• Non ci sono risultati.

Locazioni abitative: quarant'anni di disciplina speciale

Il diritto all'abitazione nello schema locativo

3.2 Il ricorso al contratto di locazione

3.2.1 Locazioni abitative: quarant'anni di disciplina speciale

Il tentativo di delineare le potenzialità evolutive di siffatta sfera dell'autonomia privata - nell'ottica a noi cara di promuovere l'accesso al bene primario dell'abitazione - impone all'operatore giuridico una - seppur sommaria - ricognizione della congerie normativa che nel corso degli ultimi decenni ha interessato il settore delle locazioni ad uso abitativo: l'opus ricostruttivo, in realtà, si giustifica più in forza di una piena comprensione dei mutamenti di indirizzo legislativo e delle conseguenti ricadute socio-economiche sul mercato, che per ossequio ad un principio morale di precisione giuridica.

Merita, anzitutto, considerare come la storia della disciplina italiana del contratto di locazione trovi - secondo uno schema diffuso su scala europea - l'immagine massimamente auto-rappresentativa nel titolo di “vicenda itinerante”: la mobilità normativa deve ricondursi al significato dei vari interventi legislativi, distinti “per generazioni”10 ed

alla conseguente frammentazione giuridica - quale effetto della non totale abrogazione delle leggi precedenti ad opera delle successive. Ecco che l'interprete, nell'intento - comunque non agevole - di ricomporre la disciplina unitaria, si trova costretto a far riferimento a fonti differenziate di normazione.

Il contratto di locazione, infatti, conosce una prima e parziale regolamentazione nel codice civile - dall'articolo 1571 al 1614 -, destinata però a governare soltanto alcuni degli aspetti principali del

10 Utilizza questa espressione, distinguendo tra leggi di prima e seconda generazione, E. BARGELLI, Locazione abitativa e crisi economica, in L'esigenza

abitativa. Forme di fruizione e tutele giurisdizionali. Atti del Convegno in onore di Gianni Galli, Firenze 19-20 ottobre 2012, A. BUCELLI (a cura di), (nei Quaderni della Rivista di diritto civile), CEDAM, Padova, pp. 272-273.

rapporto - durata, cessazione, godimento e manutenzione del bene locato - e devolve, invece, all'autonomia delle parti la definizione di ogni altro aspetto contrattuale: ne deriva una ricostruzione alla stregua di un contratto di dare, secondo una struttura che non sarà in alcun modo intaccata dalle normative succedutesi nel corso degli anni11.

Su questa conformazione iniziale si innesta - fin dal '45 - una nutrita legislazione speciale12, la quale - pur con intento semplificatorio -

viene ad influenzare l'unitarietà della disciplina, optando per una distinta regimazione delle locazioni di immobili per uso di abitazione da quelle destinate ad un uso diverso: simile contrapposizione si accompagna alla già esistente dicotomia codicistica fondata sulla natura - mobile o immobile - dell'oggetto del contratto. Tappa imprescindibile degli interventi descritti è la Legge n. 392 del 1978, meglio conosciuta come legge sull'“equo canone”13: questa -

11 Il codice civile del 1942 tipizza la locazione come contratto – consensuale, fondamentalmente a forma libera, obbligatorio, di scambio, oneroso, a prestazioni corrispettive, non aleatorio e ad esecuzione continuata - con il quale il locatore si obbliga nei confronti del conduttore a fargli godere una cosa - nel nostro caso un bene immobile - per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo, cfr. G. VETTORI, Le locazioni abitative, Cedam, Padova, 2002, p.5. In questo senso alcuni autori sottolineano come il modello tradizionale, consacrato dai codici civili nazionali, individui i due elementi essenziali del rapporto locativo nel corrispettivo e nel diritto di godere del bene, contribuendo a connotare la locazione come contratto che ha ad oggetto un dare – qualifica, questa, che si riverbera su molti profili della disciplina, cfr. F. PADOVINI, Diritto all'abitazione fra beni e persona, cit., pp. 71- 72. Peraltro, l'articolato codicistico distingue una disciplina generale - destinata ad applicarsi a tutte le locazioni di immobili (ma anche a quelle di beni mobili) – da una disciplina speciale della locazione di fondi urbani, ove però non si effettua alcuna differenziazione – come invece farà il legislatore del '78 in base alla destinazione d'uso (abitativo o meno) del bene.

12 Peraltro, le leggi che negli anni hanno regolato la materia sono destinate a prevalere sulla regolamentazione dettata dal codice civile, sia in forza del principio della successione delle leggi nel tempo – in quanto sopravvenute prevalgono sulle precedenti – sia in forza del carattere di specialità che le caratterizza.

