ad una leva finanziaria pari al 50% della sua dotazione iniziale, portando così la massa finanziaria complessivamente attivabile a 2 miliardi di euro.
Lo scopo principale del Fondo nazionale è quello di favorire la creazione di fondi immobiliari a livello locale, ai quali il primo dovrà contribuire acquisendo partecipazioni di minoranza che non superino il 40% della loro dotazione. L'art. 11 del d.p.c.m. prevede che il Ministro dei lavori pubblici costituisca un gruppo di lavoro con rappresentanti anche di Regioni ed Enti locali, con il compito di definire i requisiti dei regolamenti del fondo - la cui approvazione spetta alla Banca d'Italia - sulla base di una serie di criteri: tra questi - a parte quelli economico-finanziari - è interessante segnalare il criterio dell'integrazione con le politiche pubbliche locali - in particolare con i piani e programmi regionali e comunali per l'edilizia sociale, per la riqualificazione e trasformazione urbana, per la realizzazione di infrastrutture strategiche e la valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico - e quello concernente la possibilità di investire sino al 10% dell'ammontare sottoscritto in
La prassi attuativa ha sinora mostrato come non sia stato possibile bilanciare la ordinaria contrapposizione tra la finalità di siffatti strumenti finanziari - la remuneratività degli investimenti - e la ratio che ne ha giustificato l'introduzione - la valorizzazione dell'offerta abitativa e l'incremento della dotazione degli alloggi sociali: gli investimenti sono, così, rimasti ancorati alla convenienza delle operazioni edilizie.
Mezzo ulteriore - previsto all'articolo 11, comma 4 della legge finanziaria - per canalizzare gli investimenti privati è costituito dai
Programmi integrati di promozione di edilizia residenziale115: questi assurgono, secondo l'articolato della legge, a strumento ordinario di attuazione del “piano casa” - finalizzati a migliorare e diversificare, anche attraverso interventi di sostituzione edilizia, le condizioni di abitabilità degli edifici e dell'habitat urbano116.
iniziative locali. Per la costituzione dei "fondi" locali elemento significativo - oltre alla partecipazione delle fondazioni bancarie - è poi rappresentato dall'apporto delle cooperative di abitazione e dei rispettivi consorzi, nonché dei Comuni e degli ex- Iacp, attraverso il conferimento nel fondo degli immobili di loro proprietà. Simili soggetti - in particolare le cooperative -, oltre alle quote del fondo, otterrebbero risorse da impiegare per i nuovi interventi, ferma restando la gestione degli immobili conferiti (manutenzione, definizione dei criteri di scelta degli inquilini, rapporti con i soci), necessaria ai fini del rispetto dei requisiti mutualistici, vedi S.C. MATTEUCCI,
op. cit., pp. 179-180.
115 Ai sensi del dettato legislativo, i suddetti programmi integrati sono strumenti operativi che seguono alla stipulazione di specifici Accordi di programma, funzionali a << concentrare gli interventi sulla effettiva richiesta abitativa nei singoli contesti, rapportati alla dimensione fisica e demografica del territorio di riferimento >>. 116 I "programmi integrati", da adottarsi nella forma di accordi tra le amministrazioni pubbliche interessate, sono promossi direttamente dal Ministro dei lavori pubblici, coinvolgendo le Regioni ed i Comuni interessati, sentita la Conferenza unificata. L'attuazione avviene mediante il ricorso alla "finanza di
progetto", secondo la disciplina del codice dei contratti pubblici, che delinea a questo
scopo un particolare tipo di contratto di costruzione e gestione di opere pubbliche o di interesse pubblico promosse da soggetti privati, e che si fonda su una complessa
partnership tra amministrazione pubblica, impresa realizzatrice e finanziatori privati.
Ne deriva che alla finalità sociale debba necessariamente accompagnarsi quella economica e che di norma questi programmi oltre agli alloggi sociali - solo eventualmente sovvenzionati dallo Stato - realizzeranno anche beni da destinare al mercato al fine di remunerare il capitale investito. Questo è, del resto, espressamente previsto dalle disposizioni contenute nella legge finanziaria, che - all'art. 11, comma
Nel tracciare un bilancio complessivo della riforma, pur nella astratta correttezza dell'operazione complessiva - che si fa carico di conciliare i due complessi aspetti della casa come bene economico e come bene sociale -, non è possibile trascurare il dato della esiguità delle risorse messe in campo per incentivare l'iniziativa privata, nonché il rischio della possibile prevalenza di atteggiamenti speculativi da parte delle imprese private117.
Ne deriva uno schema complessivo di intervento in cui l’edilizia sociale non assume le caratteristiche di obiettivo prioritario, né è previsto per legge - come invece sarebbe stato auspicabile - che l’ammissibilità dei programmi summenzionati debba contenere una quota minima di interventi destinati al social housing118.