13 La legge del 1978 perseguiva l'intento di introdurre una disciplina organica della materia della locazione di immobili urbani, che era stata invece oggetto, sin dall'epoca successiva alla prima guerra mondiale, del continuo succedersi di misure legislative introduttive di proroghe coattive – efficaci cioè anche contro la volontà del locatore – dei rapporti in corso, accompagnate non di rado anche da provvedimenti di blocco (o aumento limitato) dei canoni >>. L'intervento reiterato con una disciplina di tipo dirigistico aveva svuotato di significato l'articolato

annoverata tra le leggi di prima generazione - determinò una consistente limitazione dell'autonomia privata, prevedendo meccanismi di determinazione imperativa della misura del canone - distinta in relazione alla tipologia oggettiva dell'immobile e alla sua vetustà - e della durata del rapporto14; la disciplina sostanziale dettata viene altresì

munita del carattere della inderogabilità15, sanzionando con la nullità

ogni pattuizione contraria alla legge. La legge di equo canone, tuttavia, non è destinata a disciplinare la generalità dei contratti di locazione ad uso abitativo, applicandosi piuttosto solo agli immobili - esclusi quelli di pregio - che siano destinati dal conduttore al soddisfacimento di un'esigenza abitativa primaria: artificio, questo, che - complice il carattere perlopiù inderogabile delle novità normative introdotte - apre lo scenario del cosiddetto “doppio mercato”16, con la conseguente

codiscistico, ispirato al rispetto dell'autonomia contrattuale: constatazione, questa, che sollevò la necessità di un nuovo disegno delle locazioni urbane. Ne discese una disciplina decisamente antitetica rispetto a quella del codice, sopratutto con riferimento alla misura del canone dovuto dal conduttore: la determinazione del corrispettivo, infatti, continuò ad essere affidata all'autonomia contrattuale per le locazioni ad uso diverso dall'abitazione; per quelle ad uso abitativo l'autonomia delle parti poteva invece esplicarsi entro un limite massimo fissato dalla legge stessa, cfr. G. GABRIELLI, F. PADOVINI, La locazione di immobili urbani, CEDAM, Padova, 2005, pp. 7-8.

14 Fu, infatti, individuato in quattro anni il periodo minimo necessario per assicurare al conduttore la “stabilità” del rapporto, lasciando però libero il locatore di risolverlo alla scadenza e ciò a prescindere dall'esistenza di una giusta causa.

15 La nuova legge, infatti, oltre ad intervenire sulla determinazione del canone e sulla durata del contratto, detta una disciplina puntuale di altri aspetti del rapporto contrattuale - tra cui il recesso del conduttore per gravi motivi, la risoluzione del contratto per inadempimento, la successione nel contratto dalla parte del conduttore, ecc. La normativa sostanziale introdotta viene complessivamente munita del carattere dell'inderogabilità, attraverso la previsione dell'art. 79, relativo ai patti contrari alla

legge: << È nulla ogni pattuizione diretta a limitare la durata legale del contratto o ad

attribuire al locatore un canone maggiore rispetto a quello previsto dagli articoli precedenti ovvero ad attribuirgli altro vantaggio in contrasto con le disposizioni della presente legge >>. Cfr. G. VETTORI, op. cit., pp. 9-11.

16 La stessa abitazione, infatti, sarà soggetta a durata legale minima quadriennale e redditività non superiore a quella “equa” nell'ipotesi in cui la locazione sia destinata a soddisfare esigenze abitative primarie, mentre, nei casi restanti, sarà sottoposta alle dinamiche del libero mercato. Ovvia conseguenza del nuovo regime è data dal frequente ricorso alla simulazione contrattuale - per far apparire esistenti situazioni sostanziali che consentano la non applicazione della nuova normativa - e la presenza

proliferazione - nell'intento di sottrarsi alla severa disciplina vincolistica - di situazioni contrattuali “simulate”.

Il progressivo fiorire delle richiamate pratiche elusive, unitamente alle molteplici azioni giudiziarie promosse dai locatori per impedire la proroga della durata dei contratti ad opera della nuova normativa - cui il legislatore si è trovato costretto a rispondere con la pratica della sospensione degli sfratti - e il conseguente declino del mercato delle locazioni - con la conseguente sensibile contrazione dell'offerta degli immobili locati e il peggioramento della loro qualità -, decretano un totale fallimento della legge del '78 rispetto all'iniziale finalità di rivitalizzazione del mercato locativo17.

In un clima di generale disfavore e di ripetuti annunci di riforma, nel 1992 il legislatore interviene con una disposizione inserita nell'annuale legge finanziaria - articolo 11 del D. legge 11 luglio 1992, n. 333 -, determinando una - seppur timida - riattivazione del settore: la norma viene ad ammettere patti in deroga alle norme imperative sulla determinazione del canone18, riuscendo - in poche righe - a stravolgere

di contenuti contrattuali parzialmente “sommersi”- quali pagamenti in nero degli importi eccedenti l'equo canone. Ivi, p. 10.

17 Ibidem, per una ricognizione degli elementi che hanno contribuito a disincentivare la proprietà edilizia dalla concessione degli immobili in locazione, tra i quali emerge la misura del canone “equo” ritenuta inadeguata rispetto ai valori del libero mercato e il numero elevato di sfratti da eseguire – cui segue notevole incertezza circa i tempi necessari per rientrare nella disponibilità dell'immobile. 18 Più precisamente, la nuova normativa, circoscritta temporalmente la propria operatività << fino alla revisione della disciplina delle locazioni di immobili urbani >>, prevede che, ferma la durata minima quadriennale, i nuovi contratti di locazione ad uso di abitazione potranno prevedere un canone liberamente concordato fra le parti se aventi ad oggetto immobili di “nuova edificazione”, mentre in tutti gli altri casi si potrà derogare alle disposizioni della legge 392/1978 - relative alla determinazione imperativa della misura del corrispettivo - a condizione che il locatore si obblighi, alla scadenza del quadriennio, a proseguire nel rapporto per ulteriori quattro anni (salva la possibilità di impedire la prosecuzione nelle ipotesi tassativamente previste, pressoché le medesime previste dall'art. 59 della legge del '78). Ulteriore condizione – prevista nella versione originaria della norma - ammetteva patti in deroga alle norme imperative in materia di canone purché le parti operassero << con l'assistenza delle organizzazioni della proprietà edilizia e dei conduttori maggiormente rappresentative >>: siffatta assistenza obbligatoria è caduta

l'intero assetto della invisa normativa antecedente.

L'improvvisa modifica del 1992 apre poi la strada alla tanto attesa riforma del settore locativo, che si celebrerà qualche anno più tardi con la Legge 431 del 199819: la cosiddetta “legge di riforma” - ancora oggi

normativa di riferimento -, ascrivibile agli interventi di “seconda generazione”, segna il passo verso la “liberalizzazione controllata” del settore delle locazioni ad uso abitativo. Pur lasciando intatta l'intera struttura del contratto in ordine agli elementi costitutivi e sostanziali, la stessa determina l'abrogazione di buona parte dell'articolato del '78 - per alcune previsioni ancora in vigore -, espungendo altresì gli aspetti relativi alla determinazione autoritativa e generalizzata del canone e ponendo fine all'era del vincolismo20.

sotto la scure di illegittimità della Consulta (CORTE COST., 25 luglio 1996, n.309, in

Giur. Cost., 1996, I, pp. 2548 ss), cfr. G. GABRIELLI, F. PADOVINI, La locazione di immobili urbani, cit., p. 9.

19 Legge 9 dicembre 1998, n. 431, "Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo", pubblicata nella G.U n. 292 del 15 dicembre 1998 - Supplemento Ordinario n. 203/L.

20 Cfr. § 3.5. Aspetto saliente della riforma del '98 concerne l'introduzione di due differenti tipologie di contratto: i contratti di locazione ordinari o liberi (art. 2, comma 1), caratterizzati da una sostanziale libertà nella determinazione del canone di affitto – rimesso alle parti nella misura risultante dalle leggi di mercato – da una prescrizione imperativa in ordine alla durata, fissata in quattro anni, ma con la possibilità di un rinnovo quasi automatico alla prima scadenza; i contratti di locazione alternativi o agevolati (art. 2, comma 3) caratterizzati da una durata inferiore – tre anni, rinnovabili per altri due - e dal fatto che l'ammontare del corrispettivo e altre condizioni contrattuali devono essere stabiliti in base a contratti tipo, definiti in sede locale tra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. In questo senso, F.BALLATI, A. MARINO, Le locazioni di immobili urbani – La casistica

giurisprudenziale in relazione alla durata (determinata- indeterminata) ed alla tipologia (dalla famiglia allo studente universitario), Halley editrice, Macerata,

2006, pp. 77 ss.; V. CUFFARO, Le nuove locazioni abitative (commento alla legge 9 dicembre 1998, n. 431), in Corriere Giur., 1999, II, pp. 141 ss. La legge contiene altresì ampia elencazione delle locazioni esentate dalla nuova normativa, tra le quali le locazioni transitorie. << Il quadro che emerge dall'intervento di fine 1998, pur sempre connotato da accentuata frammentarietà, è dunque sufficientemente individuato: garanzie di stabilità per i conduttori; maggiore autonomia nella qualificazione dei corrispettivi; emersione del loro reale ammontare (con le previsioni di forma e delle attestazioni degli adempimenti fiscali); incremento del numero dei contratti sottratti ad ogni intervento normativo; effetto calmiere del mercato demandato (nuovamente) alle associazioni di categoria >>, cfr. S. GIOVE, I

Ne consegue un sistema in cui la vigente disciplina delle locazioni abitative è dettata, in primo luogo, dalla legge speciale del 1998, per le parti ancora in vigore dalla legge 392 del 1978, nonché dal codice civile - per le norme non derogate.

Outline

Documenti correlati